Pandoratv.it
C’è un Islam che lotta strenuamente contro l’ISIS. Muore in battaglia e
produce un nuovo giornalismo, come la TV libanese di Hezbollah, Al
Manar. L’Arabia Saudita l’ha voluta oscurare dal satellite Arabsat.
Ma prima ancora questa TV l’avevano già oscurata gli europei con Eutelsat.
Al Manar mi ha intervistato in proposito.
Fonte: http://www.pandoratv.it/?p=5342.
21 dicembre 2015
La guerra dei media in Europa e in Medio Oriente
Etichette:
Al Manar,
Arabia Saudita,
Arabsat,
Eutelsat,
giornalismo,
Hezbollah,
informazione,
Medio Oriente,
Pandora TV,
Pino Cabras,
Yemen
14 dicembre 2015
Barbara Honegger – “Dietro la cortina di fumo”
da PandoraTV.
Barbara Honegger ha lavorato all’interno dell’Amministrazione USA e poi
come giornalista investigativa esperta di questioni militari, sempre a
contatto con la stampa di casa al Pentagono. In occasione del ‘Convegno
contro la Guerra per un’Italia neutrale per un’Europa indipendente’,
tenutosi a Roma il 20 ottobre 2015, ha rilasciato un’intervista a
Pandora TV.
Le ho chiesto di introdurre i temi principali
del suo film ‘Behind The Smoke Curtain: What Happened at the Pentagon on
9/11, and What Didn’t, and Why it Matters’ (‘Dietro la cortina di fumo,
cosa accadde al Pentagono l’11/9 e cosa non accadde, e perché conta’,
ndt). Fra i temi affrontati, le tante esercitazioni militari che
riproducevano fedelmente proprio quel che stava accadendo.
Fonte: http://www.pandoratv.it/?p=5289
7 dicembre 2015
Raymond McGovern: “Restiamo Umani”
Pandora TV.
L'emozionante intervento tenuto da Ray McGovern al Parlamento Europeo il 1° dicembre 2015 all’interno del IX Forum Russo-Europeo.
McGovern è stato un analista della CIA dal 1963 al 1990 ed è tra i fondatori del gruppo dei “Veterani Professionisti dell’Intelligence per il Buon Senso”. Per anni ha preparato il briefing mattutino dell'intelligence per il Presidente USA.
In mezzo alle sue analisi originali e informate, sorprende tutti con una bellissima poesia in russo, che smuove il cuore dei presenti.
Da non perdere il modo in cui invita a lottare per la pace.
Fonte: http://www.pandoratv.it/?p=5176.
Etichette:
CIA,
guerra,
Guerra Fredda,
McGovern,
pace,
Ray McGovern,
Russia,
Russia-Europa
5 dicembre 2015
Gli sponsor dell'ISIS oscurano la TV Al Manar
Ora tocca alla TV libanese Al Manar, subire un durissimo colpo che
viene da chi protegge l'ISIS-Daesh. L'emittente di Hezbollah, il movimento di
resistenza sciita che negli ultimi mesi ha inflitto numerose sconfitte sul
campo ai miliziani di Daesh e di Al-Nusra, è stata oscurata dalla piattaforma
satellitare della Lega Araba, Arabsat,
che ha sede in Arabia Saudita e trasmette canali di venti paesi arabi.
L'interruzione è avvenuta senza preavviso e senza spiegazioni, violando
clamorosamente i contratti. Gli sponsor
dell'ISIS giocano ormai a carte scoperte e non rispettano più nessuna
regola, né contrattuale, né legale-costituzionale, né militare: non vogliono fra i piedi un giornalismo che
li ostacoli. Si assiste a una vera accelerazione negli ultimi mesi (specie
in Turchia, ma non solo): censure, interventi squadristici contro le redazioni,
carcere per i direttori dei giornali, canali TV fatti chiudere a forza,
centinaia di cronisti licenziati. Qualche giornalista muore in circostanze controverse, e sempre dopo minacce
di morte.
Quasi nessuno in Occidente conosce la
vicenda della giovane Serena
Shim, dell'iraniana Press TV, morta un anno fa in uno
strano incidente dopo essere stata accusata dai servizi di sicurezza turchi di
essere una spia e minacciata di morte, a seguito di un suo servizio che
denunciava la collusione del governo turco con l'ISIS. In particolare, aveva osato
svelare il caso degli autocarri carichi di combattenti dell'ISIS che
oltrepassano il confine tra Turchia e Siria, spesso con le insegne di
organizzazioni non governative o dell'ONU.
In Occidente l'unico caso che sta iniziando
a bucare l'indifferenza riguarda due giornalisti, Can Dündar, direttore del quotidiano di Istanbul Cumhuriyet, e il capo-redattore del suo
ufficio di Ankara, Erdem Gül, entrambi in prigione dal
26 novembre. Anche per loro l'accusa è spionaggio e terrorismo. Avevano
semplicemente pubblicato le prove che dimostravano che i servizi segreti turchi
consegnano tante armi ai gruppi islamisti in Siria. Eppure, a parte qualche
appello, la massa che diceva "Je
suis Charlie Hebdo" ora non dice nulla. Così come difficilmente dirà
qualcosa sul caso di Al Manar.
Perché
dunque questa accelerazione? Il fatto è che l'intervento militare russo in Siria ha
messo a nudo tutte le ipocrisie occidentali e mediorientali sulla questione
ISIS: i suoi tanti sponsor non possono più nascondersi, e perciò reagiscono
cercando di silenziare le testate che non controllano.
È in questo quadro che ora le petro-monarchie
vogliono chiudere la bocca ad Al Manar. Ci aveva provato già Israele, nel 2006: durante l'invasione
del Libano l'aviazione israeliana colpì ripetutamente con missili la sede della
TV a Beirut. L'attacco del 16 luglio distrusse l'edificio di Al Manar, ma
l'interruzione durò appena dieci secondi:
la redazione si era preparata a trasmettere in emergenza da località
sconosciute e gli israeliani non potevano far nulla per controllare la
piattaforma satellitare ArabSat. Solo che ora ci pensano direttamente i
piranhas di Riad.
Ai dirigenti sauditi non stavano piacendo i
continui reportage di Al Manar dallo Yemen,
il paese che da mesi subisce l'aggressione
di Arabia Saudita, Qatar e altri paesi loro clienti e alleati: i continui
bombardamenti hanno già causato migliaia di morti civili, centinaia di migliaia
di sfollati, e dieci milioni di persone senza più acqua potabile (metà della
popolazione yemenita). Si tratta di una catastrofe originata da veri e propri crimini
di guerra, alimentati da un'enorme quantità di bombe che proviene
anche dall'Italia. La redazione di Al Manar non solo mette
in prima serata questa guerra orrenda, ma è capofila di una federazione di
decine di canali mediorientali (anche dello Yemen) che stanno formando sul
campo centinaia di videoreporter in grado di confezionare eccellenti servizi,
spesso girati con un semplice telefonino.
Tuttavia, la quasi totalità dei cittadini
occidentali non sa nulla di queste guerre né di questo giornalismo. I padroni
della comunicazione europei, per esempio, nel 2012 cacciarono dalla piattaforma Eutelsat i canali satellitari iraniani, senza che i
giornalisti e i politici europei trovassero nulla da obiettare. La Francia
aveva proibito Al Manar già nel 2004, assimilando la redazione a un gruppo
terroristico e accusandola di antisemitismo. Altri paesi europei seguirono.
Già prima ad Al Manar era stato precluso il
sistema statunitense Intelsat.
Rimaneva Arabsat, attraverso cui Al Manar ha
raggiunto ogni giorno un pubblico
pan-arabo di decine di milioni di telespettatori, ponendosi come la più combattiva comunicazione anti-ISIS
esistente. In un mondo normale sarebbero i primi alleati di chi volesse
davvero estirpare Daesh. Invece l'Europa li ha censurati da tempo, mentre ora -
improvvisamente - li censura il sistema di alleanze che copre l'ISIS.
Chi ha a cuore la libertà di parola deve
capire ora la gravità di questo fatto, che ricade anche sull'Occidente. Negli
ultimi dieci anni si erano formati nuovi
equilibri nell'informazione globale. Vari paesi hanno proposto con forza una
propria visione autonoma in contrasto al flusso informativo dominato dalle
potenze anglosassoni. Le emittenti emergenti (la libanese Al Manar, l'iraniana
Press TV, la russa RT, la venezuelana Telesur, ecc.) hanno partecipato con un
punto di vista certo "di parte". Ma per l'appunto grazie a questa
parzialità, mostrano al mondo interessi
"altri", e conquistano un nuovo pubblico, ormai stufo
dell'informazione prodotta dalla fabbrica dei media nostrana, al netto degli
ingenui che pensano che la CNN e altri giganti mediatici siano "neutrali".
Se queste voci "altre" non
useranno un sistema autonomo di trasmissione, cioè se non trasmetteranno con propri
satelliti, rimarranno sempre vulnerabili
rispetto a chi combatte la guerra da un'altra parte della barricata e può
decidere di spegnerli da un momento all'altro. Questo discorso vale anche per i
canali russi, che sono già entrati nel mirino della NATO e dei suoi maggiordomi. Si
parla ormai apertamente di misure per bloccare l'informazione proveniente da un
mondo considerato nemico. Qui, nell'Occidente che presume ancora di essere il
luogo del "libero" confronto delle idee.
Un imperdibile "manuale" sull'argomento
lo ha scritto Roberto Quaglia, converrà padroneggiarlo.
Siamo appena agli inizi di una dittatura
che usa la lotta all'ISIS per giustificare restrizioni alla libertà e censure,
ma che poi usa queste restrizioni e censure a danno di chi combatte davvero
l'ISIS. Sembra un paradosso, ma è il ritratto
del doppiogiochismo che sta affossando le democrazie.
Basterebbe poco, con un certo clima di
allarme bellico, per "erdoganizzare" e "saudizzare" anche
il sistema europeo, che ormai è sempre più istituzionalmente pronto a questa
pericolosa mutazione.
Dobbiamo capire da subito che il punto di
vista altrui è la garanzia del punto di vista nostro. Difendere Al Manar ed
esigere che la TV non sia oscurata è una questione che ci riguarda da vicino.
Etichette:
Al Manar,
Arabia Saudita,
Arabsat,
comunicazione,
Eutelsat,
giornalismo,
Hezbollah,
ISIS,
Libano,
televisione,
Turchia
24 novembre 2015
Il trappolone turco sul filo della guerra mondiale
di Pino Cabras.
Durante
la guerra fredda la NATO non aveva mai abbattuto un aereo militare di Mosca.
Oggi la Turchia, paese NATO in mano a uno dei manovratori dell'ISIS, lo ha
fatto (nello spazio aereo siriano). È una gravissima provocazione che può trasformare la guerra siriana da
guerra NATO per procura a guerra NATO senza mediazioni, col rischio molto
concreto di far scattare quelle clausole dell'alleanza atlantica che ci trascinerebbero
tutti in un conflitto molto esteso e difficilmente controllabile. Sicuramente al figlio di Erdoğan, che gestisce il contrabbando di
petrolio dell'ISIS, non piaceva affatto che negli ultimi giorni i Sukhoi Su-24
gli avessero distrutto centinaia di autocisterne, azzerandogli di colpo un business che andava avanti da un anno e mezzo.
Abbatterne uno, a costo di una guerra mondiale, è la risposta del suo paparino,
per alzare la posta in gioco. Un bel trappolone per la Russia, che qualche
risposta dovrà dare, e per tutti gli alleati NATO, da invischiare nei calcoli
strategici di Erdoğan, uno dei grandi perturbatori del Vicino Oriente. E noi
dovremmo essere disposti a morire per le autocisterne che finanziano l'ISIS.
Come no?
Etichette:
aereo abbattuto,
Daesh,
Erdogan,
Erdoğan,
guerra,
Guerra Fredda,
guerra mondiale,
guerra siriana,
ISIS,
NATO,
petrolio,
Russia,
Turchia
18 novembre 2015
La Repubblica Francese presa in ostaggio
La
guerra che si è estesa fino a Parigi è incomprensibile per i francesi, che
sanno poco e niente delle attività segrete del loro governo nel mondo arabo,
delle sue alleanze contro natura con le dittature del Golfo e della sua
partecipazione attiva al terrorismo internazionale. Questa politica non è mai
stata discussa in parlamento e raramente i media mainstream hanno osato interessarsene.
DAMASCO (Siria) - Da cinque anni i francesi
sentono parlare di guerre lontane senza capire di cosa si tratta. La stampa li
ha informati dell'impegno del loro esercito in Libia, ma mai della presenza di
truppe francesi in missione nel Levante. I miei articoli al riguardo sono molto
letti, ma percepiti come stravaganze orientali. Nonostante la mia storia
personale, va di moda definirmi «estremista» o «complottista» e sottolineare
che i miei articoli sono riprodotti da siti web di tutte le convinzioni,
compresi gli estremisti o i complottisti, quelli veri. Eppure nessuno trova
niente da obiettare in ciò che scrivo. Tuttavia nessuno ascolta i miei
avvertimenti sulle alleanze che la Francia stringe.
Improvvisamente, la verità ignorata è
venuta a galla.
Nella notte di venerdì 13 novembre 2015 la
Francia è stata attaccata da alcuni commando che hanno ucciso almeno 130
persone in cinque luoghi diversi in Parigi. È stato dichiarato lo stato di
emergenza su tutto il territorio nazionale per 12 giorni e il parlamento
potrebbe rinnovarlo.
Nessun legame diretto
con il caso Charlie Hebdo
La stampa francese interpreta questo atto
di guerra collegandolo all'attentato di Charlie
Hebdo, nonostante le modalità operative siano completamente differenti. A
gennaio si trattava di uccidere persone precise, mentre qui si tratta di un
attacco coordinato contro un gran numero di persone a caso.
Oggi sappiamo che il direttore di Charlie Hebdo aveva appena ricevuto un
"dono" di 200.000 euro dal Vicino Oriente per condurre la sua
campagna anti-islamica [1]; che gli assassini erano legati ai servizi segreti
francesi [2]; che la provenienza delle loro armi è coperta dal segreto militare
[3].
Ho già dimostrato che questo attacco non
era un'operazione islamista [4], che era stato fatto oggetto di un’appropriazione
statale immediata [5] e che quest’appropriazione aveva avuto un riscontro
presso la popolazione ostile alla Repubblica [6], un’idea brillantemente
sviluppata qualche mese dopo dal demografo Emmanuel Todd [7].
Se torniamo alla guerra appena arrivata a
Parigi, costituisce una sorpresa in Europa occidentale. Non possiamo
paragonarla con gli attentati di Madrid del 2004: in Spagna non c’erano né
killer né kamikaze, ma dieci bombe piazzate in quattro luoghi distinti [8].
Il tipo di scena che ha appena avuto luogo
in Francia è dal 2001 la sorte quotidiana di molte popolazioni del Medio
Oriente allargato. E troviamo eventi simili anche altrove, come i tre giorni di
attentati in sei posti diversi a Bombay nel 2008 [9].
Anche se gli aggressori erano musulmani e
se alcuni di loro hanno gridato «Allah Akbar!» uccidendo i passanti, non c’è
alcun legame tra questi attacchi, l'Islam e una eventuale “guerra di
civiltà". Così, questi commando avevano istruzione di uccidere a caso,
senza prima informarsi sulla religione delle loro vittime.
Allo stesso modo, è assurdo prendere per
buono il richiamato movente dell’ISIS contro la Francia, sebbene non ci sia
alcun dubbio sul suo coinvolgimento in questo attacco: infatti, se
l'organizzazione terroristica avesse voluto "vendicarsi", è a Mosca
che avrebbe colpito.
La Francia è uno stato
terrorista almeno dal 2011
La lettura di questi eventi è confusa
perché dietro i gruppi non statali si nascondono sempre degli Stati che li
finanziano. Negli anni Settanta, il venezuelano Ilich Ramírez Sánchez, detto
«Carlos» o «lo Sciacallo», per convinzione si era messo al servizio della causa
palestinese e della Rivoluzione con il silenzioso appoggio dell'URSS. Negli
anni Ottanta, l'esempio di Carlos è stato preso da mercenari che lavoravano per
il miglior offerente come Sabri al Banna detto «Abu Nidal», che ha compiuto
attentati sia per conto di Libia e Siria sia per conto di Israele. Oggi c'è una
nebulosa del terrorismo e di operazioni segrete che coinvolge un gran numero di
Stati.
Di norma, gli Stati negano sempre il loro
coinvolgimento in gruppi terroristici. Tuttavia, nel dicembre 2012, in
occasione della conferenza degli "Amici della Siria" a Marrakech, il
ministro degli Esteri francese Laurent Fabius ha detto che Al-Nusra, il ramo siriano
di Al-Qa'ida, «ha
fatto un buon lavoro» [10].
Tenuto conto del suo ruolo, l’on. Fabius
sapeva che non sarebbe stato perseguito per il suo sostegno a un'organizzazione
classificata come terroristica dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite,
ma ha fatto correre un grave rischio al suo paese che si immergeva così nel
calderone del terrorismo.
In realtà, la Francia è coinvolta almeno
dall’inizio del 2011 al fianco di Al-Qa'ida. A quel tempo, il Regno Unito e la Francia si
erano uniti al progetto americano della «Primavera araba». Si trattava di
rovesciare tutti i regimi laici arabi e sostituirli
con dittature dei Fratelli Musulmani. Quando Londra e Parigi svelarono questa
operazione in corso in Tunisia e in Egitto, il loro intervento era stato in precedenza
richiesto in Libia e in Siria [11].
In Libia, con la collaborazione delle forze
speciali italiane, hanno organizzato i massacri di Bengasi e poi − con l'aiuto
di Al-Qa'ida − la
presa degli arsenali. Posso testimoniare che nell’agosto 2011, quando ero
protetto da Khamis Gheddafi, mentre la NATO attaccava la capitale, l'hotel
Rixos dove ci trovavamo fu assediato da un’unità di Al-Qa'ida, la
Brigata Tripoli, comandata dal Mahdi al-Harati al grido di «Allah Akbar!» e
inquadrata da ufficiali francesi in missione. Lo stesso Mahdi al-Harati era col
suo capo Abdelhakim Belhaj, il fondatore del cosiddetto
Esercito Siriano Libero, in realtà un gruppo di Al-Qa'ida che
porta la bandiera della colonizzazione francese.
In Siria, la presenza di ufficiali francesi
che inquadrano gruppi armati mentre perpetrano crimini contro l'umanità è
ampiamente attestata.
Da allora in poi la Francia ha giocato un
gioco estremamente complesso e pericoloso. Così, nel gennaio 2013, cioè un mese
dopo il sostegno pubblico di Fabius ad Al-Qa'ida in Siria, ha intrapreso un'operazione in Mali
contro la stessa Al-Qa'ida, provocando un primo contraccolpo contro i suoi
agenti infiltrati in Siria.
Di tutto ciò non avete mai sentito parlare.
Perché, anche se la Francia ha istituzioni democratiche, la sua attuale
politica nel mondo arabo non è mai stata dibattuta pubblicamente. Al massimo ci
si è limitati − in violazione dell'articolo 35 della Costituzione − ad entrare
in guerra contro la Libia e contro la Siria dopo alcune ore di dibattiti parlamentari
superficiali, senza voto. I parlamentari francesi hanno rinunciato a esercitare
il loro mandato di controllo dell’esecutivo in materia di politica estera, pensando
che si trattasse di un’area riservata al presidente, senza conseguenze nella
vita quotidiana. Al contrario, oggi tutti possono constatare che la pace e la
sicurezza, uno dei quattro «diritti dell'uomo e del cittadino» del 1789
(articolo 2), ne dipendono direttamente. Il peggio deve ancora venire.
All’inizio del 2014, quando i falchi
liberali americani mettevano a punto il loro piano di trasformazione dell’Emirato
Islamico in Iraq e Sham (Terra di Sham,
dal nome usato un tempo per indicare la città di Damasco, ndt) in quello che sarebbe divenuto Daesh (ossia l’ISIS), Francia e
Turchia hanno inviato munizioni ad Al-Qa'ida perché combattesse l’Emirato
Islamico, e questo punto è attestato da un documento presentato al Consiglio di
Sicurezza il 14 luglio 2014 [12].
Tuttavia, in seguito, la Francia si è unita
all'operazione segreta e ha partecipato alla coalizione internazionale anti-Daesh,
della quale è ormai noto che, contrariamente al suo nome, non ha bombardato Daesh
ma gli ha fornito armi per un anno [13].
Le cose si sono evolute ulteriormente dopo
la firma dell'accordo 5+1 con l'Iran. Gli Stati Uniti sono tornati
improvvisamente in campo contro l'organizzazione terroristica e l’hanno respinta
ad Al-Hasaka [14].
Ma è stato solo verso la metà di ottobre
2015, un mese fa, che la Francia ha ricominciato a combattere l’Isis-Daesh. Non
per fermare i suoi massacri, ma per conquistare una parte del territorio che
occupa in Siria e in Iraq e instaurarvi un nuovo stato coloniale che si
chiamerebbe "Kurdistan", anche se la sua popolazione curda sarà in
partenza largamente minoritaria [15] .
In questa prospettiva, la Francia ha
inviato la sua portaerei, non ancora in zona, per sostenere i
marxisti-leninisti del partito curdo YPG − ma che senso ha questo riferimento
politico quando si pianifica di creare uno Stato coloniale? − contro il suo ex
alleato Daesh.
Stiamo oramai assistendo al secondo contraccolpo.
Non da parte di Al-Qa'ida in Siria ma da parte di Daesh in Francia, su istruzioni
degli alleati inconfessabili della Francia.
Chi guida Daesh
L’ISIS è una creazione artificiale. È solo
lo strumento della politica di vari Stati e multinazionali.
Le sue principali risorse finanziarie sono il
petrolio, le droghe afgane – di cui i francesi non hanno ancora colto le conseguenze
sul loro territorio − e i reperti antichi levantini. Tutti concordano sul fatto
che il petrolio rubato passa liberamente attraverso la Turchia prima di essere
venduto in Europa occidentale. Considerate le quantità, non c'è alcun possibile
dubbio sul sostegno dello Stato turco a Daesh [16].
Tre settimane fa, il portavoce
dell'esercito arabo siriano ha rivelato che tre aerei, noleggiati rispettivamente
da Turchia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, avevano appena fatto
fuoriuscire combattenti dell’ISIS dalla Siria per trasportarli nello Yemen.
Anche in questo caso non c’è alcun possibile dubbio circa i legami tra questi
tre Stati con l’ISIS, in violazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza
in materia.
Ho spiegato a lungo, fin dalla prima
conferenza di Ginevra nel giugno 2012, che una fazione all'interno
dell'apparato statale statunitense conduceva una sua politica distinta contro
quella della Casa Bianca. Inizialmente questo complotto era guidato dal
direttore della CIA e cofondatore di Daesh nel 2007 («The Surge») [17], il
generale David Petraeus, fino al suo arresto ammanettato all’indomani della
rielezione di Barack Obama. Poi è stata la volta del segretario di Stato
Hillary Clinton, che non ha potuto portare a termine il suo mandato nel periodo
di transizione presidenziale a causa di uno sfortunato "incidente".
Infine, questa battaglia è stata portata avanti dall’ambasciatore Jeffrey
Feltman dagli uffici dell’ONU e dal generale John Allen a capo della presunta Coalizione
anti-Daesh. Questo gruppo − parte dello "Stato profondo" statunitense,
che non ha smesso di opporsi all'accordo 5+1 con l'Iran e di combattere contro
la Repubblica araba siriana − mantiene dei membri in seno all'amministrazione
Obama. Soprattutto, può contare sull'aiuto di società multinazionali i cui
bilanci sono più grandi di quelli degli Stati e possono finanziare le loro
operazioni segrete. È il caso della compagnia petrolifera Exxon-Mobil (il vero
proprietario del Qatar), dei fondi di investimento KKR e dell'esercito privato
Academi (ex Blackwater).
È per conto di questi Stati e di queste
multinazionali che la Francia è diventata un paese mercenario.
La Francia ricattata
L'11 novembre 2015, il primo ministro
Manuel Valls ha assicurato che la Francia era impegnata contro il terrorismo
[18].
Il 12 novembre, l'Osservatorio nazionale della delinquenza e delle risposte penali −
dipendente dal ministero degli Interni − ha pubblicato un rapporto secondo cui
il terrorismo sarebbe diventato la seconda preoccupazione dei francesi dopo la
disoccupazione [19].
La stessa mattina del 13 novembre, il
ministro degli Interni Bernard Cazeneuve ha presentato a Nanterre un piano di venti
misure per la lotta contro il traffico di armi [20].
Evidentemente il governo si aspettava il
peggio, il che comporta che stava negoziando con chi lo ha attaccato. La
Francia ha preso impegni che non ha mantenuto ed è sicuramente vittima di un
ricatto da parte dei signori che ha tradito.
Un’esercitazione di attentati simulati è
stata fatta la stessa mattina dell'attacco da parte dei servizi di emergenza
ospedalieri [21]. Una coincidenza che avevamo già notato negli attentati
dell'11 settembre 2001 a New York e Washington, in quelli dell'11 marzo 2004 a
Madrid, o anche in quelli del 7 luglio 2005 a Londra.
Conclusione
provvisoria
I governi francesi che si sono succeduti hanno
stretto alleanze con Stati i cui valori sono opposti a quelli della Repubblica.
Si sono progressivamente impegnati a combattere guerre segrete per loro, prima
di ritirarsi. Il presidente Hollande, il suo capo di stato maggiore particolare
generale Benoit Puga, il suo ministro degli Esteri Laurent Fabius e il suo
predecessore Alain Juppé sono ora oggetto di ricatto al quale non si possono
sottrarre se non rivelando in cosa hanno invischiato il paese, anche se ciò li
espone all’Alta Corte (il parlamento francese riunito in Alta Corte è il
giudice competente a ordinare la destituzione del Presidente della Repubblica, ndt).
Il 28 settembre, all’Assemblea Generale
delle Nazioni Unite, rivolgendosi agli Stati Uniti e alla Francia il presidente
Putin ha dichiarato: «Vorrei chiedere ai responsabili di questa situazione “avete
almeno coscienza di ciò che avete fatto?” Ma temo che la domanda rimanga in
sospeso, giacché costoro non hanno rinunciato alla loro
politica basata su un’eccessiva fiducia in sé e nella convinzione della propria
eccezionalità e impunità.» [22]
Né gli americani né i francesi l’hanno
ascoltato. Ora è troppo tardi.
Da ricordare
----- Il governo
francese si è progressivamente allontanato dalla legalità internazionale. Commette
omicidi politici e coordina militarmente azioni terroristiche almeno dal
2011.
----- Il governo
francese ha stretto alleanze contro natura con le dittature petrolifere del
Golfo Persico. Collabora con un gruppo di personalità americane e di
compagnie multinazionali per sabotare la politica di distensione dei
presidenti Obama e Putin.
----- Il governo
francese è entrato in conflitto con questi alleati poco raccomandabili. Qualcuno
di loro ha finanziato gli attacchi di Parigi.
|
NOTE
[1] «Charlie Hebdo: les révélations de la
dernière compagne de Charb», Thibault
Raisse, Le Parisien, 18 octobre 2015.
[2] «Selon McClatchy, Mohammed Mehra et les frères
Kouachi seraient liés aux services secrets français», Réseau Voltaire, 9 janvier 2015.
[3] «Les armes de Charlie-Hebdo couvertes par le
Secret-Défense», Réseau Voltaire,
17 septembre 2015.
[4] «Chi ha
ordinato l’attacco contro Charlie Hebdo?», di Thierry Meyssan, Rete
Voltaire, 7 gennaio 2015.
[6] «Di cosa
hanno paura politici e giornalisti francesi?», Rete Voltaire, 27 gennaio 2015.
[7] Qui est Charlie ? : Sociologie
d’une crise religieuse, Emmanuel
Todd, Seuil, 5 mai 2015, 252 p.
[8] «11 mars 2004 à Madrid : était-ce vraiment un
attentat islamiste?», «Attentati
di Madrid: l’ipotesi atlantista», di Mathieu Miquel, Réseau Voltaire,
11 ottobre e 18 novembre 2009.
[9] The Siege, Adrian Levy & Cathy
Scott-Clark, Penguin, 2013.
[10] «Pression militaire et succès diplomatique
pour les rebelles syriens», par Isabelle
Maudraud, Le Monde, 13 décembre 2012.
[11] Si veda la
testimonianza dell’ex presidente del Consiglio costituzionale Roland Dumas su LCP.
[12] Si legga l’intervento del rappresentante siriano «Résolution 2165 et débats (aide humanitaire en
Syrie)», Réseau Voltaire, 14 luglio 2014.
[13] Questo punto è
ignorato dalla stampa occidentale, ma è stato largamente discusso per un anno
dalla stampa araba e persiana. La verità è venuta alla luce quando cinquanta
analisti del CentCom hanno denunciato le menzogne dei rapporti sulla
Coalizione, mentre un’inchiesta interna è stata scatenata, finché finalmente il
generale Allen è stato costretto a dimettersi. Si veda in particolare: « Stewart, Brennan et
Cardillo dénoncent les manipulations du Renseignement au Pentagone » e
«Il generale Allen
rassegna le sue dimissioni (Bloomberg)», Réseau Voltaire, 12 e 23
settembre 2015.
[14] «La France tente d’entraver le déploiement
militaire russe en Syrie», Réseau Voltaire,
6 septembre 2015.
[15] «Gli Stati Uniti e Israele
iniziano la colonizzazione del Nord della Siria», Rete Voltaire, 1°
novembre 2015.
[16] Per saperne di
più: «Il
ruolo della famiglia Erdogan nel Daesh», Réseau Voltaire, 4 agosto
2015.
[17] Daesh fu
originariamente formata in Iraq come parte di un piano volto a porre fine alla
resistenza all’occupazione statunitense. Per fare questo, gli USA hanno creato delle
milizie anti-sciite, tra cui l'Emirato Islamico in Iraq, il futuro
"Daesh" - e poi delle milizie anti-sunnite. In definitiva, i due
gruppi di popolazione si sono scordati dell’esercito occupante e si sono
combattuti fra di loro.
[19] «La grande peur du terrorisme», Timothée Boutry, Le Parisien-Aujourd’hui en France, 13 novembre
2015.
[21] Cfr. L’intervento
del Dr Patrice Pelloux, presidente dell'Associazione medici di emergenza francesi,
su France Info alle 10h26
e al notiziario serale di France2, il 14 novembre 2015. « Comment le Samu s’est préparé aux
attentats simultanés de Paris », Kira
Mitrofanoff, Challenges, 15 novembre 2015.
[22] «Vladimir Putin –
Intervento alla 70° assemblea generale dell’ONU - in italiano», di Vladimir
Putin, PandoraTV, 30 settembre 2015.
Thierry Meyssan, 16 novembre 2015.
Traduzione a cura di Emilio Marco Piano
Etichette:
Arabia Saudita,
Charlie Hebdo,
Daesh,
Francia,
guerra siriana,
Hillary Clinton,
Hollande,
ISIS,
Libia,
Parigi,
Petraeus,
Putin,
terrorismo,
Thierry Meyssan,
USA
14 novembre 2015
Parigi, un evento militare
di Pino Cabras.
da Megachip.
La tremenda strage di Parigi del 13 novembre 2015 non è solo un evento terroristico spettacolare. È anche un evento militare di notevole entità nel cuore di una grande metropoli europea. Abbiamo già visto in altre circostanze, nel corso degli ultimi 15 anni, una serie di attentati coordinati con precisione e con risorse organizzative capaci di creare forti shock stragisti in grandi città. La macabra contabilità accelera e aumenta ormai la frequenza dei massacri (a Beirut appena ieri).
Anche stavolta si fa notare una manovalanza di assassini che si rifà al jihadismo. Non c'è da stupirsi che essa abbia un peso militare sempre maggiore, essendo una legione di avventurieri istruiti con tecniche sofisticate, schierata su molteplici linee del fuoco geopolitiche, pronta a prestare i suoi servizi per demolire interi Stati, e allo stesso tempo ricca di coperture e sovvenzioni statali, persino degli Stati che ne subiscono le interferenze nella loro sicurezza nazionale. Non si penserà che non abbia conseguenze il fatto che i jihadisti europei arruolati nelle guerre di oggi si contino a migliaia. Si è creato un tipo di soldato che in Libia, in Siria e altrove non si vuole far rispondere alle convenzioni di Ginevra, per poter fare il massimo danno con il minimo di responsabilità.
Ai governanti ci sarebbe da dire: per i vostri sogni neocoloniali dalla tasca avete tirato lo scorpione, non un gattino. Dopo la strage di Charlie Hebdo, fu facile fare una profezia fredda e precisa: «Lo scorpione pungerà ancora in Europa. I governanti europei, fra i più ricattabili e ricattati in ogni campo, subiranno pressioni enormi contro gli interessi dei propri paesi. È l'Impero del Caos che bussa, non l'Islam».
Il Caos ha lambito il presidente François Hollande, preso di peso mentre assisteva alla partita di calcio Francia-Germania, al momento in cui fuori dallo stadio si udivano esplosioni. Il messaggio, data la circostanza, non certo casuale (proprio quella partita...), lo ha sentito sicuramente anche la Germania. E i lanciatori del messaggio non sono certo da cercare fra i soldati-terroristi, che sono meri esecutori. Gli autori si trovano fra i soggetti che vogliono che l'Europa non si sottragga alla grande guerra che si sta preparando. Sono pezzi di classi dirigenti occidentali, turche, petro-monarchiche. Gli sponsor dell'ISIS e del Caos.
Il governo di Angela Merkel sta sempre più prendendo atto dell'efficacia dei bombardamenti russi in Siria, delle divisioni in seno alle classi dirigenti statunitensi e dei rapidi cambiamenti negli equilibri strategici internazionali. Berlino sta dunque cercando di ritirarsi da una battaglia tutto sommato persa e di giocare un nuovo ruolo pacificatore in Siria. Il ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, punta da settimane a organizzare un incontro del tipo 5+1 (il formato diplomatico che a Vienna ha spinto verso gli accordi per l'Iran) in modo da risolvere il buco nero terroristico che ha investito la Siria. Dentro quello stadio, accanto a Hollande, c'era proprio Steinmeier. Fuori dallo stadio, sui selciati parigini, decine di innocenti ammazzati, lo stato d'emergenza, la solita strategia della tensione. Dentro e fuori dalla fortezza europea, le braci di una guerra che possono incendiarla.
Dove sarà la prossima strage? Un ottimo argomento per l'imminente G-20 di Antalya (Turchia), che inizia domenica.
Etichette:
5+1,
Francia,
Germania,
Hollande,
ISIS,
NATO,
Parigi,
Russia,
Siria,
Steinmeier,
Strategia della tensione,
terrorismo,
terrorismo sintetico
31 ottobre 2015
La rotta delle nostre bombe, da Cagliari alle teste dei bambini yemeniti
NOTA PRELIMINARE DI PINO CABRAS
Il sito reported.ly pubblica un'inchiesta
clamorosa a partire da un recentissimo episodio che sembrava avere una
dimensione appena locale: il carico-scarico di molte tonnellate di bombe a un passo dagli aerei civili dell'aeroporto di
Cagliari. Ma un mega-carico di bombe non
è cronaca locale, è un fatto di portata internazionale che si lega a una catena di notizie. Tuttavia - tranne, in parte, ilgiornale.it - nessuna grande testata ha
voluto dedicare risorse a un qualche articolo che indagasse su questa catena, che parte
da un'industria italiana e finisce
negli ospedali bombardati in Yemen,
passando anello dopo anello per i trattati disattesi in
materia di diritti umani, la complicità
dei governi, e i pericoli crescenti legati all'aumento delle tensioni militari.
C'è un legame
diretto fra le bombe saudite e qatariote
acquistate in Italia e i milioni di
sfollati yemeniti, e le loro presenti e future pressioni migratorie. Ma quando
si devono coprire le cause delle migrazioni di massa, gli organi di
informazione europei sono capaci perfino di rinunciare a uno scoop. Proprio la Sardegna, in questi giorni è uno dei
teatri più affollati della grande esercitazione NATO Trident Juncture. Ci
sarebbe molto da raccontare su questo war game, una fornace di guerra che brucia risorse
immense sottratte alla vita dei popoli per esporla ai pericoli di un conflitto
apocalittico (e da subito a una pressione ambientale devastante).
Ma i grandi media non disturbano la NATO. Perché sono organi
della NATO.
Ci voleva un sito in lingua inglese per
ricomporre la storia delle bombe. L'abbiamo tradotto per voi, con l'aiuto delle redazioni di Megachip e di PandoraTV.
Buona lettura.
Esclusivo: L'Italia
invia altre bombe RWM in Arabia Saudita
di
Malachy Browne.
Utilizzando dei contenuti sociali originati
da fonti della comunità di origine e il servizio di monitoraggio in diretta
delle rotte aeronautiche, FlightRadar24.com,
il sito reported.ly ha seguito le
tracce di un carico di bombe a bordo di un Boeing 747 mentre veniva condotto da
un aeroporto civile in Sardegna verso una base militare in Arabia Saudita.
L'approvazione italiana della spedizione plausibilmente contravviene al
trattato sul commercio delle armi.
___________________________
Giovedì 29 ottobre, diversi testimoni
oculari e media locali dell'isola di Sardegna
hanno fotografato decine di bombe sulla pista dell'aeroporto di Cagliari.
Sorvegliate dalla polizia italiana, le bombe sono state caricate a bordo di un
aereo cargo Boeing 747.
Le prove suggeriscono che le bombe siano
state prodotte presso il vicino impianto di produzione di RWM Italia, società di munizioni che ha
venduto migliaia di bombe all'Arabia Saudita e ad altre forze armate che
bombardano lo Yemen, come rivelato da questa indagine di reported.ly
dello scorso giugno. Questo reporter ha visto prove documentali delle bombe con
codici di fabbricazione RWM Italia sul terreno in Yemen.
Il giornalista locale Michele Ruffi ci ha
inviato il video qui sopra che mostra il velivolo e il carico. Abbiamo
verificato tutto ciò in maniera indipendente abbinando foto geo-referenziate di Instagram scattate giovedì, individuando così l'aereo
sulla pista.
Separatamente, il politico sardo Roberto
Cotti ha twittato questa foto del carico, che ci permette di identificarlo come
un carico di bombe di serie MK80, prodotte ed esportate dalla RWM Italia con contratti del valore di centinaia di milioni di dollari sin dal
2011.
L'operatore del Boeing 747 è la Silk WayAirlines, una compagnia di cargo dell'Azerbaigian. I registri
di volo storici mostrano che l'aereo viaggia regolarmente tra Baku e Dubai,
Francoforte, Kiev e Zhengzhou in Cina.
Ian Petchenik con FlightRadar24.com
ci ha aiutato a trovare il segnale dell'aereo sulla pista in Sardegna per
tracciare poi il modo in cui è partito giovedì sera per l'Arabia Saudita (la
destinazione non era registrata a quel momento).
Dopo aver perso traccia dell'aereo mentre
sorvolava l'Egitto, lo abbiamo captato di nuovo mentre attraversava il Mar
Rosso e cominciava a scendere verso Gedda. In un cambio di rotta dell'ultimo
minuto, l'aereo è stato dirottato verso Taif, un aeroporto regionale
che è anche una base militare delle forze armate del Regno saudita. Il
transponder sembra essere stato spento, una volta raggiunta Taif, ma i dati di
volo confermano che è partito
da lì venerdì mattina, 30 ottobre.
Un 'volo commerciale
regolare'
Infuriato per la spedizione avvenuta da un
aeroporto civile, il politico sardo Mauro Pili riferisce di aver chiesto
all'Ente Nazionale dell'Aviazione Civile (ENAC)
se l'aereo cargo fosse stato autorizzato a caricare armi. L'ENAC ha rilasciato
una dichiarazione, pubblicata dall'agenzia di stampa Ansa, sul fatto che
l'aereo fosse "regolarmente autorizzato" come "un volo
commerciale regolare". Pili ha anche pubblicato la prova video sul cargo
in fase di caricamento.
La dichiarazione dell'ENAC:
“In merito alle notizie apparse oggi su alcune agenzie di stampa relativamente ad un volo operato dall’aeroporto di Cagliari con a bordo materiale bellico, [...] si trattava di un volo di natura commerciale regolarmente autorizzato nel contesto delle previsioni normative internazionali tecniche che disciplinano il trasporto di tali materiali”.
Questa affermazione suggerisce che il
carico sia stato autorizzato dal Ministero della Difesa o dal Ministero degli
esteri. Con l'aiuto dei nostri contatti italiani, chiediamo ai ministeri se sia
questo il caso, e se necessario, presenteremo un'interrogazione parlamentare
per scoprirlo.
[AGGIORNAMENTO: Una serie di
interrogazioni parlamentari è stata presentata durante la seduta di venerdì 30
ottobre.]
Anche se non possiamo dire con assoluta
certezza che queste bombe siano state scaricate all'aeroporto di Taif per
l'utilizzo da parte delle forze armate saudite, è molto probabile che lo siano
state per davvero dato il conflitto
in corso e dato il commercio che è stato dimostrato tra RWM Italia e l'Arabia Saudita. A luglio, l'esperto
italiano di armamenti Giorgio Beretta aveva scoperto ancora un altro carico di
bombe verso l'Arabia Saudita.
Quest'ultima prova suggerisce una maggiore urgenza nel fornire le bombe
ai sauditi: in un precedente contratto
con gli Emirati Arabi Uniti, le bombe furono spedite via mare attraverso il porto di Gedda.
Insieme, queste prove suggeriscono
fortemente che il governo italiano continui a concedere licenze per
l'esportazione di armi a forze che stanno bombardando lo Yemen con conseguenze
orrende. Almeno tre spedizioni sono state fatte da quando è iniziato questo
conflitto sanguinario.
Dopo
migliaia di morti civili, milioni di sfollati e la metà della popolazione che
affronta la scarsità di cibo, la società yemenita è quasi totalmente crollata. Sono
state documentate eclatanti violazioni
dei diritti umani sia da parte sia della coalizione a guida saudita sia
delle milizie Houthi che combattono per mantenere il controllo (vedi la nostra
"StoryMap" più sotto). Compreso il recente bombardamento di un
ospedale di MSF nella città settentrionale di Saada.
Denaro sporco,
questioni giuridiche
Molti fondi pensione europei e americani,
compresi i fondi statali, si sono avvantaggiati dei ricavi da miliardi di dollari
della RWM Italia e della sua
società capogruppo tedesca, la Rheinmetall
Defence AG. Ma si tratta di denaro sporco. Gli Stati membri dell'UE sono vincolati da criteri specifici
sulle esportazioni di armi, come spiegato in precedenza per reported.ly da Patrick Wilcken, Ricercatore di Amnesty International sul controllo
degli armamenti, il commercio dei materiali di sicurezza e diritti umani:
Ai sensi
del Trattato sul commercio delle armi e della Posizione Comune dell'UE sul
controllo delle esportazioni di armamenti, l'Italia
deve intraprendere una rigorosa valutazione del rischio caso per caso di ogni
proposta di trasferimento di armi per determinare se vi sia un notevole
rischio che le armi possano essere usate dal destinatario per commettere o
facilitare gravi violazioni del diritto internazionale in materia di diritti
umani. Se c'è un rischio sostanziale,
l'Italia deve negare la licenza di esportazione. [corsivo di reported.ly]
Questa ultima spedizione di armi arriva
proprio nel giorno in cui il blogger saudita incarcerato, Raif Badawi, è stato insignito del massimo premio dell'Unione Europea sui diritti umani. L'Unione europea farebbe bene a esaminare
la legalità di queste spedizioni e sanzionare l'Italia qualora si dimostri che
siano illegali.
Ecco come il tuo fondo pensione si
avvantaggia dei bombardamenti in Yemen
La nostra
precedente indagine sulle bombe della RWM Italia trasportate verso gli
Emirati e ritrovate in Yemen
|
Fonte
L'articolo in lingua inglese. https://reported.ly/2015/10/30/exclusive-italy-bombs-saudi-arabia/
Il pezzo
prosegue con una collezione di documenti a sostegno dell'analisi tecnica del
volo in questione e altri materiali di approfondimento.
|
Etichette:
armamenti,
Cagliari,
guerra,
guerra mondiale,
migranti,
migrazioni,
NATO,
No NATO,
NoNATO,
reported.ly,
rifugiati,
RWM Italia,
Sardegna,
spesa militare,
Trident Juncture,
Yemen
Iscriviti a:
Post (Atom)