25 dicembre 2017

Come la blockchain restituirà i media alle persone, per salvare il pianeta

di Nafeez Ahmed.


I media non funzionano.
Non funzionano dal punto di vista finanziario.
Non funzionano in termini di contenuto che nei fatti si riferisce a qualcosa, qualsiasi cosa.
Non funzionano in termini di proprietà.
Non funzionano in termini di relazione con il pubblico.
E non possono essere ripristinati. Devono essere trasformati.
Ecco perché INSURGE, la mia piattaforma di giornalismo indipendente e investigativo, sta costruendo un nuovo progetto blockchain, PressCoin, per trasformare i media dal basso verso l’alto.
Non vogliamo riparare un sistema che non funziona. Ne creeremo uno nuovo.

Non c’è tempo da perdere
INSURGE sta istituendo PressCoin e sta passando al livello successivo delle sue operazioni di giornalismo, perché non c’è proprio tempo da perdere. Se vogliamo garantire un futuro bello e attuabile ai nostri figli e ai loro figli, su un pianeta sicuro e stabile, dobbiamo agire ora.
E dobbiamo agire, prima di tutto, nel campo dell’informazione: perché al momento l’assoluta disfunzione dell’architettura dell’informazione globale – rappresentata nell’intersezione dei principali media, delle piattaforme di tecnologia sociale e dei giganteschi aggregatori digitali – sta seminando confusione, paralizzandoci nell’agire nel modo dovuto per affrontare le sfide globali e locali.
Ne siete coscienti? Se è così, allora sarete d’accordo con me che c’è qualcosa che davvero non funziona.
Guardatevi attorno. La pazzia è evidente.
I liberali lottano contro i conservatori e i conservatori lottano contro i liberali. I progressisti combattono il governo, le multinazionali e i super-ricchi. I super-ricchi lottano contro i poveri. Nel frattempo, i filantropi, alimentati dalla loro stessa convinzione e ricchezza, lottano per la giustizia o l’uguaglianza o per qualche povero villaggio in Africa. Il Presidente lotta contro tutti, e tutti lottano contro il Presidente.
E mentre questa farsa continua, sullo sfondo il gioco all’estrazione accelera – e assorbe la somma totale delle nostre azioni collettive e degli impegni che assicurano nulla di meno che una tragica fine, in cui le relazioni disfunzionali dell’umanità con sé stessa, con le altre specie e il pianeta nel suo complesso, ci porta verso la catastrofe.
Siamo attualmente in procinto di violare il limite di gas serra necessario per evitare un pericoloso cambiamento climatico. Dal punto di vista scientifico l’opinione diffusa ci dice che questa direzione probabilmente condurrà a un pianeta in gran parte inabitabile entro la fine di questo secolo – forse entro la nostra vita, e quasi sicuramente entro vita dei nostri figli.
Eppure questo non ci ha impedito di accelerare la nostra estrazione insostenibile delle risorse del mondo. Vari dati indicano la reale possibilità che stiamo esaurendo le risorse minerarie più economiche e accessibili del mondo.
Stiamo esaurendo rapidamente il valore totale (EROI)(1) dell’energia che siamo in grado di produrre dalle risorse esistenti di combustibile fossile, che è diminuito di circa la metà negli ultimi decenni. Questo non significa che stiamo finendo il petrolio: ne abbiamo più che abbastanza per ardere il pianeta proprio fino alla catastrofe climatica. Ma ciò non significa che anche nel mentre il valore economico dei combustibili fossili ha avuto una perdita, i costi economici e ambientali della produzione stanno aumentando. Questo è un male per l’economia, per il pianeta e per il nostro futuro.
E così, un numero crescente di economisti e analisti finanziari si sta rendendo conto che l’imperativo stesso di una crescita economica illimitata si sta cannibalizzando.
Il risultato più probabile è che stiamo entrando in un’era fondamentalmente nuova: un’epoca dei combustibili post-fossili, post-capitalista, post-materialista, in cui le vecchie regole obsolete non si applicano più.
ASSIOMA: la civiltà industriale è alle prese con un grande sconvolgimento, una transizione sistemica che potrebbe portare a regressione, crisi e collasso; o a un nuovo modo di lavorare e vivere, a una nuova modalità di prosperità, a una nuova narrazione del successo.
Il complesso industriale dei media globali, nella sua forma attuale, non è attrezzato per affrontare questo grande sconvolgimento della civiltà per come la conosciamo.
Infatti, il complesso industriale dei media globali è veramente incapace di elaborare in modo significativo le informazioni, al fine di produrre, per una percentuale apprezzabile della popolazione umana, una reale conoscenza fattibile – una reale conoscenza fattibile che possa rendere l’umanità capace di passare con successo alla nuova era.
Perché è davvero una cosa seria. Questo è ciò che deve accadere se riusciremo a raggiungere il 22° secolo nella miglior condizione possibile.
Invece, il complesso industriale globale dei media oggi capitalizza i problemi che stiamo affrontando. Come?
La sua funzione non è affatto fornire conoscenza. Il modello prevalente dei media è monopolizzare e manipolare i flussi di informazioni per produrre credenze ed emozioni che consentiranno ai giganteschi aggregatori di massimizzare i ‘click’, massimizzare i ricavi pubblicitari, massimizzare i profitti – per pochi.
Quindi, piuttosto che creare conoscenza, il complesso industriale dei media globali tende a generare narrazioni in competizione e polarizzate, intorno alle quali diversi pubblici si uniscono in comunità isolate che non possono amalgamarsi; rafforza ipotesi e convinzioni senza insegnare il pensiero critico; smussa un atteggiamento di ricerca e apertura, mentre promuove i valori e gli ideali di una banale dicotomia sinistra-destra che serve ad alimentare una cultura globale di consumismo irrazionale.
Questa struttura mediatica prevalente finisce per limitare la capacità del pubblico di prendere decisioni fondate. E ciò consente che le sfide globali ecologiche, energetiche, economiche, sociali e di altro tipo si accelerino, mentre discutiamo tra noi sull’ideologia.
ASSIOMA: i flussi di informazione sono inesorabilmente legati a processi dominanti di massimizzazione del profitto per una piccola minoranza; a tal punto che la relazione delle persone con le informazioni è gestita come meccanismo di controllo dell’attenzione e della persuasione ideologica. Questa struttura di controllo si basa sul fatto che i cittadini rinunciano al loro potere verso un’autorità, per mezzo della quale devono credere oppure opporsi a un’ideologia.
Tutto ciò sta accadendo perché il complesso industriale dei media globali – il meccanismo della coscienza collettiva dell’umanità – non è libero.
La realtà sgradevole è che sia gli organi di stampa ‘free press’ che quelli ‘fake news’ funzionano come un’estensione strutturale di una forma estrema di capitalismo predatore, usando le informazioni per catturare la ricchezza per pochi a spese di molti, catturando le nostre menti.
Dobbiamo solo guardare cosa c’è sotto per considerare questo dato concreto che ci guarda in faccia.
Negli Stati Uniti, sei enormi agglomerati transnazionali possiedono e controllano l’insieme dei mass media, inclusi giornali, riviste, editori, reti televisive, canali via cavo, studi di Hollywood, etichette musicali e i comuni siti web: Time Warner, Walt Disney, Viacom, Rupert Murdoch’s News Corp., CBS Corporation e NBC Universal.
Nel Regno Unito, il 71% dei quotidiani nazionali è di proprietà di solo tre grandi società, mentre l’80% dei giornali locali è di proprietà soltanto di cinque società.
A livello globale, i maggiori proprietari di media sono sempre più digitali. Oggi, il principale proprietario di contenuti multimediali del mondo è Google, seguito da vicino da Walt Disney, Comcast, 21st Century Fox e Facebook – che, sebbene non sia grande come Google, è il proprietario dei media in più rapida crescita. Google e Facebook monopolizzano insieme un quinto delle entrate pubblicitarie globali.
Queste società controllano la maggior parte di ciò che leggiamo, guardiamo e ascoltiamo, anche online. Definiscono la nostra comprensione del mondo e anche di noi stessi. Eppure, rispecchiano un piccolo numero di persone che hanno una prospettiva molto ristretta del mondo.
I direttori e gli azionisti di questi agglomerati di media si concatenano tra loro, facendo parte di ciò che uno studio della rivista PLoS One descrive come una “rete di controllo globale delle corporation”.
Esaminando i legami tra 43.000 corporation transnazionali, lo studio condotto da un gruppo di teorici dei sistemi presso il Swiss Federal Institute of Technology ha rilevato che sono dominate da un nucleo composto da 1.318 aziende.
A sua volta, la rete di proprietà dietro questi core-broker dententori di potere risale a ciò che lo studio ha descritto come una “super-entità” di 147 imprese.
In molti casi, i dirigenti di alcuni dei più grandi agglomerati di media globali sedevano contemporaneamente nei consigli d’amministrazione dei giganti dell’industria della difesa, mentre avevano contatti con il governo.
ASSIOMA: la maggior parte di ciò che leggiamo, guardiamo e ascoltiamo attraverso i media è al servizio ed è strutturalmente condizionata da una rete di interessi speciali, autosostenuti e autosufficienti.
Per comprendere il potere di questi interessi speciali nel monopolizzare le informazioni a servizio dei loro fini particolari, non dobbiamo cercare altro che la storia del più grande proprietario di media al mondo.
Attraverso la lente di Google
Nel gennaio 2015, con il supporto del nostro crowdfund di Patreon, INSURGE ha svelato la storia esclusiva di come Google è stata fondata e si è evoluta sotto l’ala della comunità d’intelligence degli Stati Uniti.
Il mio rapporto ha portato alla luce la documentazione e una fonte messa agli atti di un addetto ai lavori, dimostrando che durante lo sviluppo del codice di base dietro il motore di ricerca di Google, SergeyBrin, come studente post-laurea della Stanford University, aveva ricevuto finanziamenti d’avviamento da un programma di intelligence gestito dalla Central Intelligence Agency (CIA) e dalla National Security Agency (NSA).
Ciò non era necessariamente insolito – la comunità d’intelligence è stata a lungo coinvolta nella Silicon Valley per ogni sorta di ovvi motivi. La cosa interessante è che probabilmente non avete mai saputo come ciò ha funzionato in relazione a Google. E questo dice molto sul modo in cui opera il complesso industriale dei media globali.
Nel mio colloquio, messo agli atti, con un ex appaltatore della difesa degli Stati Uniti incaricato del programma, ho ricevuto la conferma sbalorditiva che, dall’inizio all’incorporazione, Brin, co-fondatore di Google, ha incontrato regolarmente due persone che non erano affatto della facoltà di Stanford: la Dr.ssa BhavaniThuraisingham e il Dr. Rick Steinheiser.
Entrambi erano rappresentanti di un programma di ricerca della comunità d’intelligence degli Stati Uniti, sulla sicurezza delle informazioni e sull’estrazione dei dati, l’iniziativa MDDS (Massive Digital Data Systems), sponsorizzata dall’NSA, dalla CIA e dal direttore della Central Intelligence.
Il programma MDDS è citato pubblicamente in un documento scritto da Brin e da Larry Page, collega co-fondatore di Google, mentre si trovava a Stanford, evidenziando in particolare il suo ruolo nella sponsorizzazione finanziaria di Brin nello sviluppo di Google.
Nel loro documento del 1998 pubblicato nel Bulletin of the IEEE Computer Society Technical Committeee on Data Engineering, i co-fondatori di Google descrivono lo sviluppo di uno strumento chiamato PageRank, che a sua volta viene utilizzato “per sviluppare un nuovo motore di ricerca chiamato Google”. Per mezzo di una postilla, SergeyBrin conferma di essere stato “Parzialmente sovvenzionato dal programma Massive Digital Data Systems Program del Community Management Staff, concessione NSF IRI-96-31952”.




Schermata del documento del 1998 del co-fondatore di Google, Sergey Brin, che riconosce finanziamenti “parziali” da parte di MDDS


Thuraisingham è attualmente professoressa eminente al Louis A. Beecherl e direttore esecutivo del Cyber Security ResearchInstitute presso l’Università del Texas (Dallas). Negli anni ’90, ha lavorato per MITRE Corp., un’importante appaltatore della difesa in America, dove ha gestito l’iniziativa MDDS.
“Abbiamo finanziato la Stanford University per mezzo dell’informatico Jeffrey Ullman, che aveva molti studenti laureati promettenti, che lavoravano in molte aree appassionanti”, mi ha detto la Professoressa Thuraisingham. “Uno di questi era SergeyBrin, il fondatore di Google. Il programma MDDS della comunità di intelligence forniva fondamentalmente a Brin il finanziamento d’avviamento, che è stato integrato da molte altre fonti, incluso il settore privato.”
In un articolo straordinario presentato dal sito web dell’Università del Texas, Thuraisingham allega la copia di un estratto del programma MDDS della comunità di intelligence degli Stati Uniti, presentato all’”Annual Intelligence Community Symposium” nel 1995. L’abstract rivela che i principali sponsor del programma MDDS erano tre agenzie: l’NSA, l’Office of Research& Development della CIA e il Community Management Staff (CMS) della comunità d’intelligence, che opera sotto il direttore della Central Intelligence.

Appena prima nell’articolo, Thuraisingham ribadisce che lei e il suo collega alla CIA, il Dr. Steinheiser, incontravano regolarmente Brin per essere al corrente del suo lavoro nello sviluppo di Google:

Estratto dall’articolo di Thuraisingham all’Università del Texas

Brin e Page hanno ufficialmente incorporato Google come azienda nel settembre 1998, lo stesso mese in cui hanno riferito a Thuraisingham e Steinheiser.
Nel decennio successivo, Google ha continuato a essere promosso da varie agenzie governative, agglomerati del settore privato e finanzieri globali, in particolare per mezzo di un oscuro think-tank del Pentagono, noto come Highlands Forum, dove tali network si riuniscono regolarmente ancora oggi.
La reazione del complesso industriale dei media, nella sua globalità, a questa notizia è istruttiva.
È stata totalmente oscurata dai media in lingua inglese: fa eccezione il sito di notizie tecnologiche statunitense, Gigaom, che segnalava la notizia nel contesto di un altro rapporto su Wikileaks e Google. David Meyer, un giornalista senior di Gigaom, ha descritto l’indagine come segue:
 “Un interessante, sebbene estremamente denso, resoconto delle interazioni di vecchia data di Google con l’esercito e l’intelligence statunitense è stato pubblicato la scorsa settimana su Medium.”
La notizia è stata ripresa anche da alcuni organi di stampa stranieri mainstream. Un redattore senior di Forbes ha trattato esaurientemente il mio articolo, ma era disponibile solo in Ceco. Anche il quotidiano tedesco Frankfurter Rundschau ha riportato le mie scoperte in modo prominente, insieme al quotidiano ungherese Novilist.
Ma niente di più. Ciò ha implicazioni molto importanti che meritano un’attenta valutazione: in breve, la storia segreta del finanziamento d’avviamento e fondazione di Google da parte della CIA e dell’NSA irrompe allo scoperto – ma non un singolo giornale in lingua inglese vuole trattare o persino riconoscere la notizia.
Eppure quanta portata più ampia potrebbero avere le notizie, rispetto a uno dei più grandi “catalizzatori di notizie”, che fin dall’inizio è stato talmente allineato alla comunità d’intelligence statunitense?
La mancanza di interesse non è il risultato di una cospirazione. È la conseguenza prevedibile del fatto che il complesso industriale dei media globali rappresenta una struttura istituzionale altamente centralizzata che perpetua una cultura di obbedienza servile al potere.
OPINIONE: il complesso industriale dei media globali oscura in gran parte importanti conoscenze sulla struttura e sulla natura del potere. Ecco perché questa è probabilmente la prima volta che avete visto prove dirette che il più potente proprietario di media al mondo, Google, è stato fin dall’inizio messo al mondo con il supporto della comunità d’intelligence degli Stati Uniti.
In generale, le potenze della tecnologia dei media globali come Google sono spesso concepite in modi che non capiamo. Ciò ci dà un’idea di come il potere opera effettivamente in modo non trasparente.

Potere e controllo
Ma non si tratta di stabilire se Google sia o meno unicamente “malvagio”(2). Si tratta di una configurazione più ampia di modelli incestuosi di proprietà e reti sociali in tutto il panorama dei media globali.
Prendete in considerazione William Kennard. In precedenza, ha fatto parte del consiglio di amministrazione del New York Times ed è diventato Presidente della Federal Communications Commission degli Stati Uniti. In seguito, è entrato a far parte, come Amministratore Delegato, dell’imponente società di investimenti del settore della difesa e della tecnologia, la Carlyle Group, dove ha condotto investimenti in telecomunicazioni e media.
Si dà il caso che Carlyle Group è un importante appaltatore della difesa, proprietario di maggioranza di Booz Allen Hamilton, il famigerato gigante aziendale che gestisce diversi programmi di sorveglianza di massa dell’NSA.
Kennard è diventato poi ambasciatore degli Stati Uniti presso l’UE sotto Obama. In tale ruolo, ha spinto per i negoziati altamente riservati e pro-societari inerenti al Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), mentre ostacolava la gestione dei diritti digitali e le questioni relative al controllo di Internet, in modo favorevole sia ai Repubblicani che ai Democratici.
Carlyle è stato uno dei maggiori beneficiari, in termini di profitti, dopo che l’11 settembre ha cambiato il mondo per sempre, inaugurando l’infinita ‘Guerra al Terrorismo’. Tra i suoi investitori vi erano membri della famiglia reale saudita, la famiglia bin Laden e la famiglia Bush.
Oppure prendete in considerazione John Bryson, che ha ricoperto il ruolo di Segretario al Commercio di Obama fino al 2012. In precedenza, è stato membro del consiglio di amministrazione di Walt Disney Company per circa un decennio e, beninteso, proprietario dell’American Broadcasting Corporation (ABC). Era anche nel consiglio di amministrazione di Boeing, gigantesco appaltatore di difesa statunitense.
Nonostante le dimissioni da entrambe le cariche dopo la sua nomina amministrativa, la divulgazione di documenti governativi archiviati ha rivelato che i suoi asset stock and options in Disney ammontavano a circa 951.660 dollari, oltre a un piano di compensazione differita del valore di oltre 1 milione di dollari; mentre in Boeing era in debito tra 1 e 5 milioni, soggetto a un pacchetto di compensazione posticipata, oltre a possedere stock and options di Boeing del valore tra 250.000 e 500.000 dollari.
Oppure prendete in considerazione Aylwin Lewis, un altro dirigente di Walt Disney Company che è stato al tempo stesso direttore di lunga data di Halliburton, una delle più grandi società di servizi petroliferi transnazionali precedentemente gestita da Dick Cheney.
Nel corso dell’ultimo decennio, una controllata di Halliburton, la KBR Inc. con sede a Houston, ha ricevuto 39,5 miliardi di dollari in contratti relativi all’Iraq – molti dei quali erano accordi che non prevedevano offerta.
Oppure prendete in considerazione Douglas McCorkindale, che è stato per decenni direttore di Gannett, gigantesco agglomerato dei media, ed è Presidente di due aziende spin-off controllate della Gannett, Central NewspaperInc. e Gannett Satellite Information Network.
Gannett è il più grande editore di giornali negli Stati Uniti, sulla base della tiratura quotidiana, e possiede anche importanti emittenti televisive, network di notizie via cavo regionali e stazioni radio americane.
McCorkindale è stato anche direttore del colosso americano della difesa, Lockhead Martin, per circa un decennio, dimettendosi lo scorso aprile. È stato anche, durante questo periodo, direttore della Associated Press e di varie società di investimento in Prudential Mutual Funds.
Considerate, quindi, che queste persone detenevano simultaneamente posizioni di rilievo nei agglomerati dei media globali e nei grandi appaltatori di difesa. Hanno beneficiato direttamente dei dividendi della “ricostruzione” in zone di guerra devastate, come Iraq e Afghanistan, sulla base di guerre rese possibili da ciò che era, effettivamente, la loro stessa propaganda.
E notate che questo è un problema bipartisan.
Secondo alcune stime, ben 4 milioni di persone sono state uccise in conseguenza di decenni di invasioni e occupazioni militari occidentali nel solo Iraq.
Questo è un altro dato attendibile e terrificante di cui probabilmente finora non ne avrete sentito parlare.
Considerate che la stragrande maggioranza del pubblico non ha idea della portata di questa violenza. Il complesso industriale dei media globali promulga le stime più basse possibili, nonostante i conflitti di interesse e le falsità scientifiche relative a cifre così basse.
Considerate che queste morti in Iraq sono un semplice frammento del continuum di violenza causato dagli interventi militari occidentali in oltre 70 nazioni in via di sviluppo in Asia, Africa, Sud America e Medio Oriente dal 1945 a oggi.
Nel suo libro Unpeople: Britain’s Secret Human RightsAbuses (2004), lo storico britannico Mark Curtis calcola che il numero totale di decessi diretti e indiretti causati da questi interventi è di circa 8,6-13,5 milioni, che come precisa è una cauta stima per difetto.
Avete mai sentito parlare di questo numero?
Probabilmente no. E se vi fosse capitato, probabilmente non è stato a causa del complesso industriale dei media globali. Di questi tempi tale numero rimane in gran parte sconosciuto alla maggior parte dei giornalisti e degli editori.
I morti non sono nemmeno un aspetto imprevisto nella nostra memoria collettiva.
Si tratta di una stampa libera capace di alzare seriamente la testa contro il potere?
OPINIONE: la “stampa libera” nella sua forma attuale è strutturalmente incapace di generare conoscenze sistemiche e azioni motivanti di trasformazione, che possono aiutarci a passare a nuovi modi di lavorare e comportarci che responsabilizzino le persone in armonia con il pianeta.
Questo è il motivo per cui molti media stanno lottando; perché la tiratura dei giornali è in calo; perché il fatturato pubblicitario totale tra le società di media pubblicamente quotate – sia attraverso la stampa che il digitale – sta diminuendo; perché i profitti stanno diminuendo per ViacomWalt DisneyTime IncNews Corp e così via; perché il 65% delle entrate pubblicitarie digitali è controllato solo da cinque colossi della tecnologia, Google, Facebook, Yahoo, Microsoft e Twitter; perché la fiducia del pubblico nei media globali sta colando a picco.
Non è soltanto perché il panorama digitale ha dato nuovo potere alle entità delle ‘fake news’ per essere competitivo. È perché la “stampa libera”, in prima istanza, non è riuscita a connettersi veramente con le persone, in modo da rispecchiare la vera operazione di potere a livello mondiale.
E così la crisi globale dell’informazione e la crisi globale della civiltà – nella quale assistiamo a una convergenza che si intensifica di estremismo politico, distruzione ecologica e instabilità economica, che collabora a intaccare il tessuto delle nostre società e famiglie, decapitando le speranze della nostra gioventù – sono chiaramente la stessa cosa.
La mercificazione dell’informazione è parte integrante della mercificazione del pianeta.
Ciò non deve accadere.
Ecco perché stiamo costruendo un diverso approccio all’informazione: un sistema che fornisca alle persone i mezzi per acquisire conoscenze significative su sè stessi, il mondo che li circonda e gli strumenti per interagire in un modo che migliorerà entrambi.
OPINIONE: abbiamo urgentemente bisogno di un nuovo sistema informativo globale, indipendente, finanziariamente potente ma fondamentalmente sostenibile che generi conoscenza sistemica e ispiri azioni trasformative, che possano aiutarci a passare a nuovi modi di lavorare e comportarci che responsabilizzino le persone in armonia con il pianeta.
Benvenuti alla rivoluzione dei media
Per mezzo di PressCoin, INSURGE sta co-progettando una piattaforma unica blockchain per Open Inquiry, adatta per il 21° secolo e oltre, che rappresenti un nuovo modello di media indipendenti nell’interesse del pubblico.
Questo nuovo modello mette le persone e il pianeta al centro delle sue attività, indagando sul potere per responsabilizzare le persone e salvare il pianeta.
Il nostro giornalismo è olistico nei suoi scopi, coraggioso nella sua integrità, rigoroso nella sua ricerca, e guidato da valori di compassione, verità e giustizia.
Inseguiamo e rendiamo pubbliche le notizie che nessuno vuole trattare e facciamo luce sulle fessure tra i titoli di prima pagina.
Non seguiamo ciecamente la routine del ciclo delle notizie: trasformeremo il ciclo delle notizie.
Al centro di PressCoin c’è il nuovo formato di giornalismo di INSURGE – Open Inquiry – che ricorre a complesse scienze dei sistemi al fine d’introdurre più discipline e ritmi, per esporre ciò che sta realmente determinando i grandi problemi di oggigiorno. Il nostro formato Open Inquiry contestualizza gli scenari facendo emergere ipotesi, evidenziando fatti e dati verificabili, e segnalando le opinioni fondamentali che il nostro giornalismo produce.
Questo formato aggrega ‘assiomi’, ‘opinioni’ e ‘azioni’ provenienti dai nostri articoli (e da altre produzioni multimediali) in una massa crescente d’intelligenza pubblica che aiuta i nostri utenti a fare due più due in merito alle più grandi sfide del mondo e cosa può essere e viene fatto per risolverli.
E la cosa più significativa è che la nostra piattaforma facilita le conversazioni generative che premiano i nostri lettori e spettatori per le opinioni che offrono, il nuovo giornalismo che viene ispirato da quelle opinioni e le azioni di cambiamento nel mondo reale che quelle conversazioni catalizzano: sia che si tratti di creare nuovi servizi, avviare nuovi progetti o costruire nuove iniziative che offrono soluzioni civiche, economiche ed ecologiche.
Ecco perché descriviamo INSURGE come piattaforma di intelligence pubblica e network d’azione.
  • demolire i paradigmi politici faziosi per fare una copertura giornalistica approfondita, con integrità, che armi gli utenti con l’informazione, ma non con l’ideologia; che si focalizzi non solo sulla correttezza, ma sul generare un significato condiviso;
  • copertura giornalistica transdisciplinare che superi i tradizionali confini della specializzazione dell’informazione, ricercando interconnessioni, sinergie, parallelismi e attriti (per quanto riguarda clima, energia, cibo, economia, guerra, terrorismo, stato di polizia e così via) per portarli alla ribalta;
  • un design su misura in cui ogni notizia, anche se autonoma, rappresenta un singolo trampolino di lancio che è parte di un più ampio viaggio di esplorazione, in cui gli utenti possono connettersi con un’intera rete ramificata di notizie multimediali intrecciate tra loro;
  • indagine con uno scopo, perché ogni notizia viene riportata non soltanto per scoprire i più reconditi meccanismi del potere di oggigiorno, ma per svelare proprio in quel processo la possibilità di cambiamento;
  • sostegno per mezzo di utenti in connessione tra loro come cercatori d’informazione e fautori di cambiamento a pieno titolo, che sono anche collegati a progetti reali, aziende, imprese, enti di beneficenza, gruppi di comunità, in prima linea nella creazione di soluzioni per le sfide sulle quali indaghiamo.
Stiamo ottenendo ciò nei seguenti modi:


– Crowd-membership: una comunità per il cambiamento
Il nostro obiettivo è mettere le persone al centro delle nostre operazioni tramite un programma di adesione che faccia ricorso al crowdfunding, basato su sottoscrizione, per concedere agli utenti di accedere a un’esperienza giornalistica a lungo termine di Open Inquiry.
Le sottoscrizioni accordano agli utenti diversi livelli di accesso a un’esperienza di narrazione più profonda con un potenziale impatto significativo nel mondo reale, connessioni con cercatori di informazioni che pensano allo stesso modo e sono fautori di cambiamento e l’opportunità di interagire personalmente con i nostri giornalisti ed editori, come parte di un processo di co-progettazione in corso per costruire e migliorare la piattaforma.
La nostra piattaforma blockchain, PressCoin, estende questa colonna portante delle entrate basata su sottoscrizione in un meccanismo efficace per tracciare e misurare la partecipazione tra tutti i nostri lettori, utenti e collaboratori e ridistribuire le quote di reddito in base alla loro partecipazione.
A differenza di qualsiasi altra criptovaluta, quello di PressCoin è un equity token il cui valore è derivato dalle entrate totali generate da tutte le piattaforme sul sistema PressCoin, inclusa la piattaforma principale INSURGE. La sottoscrizione non dà solo i PressCoin che si possono utilizzare sulla piattaforma, ma si possono anche guadagnare i PressCoin contribuendo in modi generativi: creare opinioni, esplorare le possibilità di cambiamento e dare avvio ad azioni reali che possono essere finanziate da altri partecipanti utilizzando PressCoin all’interno della blockchain.
PressCoin sarà anche la prima criptovaluta che si potrà utilizzare senza soluzione di continuità nel mondo reale, utilizzando la nostra applicazione Cointype – uno scambio valido sulla base di una blockchain che permette di scambiare valute criptate e legali a commissioni zero. Con la facoltà di scambiare i propri PressCoin con qualsiasi valuta desiderata con il semplice tocco di un dito, si sarà in grado di utilizzare i guadagni ottenuti con il sistema PressCoin per aumentare le entrate e acquistare e vendere al di fuori della piattaforma.
Quindi i nostri membri non saranno solo sottoscrittori passivi. Sono la nostra colonna portante, e la nostra coscienza, la nostra prima meta nello sviluppo della piattaforma sono le notizie significative, nonché i modi migliori per far funzionare la piattaforma e migliorare ciò che facciamo.
– Sicurezza
Il social network privato che stiamo progettando per potenziare efficacemente la nostra piattaforma sarà esattamente così.
Privato. Sicuro. Affidabile.
Non cerchiamo di monetizzare le informazioni attinte dalle attività online dei nostri utenti. Al contrario, cerchiamo di massimizzare il loro accesso alle informazioni che possono usare in sicurezza per migliorare la propria vita, la vita degli altri e la Terra stessa.
Contrariamente a Facebook e Google, qualsiasi valore monetario per i dati generati dall’attività sulla piattaforma sarà di proprio possesso, per la distribuzione tramite azioni a reddito equo – non monopolizzato e venduto ad aziende terze. Il vero valore di tutti questi dati sarà la sua utilità per le persone e il pianeta: le opinioni che può generare; e come ciò può aiutare ognuno a sostenersi e attivarsi per intraprendere azioni costruttive nel mondo.
– Potere finanziario
Gli interessi speciali mai ci manovreranno. Questo perché INSURGE non fa pubblicità. Il nostro modello finanziario si basa invece su molteplici flussi di entrate: oltre alla crowd-membership, che comprende articoli commissionati, in successione e libri bianchi; licenza dei nostri processi proprietari; analisi di mercato e politica; canale (video, ecc.) e simposi; combinazione di sottoscrizioni e compartecipazione alle entrate per le collaborazioni.
Il network giornalistico PressCoin / INSURGE include luminari come il corrispondente di guerra John Pilger, l’editorialista del Washington Post, Barkha Dutt, e il pioniere digitale Lance Weiler (individuato da Businessweek tra ‘the 18 who changed Hollwood’) – comprendente una base di follower di start-up di milioni di persone. Anche con un tasso di conversione del 5% da follower a sottoscrittori, la nostra colonna portante dei ricavi ci fornisce solide fondamenta e garantisce che il valore della nostra criptovaluta, il PressCoin, sarà legato a ricavi reali, sostenibili e in crescita – mentre continuiamo ad accrescere i network, per quanto riguarda pubblico e coinvolgimento.
In questo modo, stiamo immunizzando le nostre strutture editoriali dall’influenza indebita di interessi speciali, rendendoci liberi di impegnarci veramente senza esclusione di colpi in Open Inquiry, per le persone e il pianeta.
– Creare notizie in modo partecipativo
Stiamo costruendo un gruppo e un procedimento per scrivere, creare e produrre reportage di altissima qualità, che funzionano non solo come unità autonome, ma soprattutto come un’opportunità per lettori, utenti, ascoltatori e spettatori d’intraprendere un viaggio di scoperta più profondo nelle questioni sollevate nell’articolo e le domande trasversali che si dischiudono.
Ciò significa anche trarre le conclusioni su più temi e notizie, all’interno e tra tutti nostri reportage, incorporando le connessioni tra loro all’interno del testo, audio e video, piuttosto che soltanto posizionati in una barra laterale o alla fine come un’aggiunta.
In quanto tali, i nostri reportage non saranno elementi fissi, statici, isolati. Proprio come il mondo reale è pieno di cambiamenti e complessità, la nostra piattaforma è aperta e reattiva a commenti e critiche construttivi. Stiamo creando un sistema che premi i commenti generativi degli utenti e che li utilizzi per creare nuovi e migliori reportage.
– Sostegno lungimirante
Non siamo fornitori passivi di “notizie”, né osservatori falsamente obiettivi del mondo.
Siamo partecipanti attivi, consapevoli di noi stessi come soggetti, in cerca di obiettività attraverso Open Inquiry e l’impegno con il mondo basato sui valori, al servizio delle persone e del pianeta.
Al contrario, le piattaforme esistenti amplificano il dissenso. Promuovono un senso di apatia e rassegnazione sullo stato del mondo, e su cosa si può fare a riguardo – e lo fanno sotto le spoglie dell’ʽimparzialitàʼ.
Il sistema PressCoin fornisce a INSURGE un nuovo tipo di social network che fa il contrario. Usando un formato di giornalismo esplicitamente progettato per allenare la mente nelle capacità di pensiero critico in grado di far fronte alla polarità e alla contraddizione, navigare nella complessità e passare a conversazioni generative a seconda dell’eventualità, colleghiamo a risultati costruttivi la copertura delle notizie realizzata efficacemente.
Ciò significa che non stiamo solo indagando sulle “cattive notizie”: siamo in prima linea nella rivoluzione, rivelando, creando un modello e testando soluzioni reali alle nostre sfide globali, tutto in un’unica piattaforma blockchain.
E questo è anche il motivo per cui, soggetto a PressCoin, INSURGE tanto per cominciare condurrà lo sviluppo di altre quattro piattaforme, per affrontare alcuni dei più fondamentali deficit del giornalismo attuale: NEXTELECTION, un localizzatore elettorale che racconta le storie degli sfidanti rispetto a chi è in carica; MOJONOMY, una piattaforma per cittadini giornalisti di tutto il mondo; ZOLORI, che si concentra sulle notizie locali; e CHICKENSOUP.NEWS, una fonte di notizie votata a raccontare storie positive.
Cosa significa…
La nostra nuova piattaforma rappresenta un taglio fondamentale rispetto al vecchio paradigma del giornalismo dell’era industriale.
Stiamo costruendo una piattaforma dedicata alle persone e al pianeta, che colmi il divario tra creatori e consumatori di ʽnotizieʼ, che superi il modello finanziario che non funziona più del “churnalism”(3) e costruisce la sostenibilità creando valore per gli utenti a ogni livello.
La nostra piattaforma rappresenta una nuova opportunità per trasformare in modo permanente come oggigiorno viene realizzato il giornalismo.
Alziamo l’asticella in misura tale da costringere i nostri concorrenti o a elevarsi con noi o ad affondare.
E così facendo, stiamo piantando i semi di un nuovo modo per migliorare e condividere le informazioni, al fine di creare un mondo migliore per tutti.
La nostra piattaforma renderà ogni reportage che leggete, guardate, sentite un’opportunità per intraprendere un viaggio di esplorazione e scoperta; una risorsa che si apre in una rete di storie che possono dischiudere nuove opinioni al mondo, a noi stessi e alle nostre società; e un’opportunità per far avanzare e impegnarsi nel processo di narrazione, per mezzo di una conversazione curata e collaborativa.
La nostra piattaforma creerà opportunità per entrare in contatto con persone come voi, affamate di conoscenza approfondita del mondo, il vostro posto in esso e come valorizzare entrambe; mentre si scoprono le strutture, i sistemi e le interconnessioni che guidano eventi globali e locali.
La nostra piattaforma creerà anche opportunità per mostrare il lavoro che state facendo per cambiare il mondo; connettersi con gli altri creando cambiamenti nei propri contesti – e condividere le migliori pratiche nello sviluppo e nell’ideazione di progetti, per responsabilizzare le persone e salvare il pianeta.
Benvenuti alla rivoluzione dei media: la piattaforma di intelligence e network d’azione per il cambiamento che dobbiamo essere nel mondo, proprio ora.
AZIONE: Potete trovare ulteriori informazioni su PressCoin visitando il nostro sito Web e leggendo il nostro libro bianco. La prevendita ICO(4) di PressCoin sarà disponibile dal 22 novembre 2017. Unitevi alla nostra pre-ICO crowdsale(5) e diventate investitori e proprietari della rivoluzione dei media.
Il Dr. Nafeez Ahmed è un giornalista investigativo che è stato premiato per i suoi 16 anni di lavoro ed è creatore di INSURGE INTELLIGENCE, un progetto di giornalismo investigativo per l’interesse pubblico basato su crowdfunding, pubblicazione principale di PressCoin. È editorialista di ‘System Shift’ su Motherboard di VICE, editorialista per Middle East Eye, e in precedenza faceva il cronista di geopolitica per il blog Earth Insight di The Guardian.
Il suo lavoro è stato pubblicato su Independent on Sunday, The Independent, The Scotsman, Sydney Morning Herald, The Age, Foreign Policy, The Atlantic, Quartz, New York Observer, The New Statesman, Prospect, Le Monde diplomatique, Raw Story, New Internationalist, Huffington Post UK, Al-Arabiya English, AlterNet, Ecologist e Asia Times, e non solo lì.
Nafeez è stato incluso due volte nell’elenco “Top 1.000” delle persone più influenti di Londra, pubblicato dall’Evening Standard ed è stato insignito del Project Censored Award per l’Eccezionale Giornalismo Investigativo nel 2015, del Premio Routledge-GCSP Essay nel 2010 e del Premio Napoli (il Premio letterario più prestigioso in Italia creato per decreto del Presidente) nel 2003. Il suo lavoro è stato utilizzato dalla Commissione sull’11/9 e dall’Inchiesta 7/7 del Coroner.
Il suo ultimo libro, Failing States, Collapsing Systems: BioPhysical Triggers of Political Violence (Springer, 2017) è uno studio scientifico su come il clima, l’energia, il cibo e le crisi economiche stanno determinando il fallimento degli Stati in tutto il mondo.
Fonte originale:  https://medium.com/insurge-intelligence/we-are-using-the-blockchain-to-give-the-media-back-to-the-people-join-us-9a8f2953f589
Tratto da: https://comedonchisciotte.org/come-la-blockchain-restituira-i-media-alle-persone-per-salvare-il-pianeta/
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di NICKAL88.
Note a cura del traduttore
(1) Il ritorno energetico sull’investimento energetico, più noto con la sigla EROEI (o EROI), acronimi dell’inglese Energy Returned On Energy Invested (o Energy Return On Investment), ovvero energia ricavata su energia consumata, è un coefficiente che, riferito a una data fonte di energia, ne indica la sua convenienza in termini di resa energetica. Qualsiasi fonte di energia costa una certa quantità di energia investita, da considerarsi come congelata nella fonte di energia stessa (per la costruzione e il mantenimento degli impianti), quantità che l’EROEI cerca di valutare.
Da un punto di vista matematico, è il rapporto tra l’energia ricavata e tutta l’energia spesa per arrivare al suo ottenimento. Ne risulta che una fonte energetica con un EROEI inferiore ad 1 è in perdita da un punto di vista energetico. Fonti energetiche che presentano un EROEI minore di 1 non possono essere considerate fonti primarie di energia poiché il loro sfruttamento impiega più energia di quanta se ne ricavi. L’EROEI si rivela un parametro fondamentale per operare scelte strategiche di politica energetica, valutando e comparando l’approvvigionamento fra diverse fonti energetiche.
Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Ritorno_energetico_sull%27investimento_energetico
(2) Don’t be evil (“Non essere malvagio”), talvolta riportato erroneamente come Do no evil è il motto aziendale di Google.
Venne coniato per la prima volta da un ingegnere, durante una riunione, e sta a significare l’intento della stessa azienda di non usare i dati per scopi malevoli, e comunque mantenere un codice di condotta leale e “dalla parte dei buoni”, ovvero da quella degli utenti.
Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Don%27t_Be_Evil
(3) Churnalism – La caduta di qualità del giornalismo contemporaneo ha molti aspetti e varietà. Una è l’indulgenza nei confronti dei comunicati stampa o delle notizie promozionali spacciati come notizie senza verifiche, senza filtro critico, senza selezione: incollati tal quali nelle pagine di giornali.Nel 2008 il giornalista della BBC Waseem Zakir coniò il neologismo churnalism per descrivere questo approccio al mestiere, sincrasi di churn out (produrre, produrre in serie, sfornare) e journalism.
Fonti:
  • http://www.usigrai.it/la-differenza-tra-giornalismo-e-churnalism/
  • http://www.wittgenstein.it/2011/02/24/la-guerra-contro-il-churnalism/
  • http://www.wordreference.com/enit/churn%20out
(4) Initialcoinoffering, in sigla: ICO (in italiano, letteralmente: Offerta di moneta iniziale) è un mezzo non regolamentato di crowdfunding nel settore finanziario.
Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Initial_coin_offering
(5) Crowdsale– vendita di criptovalute, o token, da parte dell’azienda che ne detiene una certa quantità e che solitamente coincide con l’azienda che ha creato e gestisce un certo progetto che si basa sulla criptovaluta stessa.


12 dicembre 2017

Media USA: il giorno della vergogna totale


Le testate giornalistiche statunitensi hanno subito la loro più umiliante disfatta da molto tempo in qua: ora rifiutano qualsiasi trasparenza su ciò che è successo

di Glenn Greenwald.

Venerdì 8 dicembre è stato uno dei giorni più imbarazzanti per i media USA da un sacco di tempo di qua. L'orgia di umiliazioni è stata innescata dalla CNN, con MSNBC e CBS sulla sua scia, con innumerevoli opinionisti, commentatori e operatori politici che si sono uniti alla festa per tutto il giorno. Alla fine della giornata, era chiaro che molti dei più grandi e influenti organi di informazione della nazione avevano diffuso a milioni di persone una notizia esplosiva, benché completamente falsa, intanto che si rifiutavano di fornire alcuna spiegazione su come tutto questo fosse successo.
Lo spettacolo è iniziato venerdì mattina alle ore 11 della costa orientale USA, quando la testata che si proclama “Il nome più attendibile nel dare notizie” (ossia la CNN, “The Most Trusted Name in News™”, NdT) ha speso ben 12 minuti consecutivi di trasmissione cavalcando in modo scintillante un reportage-bomba in esclusiva che sembrava dimostrare che WikiLeaks, lo scorso settembre, aveva segretamente offerto alla macchina elettorale di Trump, e persino a Donald Trump in persona, un accesso speciale alle e-mail del Comitato Nazionale Democratico (DNC) prima che fossero pubblicate su Internet. Siccome la CNN si affaccia sul mondo, tutto questo proverebbe collusione tra la famiglia Trump e WikiLeaks e, cosa più importante, tra Trump e la Russia, dal momento che la comunità dei servizi segreti degli Stati Uniti considera WikiLeaks come un "braccio dell'intelligence russa", e quindi fanno così anche i media statunitensi.
Tutta questa rivelazione era basata su un’e-mail che la CNN con forza sottintendeva di aver ottenuto in esclusiva e che aveva ormai a disposizione. L'e-mail era stata inviata da un tale di nome "Michael J. Erickson" - qualcuno di cui nessuno aveva mai sentito parlare prima di allora e che la CNN non poteva identificare - a Donald Trump Junior, e offriva una chiave di decrittazione nonché l'accesso alle e-mail del DNC che WikiLeaks aveva "caricato". L'e-mail era una pistola fumante, agli occhi estremamente eccitati della CNN, perché era datata 4 settembre – dunque dieci giorni prima che WikiLeaks iniziasse a promuovere l'accesso a quelle e-mail online - dimostrando così che alla famiglia Trump veniva offerto un accesso speciale e unico all'archivio del DNC: presumibilmente da Wikileaks e dal Cremlino.
È impossibile comunicare a parole che tipo di scoop spettacolare e devastante credeva di avere la CNN, perciò è necessario che guardiate voi stessi con i vostri occhi per notare quali toni accalorati, quali inflessioni mozzafiato e quanta gravità trasmetteva questo canale, considerato che chiaramente credeva di dare oramai un colpo quasi fatale in merito alla storia della collusione Trump/Russia:


C'era solo un piccolo problema con questa storia: era fondamentalmente falsa, e lo era nel modo più imbarazzante possibile. Ore dopo che la CNN aveva trasmesso il suo racconto - e dopo averlo ripetutamente rilanciato e pompato - il Washington Post ha riferito che la CNN ha toppato di brutto proprio sul fatto cruciale della vicenda.
L'e-mail non era datata 4 settembre, come pretendeva la CNN, bensì 14 settembre: il che significa che era stata inviata dopo che WikiLeaks aveva già pubblicato l'accesso alle e-mail del DNC online. Quindi, anziché offrire una sorta di accesso speciale a Trump, "Michael J. Erickson" era semplicemente una persona a caso del pubblico che incoraggiava la famiglia Trump a guardare le e-mail del DNC apertamente disponibili che WikiLeaks - come tutti già sapevano - aveva pubblicamente promosso. In altre parole, l'e-mail era l'esatto opposto di ciò che la CNN sosteneva che fosse.


Com’è che la CNN è giunta a pompare con irruenza una storia così tanto spettacolarmente falsa? Si rifiutano di dirlo. Molte ore dopo che la loro narrazione è stata svelata in tutta la sua falsità, il giornalista che l'ha presentata in origine, il cronista parlamentare Manu Raju, ha finalmente pubblicato un tweet che annotava la correzione. Il dipartimento di pubbliche relazioni della CNN ha quindi affermato che "più fonti" avevano fornito alla CNN una data falsa. E Raju è andato alla CNN, con toni più dimessi, per annotare la correzione, affermando esplicitamente che "due fonti" gli avevano fornito ciascuna la data falsa in merito all'e-mail, mentre chiariva anche che la CNN non aveva mai nemmeno visto l'e-mail, ma aveva solo fonti che descrivevano i suoi presunti contenuti:

Tutto ciò fa sorgere la domanda lampante, ovvia e critica, che la CNN si rifiuta di affrontare: in che modo le "fonti multiple" hanno erroneamente interpretato la data in testa a questo documento, esattamente nello stesso modo, e verso le stesse conclusioni, e hanno quindi dato in pasto queste informazioni false alla CNN?
È, ovviamente, del tutto plausibile che una fonte possa in modo incolpevole interpretare erroneamente la data di un documento. Ma in che modo sarebbe anche lontanamente plausibile che più fonti possano del tutto innocentemente e in buona fede interpretare erroneamente la data proprio nello stesso modo, tutto per causare la propagazione di una rivelazione diffusa su tutti i media in merito alla collusione Trump/Russia /WikiLeaks? Questa è la domanda fondamentale cui la CNN si rifiuta semplicemente di rispondere. In altre parole, la CNN si rifiuta di fornire la massima trasparenza per consentire al pubblico di capire cosa è davvero successo in questo frangente.

PERCHÉ TUTTO QUESTO CONTA COSÌ TANTO? Per tanti motivi importanti:
Per cominciare, è difficile esagerare su quanto velocemente, quanto lontano e quanto diffusamente abbia viaggiato questa falsa notizia. Opinionisti, funzionari e giornalisti del Partito Democratico con enormi piattaforme sui social media si sono immediatamente tuffati sulla storia, annunciando che dimostrava una collusione tra Trump e la Russia (attraverso WikiLeaks). Un tweet del parlamentare democratico Ted Lieu, il quale sosteneva che tutto questo evidenziava le prove di una collusione criminale, è stato ri-twittato migliaia e migliaia di volte in poche ore (Lieu ha flemmaticamente cancellato il tweet dopo che io ne ho annunciato la falsità, e molto tempo dopo che era diventato assai virale, senza mai dire ai suoi seguaci che la storia della CNN, e quindi la sua accusa, erano state sbufalate).

This tweet is from a member of Congress today. It was RT'd more than 7,000 times (and counting), and liked more than 15,000 times. It's based on a completely false claim, from a debunked CNN story. This happens over and over. This seems damaging. And still no retraction. https://twitter.com/tedlieu/status/939129798793793536 
Questo tweet proviene oggi da un parlamentare. È stato ri-twittato più di 7.000 volte (e oltre) e ha ricevuto più di 15.000 like. Si basa su una dichiarazione completamente falsa, estratta da una storia della CNN smontata in quanto bufala. Questo succede più e più volte. Sembra dannoso. E ancora nessuna ritrattazione. https://twitter.com/tedlieu/status/939129798793793536...
21:23 - 8 dicembre 2017

Benjamin Wittes del Brookings Institute, la cui stella era in ascesa mentre si autopromuoveva come amico dell'ex direttore dell'FBI Jim Comey, non solo ha rilanciato la storia della CNN alla mattina, ma lo ha fatto con la parola "Boom" - usata per segnalare che un grande colpo è stato inferto a Trump sulla vicenda della Russia - insieme alla gif di un cannone che viene fatto detonare:
Incredibilmente, fin proprio a questo momento - quasi 24 ore dopo che la notizia della CNN è stata sbufalata - Wittes non ha mai annunciato ai suoi oltre 200.000 follower che la storia che rilanciava in modo così entusiasta si è rivelata completamente falsa, anche se è tornato su Twitter molto tempo dopo che la notizia èstata smascherata per twittare su altre questioni. Ha semplicemente lasciato lì le sue affermazioni false e incendiarie senza fare correzioni.
Josh Marshall del blog Talking Points Memo ha creduto che la storia fosse così significativa da usare in cima al suo articolo l'immagine di una bomba atomica che esplodeva, discutendo le sue implicazioni, un articolo che ha twittato ai suoi circa 250.000 follower. Solo di notte è stata aggiunta una nota redazionale che annunciava che l'intera faccenda era falsa.


È difficile quantificare esattamente quante persone siano state ingannate - riempite di notizie false e propaganda - dalla narrazione della CNN. Ma grazie a giornalisti e funzionari fedeli al Partito Democratico che decretano che ogni affermazione in tema Trump/Russia debba essere vera senza guardare alcuna prova, è certamente cosa sicura affermare che molte centinaia di migliaia di persone, quasi certamente milioni, sono state esposte a queste false affermazioni.
Sicuramente chiunque abbia qualche minima preoccupazione sull'accuratezza del giornalismo - che presumibilmente includerà tutte le persone che hanno passato l'ultimo anno a lagnarsi di Fake News, propaganda, bot di Twitter e via lamentando - pretenderebbe una rendicontazione su come uno dei maggiori organi mediatici americani sia finito a subissare il cervello di così tante persone con notizie totalmente false. Basterebbe solo questo per dover sollecitare alla CNN un’esauriente spiegazione su cosa esattamente sia capitato. Nessun bot russo su Facebook o Twitter potrebbe avere un impatto neanche lontanamente paragonabile all'impatto di questa narrazione della CNN quando si tratti di ingannare la gente con informazioni sfacciatamente inesatte.
In secondo luogo, le "fonti multiple" che hanno fornito alla CNN questa falsa informazione non si sono limitate a quella rete. Erano apparentemente molto impegnate a diffondere avidamente le false informazioni a quanti più media potevano trovare. A metà giornata, la CBS News ha affermato di aver "confermato" in modo indipendente la storia della CNN sull'e-mail, e ha pubblicato anche il suo articolo mozzafiato, discutendo le gravi implicazioni di questa collusione disvelata.
Ma la cosa più imbarazzante di tutte l’ha fatta la MSNBC. Dovete solo guardare questo servizio del suo «corrispondente in materia di intelligence e sicurezza nazionale», Ken Dilanian, per crederci. Così come la CBS, anche Dilanian ha affermato di aver «confermato» in modo indipendente il falso rapporto della CNN da «due fonti che hanno conoscenza diretta di questo fatto». Dilanian, la cui carriera nei media statunitensi continua a prosperare quanto più viene esposto come qualcuno che fedelmente ripete a pappagallo ciò che la CIA gli dice di dire (dal momento che questo è uno degli attributi più ambiti e apprezzati nel giornalismo USA), ha utilizzato tre minuti per mescolare affermazioni della CIA (prive di prove e trattate come fatti) con affermazioni totalmente false su ciò che le sue molteplici "fonti con conoscenza diretta" gli avevano riferito su tutto questo. Si prega di guardarlo di nuovo: non tanto per il contenuto, quanto per il tenore e il tono in cui si “riferiscono” le “notizie”. È una roba imbarazzante ai livelli del portavoce di Saddam Hussein, il famigerato Baghdad-Bob:

Pensate esattamente a cosa significhi tutto questo. Significa che almeno due - e possibilmente più - fonti, che tutti questi media hanno giudicato credibili in termini di accesso a informazioni sensibili, hanno fornito le stesse false informazioni a più organi di informazione contemporaneamente. Per molte ragioni, è molto alta la probabilità che queste fonti fossero membri democratici della Commissione sull’Intelligence della Camera (o dei funzionari di alto livello delle loro squadre), poiché è stata la Commissione ad aver ottenuto l'accesso alle e-mail di Trump Jr., benché sia certamente possibile che sia qualcun altro ancora. Non lo sapremo fino a quando questi organi di informazione non si degneranno di riferire al pubblico queste informazioni cruciali: quali «molteplici fonti» hanno mai agito congiuntamente per divulgare informazioni false e incredibilmente incendiarie presso i maggiori organi di informazione nazionali?
Appena la settimana scorsa, il Washington Post (con grande plauso (anche mio) ha deciso di esporre una fonte – una donna a cui avevano promesso l'anonimato e le protezioni a microfoni spenti - perché hanno scoperto che aveva intenzionalmente loro fornito false informazioni come parte di una trama ordita da Project Veritas per screditare il Post. È un principio ben consolidato del giornalismo (raramente seguito quando si parla di persone potenti a Washington): il fatto cioè che i giornalisti dovrebbero esporre, anziché proteggere e nascondere, le fonti che abbiano fornito di proposito false informazioni da diffondere presso il pubblico.
Il Post ha fatto la cosa giusta nel riferire i commenti a microfoni spenti dato che erano stati offerti con intento fraudolento. Questo dovrebbe essere fatto molto più spesso nei confronti di persone davvero potenti a Washington che diffondono bugie nascondendosi dietro l'anonimato https://www.washingtonpost.com/investigations…
22.49 - 27 novembre 2017

È forse quello che è successo nel nostro caso? Queste "fonti multiple" che hanno dato in pasto le informazioni completamente false non solo alla CNN, ma anche a MSNBC e CBS, lo fanno deliberatamente e in malafede? Fino a quando queste testate giornalistiche non forniranno un rendiconto di quel che è successo - ciò che si potrebbe chiamare "trasparenza giornalistica minima" - è impossibile dirlo con certezza. Ma al momento, è molto difficile immaginare uno scenario in cui più fonti abbiano tutte indicato la data sbagliata a diversi media in modo innocente e in buona fede.
Se si trattasse, in realtà, di un deliberato tentativo volto a causare una narrazione falsa e molto incendiaria, allora questi media hanno l'obbligo di mettere in vista chi sono i colpevoli - proprio come il Washington Post ha fatto la scorsa settimana nei confronti della donna che faceva affermazioni false su Roy Moore (era molto più facile in quel caso perché la fonte che mettevano in vista era una persona che a Washington non contava, anziché qualcuno su cui fare affidamento per un flusso costante di notizie, ossia il modo in cui CNN e MSNBC si affidano ai membri democratici della Commissione sull'intelligence). Per contro, se questo fosse solo un errore innocente, allora queste testate giornalistiche dovrebbero spiegare come una sequenza di eventi così inverosimile possa essere accaduta.
Finora, queste multinazionali stanno facendo l'opposto di ciò che i giornalisti dovrebbero fare: piuttosto che informare il pubblico su ciò che è accaduto e assicurare una minima trasparenza e responsabilità per se stessi e gli alti funzionari che hanno causato tutto questo, si nascondono dietro a qualcosa di insignificante, dichiarazioni nebulose redatte da manager di pubbliche relazioni e avvocati.
Come possono mai certi giornalisti e certe testate reagire e fare così tanto gli offesi, se vengono attaccati come "Fake News", quando proprio questa è la condotta dietro la quale si nascondono una volta che siano scoperti a diffondere storie false e incredibilmente ricche di conseguenze?
Quanto più pensate che la vicenda Trump/Russia sia una cosa seria, quanto più pericoloso ritenete che sia Trump quando attacca i media statunitensi in quanto "Fake News", tanto più dovreste risultare turbati da ciò che è successo in questo caso, e tanto più dovreste esigere maggiore trasparenza e responsabilità. Se siete gente che ritiene che gli attacchi di Trump ai media siano pericolosi, allora dovreste essere in prima fila a obiettare quando i media agiscono in modo avventato, in modo da pretendere trasparenza e responsabilità da parte loro. Sono delle disfatte totali come questa - e i successivi sforzi delle grandi imprese mediatiche volti a offuscare il tutto - che hanno reso i media statunitensi così antipatici fino ad alimentare e rafforzare gli attacchi di Trump contro di loro.
In terzo luogo, questo tipo di incoscienza e falsità è ora una tendenza chiara e altamente preoccupante - si potrebbe dire una costante - quando si parla di Trump, Russia e Wikileaks. Ho passato buona parte dell'ultimo anno a documentare le notizie straordinariamente numerose, ricche di conseguenzee avventate che sono state pubblicate - e poi corrette, annullate e ritrattate - dai principali media tutte le volte che viene affrontata questa vicenda.
Tutte le testate, ovviamente, commetteranno degli errori. The Intercept ha certamente fatto la sua parte, così come accade a tutti gli organi di informazione. Ed è particolarmente naturale e inevitabile, che si commettano errori ove ci sia una storia molto complicata e opaca come la questione del rapporto tra Trump e i russi, e le domande relative a come WikiLeaks abbia ottenuto le e-mail del DNC e di Podesta. È tutto quel che c’è da aspettarsi.
Ma quello che ci si dovrebbe aspettare dagli "errori" giornalistici è che a volte vadano in una direzione, e altre volte vadano nella direzione opposta. Questo è esattamente ciò che non è successo in questo caso. Praticamente ogni falsa storia pubblicata va solo in una direzione: essere la più incendiaria e dannosa possibile sulla vicenda di Trump/Russia e in particolare sulla Russia. A un certo punto, una volta che gli "errori" iniziano ad andare tutti nella stessa direzione, verso l'avanzamento del medesimo ordine del giorno, smettono di sembrare errori.
A prescindere dalla vostra opinione su quelle polemiche politiche, a prescindere da quanto odiate Trump o consideriate la Russia un cattivone e una minaccia per la nostra benamata democrazia e libertà, bisogna riconoscere che quando i media statunitensi non fanno altro che diffondere continue false notizie su tutta questa materia, anche loro rappresentano una grave minaccia per la nostra democrazia e adorata libertà.
Sono talmente tante le false storie sulla Russia e su Trump nel corso dell'ultimo anno che non riesco letteralmente a elencarle tutte. Prendete in considerazione appena quelle dell'ultima settimana soltanto, come riportato ieri dal New York Times nel suo articolo che riferisce sull’imbarazzo della CNN:
C’è stato anche un altro importante errore di cronaca in un momento in cui le organizzazioni giornalistiche si stanno confrontando con un pubblico scettico e un presidente che si diletta nell'attaccare i media come "Fake News".Sabato scorso, ABC News ha sospeso un giornalista star, Brian Ross, dopo aver riferito distortamente che Donald Trump aveva incaricato Michael T. Flynn, l'ex consigliere per la sicurezza nazionale, di contattare i funzionari russi durante la corsa presidenziale.Il rapporto ha alimentato le teorie sul coordinamento tra la campagna di Trump e una potenza straniera e le azioni in borsa sono calate dopo la notizia. In realtà, le istruzioni di Trump a Flynn arrivarono solo dopo essere stato eletto presidente.Diverse agenzie di stampa, tra cui Bloomberg e The Wall Street Journal, hanno anche riportato erroneamente questa settimana che la Deutsche Bank aveva ricevuto una citazione dal consigliere speciale, Robert S. Mueller III, per i documenti finanziari del Presidente Trump.Il presidente e il suo gruppo non si son fatti pregare nel calcare la mano su questi errori.
E qui stiamo parlando appena dell’ultima settimana. Ricordiamoci di quante e quante volte le maggiori testate giornalistiche hanno commesso errori umilianti e strabilianti sulla storia di Trump/Russia, ogni volta nella stessa direzione, verso gli stessi obiettivi politici. Ecco appena un assaggio delle affermazioni incredibilmente provocatorie che hanno percorso ogni angolo di Internet prima che fossero corrette, ritrattate o ritirate, spesso molto tempo dopo che le false affermazioni iniziali si erano diffuse, e dove le correzioni ricevono solo una minima parte della spasmodica attenzione che alle notizie false viene invece tributata all’inizio:

• La Russia ha violato la rete elettrica degli Stati Uniti per privare gli americani di calore durante l'inverno (Washington Post)
• Un gruppo anonimo (PropOrNot) ha documentato in che modo i principali siti politici degli Stati Uniti sono agenti del Cremlino (Washington Post)
• WikiLeaks ha una relazione di lunga data e documentata con Putin (Guardian)
• È stato scoperto un server segreto tra Trump e una banca russa (Slate)
• RT ha hackerato C-SPAN e ha causato interruzioni nelle sue trasmissioni (Fortune)
• Crowdstrike scopre che i russi hanno hackerato un'app dell’artiglieria ucraina (Crowdstrike)
• I russi hanno tentato di hackerare i sistemi elettorali di 21 stati (testategiornalistiche varie, che fanno eco al dipartimento della Sicurezza Nazionale)
• Sono stati trovati collegamenti tra l'alleato di Trump Anthony Scaramucci e un fondo di investimento russo sotto inchiesta (CNN)
Questo è davvero appena un piccolo assaggio. Questo modo di coprire l’argomento è così costantemente pessimo e fuorviante, che perfino i più partecipi fra i critici di Vladimir Putin - come l'espatriato russo Masha Gessen, i giornalisti russi di opposizione, nonché gli attivisti liberali anti-Cremlino che operano a Mosca - stanno continuamente avvertendo che i reportage disinformati, ignoranti e paranoici dei media statunitensi sulla Russia stanno danneggiando la loro causa in tutti i modi, intanto che distruggono la credibilità dei media USA agli occhi dell'opposizione di Putin (che - a differenza degli americani, che sono stati nutriti con una dieta costante a base di news e propaganda sulla Russia – capisce effettivamente le realtà di quel paese).
I media USA sono molto bravi nel pretendere rispetto. Amano implicare, ove non lo dichiarino apertamente, che uno - per essere patriottico e un buon americano - dovrebbe respingere gli sforzi per screditare loro e il loro modo di riferire le notizie, perché è così che si difende la libertà di stampa.
Ma i giornalisti hanno anche la responsabilità non solo di chiedere rispetto e credibilità, ma di guadagnarseli. Ciò significa che non dovrebbe esserci una lista così lunga di abiette umiliazioni, dentro cui vediamo pubblicate storie completamente false per ottenere plausi, traffico sui siti e altre ricompense, benché crollino al minimo scrutinio. Certamente significa che tutti questi "errori" non dovrebbero puntare nella stessa direzione, perseguendo lo stesso risultato politico o la medesima conclusione giornalistica.
Ma quel che è più significativo è che quando i media sono responsabili di errori gravi e forieri di conseguenze come nel caso dello spettacolo cui abbiamo assistito ieri, devono assumersene la responsabilità offrendo trasparenza e responsabilità. In questo caso, ciò non può significare nascondersi dietro i PR e il silenzio degli avvocati aspettando che intanto passi la bufera.
Come minimo, queste reti - CNN, MSNBC e CBS - devono identificare chi ha fornito intenzionalmente queste informazioni palesemente false, o spiegare come sia possibile che "più fonti" abbiano tutte le stesse informazioni sbagliate in modo innocente e in buona fede. Fino a quando non lo fanno, le loro grida e proteste, la prossima volta che vengono attaccati come "Fake News", dovrebbe cadere nel vuoto, dal momento che i veri autori di quegli attacchi - il motivo per cui quegli attacchi risuonano – sono loro stessi e la loro condotta.

(Aggiornamento: ore dopo che questo articolo era stato pubblicato, sabato - un giorno e mezzo dopo i suoi tweet originali che promuovono la falsa storia della CNN con un “boom” e un cannone - Benjamin Wittes ha alla fine capito che la storia della CNN che lui aveva pompato presentava "problemi seri"; inutile dire che il tardivo riconoscimento ha ricevuto solo una piccola porzione dei ri-tweet da parte dei suoi seguaci rispetto ai tweet originali che pompavano la storia all’inizio).

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Traduzione per Megachip a cura di Manlio Cacioppo e Pino Cabras.