di Pino Cabras - da Megachip.
28 settembre 2012
Il neocon: "Qualcuno usi un trucco per costringerci alla guerra!"
Si
sta diffondendo nei siti e nei social network di mezzo mondo la
sbalorditiva performance di uno dei tanti cloni slavati della galassia
neocon, Patrick Lyell Clawson, che il 26 settembre 2012 ha pronunciato un accorato appello per l’inganno e la guerra all'Iran. Il falco (una specie di morphing fra il Ricky Cunningham di Happy Days e Niccolò Machiavelli dopo una lobotomia), strilla affinché qualcuno prepari una provocazione, un atto bellico sotto falsa bandiera con cui gli USA si trovino “costretti” a entrare in guerra con l’Iran. Potrete
ascoltarlo con le vostre orecchie, e leggere la tempestiva traduzione
nel video realizzato da Luogocomune.net, che qui riportiamo. Ma Clawson, chi era costui? Nato nel 1951, proprio in tempi da happy days, è un economista statunitense e studioso di questioni mediorientali. Attualmente è il Direttore della Ricerca presso il WINEP (Washington Institute for Near East Policy) uno dei vari pensatoi egemonizzati dai neocon.
Il
WINEP è segnato da legami fortissimi con le classi dirigenti politiche,
industriali-militari, mediatiche e dell’intelligence di USA e Israele.
Di solito, Clawson scatena la sua prosa guerrafondaia in veste di
caporedattore di «Middle East Quarterly», una rivista talmente
bellicista che gli articoli sembrano battuti direttamente col mitra.
Nel cursus honorum
di chi apparecchia la vostra prossima guerra mondiale non poteva
mancare un periodo di lavoro presso il Fondo Monetario Internazionale
(dal 1981 al 1985), per poi ricoprire un incarico di “senior economist”
alla Banca Mondiale. Pur vivendo da sempre tra Shock Economy e
bombardieri, il rosso Patrick ha mantenuto un candore quasi infantile,
che potrete godervi in relax, dopo esservi agghiacciati e aver fatto
scongiuri e manovre di sicurezza secondo le vostre rispettive abitudini.
Buona lettura e buon ascolto. Si fa per dire.
Intervento di Patrick L. Clawson
Francamente,
penso che sia molto difficile dare inizio ad una crisi. E faccio molta
fatica a vedere come il presidente degli Stati Uniti possa davvero
portarci in guerra contro l'Iran.
Questo mi porta a concludere che se non si troverà un compromesso, il modo tradizionale con cui l'America entra in guerra sarebbe nel miglior interesse degli Stati Uniti. [...]
Qualcuno può pensare che Roosevelt volesse entrare nella II guerra mondiale, come ha suggerito David, ma forse ricorderete che ha dovuto aspettare Pearl Harbor.
Qualcuno può pensare che Wilson volesse entrare nella I guerra mondiale, ma forse ricorderete che ha dovuto aspettare l'episodio del Lusitania.
Qualcuno può pensare che Johnson volesse mandare le truppe in Vietnam, ma forse ricorderete che ha dovuto aspettare l'episodio del Golfo del Tonchino.
Non siamo entrati in guerra con la Spagna finché non c'è stata l'esplosione sul Maine.
E vorrei anche suggerire che Lincoln non sentì di poter chiamare l'esercito federale fino a quando Fort Sumter
non fosse attaccato, e per questo motivo ordinò al comandante del forte
di fare esattamente ciò che quelli del Sud Carolina dicevano che
avrebbe provocato un attacco.
Quindi se di fatto gli iraniani non sono disposti al compromesso, sarebbe meglio che qualcun altro iniziasse la guerra.
Si possono sempre combinare altri metodi di pressione con le sanzioni. Ho citato ad esempio quell'esplosione del 17 agosto.
Potremmo anche aumentare la pressione.
Dopotutto,
signori, i sottomarini iraniani vanno periodicamente sott'acqua, ma
qualcuno un giorno potrebbe anche non riemergere, chissà come mai?
Potremmo fare diverse cose se vogliamo aumentare la pressione.
Non
è una cosa che sto proponendo, suggerisco soltanto che qui non siamo in
una situazione di sì o no, sappiamo che o le sanzioni avranno successo
oppure andrà fatto qualcos'altro.
Stiamo giocando una partita coperta con gli iraniani, e potremmo anche diventare più cattivi nel farlo.
Fonte: video
Qui il testo originale dell'intervento.
Traduzione a cura di Luococomune.
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15 settembre 2012
Il governo USA sapeva già dell'attentato
Questa
rivelazione importante sull’omicidio dell’ambasciatore USA in Libia,
proveniente da uno dei giornali più ben fatti del ‘mainstream’, il
britannico The Independent, ci è stata segnalata per prima dalla Redazione di IRIB, la Radio Iraniana in lingua italiana, con un suo articolo in homepage.
Ci è parso subito significativo che a mettere al corrente un pubblico
italiano su una notizia così rilevante – per giunta di provenienza
occidentale - sia stata una redazione di Teheran. Le redazioni di Roma e
Milano, invece, evitano di dare risalto alla vicenda. Preferiscono
giocare con i loro soliti schemi, che aiutano a non raccontare
l’imbarazzante alleanza occidentale, nella sporca guerra di Libia, con i
peggiori tagliagole. Abbiamo tradotto l’articolo dell’Independent e ve lo proponiamo qui di seguito:
Clamorose rivelazioni e retroscena sull’assassinio del diplomatico USA
Esclusivo: l'America «è stata preavvertita dell’attacco all'ambasciata, ma non ha fatto nulla»
di Kim Sengupta – The Independent.
Le
uccisioni dell’ambasciatore USA in Libia e di tre suoi collaboratori
sono state verosimilmente il risultato di una falla grave e continua
nella sicurezza, è in grado di rivelare The Independent.
I funzionari americani ritengono che l’attacco
sia stato pianificato, ma Chris Stevens era tornato nel paese solo da
poco, mentre i dettagli della sua visita a Bengasi, dove poi lui e il
suo staff sono morti, dovevano rimanere riservati.
L’amministrazione USA sta
ora fronteggiando una crisi in Libia. I documenti sensibili sono
scomparsi dal consolato di Bengasi e la posizione presumibilmente
segreta del "rifugio" in città, dove il personale si era ritirato, è
stata intensamente attaccata con i mortai. Altri simili rifugi lungo
tutto il paese non sono più considerati "sicuri".
Si
sostiene che alcuni dei documenti che ora mancano dal consolato
elencano i nomi dei libici che stanno lavorando con gli americani,
esponendoli al rischio nei confronti dei gruppi estremisti, mentre si
afferma che alcuni degli altri documenti si riferiscono a contratti
petroliferi.
Secondo
fonti diplomatiche ad alto livello, il Dipartimento di Stato USA aveva
informazioni credibili già 48 ore prima che i tumulti si volgessero al
consolato di Bengasi e all'ambasciata al Cairo, sul fatto che le
missioni americane potevano essere prese di mira, ma nessun avvertimento
è stato indirizzato ai diplomatici affinché si mettessero in allerta e
in "serrata", attenendosi a regole che limitano fortemente i movimenti.
Stevens
era stato in visita in Germania, Austria e Svezia ed era appena tornato
in Libia quando si è svolto il suo viaggio a Bengasi, quando il
personale di sicurezza dell'ambasciata USA stabiliva che la missione
poteva essere intrapresa in modo sicuro.
Otto
americani, alcuni dei quali erano militari, sono rimasti feriti
nell’attacco in cui hanno perso la vita Stevens, Sean Smith, un
ufficiale incaricato dell'informazione, e due marines. Tutto il
personale che si trovava a Bengasi è stato ora spostato nella capitale,
Tripoli, e quelli il cui lavoro sia considerato non fondamentale
potrebbero essere trasferiti dalla Libia.
Nel
frattempo, una squadra di controffensiva antiterroristica FAST, del
Corpo dei Marines, è già arrivata nel paese da una base in Spagna e si
ritiene che altro personale sia già in cammino. Unità aggiuntive sono
state messe in stato di attesa in vista del loro trasferimento in altri
Stati in cui la loro presenza possa rendersi necessaria ora che scoppia
il furore anti-americano innescato dalla diffusione di un film che
disprezzato il profeta Maometto.
Una
folla di diverse centinaia di persone ieri ha preso d'assalto
l'ambasciata americana nella capitale yemenita Sanaa. Altre missioni che
sono state messe in allerta speciale comprendono quasi tutte quelle del Medio Oriente, così come in Pakistan, Afghanistan, Armenia, Burundi e Zambia.
Alti
funzionari sono sempre più convinti, tuttavia, che la feroce natura
dell’attentato di Bengasi, in cui sono state utilizzate granate, indica
che non era l’effetto di una rabbia spontanea dovuta al video, intitolato Innocence of Muslims («L’innocenza dei musulmani», NdT).
Patrick Kennedy,
Sottosegretario al Dipartimento di Stato, si è detto convinto che
l'assalto fosse pianificato per via della natura vasta e diffusa delle
armi.
Vi è una convinzione crescente che l'attacco sia avvenuto per vendicare l'uccisione durante un attacco con droni in Pakistan di Mohammed Hassan Qaed, un operativo di Qa'ida - il quale era, come suggerisce il suo nome di battaglia Abu Yahya al-Libi, un libico - e coordinato con l'anniversario degli attentati dell'11 settembre.
Il senatore Bill Nelson,
membro della Commissione sull’Intelligence del Senato, ha proclamato:
«Chiedo ai miei colleghi in seno alla commissione di indagare
immediatamente su quale ruolo potrebbero aver giocato nell’attacco al-Qa'ida o sue affiliate e di prendere gli opportuni provvedimenti.»
Secondo
fonti all’interno degli apparati di sicurezza, il consolato aveva
superato una "visita di controllo" per prevenire qualsiasi violenza che
fosse collegata all’anniversario dell’11/9. In occasione degli eventi
reali, sul muro perimetrale è stata fatta un apertura in meno di un
quarto d’ora da una folla inferocita che aveva iniziato ad attaccarlo
intorno alle dieci di notte di martedì. C’è stata, secondo i testimoni,
ben poca difesa da parte delle guardie locali, trenta o poco più, che
dovevano proteggere il personale. Ali Fetori, 59 anni, ragioniere, che
vive nelle vicinanze, ha rivelato: «Gli uomini della sicurezza
semplicemente sono tutti scappati e le persone passate al comando erano i
giovani con pistole e bombe.»
Wissam Buhmeid,
il comandante della brigata Scudo della Libia, approvata dal governo di
Tripoli, di fatto una forza di polizia di Bengasi, ha sostenuto che è
stata la rabbia per il video su Maometto che ha fatto sì che le guardie
abbandonassero le loro postazioni. «C’erano sicuramente persone delle forze di sicurezza che consentivano che l'attacco accadesse
perché erano esse stesse offese dal film; avrebbero assolutamente messo
la loro fedeltà al Profeta al di sopra del consolato. Le morti sono
nulla in confronto agli insulti al Profeta.».
Si
ritiene che Stevens sia stato abbandonato nell’edificio dal resto del
personale dopo che non si riusciva a trovarlo in mezzo al fumo denso
causato da un incendio che aveva avvolto l'edificio. È stato scoperto
disteso in stato di incoscienza dalla popolazione locale e portato in un
ospedale, il Centro Medico di Bengasi, dove, secondo un medico, Ziad Abu Ziad, è morto a causa dell’inalazione del fumo.
Una
squadra di soccorso americana forte di otto persone è stata inviata da
Tripoli e portata dalle truppe al comando del capitano Fathi al-Obeidi,
della Brigata 17 febbraio, fino al rifugio segreto per prelevare circa
quaranta persone dello staff statunitense. Sull'edificio si è poi
scatenato un fuoco di armi pesanti. «Non so come abbiano trovato il
posto per compiere l'attacco. È stato pianificato, la precisione con cui
i mortai ci colpivano era troppo precisa per dei rivoluzionari
qualsiasi», ha affermato il capitano Obeidi. «Ha cominciato a piovere su
di noi, circa sei colpi di mortaio sono caduti direttamente sul
sentiero verso la villa.»
I
rinforzi libici sono finalmente arrivati, e l'attacco è finito. Sono
arrivate notizie su Stevens, e il suo corpo è stato prelevato
dall'ospedale e riportato a Tripoli con altri morti e i sopravvissuti.
La
madre di Steven, Mary Commanday, ha parlato ieri di suo figlio. «Ha
fatto bene quello che ha fatto, e ne ha fatto un ottimo lavoro. Avrebbe
potuto fare un sacco di altre cose, ma questa era la sua passione. Ho un
buco nel mio cuore», ha dichiarato.
[…]
Traduzione a cura di Matzu Yagi.
Tratto da: http://www.megachip.info/tematiche/guerra-e-verita/8880-il-governo-usa-sapeva-gia-dellattentato.html.
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10 settembre 2012
Imposimato: a 11 anni da quell’11 settembre: era Strategia della Tensione
di Ferdinando Imposimato - Journal of 9/11 Studies.
Tradotto da Megachip.
Gli
attentati dell'11/9 sono stati un'operazione globale di terrorismo di
Stato consentita dall'amministrazione degli USA, che sapeva già
dell’azione ma è rimasta intenzionalmente non reattiva al fine di fare
la guerra contro l'Afghanistan e l'Iraq. Per dirla in breve, gli eventi dell'11/9 erano un caso di Strategia della Tensione
messa in atto dai poteri politici ed economici negli Stati Uniti per
perseguire vantaggi in capo all'industria petrolifera e delle armi.
Anche
l'Italia è stata una vittima della "Strategia della Tensione" della
CIA, attuata in Italia dai tempi della strage di Portella della
Ginestra, in Sicilia, nel 1947, fino al 1993.
Ci
sono molte prove di una tale strategia, sia circostanziali che
scientifiche. Le relazioni del National Institute of Standards and
Technology (NIST), del 20 novembre 2005, hanno sancito le conclusioni di
seguito esposte.
Gli
aerei che hanno colpito ciascuna delle torri gemelle hanno causato
tanto una breccia quanto un'esplosione evidenziata da una gigantesca
palla di fuoco. Il carburante rimanente fluiva verso i piani inferiori,
alimentando gli incendi. Il calore degli incendi deformava le strutture
degli edifici così che entrambe le torri sono crollate completamente da
cima a fondo. Molto poco è rimasto di quanto era di qualsiasi dimensione
dopo questi eventi, a parte i frammenti in acciaio e in alluminio e i
detriti polverizzati provenienti dai pavimenti in cemento. Anche l’edificio 7 del World Trade Center crollò: lo fece in un modo che risultava in contrasto con l'esperienza comune degli ingegneri.
Il
rapporto finale del NIST ha affermato che gli attacchi aerei contro le
torri gemelle erano la causa dei crolli per tutti e tre gli edifici:
WTC1, WTC2 e WTC7.
Tutti
e tre gli edifici sono crollati completamente, ma l'edificio 7 non fu
colpito da un aereo. Il crollo totale del WTC7 ha violato l'esperienza
comune ed era senza precedenti.
Il
rapporto del NIST non analizza la reale natura dei crolli. Secondo gli
esperti intervenuti nel corso delle Udienze di Toronto (“Toronto Hearings”,
8-11 settembre 2011), i crolli avevano caratteristiche che indicano
esplosioni controllate. Sono d'accordo con l’architetto Richard Gage e
l’ingegnere Jon Cole, entrambi professionisti di grande esperienza, che
sono arrivati alle loro
conclusioni attraverso test affidabili, prove scientifiche, e la
testimonianza visiva di persone insospettabili, tra cui i vigili del
fuoco e le vittime.
L'autorevole
teologo David Ray Griffin ha descritto con grande precisione perché
l'ipotesi di demolizione controllata dovrebbe essere presa in
considerazione. Vari testimoni hanno sentito raffiche di esplosioni.
Secondo
il NIST il crollo dell'edificio 7 è stato causato da incendi provocati
dal crollo delle torri gemelle. Il chimico e ricercatore indipendente
Kevin Ryan, tuttavia, ha dimostrato che il NIST ha dato versioni
contraddittorie del crollo dell'edificio 7. In un rapporto preliminare
del NIST dichiarava che il WTC7 fu distrutto a causa di incendi
provocati da gasolio conservato nel palazzo, mentre in una seconda
relazione questo combustibile non era più considerato come la causa del
crollo dell'edificio. Ulteriori commenti sulla versione degli eventi
data dal NIST sono stati formulati da David Chandler, un altro
testimone esperto intervenuto nel corso delle Udienze di Toronto.
Nonostante la presunzione del NIST in merito a tre distinte fasi di
crollo, Chandler ha sottolineato che molti video disponibili dimostrano
che per circa due secondi e mezzo l'accelerazione dell’edificio non può
essere distinta da una caduta libera. Il NIST è stato costretto a
concordare con con questo fatto empirico come sottolineato da Chandler, e
ora comprensibile per chiunque.
Peter Dale Scott,
un altro testimone alle Udienze di Toronto, ha dimostrato l'esistenza
di un modello d’azione sistematico della CIA volto a bloccare importanti
informazioni nei confronti dell'FBI, anche quando l'FBI avrebbe
normalmente diritto di ottenerle. Inoltre, ci sono ulteriori elementi di
prova contro George Tenet e Tom Wilshire. Secondo l'ex capo dell’antiterrorismo della Casa Bianca, Richard Clarke
(intervista rilasciata alla televisione francese e tedesca come parte
di un documentario di Fabrizio Calvi e Christopf Klotz ,31 agosto 2011,
nonché l'intervista con Calvi e Leo Sisti, "Il Fatto Quotidiano ", 30 agosto 2011) la CIA era a conoscenza dell’imminente attacco dell’11/9.
Inoltre, dal 1999 la CIA aveva indagato Khalid al-Mihdhar e Nawaf al-Hamzi,
entrambi sauditi, che sono stati associati con l'aereo della American
Airlines che ha colpito il Pentagono. La CIA era stata informata che
Khalid al-Mihdhar e Nawaf al-Hamzi erano arrivati negli Stati Uniti
all'inizio del 2000. È legittimo dedurre che Tenet, capo della CIA, e
Wilshire, secondo Peter Dale Scott una "figura chiave" nella Alec Station,
bloccarono gli sforzi di due agenti dell'FBI, Doug Miller e Mark
Rossini, intesi a notificare al centro FBI che uno dei partecipanti alla
riunione di Kuala Lumpur, al-Mihdhar, aveva ottenuto un visto USA attraverso il consolato degli Stati Uniti a Jeddah. Il professor Scott, basandosi sulla ricerca di Kevin Fenton, cita 35 occasioni in cui i dirottatori sono stati protetti in questo modo, a partire dal gennaio del 2000 al 5 settembre 2001. Con riferimento al precedente di questi incidenti, il motivo di questa protezione era evidentemente, secondo Fenton, «per coprire un'operazione della CIA che era già in corso.»
Ulteriore
prova indiziaria contro Tenet e Wilshire è la seguente. Il 12 luglio
2001 Osama bin Laden si trovava nell’ospedale americano di Dubai. Fu
visitato da un agente della CIA. Questa informazione è stata data a Le
Figaro, che ha anche riferito che bin Laden era stato operato in questo
ospedale, essendo arrivato da Quetta (Pakistan). Questa informazione è
stata confermata da Radio France International, che ha rivelato il nome
dell'agente che ha incontrato bin Laden: Larry Mitchell. Tenet e
Wilshire, consapevoli della presenza di bin Laden negli Emirati Arabi
Uniti, non sono riusciti a farlo arrestare né estradare, anche se i
documenti dell'FBI e della CIA lo ritenevano responsabile di massacri in
Kenya e Tanzania.
L'insider trading è una forte ulteriore prova contro la CIA, l’FBI e il governo degli Stati Uniti.
Gli articoli del professor Paul Zarembka, così come da Kevin Ryan e altri, dimostrano che tali casi di insider trading hanno avuto luogo nei giorni immediatamente precedenti rispetto agli attentati. Eppure questi casi di insider trading sono stati negati dall'FBI e dalla Commissione d’inchiesta sull’11/9.
Ulteriore prova contro la CIA e l'amministrazione degli Stati Uniti è la seguente. Mohammed Atta,
almeno a partire dal maggio 2000, era sotto sorveglianza della CIA in
Germania, secondo la Commissione sull’11/9, sia perché era accusato sin
dal 1986 di attentati contro Israele, sia perché era stato sorpreso
mentre acquistava grandi quantità di prodotti chimici per l'uso in
esplosivi a Francoforte (The Observer, 30 settembre 2001). È
stato indagato dal servizio segreto egiziano e il suo telefono cellulare
era sotto controllo. Nel novembre del 1999 Mohammed Atta lasciò
Amburgo, andò a Karachi, in Pakistan, e poi a Kandahar. Qui ha
incontrato bin Laden e lo sceicco Omar Saeed (secondo la rivista
specializzata in questioni di sicurezza interna GlobalSecurity.org, alla
voce "Movements of Mohammed Atta"). Dopo giugno 2000 gli USA hanno
continuato a monitorare Atta, intercettando le sue conversazioni con Khalid Sheikh Mohammed, considerato il regista del 9/11, che ha vissuto in Pakistan.
Una forte prova del fatto che la CIA era a conoscenza dei movimenti irregolari di Atta dagli
Stati Uniti verso l'Europa e all’interno degli Stati Uniti è il
documento declassificato della CIA inviato dall'Agenzia a G.W Bush (President’s Daily Brief – Ndt: “relazione breve giornaliera per il presidente”).
Questo documento, del 6 agosto 2001, dice: «Bin Laden determinato a
colpire in USA.» E continua: "relazioni di provenienza clandestina, di
governi stranieri, e dei media indicano che bin Laden sin dal 1997 ha
voluto condurre attacchi terroristici negli Stati Uniti. Bin Laden ha
inteso in interviste a televisioni statunitensi nel 1997 e nel 1998 che i
suoi seguaci avrebbero seguito l'esempio dell’attentatore del World
Trade Center Ramzi Yousef, e avrebbero “portato i combattimenti in
America”.»
Dopo gli attacchi missilistici degli Stati Uniti sulla sua base in Afghanistan
nel 1998, bin Laden disse ai seguaci che voleva infliggere una
rappresaglia a danno di Washington, secondo un servizio di intelligence
straniero. Un membro operativo egiziano della Jihad islamica ha rivelato
a un agente di un servizio segreto straniero, nel frattempo, che bin
Laden aveva intenzione di sfruttare l'accesso operativo agli Stati Uniti
per organizzare un attacco terroristico ...
Una
fonte clandestina ha affermato nel 1998, che una cellula di bin Laden a
New York stava reclutando giovani musulmani americani per gli
attentati.
Questo documento dimostra che la CIA, l’FBI, così come il presidente Bush, conoscevano già dal 6 agosto 2001 chi aveva un accesso operativo: Atta.
Nessuno ha goduto di un tale accesso negli Stati Uniti quanto Atta. Ma
la CIA, l’FBI e Bush non hanno fatto nulla per fermarlo.
In
Italia ho raccolto prove che la guerra in Iraq è stata decisa dal
governo degli Stati Uniti prima degli attacchi dell'11/9 con l'aiuto dei
servizi segreti italiani. Secondo Michel Chossudovsky, gli
attacchi dell'11/9 sono stati usati come pretesto per la guerra, avendo
avuto come sfondo i molti anni in cui si è avuta la creazione e il sostegno da parte della CIA della rete terroristica ora conosciuta come al-Qa’ida.
Oggi c'è il pericolo di una nuova "guerra preventiva" contro l'Iran da
parte degli Stati Uniti. Questo potrebbe essere terribile per la gente
di tutto il mondo e potrebbe anche distruggere una gran parte
dell'umanità.
L'unica possibilità per avere giustizia è quello di presentare le migliori prove relative al coinvolgimento di singoli individui nei fatti dell’11/9 al Procuratore della Corte penale internazionale
chiedendogli di indagare in base agli articoli 12, 13, 15 e 17, lettere
a e b, dello Statuto della Corte penale internazionale, ricordando
anche il preambolo della Statuto:
- Riconoscere che tali gravi reati minacciano la pace, la sicurezza e il benessere del mondo,
- Affermare che i reati più gravi che sono motivo di allarme per la comunità internazionale nel suo insieme non debbano rimanere impuniti e che la loro repressione debba essere efficacemente garantita mediante provvedimenti adottati a livello nazionale ed attraverso il rafforzamento della cooperazione internazionale,
- Essere determinati a porre fine all'impunità degli autori di tali crimini e quindi di contribuire al perseguimento di tali reati,
- Ricordare il dovere di ogni Stato di esercitare la propria giurisdizione nei confronti dei responsabili di reati internazionali ...
Ferdinando Imposimato, settembre 2012.
Il testo in inglese è stato trascritto anche QUI.
Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras.
Ferdinando Imposimato
è presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione ed ex
senatore e deputato. A lungo ha fatto parte della Commissione bicamerale
Antimafia.
Da
magistrato ha istruito alcuni tra i più importanti processi sul
terrorismo (il caso Aldo Moro, l'attentato al papa Giovanni Paolo II, il
caso Bachelet). Ha scoperto la “pista bulgara” e altre connessioni
terroristiche internazionali. Innumerevoli i processi contro mafia e
camorra. Tra gli altri, ha istruito il caso Michele Sindona e il
processo alla Banda della Magliana.
È
autore o co-autore di sette libri sul terrorismo internazionale, la
corruzione statale, e di questioni connesse, nonché Grand'Ufficiale
dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana.
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