25 giugno 2013

Lo Spirito di Messina


di Pino Cabras - da Megachip.



Da Messina a Messina, la politica è stata per mesi in un ottovolante, con ubriacature d'alta quota, cadute repentine, giudizi definitivi smentiti da fatti contrari nel giro di breve tempo. Fu proprio Messina, lo scorso ottobre, a far capire che la politica italiana non sarebbe più stata la stessa. Beppe Grillo aveva appena attraversato a nuoto lo Stretto, e da lì iniziava una campagna elettorale spettacolare che lo portava al grande exploit siciliano, fino a fare del Movimento Cinque Stelle il punto di coagulo dell'opposizione italiana. Oggi a Messina diventa trionfalmente sindaco Renato Accorinti, l'uomo della battaglia No Ponte, un vero alieno contro una vera piovra di potentati locali, a capo di un movimento che rompe tutti gli schemi senza stare affatto nemmeno nello schema del M5S, che d'altro canto vince clamorosamente a Ragusa con Federico Piccitto.

Nessuno può più illudersi di tenere in cassaforte i voti di appartenenza. Nessun leader può più coltivare l'illusione di “dettare la linea”. I ballottaggi siciliani arrivano dopo i boom e i flop dei partiti e delle liste, con votanti che si muovono con la forza incontenibile dei fiumi in piena. Sia il bacino sempre più esteso di quelli che non votano, sia la corrente sempre più instabile di quelli che ancora vanno alle urne, hanno una cosa in comune: non possono più essere rappresentati da quel che c'era prima, e ancora non stanno fermi in quel che c'è ora.

I meccanismi elettorali e le consuetudini con il potere hanno consentito alle classi dirigenti italiane di resistere, fino ad arroccarsi con momentanea efficacia: il Tigitre è diventato il Tigiquattro meno uno, la presidenza della Repubblica è stata imbalsamata, Palazzo Chigi è presidiato dai maggiordomi, c'è sempre qualcuno che ha un microfono per Violante, e fino ad oggi anche il Caimandrillo ha fatto finta di poter rivincere. Una Restaurazione.

Per contro, il M5S è stato ben al di sotto della Rivoluzione promessa. I rappresentanti in Parlamento sono stati scelti con meccanismi che non potevano che produrre una rappresentanza troppo debole, rispetto alle esigenze tattiche e alla duttilità delle battaglie parlamentari necessarie.

Eppure nulla è immobilizzato per davvero. La crisi eroderà giorno dopo giorno i vecchi strumenti del potere e molte leve del consenso residuo. Tutti dovranno giocare la partita del consenso futuro, mai scontato.
La mia sarà forse un'impressione, ma l'abisso dei non rappresentati è una voragine sempre più vasta. Troppo più estesa per chi spera ancora di circoscriverla o fregarla arroccandosi. Sino a poco tempo fa la “voragine” poteva ambire a organizzarsi per contare almeno come una minoranza influente, come un'opposizione che esercita una pressione su un sistema politico ancora forte, pur sempre rappresentativo di vasti interessi.

Oggi quegli interessi possono sgretolarsi (perfino con la classica e temibile “rovina comune delle classi in lotta”), creando un vuoto che qualcuno riempirà.

Non sembra più il tempo adatto per vivacchiare con partitini che si accontentano di un piccolo potere di negoziazione e di interdizione verso gli altri. Bisogna pensare già oggi al governo che sarà espresso da un popolo capace di sentire il peso della propria sovranità e farsi maggioranza cosciente, inItalia e in Europa. Da Messina viene un insegnamento: occorre rompere gli schemi.

Sarebbe perfino una rivincita sul cosiddetto “spirito di Messina” del 1955, quello della Conferenza da cui si fece strada l'Europa che conosciamo, ormai vicina al capolinea.


Leggi anche:  Elezioni Sicilia 2013, a Messina vince la società civile.



20 giugno 2013

Datagate? Iniziò a Roma: quando Nsa spiò Chavez

Nel maggio 2006 l'intelligence Usa organizzò una massiccia operazione di spionaggio contro il presidente venezuelano. La Capitale fu intercettata per una settimana.

da Globalist.

Il Datagate? Ebbe inizio a Roma nel maggio del 2006 quanto su ordine di George Bush mezza città venne intercettata dalla Nsa perché si voleva carpire ogni minimo dettaglio sulla visita di Hugo Chávez in Italia. Prima Roma, poi il G20 del 2009 con tecniche e tecnologie più affinate. Ha rivelato Edward Snowden che il G20 del 2009 era stato caratterizzato da un articolato sistema di spionaggio delle conversazioni di intere delegazioni e dei leader presenti al vertice, attraverso l'installazione di Internet point truccati con software-spia e il controllo capillare del sistema dei Blackberry utilizzati dagli ospiti e ogni altra diavoleria.

Quello che ancora non si sa - e che Globalist è in grado di riferire tramite una fonte qualificata che ebbe un ruolo diretto nella vicenda - è che la grande operazione di spionaggio del G20 ha avuto in Italia il vero banco di prova. Un'azione massiccia dell'Nsa che determinò un salto di qualità che avrebbe consentito all'agenzia di intelligence di diventare il grande fratello su scala planetaria di cui oggi si parla tanto.

Bisogna tornare al maggio 2006, seconda visita di Hugo Chávez, presidente del Venezuela, in Italia. Chávez, allora, era in una posizione di scontro frontale con gli Stati Uniti e, in particolare, con George Bush che alcuni mesi dopo (a settembre) avrebbe definito il diavolo che puzza di zolfo. Del resto gli Stati Uniti anni prima avevano appoggiato il fallito colpo di Stato contro il presidente venezuelano e uno degli agenti della Cia coinvolti nel complotto era successivamente stato destinato proprio alla stazione Cia di Roma. Combinazioni.

La National Security Agency, durante quei giorni, mise in atto un'operazione di Sigint (signal intelligence) ossia di spionaggio elettronico senza precedenti che rappresentò l'inizio di una nuova fase nelle capacità di controllo e penetrazione.

7 Maggio 2008. A Ciampino, area riservata, atterra un aereo con a bordo alcune persone "invisibili", senza né nome, né identità. La procedura è la stessa che sarebbe poi diventata tristemente nota all'opinione pubblica per le extraordinary rendition e che era già una proceduta standard: massima segretezza, il minor numero di tracce possibili.
Gli occupanti dell'aereo erano parte di un team di eccellenza dell'Nsa. Arrivati a Ciampino furono portati direttamente in un'ala dell'ambasciata degli Stati Uniti in via Veneto, nella quale restarono come reclusi in isolamento per tutta la durata della missione. Niente alberghi, niente contatti con l'esterno e nemmeno con il personale dell'ambasciata. Finita la missione stesso percorso al contrario per Ciampino. Il team aveva con se delle attrezzature di assoluta avanguardia (parliamo del 2006) in grado di interagire con il sistema satellitare e guidarlo e interagire con gli aerei spia.

9 maggio 2006. Sul cielo della Capitale cominciano a volare due aerei spia direttamente controllati dall'Nsa. Due aerei che, dandosi il cambio, sarebbero rimasti ininterrottamente (h24 nel gergo militare) in volo sopra Roma per non far mancare nemmeno per un minuto la vigilanza.

10 maggio 2006. A Roma arriva il presidente del Venezuela Hugo Chávez. Il suo è un tour in Europa. A Roma l'incontro più importante è quello previsto per l'11 mattina con Papa Benedetto XVI. In agenda anche una visita e colloquio privato con il presidente della Camera, Fausto Bertinotti. Chávez va diretto in un albergo di via Veneto, paradossalmente a poche decine di metri dal team giunto nella capitale per spiarlo. Ma è solo un dettaglio: le tecnologie avrebbero garantito egualmente un controllo a distanza di chilometri.

L'operazione Nsa comincia in tutti i suoi aspetti. Sotto controllo finiscono tutte le frequenze radio (comprese quelle degli apparati italiani); sotto controllo finisce la rete internet secondo modalità simili, ovviamente secondo le possibilità di quel periodo, a quella descritta da Snowden per la Cina: si entra nei gangli delle reti di comunicazione che danno accesso alle comunicazioni di centinaia di migliaia di persone senza dover piratare ogni singolo computer; ovviamente i telefoni.

Per tutta la durata del viaggio Hugo Chávez viene pedinato elettronicamente grazie a due strumenti di straordinaria importanza per la Signal Intelligence: il bombardamento radio e la capacità di ascolto a grande distanza. Ossia con il solo utilizzo dei satelliti e degli aerei spia Nsa fu un grado di ascoltare le conversazioni di Chávez, anche quelle private e che si svolgevano nei luoghi chiusi e, ovviamente, nei luoghi aperti. Non c'era bisogno di microfonare le stanze o di mandargli alle calcagna qualche spia armata di microfono. Tutto via satellite con le potentissime tecnologie. Ovviamente costosissime.

Ma quando il presidente venezuelano si spostava da un luogo all'altro, oppure si trovava in qualche posto dove le onde radio provocavano interferenze e non si riuscivano ad ascoltare le conversazioni, Nsa era in grado di attivare un dispositivo di emergenza: l'abbattimento di tutte le onde e le frequenze in un raggio di circa 500/600 metri. In pratica mentre era attivato il dispositivo i telecomandi di tv o cancelli non funzionavano; la linea dei telefoni cellulari si interrompeva; le radio diventavano mute. Il tutto non per ore ma per qualche decina di secondi. Nulla che non potesse essere scambiato per un normale temporaneo malfunzionamento, senza quindi generare sospetti. Ma che garantiva a Nsa il tempo necessario per "pulire" il segnale.

L'operazione Chávez costò un'enormità ma fu voluta da George Bush in persona che vedeva nel presidente venezuelano uno dei principali nemici e che voleva conoscere ogni dettaglio sul suo avversario, le sue strategie e quali fossero i suoi contatti e referenti internazionali.

Partito Chávez i due aerei spia migrarono per altri cieli. Il team dell'Nsa rimase un altro giorno recluso in ambasciata prima di essere riportato segretamente a Ciampino; i vertici Nsa che avevano seguito tutto dalla sala situazione (esattamente come Obama avrebbe seguito l'uccisione di Bin Laden e come si vede nei film) cominciarono ad analizzare il bottino.

Quale fu il bottino di quell'operazione? Il seguito alla prossima puntata. Al momento una consapevolezza: l'operazione Chávez fu un banco di prova. Senza di quella non ci sarebbe stata quella del G20 e chissà quante altre. Correva l'anno 2006. Da allora non ci si è fermati più.



A cosa serve realmente Prism

di Pierluigi Fagan.



Il Datagate si allarga a macchia d’olio ma qualcuno ancora non vede a cosa realmente serva questa forma di spionaggio a grana grossa. La grana grossa sono i meta-data, l’oggetto concreto che il programma PRISM produce, dove siamo, dove andiamo, chi contattiamo, quante volte, di cosa ci interessiamo, le nostre “cerchie” etc. . Apparentemente non c’è ascolto di alcun contenuto, cioè di nessuna conversazione o scrittura privata, solo di comportamenti, interessi, relazioni. Per farne cosa?
Ce lo disse in parte, in un pubblico libro, Albert-László Barabási, fisico di origine rumeno-ungherese conosciuto per la sua teoria delle reti. Il libro è tutt’altro che uno scoop complottista, ma un saggio di divulgazione scientifica pubblicato nel 2011 da Einaudi (Albert-László Barabási, Lampi, Einaudi, Torino, 2011) che segue un precedente dello stesso autore, per lo stesso editore (Albert-László Barabási, Link, La scienza delle reti, Einaudi, Torino, 2004), più o meno sullo stesso argomento.
Il giovane professore (Indiana, Boston) è conosciuto nell’ambito della Teoria delle reti che è un di cui della più vasta cultura dei Sistemi e della Complessità, per aver centrato il concetto di “reti ad invarianza di scala” soggette alla legge di potenza. Non è nostro specifico interesse inoltrarci qui nella spiegazione precisa del concetto. Basterà dire che la rete metabolica, le reti sociali, la rete delle interrelazioni economiche, Internet come rete di router e server così come la rete dei link delle pagine web, nonché i social network, il concetto dei “sei gradi di separazione”, i sistemi di circolazione delle informazioni, le reti di possibile diffusione dei virus, nonché vari tipi di sistemi fisici, alcune reti logistiche, le reti commerciali, rispondono tutti alle descrizioni di questa nuova disciplina. Il fine della disciplina è sistematizzare i dati empirici onde trarne inferenze statistiche utili a prefigurare una conoscenza del comportamento di questi sistemi, per prevederli, controllarli, riprodurli. Per come lo sintetizzano K.Cukier e V.Mayer-Schoenberger parte del cui libro è ripreso nell’ultimo numero di Internazionale, questo approccio dello sguardo scientifico usa dati non pochi ma molti, non precisi ma disordinati, accontentandosi di sistematizzare le correlazioni in luogo della ricostruzione della causalità. E’ una forma di conoscenza di come funzionano taluni sistemi complessi.
Nella scienze delle reti, i punti aggregatori, i punti in cui si intersecano le interrelazioni, sono detti “nodi”, quelli più interconnessi sono detti “hub” come nella rete che collega tutti gli aeroporti internazionali del pianeta. Gli hub sono iperconnessi e tramite loro, si dice che nel caso delle società umane, ogni individuo del pianeta sarebbe in grado di conoscere chiunque altro, scalando non più di sei gradi (sei intermediari) di separazione. Tutto ciò crea un macrosistema detto “piccolo mondo” ovvero un sistema unico ed iperconnesso, in cui non esistono isole fuori dominio e fuori controllo. Tutto è connesso a tutto e controllando gli hub che controllano tutti i nodi, che controllano tutti i connessi, con poco, si controlla Tutto. Più o meno.
La faccenda non è esente da quello stesso entusiasmo ingenuo che potremo chiamare “versione semplice della complessità” tanto cara a certo determinismo scientista di marca spiccatamente americana. Proclami non meno enfatici furono spesi per i progetti di Artificial Intelligence ed Artificial Life, nonché per l’intero progetto Genoma. Il carattere entusiasta di quel popolo si sposa con la presunzione ed il riduzionismo scientista, ma più che altro si deve sovra-vendere i possibili obiettivi applicativi (commerciali e militari) delle costose ricerche per invogliare i finanziatori. I risultati saranno poi sempre ben inferiori alle attese, ma non nulli. Domare la complessità del mondo richiede strategie e chi ha più forti interessi nelle cose del mondo, sul loro ordine, sulla propria posizione nello scenario, non può che porsi il problema dell’adattamento alla complessità. Non è tanto strano che gli USA sviluppino delle strategie di adattamento alla complessità, è piuttosto strano non lo si faccia anche noi.
Ma torniamo ai perché del progetto PRISM. Cosa si ottiene costruendo un banca di meta-dati di questo tipo? Questa è la formazione del più grande capitale di merce alla base degli interessi sia politico-governativi, sia industrial-commerciali contemporanei: l’informazione. L’informazione di per sé è neutra, può essere usata per difendersi, può essere usata per attaccare e poi si può dire che si attacca per difendersi. Nel caso del binomio stato-mercato si tratta di scambi reciproci. Le singole imprese immettono nella banca dati governativa centrale dati ed ottengono statistiche generali, cioè basate sul database di tutte le compagnie (e non solo la propria). Questo costituisce un vantaggio comparato per le imprese USA, quindi per gli USA essendo questi basati sul successo della propria economia. PRISM usa la metafora del prisma in cui entra un singolo raggio di luce bianca che viene diviso nei suoi costituenti di diverse frequenze d’onda, cioè di colore. Nel caso in questione è il contrario, entrano dati su email, video, chat vocali e videochat, video, foto, conversazioni VoIP, trasferimento di file, notifiche d’accesso e dettagli relativi a siti di reti sociali ed esce un solo raggio di luce bianca, quella che illumina chi sono io che scrivo e tu che leggi. In questo esatto momento, se il nostro server fosse negli USA. Il profiling è il metadato più importante per qualsiasi marketing, tanto commerciale che politico, sapere chi sei, che fai, chi vedi, chi conosci, a quale livello, dove vai, quante volte, cosa guardi su Internet etc. . Nessuna singola impresa può fare profiling a livello di massa, la banca dati centrale dello stato americano, sì. Per gli interessi specifici dello stato, si ottiene il profiling della propria popolazione sovrapponendo ai dati delle compagnie dell’information technology, le abitudini di spesa dalle carte di credito, i dati bancari se necessari, la previdenza, la scuola, insomma sapere tutto ciò che aiuta ad incasellare le persone in profili statistici standard. Chi ha comportamenti normati e chi no, chi rientra nelle medie nazionali e chi se ne distingue, poiché ogni originalità è potenzialmente un problema per la società che già ai tempi di Tocqueville, mostrava l’inclinazione alla conformazione di massa. Quel conformismo di massa che fa da contraltare all’estremo atomismo individualistico tipico di quel popolo che abborrisce il concetto di “società” ritenuto vincolo alla libertà. Il controllo paranoide è il dark side del liberalismo e non a caso -1984-, oggi improvvisamente tornato in cima alle classifiche di vendita, è stato scritto da un anglosassone.
Ma più che domandarci cosa se ne fa il governo americano di questi dati oggi, occorre pensare il domani, questo è fare strategia . Perché? Perché non c’è serio analista che non sappia che i prossimi, 5, 10, 20, 30 anni, per gli americani, non saranno anni facili. Gli USA, qualunque cosa facciano, sono comunque destinati ad una pesante ed anche rapida contrazione economica, in ragione delle dinamiche planetarie che hanno sottratto ampi paesi-mercati prima dominati con facilità, che hanno trasformato ex-colonie in nuovi temibili competitor, che stanno annullando quella centralità che costituiva la rendita di posizione di un paese che è dipendente da una ricchezza di troppe volte superiore alla reale dimensione di quel popolo-nazione. I Global Trends 2030 della CIA (http://tlaxcala-int.org/article.asp?reference=9684) sono lucidi a riguardo. Questa terribile contrazione, colpirà una società assai fragile, una società che funziona nella misura in cui cresce con forza e costanza e nella misura in cui può promettere al sottostante sociale di poter beneficiare di questo successo se ci si impegna (l’american dream). Se questa promessa non può esser fatta, se fatta non verrà per lungo tempo mantenuta, perdendo la sua credibilità normativa, non è difficile prevedere un crollo della società americana, una società fin troppo sperequata, che non ha meccanismi di solidarietà e redistribuzione, reti sociali a-economiche, molto eterogenea (che è una ricchezza se le cose vanno bene, ma diventa un problema se vanno male), alienata, con nuclei famigliari spappolati e sparsi su distanze di centinaia di chilometri e basata su quella competizione che a salire diventa “merito e selezione”, a scendere diventa hobbesiana guerra di tutti contro tutti. Una società totalmente ordinata dal principio economico, se l’economia va male, rischia di disintegrarsi. A quel punto, avere una base di dati “ad personam” con cui risalire alle individuazioni dei potenziali problemi, ai contatti, a gli ambienti, alle reti di coloro che agiranno il loro disagio sociale, altro non è che il sogno di controllo omnipervasivo accarezzato da ogni governo alle prese con una società instabile, problematica, potenzialmente a rischio di anarchia. La banca dei meta-data permetterà di prelevare il segnalato, il ribelle, colui o colei che mostra insofferenza e ricostruire in profondo tutte le sue azioni sociali, il suo intorno relazionale, le sue coordinate quanti-qualitative. Noi europei o arabi possiamo immaginare prese della Bastiglia o masse dimostranti ma in quel paese, ogni settimana c’è un signor nessuno che esce la mattina con il suo Ar-15 semiautomatico, fa colazione e poi va a sterminare qualcuno in un posto pubblico. Ecco perché Obama insiste tanto sulla riduzione della pubblica vendita delle armi. Noi Hobbes non lo abbiamo capito bene nel suo concetto di “anarchia in salsa barbara”, perché non siamo stati “barbari”.
Ma il progetto PRISM, in parte, serve al governo americano anche oggi. Serve a corroborare la strategia obamiana di soft power e non è un caso che tale progetto sia legato a questa amministrazione e non alle precedenti che avevano comunque facoltà tecniche di poterlo fare. Si tratta del controllo culturale, un megamarketing delle idee, delle immagini, degli stili di vita, dei desideri, insomma di quella droga psichica che aiuta a rasserenare, convogliare le pulsioni su obiettivi commerciali o innocui, prefigura all’acquisto compulsivo di merci e servizi, titilla il desiderio lasciandolo perennemente insoddisfatto quindi “desiderante”, stabilisce per vie inconsce il giusto, il buono ed il bello. Per il controllo serve innanzitutto la mappa di ciò che va controllato, i dati su i nostri comportamenti, le nostre abitudini e preferenze, le nostre più segrete inclinazioni sono questa mappa.
Si sa che i francesi sono sciovinisti ma sarebbe far loro torto ridurre la loro recente impuntatura ad escludere i fattori culturali dagli accordi per la costituzione di un megamercato USA-UE di libero scambio, ad un semplice tic di orgoglio nazionale. Del resto la stessa questione è rimasta irrisolta nei recenti colloqui Obama – Xi Jinping relativamente all’accesso di Internet. La soft machine dei desiderata, che viaggi in pubblicità, cinema, i-pad, Internet, tv-sat, telefonini e tablet, fashion, design, mito, è il primo sistema di controllo ed indirizzo dei comportamenti individuali, dentro e fuori gli USA. Vieppiù in una “società di mercato”. E’ l’apripista per la successiva invasione di cose da vendere per prendere soldi prodotti qua e portarli là in nome del “libero mercato”, la idrovora del denaro che serve ad alimentare lo stile di vita americano, il feudo centrale del sistema.
Infine, serve a monitorare non forse gli individui ma le imprese e le istituzioni di alleati, nemici, neutrali in giro per il pianeta. La UE ha chiesto spiegazioni alla amministrazione americana a riguardo ma è assai deprimente che l’istituzione comune degli europei sia così ingenua da non sapere già a cosa serva PRISM. Credere che si possa fare una area di libero scambio con gli USA, senza con ciò spalancare le porte della città all’invasione di quello che per quanto “amico” geopolitico (“amico” negli scenari passati, in quelli futuri è tutto da dimostrare) è pur sempre un agente di mercato concorrente nella logica della ricchezza delle nazioni è come credere che il cavallo di Troja fosse una innocua offerta per placare gli dei e propiziare la felice ritirata degli assedianti. E’ lì che colei che ammonì i trojani, Cassandra, darà nome a tutta quella schiera degli inascoltati ammonitori del pericolo invisibile a gli occhi degli ingenui credenti (quando con corrotti e conniventi).
PRISM è la testimonianza indiretta di quanta paranoia giri nelle alte sfere statunitensi. Se si impianta un così sofisticato, pervasivo, allucinante sistema di osservazione e controllo è perché si ha paura, paura della vulnerabilità. PRISM è l’ammissione indiretta della Grade paura americana, la paura di perdere quelle condizioni di possibilità che hanno reso felice un paese di diverse centinaia di milioni di americani per due secoli. PRSIM in definitiva è un ansiolitico per il potere americano, ma le ragioni concrete sottostanti quell’ansia, non si curano con più controllo esterno. Quando è finita, è finita, insistere è umano ma nessuna civiltà complessa ha mai mostrato i segni di autoconsapevolezza e di capacità adattiva al proprio ridimensionamento.
Per questo, prima o poi, sono tutte morte.

Fonte: http://pierluigifagan.wordpress.com/2013/06/19/a-cosa-serve-realmente-prism/.


14 giugno 2013

Datagate, ovvero Barack O’Bush

di Giulietto Chiesa.

 
Disse Bertolt Brecht che, quando il fascismo fosse giunto in America, avrebbe assunto le fattezze della democrazia.
Profezia poetica che si sta avverando sotto i nostri occhi. Il paese che continua ad esserci ossessivamente rappresentato come la più progredita forma di democrazia, è quello stesso in cui i suoi un tempo cittadini (ora sudditi abitanti di Matrix) sono sorvegliati ad ogni istante dal Grande  fratello Nsa che tutto sa e tutto può leggere e vedere.
Anche a noi tocca essere, qualche volta, profeti. Pino Cabras ed io, sul nostro libro Barack Obush, nella sua edizione in lingua russa, mettemmo in copertina un photoshop di Obama e Bush che mostrava la loro contiguità e continuità. Nei giorni scorsi l’Huffington Post, nella sua edizione americana, a due anni di distanza, ci ha copiato il photoshop. Confermando, per altro, il mio giudizio al momento dell’elezione del primo presidente di colore della storia americana: Obama come la più straordinaria operazione di maquillage di un imperatore dai tempi del faraone Tutankamen.
Il programma dei 30.000 droni varato da Barack Obush, per sorvegliare dall’alto tutta l’America (non per uccidere i terroristi), quello della mappatura del cervello umano, sempre promosso dal faraone democratico, dice che si sta andando a tappe forzate verso uno stato americano totalitario sotto tutti i parametri. E ciò avviene mentre Giovanna Botteri, sul Tg3, ogni  sera, con occhi sognanti e parole estatiche, ci descrive le meraviglie della democrazia americana.
Obama fu eletto avendo promesso il ritiro dall’Afghanistan, ma ora scopriamo che questo ritiro non ci sarà mai più. In quel deserto dei tartari resterà un distaccamento permanente di almeno 10.000 uomini. L’Irak è un protettorato americano dove la guerra civile va avanti al ritmo di 50 morti per bomba. Si prepara l’offensiva militare della Nato contro la Siria. Obama dichiara di avere acconsentito alla “red line” tracciata da Netanyhau per l’Iran: così, quando decideranno Tel Aviv e Washington, partirà il bombardamento contro Teheran.
E tutto procede secondo i piani, anche la preparazione psicologica alla guerra. Un recente sondaggio, di pochi giorni fa, pubblicato sulla prima pagina del New York Times, promosso dallo stesso New York Times e dalla Cbs News, dice che il 60% degli americani sarebbe d’accordo di attaccare l’Iran se la linea rossa venisse oltrepassata. Ma la linea rossa la decide Israele e, dunque, l’Iran la sorpasserà anche se starà fermo come una statua di marmo. La maggioranza degli americani ha già subito il lavaggio del cervello e, dunque, applaudirà freneticamente.
Si tratta di vedere ora se anche l’Europa applaudirà. E questo dipende anche da noi, anche dagli italiani. Ora, in mezzo alla valanga di critiche e dileggio contro il Movimento 5 Stelle, io voglio distinguermi plaudendo alla dichiarazione fatta in Parlamento dal capogruppo di quel partito. Quando ha detto, chiaro e forte, che l’Italia non dovrà più partecipare e nessuna impresa militare fuori dai suoi confini. E’ una saggia proposta, per l’Italia e per l’Europa.
In mezzo al devoto e ossequioso silenzio di tutte le sinistre, di ogni tinteggiatura, solo il gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle si candida a far risorgere il movimento pacifista italiano, già demolito dal tradimento di tutte le sinistre. Dunque, almeno su questo punto qualificante, io sto con l’unica opposizione, senza se e senza ma. L’alternativa alla guerra è solo la pace. Il resto sono chiacchiere.


Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/14/datagate-ovvero-barack-obush-2/626100/.

Pubblicato anche su: http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=78113&typeb=0&Loid=315&Datagate-ovvero-Barack-O-Bush.



10 giugno 2013

La rivolta contro il Fratello Erdoğan

di Thierry Meyssan. - da Megachip.


La rivolta turca affonda le sue radici nelle incoerenze del governo Erdoğan. Quest'ultimo, dopo essersi presentato come «democratico musulmano» (sul modello dei «democratici cristiani»), ha improvvisamente mostrato la sua vera natura in occasione delle «rivoluzioni colorate» della Primavera araba.

In politica interna ed estera, esiste un prima e dopo questo voltafaccia. Il prima era l'infiltrazione nelle istituzioni. Il dopo è il settarismo. Prima, è la teoria di Ahmed Davutoğlu dei «zero problemi» con i suoi vicini. L'ex impero ottomano sembrava uscire dal suo torpore e tornare alla realtà. Dopo di che, è il contrario: la Turchia si è rimessa nei guai con ciascuno dei suoi vicini ed è entrata in guerra contro la Siria.


I Fratelli Musulmani

Dietro questo cambiamento, i Fratelli Musulmani, un'organizzazione segreta di cui Erdoğan e la sua squadra sono sempre stati membri, nonostante le loro smentite. Sebbene questo cambiamento sia successivo a quello del Qatar, finanziatore dei Fratelli musulmani, esso reca lo stesso significato: regimi autoritari che sembravano anti-israeliani d’improvviso esibiscono la loro alleanza profonda.

È importante qui ricordare che il termine occidentale «primavera araba» è un'illusione che intende dar a bere che i popoli tunisino ed egiziano avrebbero rovesciato il loro governo. Sebbene vi sia stata una rivoluzione popolare in Tunisia, essa non mirava a cambiare il regime, bensì a ottenere un’evoluzione economica e sociale. Sono stati gli Stati Uniti, non la piazza, a ordinare a Zinedine el Abidine Ben Ali e a Hosni Mubarak di lasciare il potere. Poi è stata la NATO ad aver rovesciato e fatto linciare Muammar al-Gheddafi. E sono ancora la NATO e il CCG ad aver alimentato l’attacco alla Siria.

Ovunque in Nord Africa - tranne in Algeria - i Fratelli Musulmani sono stati messi al potere da Hillary Clinton. Ovunque, hanno consulenti di comunicazione turchi, gentilmente messi a disposizione dal governo Erdoğan. Ovunque, la «democrazia» è stata solo un’apparenza che ha consentito ai Fratelli di islamizzare le società in cambio del loro sostegno al capitalismo pseudo-liberale degli Stati Uniti.

Il termine «islamizzare» si riferisce alla retorica dei Fratelli, non alla realtà. La Fratellanza intende controllare la vita privata degli individui basandosi sui principi esteriori del Corano. Rimette in questione il ruolo delle donne nella società e impone una vita austera, senza alcol né sigarette, e senza sesso, almeno per gli altri.

Per una decina d’anni, la Fratellanza ha tenuto un profilo discreto, lasciando la trasformazione della pubblica istruzione alla cura della setta di Fethullah Gülen, di cui è membro il presidente Abdullah Gül.

Anche se la Fratellanza proclama il suo odio per l’American Way of Life, si mantiene sotto la protezione degli anglosassoni (Regno Unito, Stati Uniti, Israele) che hanno sempre saputo usare la sua violenza contro chi osava loro resistere. Il Segretario di Stato Hillary Clinton aveva installato nel suo ufficio la sua ex guardia del corpo, Huma Abedin (moglie del parlamentare sionista Anthony Weiner), la cui madre Saleha Abedin dirige l’organizzazione femminile mondiale della Fratellanza. È attraverso questo strumento che ha agitato la Fratellanza.

I Fratelli hanno fornito l'ideologia ad Al-Qa'ida, attraverso l’intermediazione di uno di loro: Ayman al-Zawahiri, l'organizzatore dell'assassinio del presidente Sadat e attuale leader dell'organizzazione terroristica. Al-Zawahiri, come Bin Laden, è stato un agente dei servizi statunitensi. Mentre veniva ufficialmente considerato un nemico pubblico, si incontrava assai regolarmente con la CIA presso l'ambasciata statunitense a Baku, dal 1997 al 2001, come attesta la traduttrice Sibel Edmonds, nel quadro della «Gladio B» [1].


Una dittatura progressiva

Durante la sua prigionia, Erdoğan ha affermato di aver rotto con i Fratelli e di aver lasciato il loro partito. Poi si è fatto eleggere e ha lentamente imposto una dittatura. Ha fatto arrestare e incarcerare due terzi dei generali, accusati di aver partecipato a Gladio, la rete segreta di influenza degli USA. E ha ottenuto il più alto tasso di incarcerazione di giornalisti di tutto il mondo. Questa evoluzione è stata occultata dai media occidentali che non saprebbero criticare un membro della NATO.

L'esercito è il custode tradizionale della laicità kemalista. Tuttavia, dopo l'11 settembre, degli ufficiali superiori erano preoccupati per la deriva totalitaria degli Stati Uniti. Hanno preso dei contatti con le loro controparti in Russia e in Cina. Per fermare questa tendenza prima che fosse troppo tardi, i giudici hanno loro ricordato i loro precedenti pro-USA.

Se i giornalisti possono essere, come qualsiasi altra professione, dei mascalzoni, il più alto tasso di carcerazione del mondo rivela una precisa scelta politica: l'intimidazione e la repressione. Con l'eccezione di Ululsal, la televisione era diventata un panegirico ufficiale, intanto che la carta stampata aveva preso la stessa strada.


«Zero problemi» con i vicini

La politica estera di Ahmed Davutoğlu era altrettanto ridicola. Dopo aver cercato di risolvere i problemi lasciati irrisolti, un secolo prima, dall'Impero Ottomano, ha voluto mettere Obama contro Netanyahu organizzando la Freedom Flotilla in direzione della Palestina [2]. Ma, nemmeno due mesi dopo l’atto di pirateria israeliano, ha accettato la creazione di una commissione internazionale d'inchiesta incaricata di insabbiare la questione e riprendeva di nascosto la collaborazione con Tel Aviv.

Segno di cooperazione tra la Fratellanza e Al-Qa'ida, la confraternita aveva piazzato sulla nave Mavi Marmara Mahdi al-Hatari, numero due di Al Qaeda in Libia e probabile agente britannico [3].


Disastro economico

Come ha fatto la Turchia a sprecare non solo un decennio di lavoro diplomatico di ripristino delle sue relazioni internazionali, ma anche la sua crescita economica? Nel marzo 2011, ha partecipato all'operazione della NATO contro la Libia, uno dei suoi principali partner economici. Una volta finita la guerra, essendo la Libia distrutta, la Turchia ha perso il suo mercato. Contemporaneamente, Ankara si è lanciata nella guerra contro il vicino siriano, con il quale aveva appena firmato, un anno prima, un accordo di liberalizzazione commerciale. Il risultato non si è fatto attendere: La crescita del PIL che nel 2010 aveva un tasso del 9,2%, nel 2012 è scesa al 2,2%, e continua a precipitare [4].


Pubbliche relazioni

Con l'avvento al potere della Fratellanza in Nord Africa, il governo Erdoğan si è montato la testa. Nell’esibire la sua ambizione imperiale ottomana, per cominciare ha sconcertato l'opinione pubblica araba, e poi ha sollevato la maggior parte del suo popolo contro di lui.

Da un lato, il governo finanzia Fetih 1453 - un film dal budget faraonico per gli standard del paese - che dovrebbe celebrare la presa di Costantinopoli, ma storicamente fuorviante. Dall'altro, ha cercato di vietare la serie televisiva più popolare in Medio Oriente, L’Harem del Sultano, perché la verità non dà un’immagine pacifica degli Ottomani.


La vera ragione della rivolta

La stampa occidentale evidenzia, nella sollevazione attuale, certi elementi di dettaglio: un progetto immobiliare a Istanbul, il divieto di vendere alcolici di sera, o le dichiarazioni che incoraggiano la natalità. Tutto questo è vero, ma non fa una rivoluzione.

Mostrando la sua vera natura, il governo Erdoğan si è separato nettamente dalla sua popolazione. Solo una minoranza di sunniti si riconosce nel programma arretrato e ipocrita dei Fratelli. Ora, circa il 50% dei turchi sono sunniti, il 20% aleviti (cioè alauiti), il 20% sono curdi (prevalentemente sunniti), e il 10% appartengono ad altre minoranze. È statisticamente chiaro che il governo Erdoğan non può resistere alla rivolta che la sua politica ha provocato.

Nel rovesciarlo, i turchi non solo risolvono il loro problema. Mettono fine alla guerra contro la Siria. Ho spesso evidenziato che questa cesserebbe quando uno degli sponsor stranieri fosse scomparso. Questo sarà presto il caso che si darà. Così facendo, mettono fine all’espansione dei Fratelli. La caduta di Erdoğan preannuncia quella dei suoi amici; da Ghannouchi in Tunisia, a Morsi in Egitto. È in effetti poco probabile che questi governi artificiali, imposti da elezioni truccate, possano sopravvivere al loro potente padrino.


Note

[1] «Al Qaeda Chief was US Asset», di Nafeez Ahmed, 21 maggio 2013.

[2] «Perché Israele ha attaccato dei civili nel Mediterraneo?», e «Flottiglia della Libertà: il dettaglio che Netanyahu ignorava», di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 31 maggio e 6 giugno 2010.

[3] «L'esercito libero sirianoè comandato dal governatore militare di Tripoli», di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 18 dicembre 2011.

[4] «Turkey’s Economic Growth Slows Sharply» di Emre Perer e Yeliz Candemir, The Wall Street Journal, 1 aprile 2013



Traduzione a cura di Matzu Yagi.

Questa "cronaca settimanale di politica estera" appare simultaneamente in versione araba sul quotidiano "Al-Watan" (Siria), in versione tedesca sulla "Neue Reinische Zeitung", in lingua russa sulla "Komsomolskaja Pravda", in inglese su "Information Clearing House" e in italiano su "Megachip".


8 giugno 2013

Barack Obush e lo spionaggio totale

di Pino Cabras - da Megachip.
Giornali e siti di tutto il mondo riprendono divertiti la prima pagina dell'Huffington Post, che cavalca lo scandalo sullo spionaggio di massa e spara un titolo cubitale: GEORGE W. OBAMA. Più sotto al titolone dell HuffPost, ecco un'illustrazione: un morphing fra la faccia di Bush e quella di Barack. Mi suona tutto così familiare, avendo io scritto nel 2011, assieme a Giulietto Chiesa, un libro intitolato "Barack Obush".

L'edizione russa, intitolata «Global'naja Matrica» (ossia "La Matrix globale", titolo quanto mai attuale), ha in copertina proprio il morphing fra i due ultimi presidenti USA. Come spesso accade, i grandi media arrivano sulle cose con un ritardo di anni.

Nel frattempo, gli scettici a targhe alterne ci avevano inondato di richieste: le prove, le prove di quel che dite!
Se raccontavamo in rete quel che ora è ovunque, orde di troll non volevano concederci un centimetro, ci inondavano di provocazioni, frasi irritanti, insulti, squadrismo elettronico, "character assassination", diversioni fuori tema o semplicemente senza senso, con l'obiettivo di intralciare la comunicazione, denigrarci.
Per loro eravamo i «complottisti» (il neologismo-truffa del nuovo secolo). Non capivano (o non volevano capire) che non inseguivamo complotti, ma descrivevamo un modo di funzionare del potere: sempre più opaco, menzognero, segreto, sempre più lontano dalle divisioni tradizionali dei poteri, e sempre più condizionato da strutture incentrate sull'uso massiccio e spregiudicato delle telecomunicazioni.
Nel libro abbiamo descritto così questo fenomeno:
«Sullo sfondo del Patriot Act, la legge liberticida votata da Bush e ri-votata senza tentennamenti da Obama, si è dunque formata un'enorme rete parallela, che agisce in nome della sicurezza. Strutture non trasparenti, semi-private ma coperte da strati di legittimazione (e ingenti fondi) pubblici, sono diventate via via più importanti, costose e letteralmente "incontrollabili".
L'11 settembre 2001, questa entità esisteva già nel corpo degli apparati USA. Fu quel giorno che decise di diventare una metastasi. Obama non ha nemmeno provato a cambiarla.
Chissà in che modo l'attuale inquilino della Casa Bianca interpreta la frase che pronunciò Benjamin Franklin agli albori della storia degli Stati Uniti: "Chi è pronto a dar via le proprie libertà fondamentali per comprarsi briciole di temporanea sicurezza non merita né la libertà né la sicurezza"».
La risposta al nostro interrogativo è arrivata adesso: il presidente democratico dichiara che in nome della «sicurezza» tutto quel sistema è legittimo.

Obama rivendica un sistema che legge le e-mail di tutti in tutto il mondo, sa cosa spendiamo e dove, classifica i nostri gusti individuali, carpisce tutti i segreti industriali, sa a chi telefoniamo, quali amici abbiamo, e molto, moltissimo altro ancora, nella vita di tutti i cittadini, tutte le organizzazioni, tutti gli apparati.

Nessun potere totalitario nella storia ha mai avuto accesso a una simile completezza di profili individuali né ha mai potuto agire altrettanto a fondo dentro gli uffici, fino ad avervi degli occhi per vedere tutto, quando voleva: con le webcam attivate segretamente, con la lettura diretta dei nostri documenti e delle nostre schermate.

Di fronte a una simile dichiarazione di guerra alle Costituzioni e alle sovranità di tutto il mondo ci si aspetterebbe qualche reazione, almeno per non guadagnarsi la lucidissima invettiva di Franklin: non meritare «né la libertà né la sicurezza». 
Al momento c'è solo qualche debole reazione degli eurocrati, come quella del commissario agli affari interni Cecilia Malmstroem: «Siamo naturalmente preoccupati per le possibili conseguenze sulla privacy dei cittadini europei, ma è presto per trarre delle conclusioni», ha affermato la Malmstroem. Questo sì che è 'sopire e troncare'. E ha promesso: «Contatteremo la nostra controparte americana per avere ulteriori informazioni». Se questo scambio transatlantico sarà tempestivo come nel caso dei dati interbancari, staremo freschi.

Manco a dirlo, sinora, politici italiani non pervenuti.
Figuriamoci se Enrico Bilderberg Letta dirà qualcosa. E neanche Gianroberto Casaleggio, se è per questo, lui che prevede in futuro una guerra mondiale in cui le dittature orientali "orwelliane" saranno sconfitte dall'occidente di Google. Sì, Google, ossia una delle entità più orwellianamente compromesse con il sistema, come appare nello scandalo di questi giorni. Qualche aggiustamento di prospettiva servirà anche dalle parti dell'opposizione.
In ogni caso l'Imperatore è nudo, e quindi i silenzi, le politiche sbagliate e le distrazioni saranno messi a dura prova. La retorica obamiana è a pezzi. Nemmeno l'Italia potrà fare finta di nulla.

Obama ha realizzato delle discontinuità nella narrazione del potere rispetto al predecessore, e a molti ingenui questo potrà ancora bastare. Ma Obama è in realtà un continuatore dello Stato profondo, che i presidenti non osano cambiare. 
Quel grumo oscuro, impersonale e potente, viene semplicemente assecondato nelle sue evoluzioni (anche quando le evoluzioni agiscono come crescite tumorali negli equilibri dei poteri). Oggi il presidente va al servizio dello Stato profondo - apparati, comitati d'affari, complesso militare industriale, reti di spionaggio - dando sempre più volume agli apparati "securitari".
Il capitolo finale di Barack Obush è dedicato proprio alla descrizione delle cause di questa continuità, che resistono anche alla diversa stoffa degli interpreti sulla scena del potere, perfino quando a un buono a nulla capace di tutto come George W. Bush succede un presidente cool che si becca il Nobel per la Pace "a prescindere".
Preso dai discorsi su Google, ho digitato "Barack Obush", e fra le prime voci in lista trovo una recensione negativa che mi era sfuggita, apparsa nel 2011 su Giornalettismo e opera di un tizio, tale John B., che non si era nemmeno preso la briga di leggere il libro, incorrendo così nell'incidente più squallido che possa capitare a un recensore.

No, non parlo dei suoi misteriosi cenni a «nostalgici sognatori di quella rivoluzione delle masse operaie che non si è mai concretizzata», che devono essere una scopiazzatura di un freschissimo discorso di Mario Scelba, e tralascio anche altri passaggi che dimostrano che il recensore ha "letto" il libro con la tecnica di lettura veloce di Woody Allen, quando questi diceva di aver divorato Guerra e Pace in sette minuti ("Parlava di certi russi").
Il centro dello squallore è la lezioncina che John B. ci impartisce: «Nessun uomo al mondo può andare alla presidenza degli Stati Uniti e cambiare in pochi anni la rotta inerziale di una simile massa. Si possono fare aggiusti di traiettoria, si possono fare piccoli spostamenti per bilanciare meglio e diversamente i pesi, niente più.» Se avesse letto il libro, era esattamente quel che spiegavamo. Ma per John B. la lettura di ciò che si recensisce è un optional. In tedesco i parolai a vuoto come lui li definiscono Sprachpedanten.

Comunque il recensor precox di Giornalettismo non è l'unico Sprachpedant a piede libero. Potremo scommettere che legioni di giureconsulti improvvisati proveranno a giustificare l'ingiustificabile, e ci vorranno insegnare che tutta la libertà che perdiamo è per il nostro bene, nell'era di Barack Obush.
Potremo provare a resistere alle loro menzogne discutendone in una mailing list, o in una teleconferenza, salutando nel mentre i robot delle agenzie di spionaggio americane in ascolto come un tempo si salutava il maresciallo delle rudimentali stazioni di ascolto analogiche.


7 giugno 2013

Spionaggio totale USA su Google, FB, Yahoo, ecc.


Adatt. da IRIB.

Lo scandalo Verizon si allarga rapidamente, fino a diventare una valanga in grado di minacciare l'amministrazione di Barack Obama.
Lo scandalo va oltre il pur clamoroso scoop del quotidiano britannico The Guardian. Al centro, sempre l’agenzia per la sicurezza nazionale  NSA (National Security Agency) e l'FBI, le quali  hanno l’accesso e il controllo diretto dei server di nove società internet Usa, le più importanti: Le massime centrali dello spionaggio USA possono ottenere a piacimento video, audio e foto che permettano di tracciare passo per passo e nome per nome i movimenti delle persone e i loro contatti. La rivelazione è del Washington Post, che mostra il programma Prism, un sistema che dal 2007 costituirebbe una delle fonti primarie della NSA. Le società coinvolte sono Microsoft, Yahoo!, Google, Facebook, PalTalk, Aol, Skype, Youtube e Apple. La risposta alla domanda chiave contenuta nell’articolo del Guardian, che ha rivelato milioni di telefonate  tracciate indiscriminatamente dalla National Security Agency, se cioè Verizon non fosse l'unico fornitore di servizi di telecomunicazioni ad essere stato oggetto di obblighi di sorveglianza totale, è dunque arrivata subito. Tutte le società web che dominano il mercato mondiale sono interamente controllate.
Il Washington Post ha deciso, sull’onda dello scoop del Guardian, di scoprire anche il suo scoop:  la prova dell’esistenza di un altro programma segreto, nome in codice Prism, che ricalca «quello controverso voluto dal presidente George W. Bush a seguito degli attentati dell’11 settembre». Il primo partner del programma, già a maggio 2007, fu Microsoft.
Per consentire l’accesso ai loro server da parte delle autorità governative e per acquisire l'immunità nei confronti di eventuali azioni legali, le grandi corporation coinvolte ricevono disposizioni dal Procuratore Generale (equiparabile per certi versi al nostro Ministro della giustizia) e dal direttore nazionale dell'intelligence.
L’editorialista del New York Times Peter Baker si pronuncia con durezza in merito alla vicenda scoperchiata dal Guardian, e il comitato editoriale del quotidiano newyorchese la definisce un «abuso di potere che richiede vere spiegazioni», e aggiunge che «l'amministrazione Obama ha perso ogni credibilità». Il giornale, che normalmente si esprime in favore delle politiche dell'attuale amministrazione, in questo caso l’attacca perché il governo USA avrebbe risposto «con le stesse banalità che ha usato ogni volta che il presidente Obama è stato sorpreso a eccedere nell'uso dei suoi poteri».




Spionaggio di massa in USA: la traduzione completa


L’articolo del Guardian sullo spionaggio di massa a carico di milioni di americani. Siamo dentro un salto di paradigma nella società bersagliata dai pianificatori dell’11/9.

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La NSA raccoglie le registrazioni telefoniche di milioni di persone al giorno, rivela un’ordinanza giudiziaria.

Esclusiva: Un ordinanza giudiziaria top secret che obbliga la Verizon a consegnare tutti i dati sulle telefonate dimostra la dimensione raggiunta dal sistema di sorveglianza interna sotto l’amministrazione Obama.


di Glenn Greenwald.

La National Security Agency sta attualmente raccogliendo le registrazioni telefoniche di milioni di clienti statunitensi di Verizon, uno dei maggiori fornitori di telecomunicazioni americani, come risulta da un ordinanza giudiziaria top secret emessa ad aprile.
L’ordinanza, una copia della quale è stata ottenuta dal Guardian, dispone che Verizon fornisca alla NSA su una “base continuativa e giornaliera” le informazioni su tutte lechiamate telefoniche nei propri sistemi, sia all’interno degli USA, sia tra Stati Uniti e altri paesi.
Il documento mostra per la prima volta che sotto l’amministrazione Obama le registrazioni delle comunicazioni di milioni di cittadini americani vengono raccolte indiscriminatamente e in massa: ossia a prescindere dal fatto che essi siano sospettati o meno di alcun misfatto.
La struttura segreta della Foreign Intelligence Surveillance Court (che opera in base alla legge FISA, Foreign Intelligence Surveillance Act, che regola la sorveglianza sullo spionaggio straniero, NdT) ha fornito l’ordinanza all’FBI il 25 aprile, dotando il governo di un’autorizzazione illimitata volta a ottenere i dati per uno specifico periodo di tre mesi fino al 19 luglio.
Secondo i termini dell’ordinanza quadro, vanno consegnati i numeri di entrambe le parti di una telefonata, così come i dati di localizzazione, la durata della chiamata, gli identificatori unici, e il tempo e la durata di tutte le chiamate. I contenuti in sé della conversazione non sono inclusi.
È probabile che questa divulgazione riaccenda lunghe discussioni negli USA in merito alla corretta estensione dei poteri di spionaggio interno in capo alle autorità di governo.
Sotto l’amministrazione Bush, i funzionari delle agenzie di sicurezza avevano rivelato ai giornalisti la raccolta su larga scala dei dati sulle telefonate da parte della NSA, ma questa è la prima volta che dei documenti importanti e coperti da clausole di massima riservatezza abbiano rivelato la continuazione della pratica su vasta scala durante il mandato del presidente Obama.
La natura illimitata delle registrazioni consegnate alla NSA è estremamente insolita. Le ordinanze giudiziarie emanate in base alla legge FISA di solito disciplinano la produzione di documenti relativi a un nome specifico e mirato che sia sospettato di essere un agente di un gruppo terroristico o di uno stato estero, o di una lista circoscritta di obiettivi elencati nome per nome.

The Guardian ha contattato la National Security Agency, la Casa Bianca e il Dipartimento di Giustizia per chiedere un commento prima della pubblicazione, mercoledì. Tutti si sono rifiutati di rispondere. Alle agenzie è stata offerta anche la possibilità di sollevare specifiche questioni di sicurezza per quanto riguarda la pubblicazione del provvedimento giudiziario.
L’ordinanza giudiziaria vieta espressamente a Verizon di divulgare al pubblico sia l’esistenza della richiesta dell’FBI in merito alle registrazioni dei propri clienti, sia della stessa ordinanza.
«Non abbiamo commenti da fare», ha dichiarato Ed McFadden, un portavoce della Verizon che opera a Washington.
L’ordinanza, firmata dal giudice Roger Vinson, costringe Verizon a produrre per la NSA copie elettroniche di «tutte le registrazioni dei dettagli delle chiamate o “metadati telefonici”creati da Verizon per le comunicazioni tra gli Stati Uniti e l’estero» o «interamente all’interno degli Stati Uniti, incluse le telefonate locali».
L’ordinanza impone a Verizon di «continuare la produzione delle copie quotidianamente d’ora in poi, nel corso della durata di questa ordinanza». Si precisa che le registrazioni da produrre comprendono «informazioni di identificazione della sessione», come ad esempio «il numero del chiamante e del destinatario», la durata di ogni telefonata, numeri di carta telefonica, identificazione della linea, numero IMSI (International Mobile Subscriber Identity, ossia “identità internazionale di utente di telefonia mobile”, NdT), nonché «esaustive informazioni sull’instradamento e la commutazione della comunicazione».
Queste informazioni sono classificate come “metadati”, o informazioni transazionali, anziché comunicazioni, e quindi non necessitano di singoli mandati per accedere a esse. Il documento specifica inoltre che tali “metadati” non si limitano agli elementi sopra menzionati. Una sentenza giudiziale del 2005 ha stabilito che i dati sull’ubicazione della cella - il più vicino ripetitore cui un telefono fosse collegato – costituivano ugualmente dati transazionali, e quindi rientrerebbero virtualmente nell’ambito di applicazione del provvedimento.
Mentre l’ordinanza stessa non include né i contenuti dei messaggi né le informazioni personali dell’utente di un particolare numero di cellulare, la loro collezione permetterebbe alla NSA di costruire facilmente un quadro completo di chi è stato contattato da un qualsiasi individuo, come e quando, e perfino da dove, in modo retrospettivo.
Non si sa se Verizon sia l’unico fornitore di telefonia cellulare ad essere stato oggetto di una simile ordinanza, anche se degli articoli precedenti facevano ritenere che la NSA abbia raccolto registrazioni di dati da cellulari da tutte le principali reti di telefonia mobile. Risulta inoltre poco chiaro dal documento trapelato se l’ordinanza di tre mesi sia stata una tantum, o se fosse invece l’ultima di una serie di ordinanze analoghe.
Questa ordinanza giudiziaria sembra ora spiegare i numerosi e criptici avvertimenti pubblici pronunciati da due senatori USA, Ron Wyden e Mark Udall, circa la portata delle attività di sorveglianza dell’amministrazione Obama.
Per circa due anni, i due democratici hanno spesso rumorosamente avvisato l’opinione pubblica sul fatto che il governo degli Stati Uniti si affida a «interpretazioni giuridiche segrete» per arrogarsi poteri di sorveglianza così ampi che il pubblico americano rimarrebbe “stordito” se sapesse quale tipo di spionaggio interno si stia conducendo.
Poiché tali attività sono secretate, ai due senatori, entrambi membri della commissione del Senato sui servizi segreti, è stato impedito di specificare quali fossero i programmi di sorveglianza nazionali che trovavano così allarmanti. Ma le informazioni che essi sono stati in grado di rivelare nei loro avvertimenti pubblici ricalcano perfettamente sia la specifica legge citata dall’ordinanza giudiziaria del 25 aprile, sia la vasta portata della raccolta dati da essa autorizzata.
Julian Sanchez, un esperto di sorveglianza presso il Cato Institute, ha spiegato:
«Abbiamo sicuramente visto il governo estendere sempre di più i limiti della ‘rilevanza’ che giustifichi la raccolta di un gran numero di dati tutti insieme - tutti posizionati a uno o due gradi di separazione da un obiettivo - ma passare indiscriminatamente l’aspirapolvere su tutti i metadati sarebbe uno straordinario ripudio di ogni pretesa di sospetto vincolato o individualizzato».
L’ordinanza di aprile richiesta da FBI e NSA fa esattamente questo.
La norma cui esplicitamente fa riferimento l’ordinanza è la clausola dei cosiddetti “business records” del Patriot Act, 50 USC sezione 1861. Questa è la norma che Wyden e Udall hanno ripetutamente citato quando mettevano in guardia l’opinione pubblica rispetto a quella che ritenevano fosse l’interpretazione estrema della legge adottata dall’amministrazione Obama al fine di gestire un’eccessiva sorveglianza interna.
In una lettera da loro inviata l’anno scorso al procuratore generale Eric Holder, rimarcavano che «vi è ora un notevole divario tra ciò che la maggior parte degli americani pensa che la legge consenta e ciò che il governo segretamente pretende che la legge consenta.»
«Noi crediamo», aggiungevano, «che la maggior parte degli americani rimarrebbe stordita nell’apprendere i dettagli sul modo in cui queste interpretazioni giudiziarie segrete hanno dato lettura» delle norme sui “business records” del Patriot Act.
I difensori della privacy hanno da tempo avvertito che il consentire al governo di raccogliere e conservare senza limiti i “metadati” è una forma altamente invasiva della sorveglianza delle attività di comunicazione dei cittadini. Tali registrazioni consentono al governo di conoscere l’identità di ogni persona con la quale un individuo comunichi elettronicamente, per quanto tempo parli con essa, e la loro rispettiva posizione geografica al momento della comunicazione.
Tali metadati sono proprio ciò che il governo degli Stati Uniti ha cercato a lungo di ottenere per scoprire la rete di associazioni di un individuo e i suoi modelli di comunicazione. La richiesta di una raccolta di massa di tutte le registrazioni telefoniche nazionali della Verizon indica che l’agenzia sta dando continuità a una qualche variante del programma di raccolta dati iniziato dall’amministrazione Bush all’indomani degli attentati dell’11/9.
La NSA, in quanto facente parte di un programma segretamente autorizzato dal presidente Bush il 4 ottobre 2001, ha attivato un piano di raccolta di massa di registrazioni dei dati in ambito nazionale per la telefonia, internet e la posta elettronica. Un enorme scalpore esplose nel 2006, quando il quotidiano USA Today riferì che la NSA stava «segretamente raccogliendo i dati sulle telefonate di decine di milioni di americani, utilizzando i dati forniti da AT & T, Verizon e BellSouth» e stava «utilizzando i dati per analizzare gli schemi delle telefonate nel tentativo di rilevare delle attività terroristiche». Fino ad ora, non vi era stata alcuna indicazione sul fatto che l’amministrazione Obama stesse applicando un programma simile.
Questi eventi recenti sono un chiaro segnale di quanto profondamente la missione della NSA si sia trasformata da quella di agenzia dedicata esclusivamente alla raccolta di dati di intelligence esteri, a quella di una che si concentra sempre di più sulle comunicazioni nazionali. Un addetto trentenne della NSA, William Binney, si è dimesso dalla agenzia poco tempo dopo l’11/9 per protestare contro il concentrarsi dell’agenzia sulle attività in ambito nazionale.
A metà degli anni settanta il Congresso, per la prima volta, studiò le attività di sorveglianza del governo degli Stati Uniti. A quel tempo, il mandato della NSA era di non rivolgere mai il suo apparato di sorveglianza verso l’interno.
A conclusione di tale indagine, Frank Church, il senatore democratico dell’Idaho che aveva presieduto la commissione d’inchiesta, ammonì: 
«Il potenziale della NSA in qualsiasi momento potrebbe essere riconvertito verso il popolo americano, e a nessun americano rimarrebbe alcuna privacy, tanta e tale è la capacità di monitorare tutto: conversazioni telefoniche, telegrammi, qualsiasi cosa».


Ulteriori elementi del reportage a cura di Ewen MacAskill e Spencer Ackerman.


Traduzione a cura di Pino Cabras.
Link su Megachip: http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=77243&typeb=0&Loid=315&Spionaggio-di-massa-in-USA-traduzione-completa.