20 ottobre 2013

Contro la legge sul negazionismo

di Aldo Giannuli.



La SISSCO è la Società italiana per lo studio della Storia Contemporanea. Penso sia urgente intervenire su questa ennesima legge orripilante sul negazionismo e devo dire che all’interno della Società si è subito sviluppato un dibattito di cui renderò conto ai lettori.


Di nuovo la legge sul negazionismo: una lettera aperta agli amici della SISSCO.

Cari amici,
senza che si sia data alcuna pubblicità ai lavori precedenti (e, tantomeno, senza consultare la nostra associazione che riunisce la quasi totalità dei contemporaneisti italiani), il Senato sta approvando la legge che istituisce il reato di negazionismo. Se ne parlò 6 anni fa (con il ddl Mastella) e la cosa dette luogo ad un vivacissimo dibattito, sul sito della Sissco, nel quale prevalsero nettamente i pareri negativi.
Più fattivamente, i colleghi francesi guidati da Pierre Nora dettero vita all’associazione “Libertè pour l’Histoire” che riprendeva il titolo dell’appello lanciato da Pierre Vidal Naquet (spero che nessuno abbia da ridire sull’antifascismo sia del primo che del secondo). Il provvidenziale scioglimento anticipato delle Camere giunse felicemente a seppellire l’infausta proposta del noto militante antifascista Clemente Mastella.
Non mi pare che la sostanza del problema sia mutata: questa è una legge liberticida, incostituzionale ed in contrasto con la dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo. Infatti essa è in conflitto con l’art. 21 Cost. che garantisce la libera manifestazione del pensiero, con l’art. 33 che stabilisce che “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” e con l’art. 9, sempre della Costit. per il quale la Repubblica “promuove lo sviluppo della cultura” (incompatibile che ogni forma di censura); è anche in conflitto con gli artt. 18 e 19 della dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo che garantiscono la libertà di espressione del pensiero senza eccezioni.
Essa costituisce un pericolosissimo precedente, per cui lo Stato avoca a sé la potestà di stabilire per legge cosa sia scientificamente possibile dire e cosa no: potrebbe essere applicato a qualsiasi scienza dalla medicina alla fisica. Ma, qualcuno dirà, qui non parliamo di scienze sperimentali e/o naturali ma di scienze umane e, più in particolare storico sociali. Allora prepariamoci anche a stabilire per legge la verità su qualsiasi altro avvenimento storico, anzi, a questo proposito, facciamo prima a varare un testo unico che stabilisca quanto può esser detto e quanto no, magari con apposita commissione di vigilanza.
Ma, ancora, si sosterrà che la legge riguarda solo il caso della Shoa, in ragione della sua pretesa unicità: essa rappresenta un unicum
Un unicum? E che vuol dire? 
Come ogni mediocre studente di storia sa, ogni avvenimento storico è unico ed irripetibile. Forse si vuol dire che la Shoa rappresenta un caso di gravità unica? Ma su quali criteri stabiliamo che il genocidio ebraico, dei rom, degli omosessuali, dei Testimoni di Geova o degli slavi (a proposito: ci sono anche loro) perpetrato dai nazisti sia più grave del genocidio degli armeni operato dai Turchi, dei delitti dell’Inquisizione, dei massacri di Pol Pot in Cambogia, di quello di 10 milioni di congolesi compiuto da Leopoldo del Belgio? Ma, soprattutto, cosa dimostra che meno grave sia stato il genocidio (ahimè riuscito, a differenza degli altri) dei nativi di America perpetrato dai governi liberali degli Usa?
Sul piano politico, questa norma è offensiva non solo dei diritti di espressione dei negazionisti (che personalmente ritengo essere delle bestie sul piano scientifico, ma che comunque hanno diritti costituzionali anche loro), ma prima ancora è offensiva dell’opera degli storici antifascisti, che si pensa abbiano bisogno dei carabinieri per prevalere in una disputa scientifica. Che ne pensano i colleghi Marina Cattaruzza, Marcello Flores, Simon Levi Sullam, Enzo Traverso, Pier Paolo Poggio, Claudio Vercelli, autori di saggi di grande valore sul tema? E ci aggiungo anche il mio vecchio amico Brunello Mantelli, di cui conosco le opinioni contrarie alle mie in merito, ma che farebbe bene anche lui a riflettere sul fatto che il senso si questa legge è che il lavoro suo e di tutti quelli che ho citato prima, non serve a niente e che, d’ora in poi, ci penseranno questurini e magistrati a dare ai negazionisti quel che meritano. E che il senso sia questo lo dice anche la mancata consultazione della Sissco.
Diciamoci le cose come stanno: qui la memoria della Shoa, la rivendicazione del valore dell’anti fascismo ecc. non c’entrano assolutamente nulla. Questo è solo un omaggio alla lobby filo israeliana, che pensa (sbagliando, ahimè quanto!) di rafforzare in questo modo le ragioni di Israele. Beninteso: da sempre sono un sostenitore del diritto di Israele ad esistere, ma questo, non solo non rafforza, ma indebolisce le sue ragioni: usare il massacro di milioni di ebrei così strumentalmente è una profanazione del loro sacrificio.
Dunque, anche sul piano morale non credo di poter condividere questa legge. Ed allora che ne pensa la Sissco di tornare a far sentire la sua voce? E non sto parlando solo della pur doverosa protesta formale del direttivo per non essere stata interpellata prima l’associazione prima di iniziare l’iter legislativo. O a un pur utile appello sottoscritto da quanti dei suoi soci vorranno farlo. Penso a forme di protesta più incisive come, ad esempio, la costituzione dell’omologo italiano di “Libertè pour l’Histoire”.
Per quanto mi riguarda, in caso di approvazione di questa legge ignobile, praticherò il metodo della disobbedienza civile: pubblicherò regolarmente sul mio blog i testi negazionisti (ovviamente seguiti dalla mia critica), ospiterò nel mio corso storici negazionisti che fossero disposti ad un confronto sulle rispettive tesi, ecc. e mi autodenuncerò per averlo fatto, al solo scopo di sollevare l’eccezione di incostituzionalità della norma.
Lo ritengo un mio dovere di storico anti fascista, nella convinzione che l’antifascismo è prima di tutto una battaglia di libertà. Rosa Luxemburg mi ha insegnato, quando ero giovane, che “La libertà è sempre la libertà di chi la pensa diversamente”. 
Difendere il proprio punto di vista non è battersi per il principio di libertà di pensiero ma, appunto, per il proprio punto di vista. E’ solo difendendo e garantendo il diritto degli altri a poter esprimere il proprio che si può dire di star facendo una battaglia di libertà.
Sarebbe bello che anche la Sissco ricorresse a forme di disobbedienza civile del genere… ma forse è chiedere troppo.

Cordialmente
Aldo Giannuli.








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