21 dicembre 2015

La guerra dei media in Europa e in Medio Oriente

Pandoratv.it

C’è un Islam che lotta strenuamente contro l’ISIS. Muore in battaglia e produce un nuovo giornalismo, come la TV libanese di Hezbollah, Al Manar. L’Arabia Saudita l’ha voluta oscurare dal satellite Arabsat.
Ma prima ancora questa TV l’avevano già oscurata gli europei con Eutelsat.
Al Manar mi ha intervistato in proposito.



Fonte: http://www.pandoratv.it/?p=5342.

14 dicembre 2015

Barbara Honegger – “Dietro la cortina di fumo”

da PandoraTV.

Barbara Honegger ha lavorato all’interno dell’Amministrazione USA e poi come giornalista investigativa esperta di questioni militari, sempre a contatto con la stampa di casa al Pentagono. In occasione del ‘Convegno contro la Guerra per un’Italia neutrale per un’Europa indipendente’, tenutosi a Roma il 20 ottobre 2015, ha rilasciato un’intervista a Pandora TV. 

Le ho chiesto di introdurre i temi principali del suo film ‘Behind The Smoke Curtain: What Happened at the Pentagon on 9/11, and What Didn’t, and Why it Matters’ (‘Dietro la cortina di fumo, cosa accadde al Pentagono l’11/9 e cosa non accadde, e perché conta’, ndt). Fra i temi affrontati, le tante esercitazioni militari che riproducevano fedelmente proprio quel che stava accadendo. 



 Fonte: http://www.pandoratv.it/?p=5289


7 dicembre 2015

Raymond McGovern: “Restiamo Umani”

Pandora TV.

L'emozionante intervento tenuto da Ray McGovern al Parlamento Europeo il 1° dicembre 2015 all’interno del IX Forum Russo-Europeo
McGovern è stato un analista della CIA dal 1963 al 1990 ed è tra i fondatori del gruppo dei “Veterani Professionisti dell’Intelligence per il Buon Senso”. Per anni ha preparato il briefing mattutino dell'intelligence per il Presidente USA. 
In mezzo alle sue analisi originali e informate, sorprende tutti con una bellissima poesia in russo, che smuove il cuore dei presenti. 
Da non perdere il modo in cui invita a lottare per la pace.

http://www.pandoratv.it/?p=5176

 Fonte: http://www.pandoratv.it/?p=5176.


5 dicembre 2015

Gli sponsor dell'ISIS oscurano la TV Al Manar

di Pino Cabras.
da Megachip.



Ora tocca alla TV libanese Al Manar, subire un durissimo colpo che viene da chi protegge l'ISIS-Daesh. L'emittente di Hezbollah, il movimento di resistenza sciita che negli ultimi mesi ha inflitto numerose sconfitte sul campo ai miliziani di Daesh e di Al-Nusra, è stata oscurata dalla piattaforma satellitare della Lega Araba, Arabsat, che ha sede in Arabia Saudita e trasmette canali di venti paesi arabi. L'interruzione è avvenuta senza preavviso e senza spiegazioni, violando clamorosamente i contratti. Gli sponsor dell'ISIS giocano ormai a carte scoperte e non rispettano più nessuna regola, né contrattuale, né legale-costituzionale, né militare: non vogliono fra i piedi un giornalismo che li ostacoli. Si assiste a una vera accelerazione negli ultimi mesi (specie in Turchia, ma non solo): censure, interventi squadristici contro le redazioni, carcere per i direttori dei giornali, canali TV fatti chiudere a forza, centinaia di cronisti licenziati. Qualche giornalista muore in circostanze controverse, e sempre dopo minacce di morte.
Quasi nessuno in Occidente conosce la vicenda della giovane Serena Shim, dell'iraniana Press TV, morta un anno fa in uno strano incidente dopo essere stata accusata dai servizi di sicurezza turchi di essere una spia e minacciata di morte, a seguito di un suo servizio che denunciava la collusione del governo turco con l'ISIS. In particolare, aveva osato svelare il caso degli autocarri carichi di combattenti dell'ISIS che oltrepassano il confine tra Turchia e Siria, spesso con le insegne di organizzazioni non governative o dell'ONU.

In Occidente l'unico caso che sta iniziando a bucare l'indifferenza riguarda due giornalisti, Can Dündar, direttore del quotidiano di Istanbul Cumhuriyet, e il capo-redattore del suo ufficio di Ankara, Erdem Gül, entrambi in prigione dal 26 novembre. Anche per loro l'accusa è spionaggio e terrorismo. Avevano semplicemente pubblicato le prove che dimostravano che i servizi segreti turchi consegnano tante armi ai gruppi islamisti in Siria. Eppure, a parte qualche appello, la massa che diceva "Je suis Charlie Hebdo" ora non dice nulla. Così come difficilmente dirà qualcosa sul caso di Al Manar.

Perché dunque questa accelerazione? Il fatto è che l'intervento militare russo in Siria ha messo a nudo tutte le ipocrisie occidentali e mediorientali sulla questione ISIS: i suoi tanti sponsor non possono più nascondersi, e perciò reagiscono cercando di silenziare le testate che non controllano.

È in questo quadro che ora le petro-monarchie vogliono chiudere la bocca ad Al Manar. Ci aveva provato già Israele, nel 2006: durante l'invasione del Libano l'aviazione israeliana colpì ripetutamente con missili la sede della TV a Beirut. L'attacco del 16 luglio distrusse l'edificio di Al Manar, ma l'interruzione durò appena dieci secondi: la redazione si era preparata a trasmettere in emergenza da località sconosciute e gli israeliani non potevano far nulla per controllare la piattaforma satellitare ArabSat. Solo che ora ci pensano direttamente i piranhas di Riad.

Ai dirigenti sauditi non stavano piacendo i continui reportage di Al Manar dallo Yemen, il paese che da mesi subisce l'aggressione di Arabia Saudita, Qatar e altri paesi loro clienti e alleati: i continui bombardamenti hanno già causato migliaia di morti civili, centinaia di migliaia di sfollati, e dieci milioni di persone senza più acqua potabile (metà della popolazione yemenita). Si tratta di una catastrofe originata da veri e propri crimini di guerra, alimentati da un'enorme quantità di bombe che proviene anche dall'Italia. La redazione di Al Manar non solo mette in prima serata questa guerra orrenda, ma è capofila di una federazione di decine di canali mediorientali (anche dello Yemen) che stanno formando sul campo centinaia di videoreporter in grado di confezionare eccellenti servizi, spesso girati con un semplice telefonino.
Tuttavia, la quasi totalità dei cittadini occidentali non sa nulla di queste guerre né di questo giornalismo. I padroni della comunicazione europei, per esempio, nel 2012 cacciarono dalla piattaforma Eutelsat i canali satellitari iraniani, senza che i giornalisti e i politici europei trovassero nulla da obiettare. La Francia aveva proibito Al Manar già nel 2004, assimilando la redazione a un gruppo terroristico e accusandola di antisemitismo. Altri paesi europei seguirono.
Già prima ad Al Manar era stato precluso il sistema statunitense Intelsat.

Rimaneva Arabsat, attraverso cui Al Manar ha raggiunto ogni giorno un pubblico pan-arabo di decine di milioni di telespettatori, ponendosi come la più combattiva comunicazione anti-ISIS esistente. In un mondo normale sarebbero i primi alleati di chi volesse davvero estirpare Daesh. Invece l'Europa li ha censurati da tempo, mentre ora - improvvisamente - li censura il sistema di alleanze che copre l'ISIS.

Chi ha a cuore la libertà di parola deve capire ora la gravità di questo fatto, che ricade anche sull'Occidente. Negli ultimi dieci anni si erano formati nuovi equilibri nell'informazione globale. Vari paesi hanno proposto con forza una propria visione autonoma in contrasto al flusso informativo dominato dalle potenze anglosassoni. Le emittenti emergenti (la libanese Al Manar, l'iraniana Press TV, la russa RT, la venezuelana Telesur, ecc.) hanno partecipato con un punto di vista certo "di parte". Ma per l'appunto grazie a questa parzialità, mostrano al mondo interessi "altri", e conquistano un nuovo pubblico, ormai stufo dell'informazione prodotta dalla fabbrica dei media nostrana, al netto degli ingenui che pensano che la CNN e altri giganti mediatici siano "neutrali".

Se queste voci "altre" non useranno un sistema autonomo di trasmissione, cioè se non trasmetteranno con propri satelliti, rimarranno sempre vulnerabili rispetto a chi combatte la guerra da un'altra parte della barricata e può decidere di spegnerli da un momento all'altro. Questo discorso vale anche per i canali russi, che sono già entrati nel mirino della NATO e dei suoi maggiordomi. Si parla ormai apertamente di misure per bloccare l'informazione proveniente da un mondo considerato nemico. Qui, nell'Occidente che presume ancora di essere il luogo del "libero" confronto delle idee.
Un imperdibile "manuale" sull'argomento lo ha scritto Roberto Quaglia, converrà padroneggiarlo.

Siamo appena agli inizi di una dittatura che usa la lotta all'ISIS per giustificare restrizioni alla libertà e censure, ma che poi usa queste restrizioni e censure a danno di chi combatte davvero l'ISIS. Sembra un paradosso, ma è il ritratto del doppiogiochismo che sta affossando le democrazie.
Basterebbe poco, con un certo clima di allarme bellico, per "erdoganizzare" e "saudizzare" anche il sistema europeo, che ormai è sempre più istituzionalmente pronto a questa pericolosa mutazione.

Dobbiamo capire da subito che il punto di vista altrui è la garanzia del punto di vista nostro. Difendere Al Manar ed esigere che la TV non sia oscurata è una questione che ci riguarda da vicino.


24 novembre 2015

Il trappolone turco sul filo della guerra mondiale



di Pino Cabras.
da Megachip.

Durante la guerra fredda la NATO non aveva mai abbattuto un aereo militare di Mosca. Oggi la Turchia, paese NATO in mano a uno dei manovratori dell'ISIS, lo ha fatto (nello spazio aereo siriano). È una gravissima provocazione che può trasformare la guerra siriana da guerra NATO per procura a guerra NATO senza mediazioni, col rischio molto concreto di far scattare quelle clausole dell'alleanza atlantica che ci trascinerebbero tutti in un conflitto molto esteso e difficilmente controllabile. Sicuramente al figlio di Erdoğan, che gestisce il contrabbando di petrolio dell'ISIS, non piaceva affatto che negli ultimi giorni i Sukhoi Su-24 gli avessero distrutto centinaia di autocisterne, azzerandogli di colpo un business che andava avanti da un anno e mezzo. Abbatterne uno, a costo di una guerra mondiale, è la risposta del suo paparino, per alzare la posta in gioco. Un bel trappolone per la Russia, che qualche risposta dovrà dare, e per tutti gli alleati NATO, da invischiare nei calcoli strategici di Erdoğan, uno dei grandi perturbatori del Vicino Oriente. E noi dovremmo essere disposti a morire per le autocisterne che finanziano l'ISIS. Come no?




18 novembre 2015

La Repubblica Francese presa in ostaggio


di Thierry Meyssan.
da Megachip.
La guerra che si è estesa fino a Parigi è incomprensibile per i francesi, che sanno poco e niente delle attività segrete del loro governo nel mondo arabo, delle sue alleanze contro natura con le dittature del Golfo e della sua partecipazione attiva al terrorismo internazionale. Questa politica non è mai stata discussa in parlamento e raramente i media mainstream hanno osato interessarsene.

DAMASCO (Siria) - Da cinque anni i francesi sentono parlare di guerre lontane senza capire di cosa si tratta. La stampa li ha informati dell'impegno del loro esercito in Libia, ma mai della presenza di truppe francesi in missione nel Levante. I miei articoli al riguardo sono molto letti, ma percepiti come stravaganze orientali. Nonostante la mia storia personale, va di moda definirmi «estremista» o «complottista» e sottolineare che i miei articoli sono riprodotti da siti web di tutte le convinzioni, compresi gli estremisti o i complottisti, quelli veri. Eppure nessuno trova niente da obiettare in ciò che scrivo. Tuttavia nessuno ascolta i miei avvertimenti sulle alleanze che la Francia stringe.
Improvvisamente, la verità ignorata è venuta a galla.
Nella notte di venerdì 13 novembre 2015 la Francia è stata attaccata da alcuni commando che hanno ucciso almeno 130 persone in cinque luoghi diversi in Parigi. È stato dichiarato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale per 12 giorni e il parlamento potrebbe rinnovarlo.


Nessun legame diretto con il caso Charlie Hebdo
La stampa francese interpreta questo atto di guerra collegandolo all'attentato di Charlie Hebdo, nonostante le modalità operative siano completamente differenti. A gennaio si trattava di uccidere persone precise, mentre qui si tratta di un attacco coordinato contro un gran numero di persone a caso.
Oggi sappiamo che il direttore di Charlie Hebdo aveva appena ricevuto un "dono" di 200.000 euro dal Vicino Oriente per condurre la sua campagna anti-islamica [1]; che gli assassini erano legati ai servizi segreti francesi [2]; che la provenienza delle loro armi è coperta dal segreto militare [3].
Ho già dimostrato che questo attacco non era un'operazione islamista [4], che era stato fatto oggetto di un’appropriazione statale immediata [5] e che quest’appropriazione aveva avuto un riscontro presso la popolazione ostile alla Repubblica [6], un’idea brillantemente sviluppata qualche mese dopo dal demografo Emmanuel Todd [7].

Se torniamo alla guerra appena arrivata a Parigi, costituisce una sorpresa in Europa occidentale. Non possiamo paragonarla con gli attentati di Madrid del 2004: in Spagna non c’erano né killer né kamikaze, ma dieci bombe piazzate in quattro luoghi distinti [8].
Il tipo di scena che ha appena avuto luogo in Francia è dal 2001 la sorte quotidiana di molte popolazioni del Medio Oriente allargato. E troviamo eventi simili anche altrove, come i tre giorni di attentati in sei posti diversi a Bombay nel 2008 [9].

Anche se gli aggressori erano musulmani e se alcuni di loro hanno gridato «Allah Akbar!» uccidendo i passanti, non c’è alcun legame tra questi attacchi, l'Islam e una eventuale “guerra di civiltà". Così, questi commando avevano istruzione di uccidere a caso, senza prima informarsi sulla religione delle loro vittime.

Allo stesso modo, è assurdo prendere per buono il richiamato movente dell’ISIS contro la Francia, sebbene non ci sia alcun dubbio sul suo coinvolgimento in questo attacco: infatti, se l'organizzazione terroristica avesse voluto "vendicarsi", è a Mosca che avrebbe colpito.


La Francia è uno stato terrorista almeno dal 2011
La lettura di questi eventi è confusa perché dietro i gruppi non statali si nascondono sempre degli Stati che li finanziano. Negli anni Settanta, il venezuelano Ilich Ramírez Sánchez, detto «Carlos» o «lo Sciacallo», per convinzione si era messo al servizio della causa palestinese e della Rivoluzione con il silenzioso appoggio dell'URSS. Negli anni Ottanta, l'esempio di Carlos è stato preso da mercenari che lavoravano per il miglior offerente come Sabri al Banna detto «Abu Nidal», che ha compiuto attentati sia per conto di Libia e Siria sia per conto di Israele. Oggi c'è una nebulosa del terrorismo e di operazioni segrete che coinvolge un gran numero di Stati.

Di norma, gli Stati negano sempre il loro coinvolgimento in gruppi terroristici. Tuttavia, nel dicembre 2012, in occasione della conferenza degli "Amici della Siria" a Marrakech, il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius ha detto che Al-Nusra, il ramo siriano di Al-Qa'ida, «ha fatto un buon lavoro» [10].
Tenuto conto del suo ruolo, l’on. Fabius sapeva che non sarebbe stato perseguito per il suo sostegno a un'organizzazione classificata come terroristica dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ma ha fatto correre un grave rischio al suo paese che si immergeva così nel calderone del terrorismo.
In realtà, la Francia è coinvolta almeno dall’inizio del 2011 al fianco di Al-Qa'ida. A quel tempo, il Regno Unito e la Francia si erano uniti al progetto americano della «Primavera araba». Si trattava di rovesciare tutti i regimi laici arabi e sostituirli con dittature dei Fratelli Musulmani. Quando Londra e Parigi svelarono questa operazione in corso in Tunisia e in Egitto, il loro intervento era stato in precedenza richiesto in Libia e in Siria [11].
In Libia, con la collaborazione delle forze speciali italiane, hanno organizzato i massacri di Bengasi e poi − con l'aiuto di Al-Qa'ida − la presa degli arsenali. Posso testimoniare che nell’agosto 2011, quando ero protetto da Khamis Gheddafi, mentre la NATO attaccava la capitale, l'hotel Rixos dove ci trovavamo fu assediato da un’unità di Al-Qa'ida, la Brigata Tripoli, comandata dal Mahdi al-Harati al grido di «Allah Akbar!» e inquadrata da ufficiali francesi in missione. Lo stesso Mahdi al-Harati era col suo capo Abdelhakim Belhaj, il fondatore del cosiddetto Esercito Siriano Libero, in realtà un gruppo di Al-Qa'ida che porta la bandiera della colonizzazione francese.
In Siria, la presenza di ufficiali francesi che inquadrano gruppi armati mentre perpetrano crimini contro l'umanità è ampiamente attestata.
Da allora in poi la Francia ha giocato un gioco estremamente complesso e pericoloso. Così, nel gennaio 2013, cioè un mese dopo il sostegno pubblico di Fabius ad Al-Qa'ida in Siria, ha intrapreso un'operazione in Mali contro la stessa Al-Qa'ida, provocando un primo contraccolpo contro i suoi agenti infiltrati in Siria.
Di tutto ciò non avete mai sentito parlare. Perché, anche se la Francia ha istituzioni democratiche, la sua attuale politica nel mondo arabo non è mai stata dibattuta pubblicamente. Al massimo ci si è limitati − in violazione dell'articolo 35 della Costituzione − ad entrare in guerra contro la Libia e contro la Siria dopo alcune ore di dibattiti parlamentari superficiali, senza voto. I parlamentari francesi hanno rinunciato a esercitare il loro mandato di controllo dell’esecutivo in materia di politica estera, pensando che si trattasse di un’area riservata al presidente, senza conseguenze nella vita quotidiana. Al contrario, oggi tutti possono constatare che la pace e la sicurezza, uno dei quattro «diritti dell'uomo e del cittadino» del 1789 (articolo 2), ne dipendono direttamente. Il peggio deve ancora venire.

All’inizio del 2014, quando i falchi liberali americani mettevano a punto il loro piano di trasformazione dell’Emirato Islamico in Iraq e Sham (Terra di Sham, dal nome usato un tempo per indicare la città di Damasco, ndt) in quello che sarebbe divenuto Daesh (ossia l’ISIS), Francia e Turchia hanno inviato munizioni ad Al-Qa'ida perché combattesse l’Emirato Islamico, e questo punto è attestato da un documento presentato al Consiglio di Sicurezza il 14 luglio 2014 [12].
Tuttavia, in seguito, la Francia si è unita all'operazione segreta e ha partecipato alla coalizione internazionale anti-Daesh, della quale è ormai noto che, contrariamente al suo nome, non ha bombardato Daesh ma gli ha fornito armi per un anno [13].
Le cose si sono evolute ulteriormente dopo la firma dell'accordo 5+1 con l'Iran. Gli Stati Uniti sono tornati improvvisamente in campo contro l'organizzazione terroristica e l’hanno respinta ad Al-Hasaka [14].
Ma è stato solo verso la metà di ottobre 2015, un mese fa, che la Francia ha ricominciato a combattere l’Isis-Daesh. Non per fermare i suoi massacri, ma per conquistare una parte del territorio che occupa in Siria e in Iraq e instaurarvi un nuovo stato coloniale che si chiamerebbe "Kurdistan", anche se la sua popolazione curda sarà in partenza largamente minoritaria [15] .
In questa prospettiva, la Francia ha inviato la sua portaerei, non ancora in zona, per sostenere i marxisti-leninisti del partito curdo YPG − ma che senso ha questo riferimento politico quando si pianifica di creare uno Stato coloniale? − contro il suo ex alleato Daesh.
Stiamo oramai assistendo al secondo contraccolpo. Non da parte di Al-Qa'ida in Siria ma da parte di Daesh in Francia, su istruzioni degli alleati inconfessabili della Francia.


Chi guida Daesh
L’ISIS è una creazione artificiale. È solo lo strumento della politica di vari Stati e multinazionali.
Le sue principali risorse finanziarie sono il petrolio, le droghe afgane – di cui i francesi non hanno ancora colto le conseguenze sul loro territorio − e i reperti antichi levantini. Tutti concordano sul fatto che il petrolio rubato passa liberamente attraverso la Turchia prima di essere venduto in Europa occidentale. Considerate le quantità, non c'è alcun possibile dubbio sul sostegno dello Stato turco a Daesh [16].
Tre settimane fa, il portavoce dell'esercito arabo siriano ha rivelato che tre aerei, noleggiati rispettivamente da Turchia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, avevano appena fatto fuoriuscire combattenti dell’ISIS dalla Siria per trasportarli nello Yemen. Anche in questo caso non c’è alcun possibile dubbio circa i legami tra questi tre Stati con l’ISIS, in violazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza in materia.
Ho spiegato a lungo, fin dalla prima conferenza di Ginevra nel giugno 2012, che una fazione all'interno dell'apparato statale statunitense conduceva una sua politica distinta contro quella della Casa Bianca. Inizialmente questo complotto era guidato dal direttore della CIA e cofondatore di Daesh nel 2007 («The Surge») [17], il generale David Petraeus, fino al suo arresto ammanettato all’indomani della rielezione di Barack Obama. Poi è stata la volta del segretario di Stato Hillary Clinton, che non ha potuto portare a termine il suo mandato nel periodo di transizione presidenziale a causa di uno sfortunato "incidente". Infine, questa battaglia è stata portata avanti dall’ambasciatore Jeffrey Feltman dagli uffici dell’ONU e dal generale John Allen a capo della presunta Coalizione anti-Daesh. Questo gruppo − parte dello "Stato profondo" statunitense, che non ha smesso di opporsi all'accordo 5+1 con l'Iran e di combattere contro la Repubblica araba siriana − mantiene dei membri in seno all'amministrazione Obama. Soprattutto, può contare sull'aiuto di società multinazionali i cui bilanci sono più grandi di quelli degli Stati e possono finanziare le loro operazioni segrete. È il caso della compagnia petrolifera Exxon-Mobil (il vero proprietario del Qatar), dei fondi di investimento KKR e dell'esercito privato Academi (ex Blackwater).
È per conto di questi Stati e di queste multinazionali che la Francia è diventata un paese mercenario.


La Francia ricattata
L'11 novembre 2015, il primo ministro Manuel Valls ha assicurato che la Francia era impegnata contro il terrorismo [18].
Il 12 novembre, l'Osservatorio nazionale della delinquenza e delle risposte penali − dipendente dal ministero degli Interni − ha pubblicato un rapporto secondo cui il terrorismo sarebbe diventato la seconda preoccupazione dei francesi dopo la disoccupazione [19].
La stessa mattina del 13 novembre, il ministro degli Interni Bernard Cazeneuve ha presentato a Nanterre un piano di venti misure per la lotta contro il traffico di armi [20].
Evidentemente il governo si aspettava il peggio, il che comporta che stava negoziando con chi lo ha attaccato. La Francia ha preso impegni che non ha mantenuto ed è sicuramente vittima di un ricatto da parte dei signori che ha tradito.
Un’esercitazione di attentati simulati è stata fatta la stessa mattina dell'attacco da parte dei servizi di emergenza ospedalieri [21]. Una coincidenza che avevamo già notato negli attentati dell'11 settembre 2001 a New York e Washington, in quelli dell'11 marzo 2004 a Madrid, o anche in quelli del 7 luglio 2005 a Londra.


Conclusione provvisoria
I governi francesi che si sono succeduti hanno stretto alleanze con Stati i cui valori sono opposti a quelli della Repubblica. Si sono progressivamente impegnati a combattere guerre segrete per loro, prima di ritirarsi. Il presidente Hollande, il suo capo di stato maggiore particolare generale Benoit Puga, il suo ministro degli Esteri Laurent Fabius e il suo predecessore Alain Juppé sono ora oggetto di ricatto al quale non si possono sottrarre se non rivelando in cosa hanno invischiato il paese, anche se ciò li espone all’Alta Corte (il parlamento francese riunito in Alta Corte è il giudice competente a ordinare la destituzione del Presidente della Repubblica, ndt).
Il 28 settembre, all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, rivolgendosi agli Stati Uniti e alla Francia il presidente Putin ha dichiarato: «Vorrei chiedere ai responsabili di questa situazione “avete almeno coscienza di ciò che avete fatto?” Ma temo che la domanda rimanga in sospeso, giacché costoro non hanno rinunciato alla loro politica basata su un’eccessiva fiducia in sé e nella convinzione della propria eccezionalità e impunità.» [22]
Né gli americani né i francesi l’hanno ascoltato. Ora è troppo tardi.


                           
Da ricordare
----- Il governo francese si è progressivamente allontanato dalla legalità internazionale. Commette omicidi politici e coordina militarmente azioni terroristiche almeno dal 2011.
----- Il governo francese ha stretto alleanze contro natura con le dittature petrolifere del Golfo Persico. Collabora con un gruppo di personalità americane e di compagnie multinazionali per sabotare la politica di distensione dei presidenti Obama e Putin.
----- Il governo francese è entrato in conflitto con questi alleati poco raccomandabili. Qualcuno di loro ha finanziato gli attacchi di Parigi.



NOTE
[1] «Charlie Hebdo: les révélations de la dernière compagne de Charb», Thibault Raisse, Le Parisien, 18 octobre 2015.
[3] «Les armes de Charlie-Hebdo couvertes par le Secret-Défense», Réseau Voltaire, 17 septembre 2015.
[4] «Chi ha ordinato l’attacco contro Charlie Hebdo?», di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 7 gennaio 2015.
[5] «Charlie Hebdo è solo un pretesto», par Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 12 gennaio 2015.
[6] «Di cosa hanno paura politici e giornalisti francesi?», Rete Voltaire, 27 gennaio 2015.
[7] Qui est Charlie ? : Sociologie d’une crise religieuse, Emmanuel Todd, Seuil, 5 mai 2015, 252 p.
[8] «11 mars 2004 à Madrid : était-ce vraiment un attentat islamiste?», «Attentati di Madrid: l’ipotesi atlantista», di Mathieu Miquel, Réseau Voltaire, 11 ottobre e 18 novembre 2009.
[9] The Siege, Adrian Levy & Cathy Scott-Clark, Penguin, 2013.
[10] «Pression militaire et succès diplomatique pour les rebelles syriens», par Isabelle Maudraud, Le Monde, 13 décembre 2012.
[11] Si veda la testimonianza dell’ex presidente del Consiglio costituzionale Roland Dumas su LCP.
[12] Si legga l’intervento del rappresentante siriano «Résolution 2165 et débats (aide humanitaire en Syrie)», Réseau Voltaire, 14 luglio 2014.
[13] Questo punto è ignorato dalla stampa occidentale, ma è stato largamente discusso per un anno dalla stampa araba e persiana. La verità è venuta alla luce quando cinquanta analisti del CentCom hanno denunciato le menzogne dei rapporti sulla Coalizione, mentre un’inchiesta interna è stata scatenata, finché finalmente il generale Allen è stato costretto a dimettersi. Si veda in particolare: « Stewart, Brennan et Cardillo dénoncent les manipulations du Renseignement au Pentagone » e «Il generale Allen rassegna le sue dimissioni (Bloomberg)», Réseau Voltaire, 12 e 23 settembre 2015.
[14] «La France tente d’entraver le déploiement militaire russe en Syrie», Réseau Voltaire, 6 septembre 2015.
[16] Per saperne di più: «Il ruolo della famiglia Erdogan nel Daesh», Réseau Voltaire, 4 agosto 2015.
[17] Daesh fu originariamente formata in Iraq come parte di un piano volto a porre fine alla resistenza all’occupazione statunitense. Per fare questo, gli USA hanno creato delle milizie anti-sciite, tra cui l'Emirato Islamico in Iraq, il futuro "Daesh" - e poi delle milizie anti-sunnite. In definitiva, i due gruppi di popolazione si sono scordati dell’esercito occupante e si sono combattuti fra di loro.
[18] «Valls: la France engagée contre le terrorisme», AFP et Le Figaro, 11 novembre 2015.
[19] «La grande peur du terrorisme», Timothée Boutry, Le Parisien-Aujourd’hui en France, 13 novembre 2015.
[21] Cfr. L’intervento del Dr Patrice Pelloux, presidente dell'Associazione medici di emergenza francesi, su France Info alle 10h26 e al notiziario serale di France2, il 14 novembre 2015. « Comment le Samu s’est préparé aux attentats simultanés de Paris », Kira Mitrofanoff, Challenges, 15 novembre 2015.
[22] «Vladimir Putin – Intervento alla 70° assemblea generale dell’ONU - in italiano», di Vladimir Putin, PandoraTV, 30 settembre 2015.


Thierry Meyssan, 16 novembre 2015.
Traduzione a cura di Emilio Marco Piano


14 novembre 2015

Parigi, un evento militare

di Pino Cabras.
da Megachip.



La tremenda strage di Parigi del 13 novembre 2015 non è solo un evento terroristico spettacolare. È anche un evento militare di notevole entità nel cuore di una grande metropoli europea. Abbiamo già visto in altre circostanze, nel corso degli ultimi 15 anni, una serie di attentati coordinati con precisione e con risorse organizzative capaci di creare forti shock stragisti in grandi città. La macabra contabilità accelera e aumenta ormai la frequenza dei massacri (a Beirut appena ieri).

Anche stavolta si fa notare una manovalanza di assassini che si rifà al jihadismo. Non c'è da stupirsi che essa abbia un peso militare sempre maggiore, essendo una legione di avventurieri istruiti con tecniche sofisticate, schierata su molteplici linee del fuoco geopolitiche, pronta a prestare i suoi servizi per demolire interi Stati, e allo stesso tempo ricca di coperture e sovvenzioni statali, persino degli Stati che ne subiscono le interferenze nella loro sicurezza nazionale. Non si penserà che non abbia conseguenze il fatto che i jihadisti europei arruolati nelle guerre di oggi si contino a migliaia. Si è creato un tipo di soldato che in Libia, in Siria e altrove non si vuole far rispondere alle convenzioni di Ginevra, per poter fare il massimo danno con il minimo di responsabilità.

Ai governanti ci sarebbe da dire: per i vostri sogni neocoloniali dalla tasca avete tirato lo scorpione, non un gattino. Dopo la strage di Charlie Hebdofu facile fare una profezia fredda e precisa: «Lo scorpione pungerà ancora in Europa. I governanti europei, fra i più ricattabili e ricattati in ogni campo, subiranno pressioni enormi contro gli interessi dei propri paesi. È l'Impero del Caos che bussa, non l'Islam».

Il Caos ha lambito il presidente François Hollande, preso di peso mentre assisteva alla partita di calcio Francia-Germania, al momento in cui fuori dallo stadio si udivano esplosioni. Il messaggio, data la circostanza, non certo casuale (proprio quella partita...), lo ha sentito sicuramente anche la Germania.  E i lanciatori del messaggio non sono certo da cercare fra i soldati-terroristi, che sono meri esecutori. Gli autori si trovano fra i soggetti che vogliono che l'Europa non si sottragga alla grande guerra che si sta preparando. Sono pezzi di classi dirigenti occidentali, turche, petro-monarchiche. Gli sponsor dell'ISIS e del Caos.

Il governo di Angela Merkel sta sempre più prendendo atto dell'efficacia dei bombardamenti russi in Siria, delle divisioni in seno alle classi dirigenti statunitensi e dei rapidi cambiamenti negli equilibri strategici internazionali. Berlino sta dunque cercando di ritirarsi da una battaglia tutto sommato persa e di giocare un nuovo ruolo pacificatore in Siria. Il ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, punta da settimane a organizzare un incontro del tipo 5+1 (il formato diplomatico che a Vienna ha spinto verso gli accordi per l'Iran) in modo da risolvere il buco nero terroristico che ha investito la Siria. Dentro quello stadio, accanto a Hollande, c'era proprio Steinmeier. Fuori dallo stadio, sui selciati parigini, decine di innocenti ammazzati, lo stato d'emergenza, la solita strategia della tensione. Dentro e fuori dalla fortezza europea, le braci di una guerra che possono incendiarla.

Dove sarà la prossima strage? Un ottimo argomento per l'imminente G-20 di Antalya (Turchia), che inizia domenica. 

31 ottobre 2015

La rotta delle nostre bombe, da Cagliari alle teste dei bambini yemeniti


NOTA PRELIMINARE DI PINO CABRAS

Il sito reported.ly pubblica un'inchiesta clamorosa a partire da un recentissimo episodio che sembrava avere una dimensione appena locale: il carico-scarico di molte tonnellate di bombe a un passo dagli aerei civili dell'aeroporto di Cagliari. Ma un mega-carico di bombe non è cronaca locale, è un fatto di portata internazionale che si lega a una catena di notizie. Tuttavia - tranne, in parte, ilgiornale.it - nessuna grande testata ha voluto dedicare risorse a un qualche articolo che indagasse su questa catena, che parte da un'industria italiana e finisce negli ospedali bombardati in Yemen, passando anello dopo anello per i trattati disattesi in materia di diritti umani, la complicità dei governi, e i pericoli crescenti legati all'aumento delle tensioni militari
C'è un legame diretto fra le bombe saudite e qatariote acquistate in Italia e i milioni di sfollati yemeniti, e le loro presenti e future pressioni migratorie. Ma quando si devono coprire le cause delle migrazioni di massa, gli organi di informazione europei sono capaci perfino di rinunciare a uno scoop. Proprio la Sardegna, in questi giorni è uno dei teatri più affollati della grande esercitazione NATO Trident Juncture. Ci sarebbe molto da raccontare su questo war game, una fornace di guerra che brucia risorse immense sottratte alla vita dei popoli per esporla ai pericoli di un conflitto apocalittico (e da subito a una pressione ambientale devastante). 
Ma i grandi media non disturbano la NATO. Perché sono organi della NATO.

Ci voleva un sito in lingua inglese per ricomporre la storia delle bombe. L'abbiamo tradotto per voi, con l'aiuto delle redazioni di Megachip e di PandoraTV.
Buona lettura.

Esclusivo: L'Italia invia altre bombe RWM in Arabia Saudita

di Malachy Browne.

Utilizzando dei contenuti sociali originati da fonti della comunità di origine e il servizio di monitoraggio in diretta delle rotte aeronautiche, FlightRadar24.com, il sito reported.ly ha seguito le tracce di un carico di bombe a bordo di un Boeing 747 mentre veniva condotto da un aeroporto civile in Sardegna verso una base militare in Arabia Saudita. L'approvazione italiana della spedizione plausibilmente contravviene al trattato sul commercio delle armi.
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Giovedì 29 ottobre, diversi testimoni oculari e media locali dell'isola di Sardegna hanno fotografato decine di bombe sulla pista dell'aeroporto di Cagliari. Sorvegliate dalla polizia italiana, le bombe sono state caricate a bordo di un aereo cargo Boeing 747.
Le prove suggeriscono che le bombe siano state prodotte presso il vicino impianto di produzione di RWM Italia, società di munizioni che ha venduto migliaia di bombe all'Arabia Saudita e ad altre forze armate che bombardano lo Yemen, come rivelato da questa indagine di reported.ly dello scorso giugno. Questo reporter ha visto prove documentali delle bombe con codici di fabbricazione RWM Italia sul terreno in Yemen.


Il giornalista locale Michele Ruffi ci ha inviato il video qui sopra che mostra il velivolo e il carico. Abbiamo verificato tutto ciò in maniera indipendente abbinando foto geo-referenziate di Instagram scattate giovedì, individuando così l'aereo sulla pista.
Separatamente, il politico sardo Roberto Cotti ha twittato questa foto del carico, che ci permette di identificarlo come un carico di bombe di serie MK80, prodotte ed esportate dalla RWM Italia con contratti del valore di centinaia di milioni di dollari sin dal 2011.



L'operatore del Boeing 747 è la Silk WayAirlines, una compagnia di cargo dell'Azerbaigian. I registri di volo storici mostrano che l'aereo viaggia regolarmente tra Baku e Dubai, Francoforte, Kiev e Zhengzhou in Cina.
Ian Petchenik con FlightRadar24.com ci ha aiutato a trovare il segnale dell'aereo sulla pista in Sardegna per tracciare poi il modo in cui è partito giovedì sera per l'Arabia Saudita (la destinazione non era registrata a quel momento).


Dopo aver perso traccia dell'aereo mentre sorvolava l'Egitto, lo abbiamo captato di nuovo mentre attraversava il Mar Rosso e cominciava a scendere verso Gedda. In un cambio di rotta dell'ultimo minuto, l'aereo è stato dirottato verso Taif, un aeroporto regionale che è anche una base militare delle forze armate del Regno saudita. Il transponder sembra essere stato spento, una volta raggiunta Taif, ma i dati di volo confermano che è partito da lì venerdì mattina, 30 ottobre.



Un 'volo commerciale regolare'
Infuriato per la spedizione avvenuta da un aeroporto civile, il politico sardo Mauro Pili riferisce di aver chiesto all'Ente Nazionale dell'Aviazione Civile (ENAC) se l'aereo cargo fosse stato autorizzato a caricare armi. L'ENAC ha rilasciato una dichiarazione, pubblicata dall'agenzia di stampa Ansa, sul fatto che l'aereo fosse "regolarmente autorizzato" come "un volo commerciale regolare". Pili ha anche pubblicato la prova video sul cargo in fase di caricamento.



La dichiarazione dell'ENAC:
“In merito alle notizie apparse oggi su alcune agenzie di stampa relativamente ad un volo operato dall’aeroporto di Cagliari con a bordo materiale bellico, [...] si trattava di un volo di natura commerciale regolarmente autorizzato nel contesto delle previsioni normative internazionali tecniche che disciplinano il trasporto di tali materiali”.

Questa affermazione suggerisce che il carico sia stato autorizzato dal Ministero della Difesa o dal Ministero degli esteri. Con l'aiuto dei nostri contatti italiani, chiediamo ai ministeri se sia questo il caso, e se necessario, presenteremo un'interrogazione parlamentare per scoprirlo.

[AGGIORNAMENTO: Una serie di interrogazioni parlamentari è stata presentata durante la seduta di venerdì 30 ottobre.]

Anche se non possiamo dire con assoluta certezza che queste bombe siano state scaricate all'aeroporto di Taif per l'utilizzo da parte delle forze armate saudite, è molto probabile che lo siano state per davvero dato il conflitto in corso e dato il commercio che è stato dimostrato tra RWM Italia e l'Arabia Saudita. A luglio, l'esperto italiano di armamenti Giorgio Beretta aveva scoperto ancora un altro carico di bombe verso l'Arabia Saudita.



Quest'ultima prova suggerisce una maggiore urgenza nel fornire le bombe ai sauditi: in un precedente contratto con gli Emirati Arabi Uniti, le bombe furono spedite via mare attraverso il porto di Gedda.
Insieme, queste prove suggeriscono fortemente che il governo italiano continui a concedere licenze per l'esportazione di armi a forze che stanno bombardando lo Yemen con conseguenze orrende. Almeno tre spedizioni sono state fatte da quando è iniziato questo conflitto sanguinario.
Dopo migliaia di morti civili, milioni di sfollati e la metà della popolazione che affronta la scarsità di cibo, la società yemenita è quasi totalmente crollata. Sono state documentate eclatanti violazioni dei diritti umani sia da parte sia della coalizione a guida saudita sia delle milizie Houthi che combattono per mantenere il controllo (vedi la nostra "StoryMap" più sotto). Compreso il recente bombardamento di un ospedale di MSF nella città settentrionale di Saada.



Denaro sporco, questioni giuridiche
Molti fondi pensione europei e americani, compresi i fondi statali, si sono avvantaggiati dei ricavi da miliardi di dollari della RWM Italia e della sua società capogruppo tedesca, la Rheinmetall Defence AG. Ma si tratta di denaro sporco. Gli Stati membri dell'UE sono vincolati da criteri specifici sulle esportazioni di armi, come spiegato in precedenza per reported.ly da Patrick Wilcken, Ricercatore di Amnesty International sul controllo degli armamenti, il commercio dei materiali di sicurezza e diritti umani:

Ai sensi del Trattato sul commercio delle armi e della Posizione Comune dell'UE sul controllo delle esportazioni di armamenti, l'Italia deve intraprendere una rigorosa valutazione del rischio caso per caso di ogni proposta di trasferimento di armi per determinare se vi sia un notevole rischio che le armi possano essere usate dal destinatario per commettere o facilitare gravi violazioni del diritto internazionale in materia di diritti umani. Se c'è un rischio sostanziale, l'Italia deve negare la licenza di esportazione. [corsivo di reported.ly]

Questa ultima spedizione di armi arriva proprio nel giorno in cui il blogger saudita incarcerato, Raif Badawi, è stato insignito del massimo premio dell'Unione Europea sui diritti umani. L'Unione europea farebbe bene a esaminare la legalità di queste spedizioni e sanzionare l'Italia qualora si dimostri che siano illegali.

Ecco come il tuo fondo pensione si avvantaggia dei bombardamenti in Yemen
La nostra precedente indagine sulle bombe della RWM Italia trasportate verso gli Emirati e ritrovate in Yemen


Fonte
Il pezzo prosegue con una collezione di documenti a sostegno dell'analisi tecnica del volo in questione e altri materiali di approfondimento.



Tratto da: http://megachip.globalist.it/Secure/Detail_News_Display?ID=124554&typeb=0.