24 agosto 2016

Ucraina, drammatico appello di Miroslava Berdnik

di Margherita Littera.


Abbiamo visto qualche giorno fa come Miroslava Berdnik, giornalista e scrittrice ucraina, figlia dello scrittore di fantascienza Oles Berdnik, sia perseguitata dalle autorità di Kiev, che non gradiscono che voglia pubblicare altri testi scomodi come il suo saggio "Pedina nel gioco di qualcun altro. Storia segreta del nazionalismo ucraino", che li mette a nudo. Dopo l’arresto e i primi interrogatori è stata di nuovo chiamata a comparire presso la sede dei servizi segreti, e stavolta teme qualcosa di molto peggio
Questo il suo appello, che traduciamo e invitiamo a divulgare:


Amici,

ho sempre avvertito la vostra mano tesa, il vostro sostegno da diverse parti del mondo. Mi inchino con gratitudine.
È venuto il momento in cui ho particolarmente bisogno del vostro sostegno.
Domani, martedì 23 agosto 2016, fra 11 ore, devo recarmi per essere interrogata nel dipartimento centrale dei servizi segreti ucraini SBU.
Mi reco volontariamente. Ma non posso escludere di non uscirne. Possono trattenermi.
A questo sono pronta. Sopporterò ogni prova con onore e senza lamenti, nonostante le mie terribili condizioni di salute. Anche se, ad essere franchi, mi pesa soprattutto ciò che questo pasticcio comporta per la mia famiglia. Mio marito viene molestato, mia figlia di 22 anni intimidita.
Queste sono le tattiche di intimidazione e di messa sotto pressione, ed io lo so bene, ne ho avuto esperienza fin dall'arresto di mio padre, il dissidente (in epoca sovietica N.d.T.) Oles Berdnik.

Vorrei che sappiate:
-       Non ho mai approvato il rovesciamento violento delle autorità e non ho mai invitato nessuno ad azioni in tal senso.
-       Ho sempre espresso le mie opinioni nei limiti del diritto costituzionale di dire ciò che penso. Questa è la libertà di espressione.
-       Con tutto il mio cuore io sono preoccupata per l'Ucraina e tutto ciò che accade nel paese, come cittadina, come una patriota di questa nazione, come una persona ortodossa profondamente religiosa, come donna e come madre.

Non scapperò dal mio paese e non mi nasconderò. Fra il tradimento delle mie convinzioni personali e il carcere io certamente sceglierò il carcere.
Senza alcun processo né indagine io sono già stata dichiarata una persona che fattualmente mette a rischio le fondamenta della sicurezza nazionale. Non ho nulla da temere, non ho commesso alcun crimine contro la sicurezza nazionale.
Quanto è vulnerabile la nostra sicurezza nazionale se io, una scrittrice, una pacifista, nonché solamente una debole donna malata sono in grado di metterla a rischio con il solo fatto di esprimere le mie opinioni?
Sono certa che con le sue azioni l'SBU ha violato i miei diritti, la legge e addirittura le regole della moralità.
Hanno reso pubblici i dati delle indagini preliminari, che hanno messo a rischio la mia vita e le vite dei miei famigliari. Qualsiasi cosa dovesse capitarmi la responsabilità è loro.
Voglio subito avvisare tutti: Io non sono incline al suicidio, non assumo droghe né consumo alcol, non soffro di disordini mentali, sono nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, la mia memoria è intatta e la mia coscienza lucida.
Lotterò per i miei diritti esclusivamente sul piano legale, pure se non mi faccio illusioni sulle condizioni della legalità.
Per assistenza legale mi affiderò a Elena Lukash ed un team di avvocati molto professionali, con i quali è stato firmato un accordo. Chiedo agli investigatori di contattare esclusivamente Elena Lukash.

AMO LA MIA PATRIA E DIO CI BENEDICA!
PER FAVORE RI-POSTATE PIU' CHE POTETE. SIETE IL MIO PRINCIPALE SCUDO CONTRO LA TIRANNIA DEL POTERE.

Miroslava Berdnik


6 agosto 2016

#Hiroshima. Il giorno del ricordo

"Coloro che non ricordano il passato sono destinati a ripeterlo" 
(G. Santayana).

di Pierluigi Fagan.
da Megachip.

Illustrazione tratta da anthonyfreda.com.

Non avendo noi una comunità giapponese corposa e influente come quella ebraica, surrogo la mancanza, ricordando le forse 200.000 vittime civili di Hiroshima (di cui ricorre oggi il 71° anniversario) e Nagasaki.
Come ebbe a dire Leo Szilard, che assieme ad Albert Einstein fu uno dei più influenti promotori scientifici del Progetto Manhattan, salvo poi dissociarsi dall'effettivo sgancio dell'ordigno:
«Se i tedeschi avessero gettato bombe atomiche sulle città al posto nostro, avremmo definito lo sgancio di bombe atomiche sulle città come un crimine di guerra e avremmo condannato a morte i tedeschi colpevoli di questo crimine a Norimberga e li avremmo impiccati.»
In subordine, si sarebbe potuto istruire un processo per contravvenzione delle Convenzioni dell'Aja (1899, 1907) - peraltro ratificate dagli Stati Uniti - in base all'art. 25 della seconda:
«È vietato attaccare o bombardare, con qualsiasi mezzo, città, villaggi, abitazioni o edifizi che non siano difesi».
Ma la Grande Nazione Cristiana né venne processata, né si sentì mai in colpa ed anzi diede la surreale giustificazione che i pochi morti di quei due giorni salvarono molti più morti potenziali.

Memoria di Hiroshima. Per tutti gli umani che quella prima mattina di un martedì d'estate stavano iniziando il giorno che non avrebbero finito:



La commemorazione musicale ha molte analogie con le impressioni acutissime ed emozionanti sollevate da un'altro ricordo sinfonico, quello di Krzysztof Penderecki.




1 agosto 2016

Scandalo Clinton-email: solo nei giornali italiani scatta la russofobia

Più realiste del re (e della regina), in Italia le grandi redazioni rilanciano in grande stile le accuse di Hillary Clinton a Mosca. Scopriamo il gioco.

di Pino Cabras.
da Megachip.


Le edizioni on line del Corriere e di Repubblica del 31 luglio, oltre al Tg3, per gran parte della giornata hanno aperto le notizie dando grande risalto alle dichiarazioni di Hillary Clinton sulle sue e-mail rubate dagli hacker.

Il titolo del Corriere è perentorio: «Clinton attacca: “La Russia mi spia”. Ecco le centrali degli hacker di Putin». Mentre uno degli articoli di sostegno, scritto da uno dei minimi esperti di politica internazionale della nostra epoca, Massimo Gaggi, è intitolato, con assoluta certezza: «Così Putin ha ordinato agli 007 di intervenire sul voto in USA». Vladimir in persona. Perché Gaggi ne è persuaso: c’è «Putin che prova a fare il burattinaio del voto Usa con l’intento di favorire Trump».



Anche Repubblica apre con la notizia e la titola così: «Hacker, Hillary accusa Mosca: "007 russi dietro gli attacchi"». E sotto vediamo un altro articolo, che promette grandi cose: «DOSSIER, Le prove che portano agli ex Kgb». Notare la forza della parola Dossier, mentre la parola “prove” è addirittura sottolineata. Le prove più clamorose consistono nel fatto che gli hacker hanno usato tastiere in cirillico: cosa molto difficile da procurarsi per un qualsiasi servizio segreto che non disponga di più di 20 dollari di budget.

Avevo già notato altre volte che le principali testate italiane amplificano certe notizie provenienti da ambienti del potere USA molto meno degli stessi giornali americani e meno di tutti i quotidiani europei. Al solito: siamo più realisti del re.
Perciò ho voluto dare una rapida occhiata alle versioni on line del New York Times, del Washington Post, del Los Angeles Times, di USA Today, della CNN, di Le Monde, del Guardian, dell’Independent, di El Pais, nonché dei tedeschi Frankfurter Allgemeine Zeitung e Die Welt.
Ebbene, nessuna testata di un tale significativo campione dell’Occidente mediatico apriva con questa notizia. I giornali davano semmai risalto alle aspre dichiarazioni di Donald Trump contro i genitori Democrat di un soldato musulmano morto in Iraq, un’altra polemica della campagna presidenziale statunitense più attuale e più rilevante.

Quando, spulciando le prime pagine, si trovava finalmente la storia delle accuse di Hillary ai russi, questa non figurava certo come notizia di apertura. In alcuni casi non era nemmeno in home page, e in tutti i casi si usavano formule molto più prudenti e dubitative rispetto agli organi di informazione nostrani.
Sul New York Times, nel corpo dell’articolo che riprende la notizia, si può leggere che «finora l’amministrazione ha tagliato corto rispetto alle accuse al governo russo del presidente Vladimir V. Putin di aver architettato il furto delle ricerche e delle email provenienti dal Comitato Nazionale Democratico e di aver introdotto degli hacker in altri sistemi informatici della campagna elettorale» e si precisa che i sospetti sono alimentati da gruppi investigativi «privati».
L’unico modo per scoprire se gli hacker sono stati assistiti dai sistemi russi consisterebbe nel fare una massiccia operazione di intrusione dell’agenzia NSA nelle reti legate a Mosca, ossia un cyber-attacco che ora come ora risulterebbe sorretto solo da un misero sospetto e non da prove. Il cronista ricorda anche che a suo tempo Edward Snowden ha rivelato che la NSA fa sforzi quotidiani per cercare di penetrare nei sistemi informatici russi, comprese le installazioni nucleari.

Come a dire: non è mica una novità che Mosca e Washington si spiino le rispettive reti informatiche, ed è estremamente difficile avere prove sulla provenienza reale delle intrusioni, prove ottenibili (forse) solo con intrusioni di altrettanta gravità, atti di grave valenza militare.

Alla fine, la notizia - di portata molto più modesta - è semplicemente che Hillary sta lanciando accuse non suffragate da prove. Davvero tutto qui. È dunque solo un urlo da campagna elettorale, da ponderare come uno dei tanti trucchi che saranno usati da qui a novembre, non certo una notizia mondiale con cui aprire il tuo giornale.
Solo che se la russofobia fa ormai parte del pacchetto obbligato dei tuoi servizi, il tuo giornale confeziona il mondo di conseguenza, con quella gerarchia falsa delle notizie.

Sarebbe invece interessante non farsi distrarre su storie di spionaggio e osservare i contenuti di queste famose e-mail di Hillary Clinton. Emergerebbe il cinismo criminale con cui da Segretaria di Stato – agendo perfino contro altri settori dell’amministrazione USA - ha scatenato le guerre che ci hanno precipitato nell’instabilità accresciuta del Mediterraneo. Emergerebbe la spregiudicatezza con cui da candidata – usando contro le regole le strutture del partito - ha truccato e violato il gioco delle primarie
Così come emergerebbe che la candidata che accusa Trump di ottenere favori dai russi gode dei finanziamenti provenienti dalle petromonarchie oscurantiste del Golfo.

Ma alla fine del tunnel del giornalismo italiota, il colpevole abita comunque al Cremlino.