28 aprile 2017

Fake News: alcuni consigli a Boldrini e i suoi futuri balilla digitali


di Glauco Benigni *


Il 26 aprile a Montecitorio il Presidente della Camera dei Deputati, on. Laura Boldrini, ha convocato quattro tavoli di lavoro sulle cosiddette fake news.  Dispiace, ma  viene subito in mente la citazione orwelliana sul Ministero della Verità che «ha il compito di produrre tutto ciò che ha a che fare con l'informazione: propaganda di partito, editoria, programmi radiotelevisivi, ma anche la letteratura. Oltre che di realizzarlo, questo ente si occupa di rettificarlo ...»
Fortunatamente la scena non è proprio così drammatica.
L'operazione si colloca infatti all'interno della Campagna "Basta Bufale". Nel sito si definiscono bufale: «quelle a scopo commerciale e di propaganda politica e il giornalismo acchiappaclick» più altri esempi quali «il caso dei vaccini pediatrici, le terapie mediche improvvisate, le truffe online.»
«È necessario mobilitarsi» - si legge ancora - «fare qualcosa per contrastare la disinformazione ... tutelare la libertà nel web» (magari! ndr) ... «a chi vi opera chiediamo uno sforzo aggiuntivo.»
Ma nel Web operano forze diversamente schierate sul fronte Vero/Falso. A chi è rivolto l'appello? Vediamo.
L'appello è rivolto a Scuola e Università per insegnare a usare gli strumenti digitali e distinguere tra fonti affidabili o meno. Affidabili secondo chi ?
Poi è rivolto a giornalisti e operatori dell'informazione affinché si aumenti il fact checking e il debunking e si dotino di un garante della qualità.  Evidentemente chi ha scritto l'appello non ha chiaro che i Media Mainstream prendono ormai ordini dagli inserzionisti pubblicitari, non possono più permettersi una alta etica e sono troppo indaffarati a fare titoli acchiappaclick visto che in edicola vendono sempre meno.
Poi è rivolto alle Aziende. Quali? Alle PMI italiane? Non credo. Al cartello delle multinazionali che delocalizzano per pagare 0,50 centesimi all'ora gli operai? A quelle che usano i minorenni? A quelle che evadono le tasse ? ... Affinchè con la pubblicità non finanzino siti che creano e diffondono fake news. Ma se sono proprio le aziende che per prime, quasi tutte, diffondono fake news sui loro Prodotti?
Infine è rivolto ai Social network. Definizione ambigua che non chiarisce. Agli Utenti o alle Piattaforme degli Over the Top ? Affinché assumano responsabilità di media company e contrastino le fake news e i discorsi di odio. Ecco, finalmente qui saremmo d'accordo. Molta parte della mia generazione era per il peace and love , ma sono stati poi alcuni illustri Capi di Stato e di Governo quelli che non hanno denuclearizzato, che hanno aumentato in continuazione le spese della cosiddetta Difesa e che di quando in quando hanno mandato, anche solo per provarli, gli ultimi modelli di bombardieri a sganciare (per sbaglio) sui civili indifesi. Se va avanti così sarà difficile interrompere la catena dell'odio solo con una Campagna contro le fake news.
E infine l'appello si rivolge - come se fosse un prodotto di largo consumo - ai testimonial del mondo della Cultura, Sport e Spettacolo e chiede loro letteralmente di "spendersi" per la causa, ottenendo l'adesione gioiosa di un cast ideale per il nuovo cinepanettone del 2017, ma un po' esile per testimoniare competenza riguardo ad una questione così spinosa.
Oltre ai testimonial la Campagna esibisce 4 primi firmatari: sono Paolo Attivissimo, Michelangelo Coltelli, David Puente e Walter Quattrocchi, i quali si accreditano presso l'opinione pubblica quali "Cacciatori di bufale". No comment!  Andate a guardare i loro C.V. e le loro gesta in Internet e fatevi un'idea di tale alta rappresentanza e guida verso il Futuro. C’è chi si è chiesto, portando esempi concreti: è a loro che dovremmo affidare le chiavi dell’informazione su Internet?

A questo punto bisogna dare un'occhiata anche alle sintesi video apparse sul blog di Attivissimo. E qui c'è da notare una serie di questioni.

1) Non viene esplicitamente attaccata l'informazione antagonista nel web  fondata sulle fonti rinvenibili e sull'autorevolezza dei tanti opinionisti non conformisti. Meno male! 
2) Ovviamente c'è un "siluro"contro alcune interpretazioni del "terrorismo", però gli argomenti rilevanti quali: Russia, Siria, Europa, Banche, Finanza, Global Power Elites in genere, non vengono menzionati (almeno nelle sintesi). Ciò fa ritenere che la Campagna abbia obiettivi soprattutto interni e non si ponga invece (da una parte è meglio) la questione dell'arbitraggio Vero/Falso sui grandi temi strategici.   
3) Tra gli intervenuti alcuni restano "dialoganti", ancorché a distanza, con il web, in quanto si ritengono "giornalisti". Anche qui meno male. 
4) Grottesca invece, veramente ai limiti del buon gusto, l'affermazione di una signora targata Sky, secondo la quale la sua Company - di proprietà del maggior inventore di fake news del secolo e grande elettore del Presidente Trump, ovvero Mr. Murdoch -  sarebbe in grado di intervenire a far chiarezza. Ciò è da considerare altamente pericoloso, perché Sky è uno snodo di relazioni potenti e internazionali che potrebbero avere piani ben diversi e più crudeli di quelli della nostra amata Presidente della Camera.
5) Striscianti e anche pericolose, a mio avviso, sono le menzioni ricorrenti all'alleanza con gli Over the Top, dai quali, sebbene volendo affrontare la stessa battaglia contro le fake news, perfino la Cancelliera Merkel prende le distanze e anzi attribuisce loro, giustamente, pesanti responsabilità. Ambigue e decisamente ingenue appaiono le menzioni all'uso degli algoritmi che rimandano alla allegra dittatura digitale . 
Mentre si ventila di multe e sanzioni agli utenti (moltissimi disoccupati), spavaldamente si ipotizza anche di "liberalizzare il mercato degli algoritmi lasciando che le Verità si facciano concorrenza tra loro." Ancora liberalizzazioni, concorrenza, evocazioni di scenari imposti dalla Global Power Elite alle popolazioni nate e cresciute con l'IRI e il salario garantito.
6) Preoccupante è l'ipotesi della formazione di un centinaio di "balilla digitali" da allevare e tramutare in fact checkers .

Io comunque sono contento che ci si ponga la questione del cosa e perché affrontarlo. Spero che ci si accorga, grazie ad un dibattito aperto e allargato su  scala internazionale, che "la piaga fake news" non è curabile con pie dichiarazioni di buone intenzioni.
Il fenomeno è epocale come ben sanno e affermano gli analisti più consapevoli.
Se casca l'Impero Occidentale, e sta lentamente cascando; se bisogna confrontarsi con una visione non più NATO-centrica; se il Pensiero Unico e i valori monoteistici si stanno desertificando; se le Democrazie nate nel dopo Bretton Woods agonizzano insieme alle loro grandi istituzioni (Fondo Monetario, World Bank , World Trade Organisation); se l'ONU soccombe sotto gli attacchi del G20; se il baricentro dello sviluppo si sposta verso l'Asia; se i cittadini della maggiore potenza mondiale sono stati chiamati a scegliere tra i 2 peggiori candidati alla Casa Bianca della storia ; se ogni maggioranza si ottiene per il rotto della cuffia 51/49 e le nazioni si spaccano a metà... è ovvio che casca tutto il castello di carta dei valori occidentali. E' ovvio che ciò che era Vero si impasta e si confonde con il suo opposto e si ricolloca nell'indeterminazione.
Ma queste considerazioni i Quattro Cacciatori di bufale non le fanno mai?   Strano .
Veniamo al Quando si dovrebbe risolvere la questione fake news . Non c'è un "quando". Ogni pensatore onesto sa che bisognerà gestire un progress continuo.
E approdiamo al chi e al come. Qui sono in totale disaccordo alla luce di quanto espresso prima. Chi decide se è Vero o Falso non può essere il "public editor" di La Stampa, né "il tavolo di controllo " di Repubblica, nè l'hashtag "#laveritàconta" dell'Agenzia Italia. «Immaginare un sistema di regole condivise sulla Verità», come semplicisticamente afferma uno dei 4 cacciatori di bufale, è un'affermazione che non fa nemmeno più un parroco di provincia. È un'affermazione da integralisti; è il sogno infantile di un miope che ha perduto gli occhiali e non vede il mondo in cui i mercanti antepongono i propri interessi a quelli della collettività spacciandoli per innovazione, non vede il mondo in cui la Giustizia (quando c'è n'è qualche brandello) è lenta e parziale.
La Campagna è tutta fondata su concetti astratti che nella Storia non sono mai approdati a definizioni stabili e condivise. Siamo di nuovo alla caccia alle Streghe senza accorgersi che le Streghe dettano le Agende dei Masters of War e della Finanza Speculativa.

I sostenitori della Campagna si fanno forti di uno schieramento istituzionale che quasi minacciosamente chiama a raccolta ogni sigla del Potere Italiano, ma si invocano soluzioni rigide e frettolose che sono di fatto non conformi alla Costituzione. Quella stessa Costituzione che invece gli italiani hanno affermato di voler mantenere .
Si invoca la Scienza quale Arbitro Supremo ma non si capisce a quali fonti scientifiche ci si riferisca. La stessa Stanford University, tempio di Grandi Sacerdoti Digitali (e non solo) ha ammesso candidamente che gli utenti, in particolare i Millennial nativi digitali non distinguono più tra notizie vere e false e accordano il consenso a quelle con il packaging grafico che li convince o li seduce di più. Può sembrare "sconfortante" ma ... è così.
La campagna vuol far ricorso agli strumenti della Scienza. Ma quale Scienza? Quella parte che vuole applicare i principi del mondo newtoniano a concetti immateriali quali Libertà, Verità, Affidabilità?
Se solo si facesse riferimento a quella parte della Scienza che ha accettato Heisenberg dovremmo insegnare il concetto di indeterminazione ai futuri "balilla delle fake news" . Qualsiasi Sociologo, che non sia di regime,  sa benissimo che "l'Osservatore modifica la realtà osservata", lo insegnano in Metodologia della Ricerca Sociale. Figuriamoci quante mutazioni avvengono nel palleggio che i Media fanno (hanno sempre fatto) a loro piacimento nella narrazione dei fatti e figuriamoci quante mutazioni del Vero originale sono autorizzate dalla facoltà di condivisione e riproduzione notizie praticata nel web.
Si giungerà a dare una Patente a chi vuole accedere al Web e a ritirargliela se commette infrazioni? Speriamo che questa aberrante idea non ispiri i Quattro Cacciatori di Bufale e i loro futuri balilla. 
On. Presidente Boldrini, onestamente : la sua preoccupazione e la sua volontà di mettere ordine sono comprensibili, però nomini un Comitato di Esperti più adeguato alla contemporaneità e un addetto stampa che li sostenga quando rilasciano opinioni e interviste che poi finiscono nel web. Consulti e convochi anche i rappresentanti dell'opposizione democratica in rete. Probabilmente la battaglia contro le fake news assumerà contorni più realistici.                 



* Glauco Benigni, giornalista, è presidente della Web Activists Community.

24 aprile 2017

#Macron, #LePen, chi perderà di più?


di Pino Cabras.
da Megachip.

Il risultato del primo turno delle presidenziali francesi regala al candidato di plastica Emmanuel Macron, l’uomo dei Rothschild, le apparenti maggiori possibilità di vittoria per il secondo appuntamento alle urne, quello del 7 maggio, quando dovrà vedersela con Marine Le Pen.
I quattro candidati più votati (Macron, Le Pen, Fillon, Mélenchon) si sono spartiti l’80 per cento dei voti, collocandosi ciascuno poco sopra o poco sotto il 20 per cento. Con un dato di partenza così basso, il meccanismo del ballottaggio non potrà mai a giocarsi sul consenso per sé, ma sul dissenso verso l’altro candidato. Non vincerà il più amato e apprezzato, perderà il più odiato e temuto. Entrambi i candidati sono in grado di attirare su di sé le principali forme di dissenso già sperimentate in questi anni nel discorso pubblico dei paesi occidentali. Ognuna di queste forme ha i suoi intellettuali organici, i suoi media di riferimento, i suoi argomenti dominanti.
Prendiamo Emmanuel Macron. È un prodotto sfornato direttamente dalle officine dell’élite atlantista come un avatar telegenico che deve dare un volto elettoralmente fungibile agli interessi della grande finanza, di cui è espressione immediata. Una volta consumato oltre ogni dire l’impresentabile presidente Hollande, l’élite filo-NATO e filo-UE ha equipaggiato in fretta e furia il giovane Emmanuel con tutto il corredo retorico del “nuovo” e del “dinamico” (il suo partito istantaneo si chiama “En Marche!”, ossia “In Cammino!”), senza poterlo tuttavia riparare completamente dalla verità che lo riguarda né dalla repulsione di chi conosce questa verità: Macron è l’ennesimo fantoccio neoliberista, un continuatore delle politiche neocolonialiste che hanno fatto della Francia uno dei maggiori perturbatori della pace negli ultimi anni, un distruttore dei diritti del lavoro. Ha dalla sua parte le grandi TV e i grandi giornali dell’oligarchia francese, che sono organici al suo mondo di provenienza, ma questo elemento di forza - pur potentissimo - sconta il fatto che la corrente principale dei media è sempre più invisa a decine di milioni di persone, che si informano su altri canali e hanno altri intellettuali di riferimento.
Dal canto suo, Marine Le Pen non è certo una candidata artificiale e il suo Front National non è un partito finto, bensì una forza popolare radicata da decenni, durante i quali ha assunto un profilo staccato dalle caratteristiche fasciste impresse dal suo fondatore, e padre di Marine, Jean-Marie Le Pen, ormai espulso dal partito. Ma le dinamiche elettorali hanno inerzie e resistenze molto lunghe, che riguardano l’identità e la psicologia di grandi masse di elettori. Saranno in tanti a continuare a votare in base a pregiudiziali destra-sinistra: la lunga storia xenofoba del partito a guida Le Pen farà turare ancora milioni di nasi, cui non basterà il suo profilo sociale, il suo radicamento nei quartieri operai, i suoi progetti di ripresa della sovranità rispetto alle tecnocrazie europoidi, perché temeranno le sue ricette più dure in tema di immigrazione e di sicurezza pubblica. Marine Le Pen ha una certa presa popolare attraverso i media fuori dal mainstream, ma non le sarà risparmiata alcuna forma di manipolazione e “spin” mediatico da parte di un sistema disposto a vendere cara la pelle, con uno schieramento impressionante di politici già in lotta per far vincere Macron.
La cosa può anche non funzionare. Gli esempi recenti non mancano. Di fronte al Brexit e all’ascesa di Donald Trump la linea di difesa aggressivissima del “kombinat” politico-mediatico non ha retto nelle urne, dove i risultati sono stati quelli opposti al suo volere. Tanto che sono dovuti scattare dei “piani B”: sia a Londra che a Washington sono riusciti, sì, a normalizzare le scelte dei governi nati dai terremoti elettorali, ma con grande fatica e incertezza, in uno scenario di crisi sistemica meno manovrabile dall’élite: se sei un guerrafondaio neoconservatore russofobo e sei riuscito a castrare le velleità di The Donald, beh, la cosa ti va lo stesso di lusso, date le circostanze, ma alla Casa Bianca preferivi comunque avere qualcun altro.
Anche in Italia, con il Referendum costituzionale del 4 dicembre, il risultato è stato opposto a quello voluto dai padroni del vapore, al punto che Matteo Renzi è stato ridimensionato, con un governo che intanto galleggia senza progetto.
Tuttavia, nelle forme in cui avviene l’espressione della volontà popolare conta parecchio il tipo di sistema elettorale. Il ballottaggio francese ha caratteristiche importantissime che influiscono sulle possibilità reali di vittoria. E vincere implica trasformare un 20 per cento in un 51 per cento in appena quindici giorni.
Se con piccole variazioni percentuali Macron non avesse raggiunto il ballottaggio e lo avesse conquistato qualcun altro, avremmo misurato l’avversione a quell’altro candidato con altri criteri.
Ad esempio, come si sarebbero evolute le posizioni anti-UE e anti-NATO del candidato della sinistra, Mélenchon, di fronte alle analoghe posizioni della Le Pen? Sarebbe stata un’altra dinamica, o no?
E se al ballottaggio fosse giunto il gollista Fillon, che voleva ripristinare un dialogo amichevole con la Russia spazzando le sanzioni, come sarebbe cambiata la geografia elettorale?
E se Marine Le Pen non fosse giunta al ballottaggio, come avrebbero votato i suoi elettori? Avrebbe prevalso un euroscettico o un atlantista sfegatato?
Dato il sistema del ballottaggio, Macron prende il via comunque da favorito, perché una parte massiccia delle personalità e delle formazioni sociali che pure non lo ha votato teme di più Le Pen e si mobiliterà in tal senso. Ora non si tratta tanto dello schieramento - davvero scontato - dell’élite, ma anche delle associazioni nei quartieri, dei sindacati a livello locale, di tutta una miriade di organizzazioni con radici popolari. Certo, è un mondo che stavolta ha dato al candidato socialista Benoît Hamon soltanto un miserrimo 6 per cento dei voti, ma è anche un mondo che ha una lunga storia dove dire ‘non’ a Le Pen è stata sempre una pregiudiziale inflessibile, quartiere per quartiere, villaggio per villaggio. Buona parte degli elettori di sinistra di Mélenchon condivide molti più punti programmatici sociali con la presidente del Fronte Nazionale che con il rampollo della finanza predatoria. Ma per Marine Le Pen conquistare quei voti significa dover demolire un “di più” di sfiducia verso il portato storico e ideologico che lei rappresenta. È prevedibile che farà allora di tutto per presentarsi come l’Alternativa possibile, cercando di erodere il Fronte che già si è costituito contro di lei, pescando tanto a sinistra, quanto fra gli euroscettici che pure hanno votato il moderato Fillon.

In mezzo al risultato colpisce la disfatta totale dei socialisti francesi, che ripete quella dei socialisti olandesi di marzo. La sinistra socialdemocratica europea è in rotta, e le sue residue bandiere le consegna a difendere un bidone della banca Rothschild. 


19 aprile 2017

Giulietto Chiesa e Pino Cabras intervengono al Congresso del Movimento Roosevelt

PANDORA TV

Giulietto Chiesa e Pino Cabras intervengono al Congresso sulle “Forme della Democrazia” organizzato dal Dipartimento Cultura del Movimento Roosevelt.


Tratto da pandoratv.it/?p=15823.