di Pino Cabras.
Il nuovo governo
greco, in queste prime settimane di vita, ha potuto fare poco, se non segnalare
all'Europa che un recupero di sovranità non è più un argomento tabù.
Per il resto, il potere della Germania
di oggi è enorme, non bilanciato dai tanti nanerottoli che guidano gli altri
paesi europei.
La prima partita in materia di debito fra Germania e Grecia è stata perciò una goleada per i tedeschi.
Contrariamente a quanto appare, tuttavia, anche questo evento non è da spiegare con un solo schema, quello del padrone che vince e del servo che perde, anche se sappiamo bene che i rapporti di forza in Europa sono brutali.
Poco più di tre anni fa, anche l’Ungheria di Orbán inziò il suo nuovo corso con dichiarazioni bellicose nei confronti della Troika, subito seguite da ripiegamenti umilianti. Il ministro degli esteri ungherese dovette andare a Bruxelles con il cappello in mano, dopo un’inutile e avvilente anticamera a Washington, presso la sede del Fondo Monetario Internazionale. Eppure, l’iniziale rottura del tabù, dopo aver scontato le prime durissime reazioni e dopo cocenti umiliazioni negoziali, ha consentito all’Ungheria di ridimensionare il ruolo della finanza, togliersi il cappio, correggere la congiuntura economica, iniziare ad aprirsi a nuovi scenari geopolitici fuori dalla gabbia atlantista ed europea.
Ovviamente ci sono molte differenze fra Ungheria e Grecia, a partire dal fatto che l’Ungheria non ha l’euro, mentre la Grecia sì, con tutti i costi aggiuntivi e immediati che Atene dovrebbe sopportare per uscirne. Proprio questo fatto spinge una parte dei critici a dire: ecco perché Tsipras e Varoufakis dovevano subito uscire dall’euro. Ma anche questi critici devono ammettere che si tratta di una decisione complessa. Se persino Orbán doveva fare passi indietro anche senza avere questa zavorra, figuriamoci i passi indietro a cui viene trascinato il governo greco quando le scadenze dei debiti si misurano a giorni, e quasi tutte le chiavi del laboratorio greco, come abbiamo già spiegato recentemente, sono in mano straniera. Il potere che schiaccia i popoli è un mestiere che non dorme mai, e non può essere sottovalutato. Il senatore americano McCain, quello che semina zizzania in mezzo mondo e diffonde la guerra civile in nome della democrazia, sta già mettendo la prua contro Budapest per organizzarvi l’ennesima rivoluzione colorata. A seconda di come andranno le cose, punterà la prua anche contro Atene.
E il fascino delle economie russa e cinese, a quel punto, potrebbe risultare irresistibile per la Grecia.
Ma non precorriamo troppo i tempi.
La prima partita in materia di debito fra Germania e Grecia è stata perciò una goleada per i tedeschi.
Contrariamente a quanto appare, tuttavia, anche questo evento non è da spiegare con un solo schema, quello del padrone che vince e del servo che perde, anche se sappiamo bene che i rapporti di forza in Europa sono brutali.
Poco più di tre anni fa, anche l’Ungheria di Orbán inziò il suo nuovo corso con dichiarazioni bellicose nei confronti della Troika, subito seguite da ripiegamenti umilianti. Il ministro degli esteri ungherese dovette andare a Bruxelles con il cappello in mano, dopo un’inutile e avvilente anticamera a Washington, presso la sede del Fondo Monetario Internazionale. Eppure, l’iniziale rottura del tabù, dopo aver scontato le prime durissime reazioni e dopo cocenti umiliazioni negoziali, ha consentito all’Ungheria di ridimensionare il ruolo della finanza, togliersi il cappio, correggere la congiuntura economica, iniziare ad aprirsi a nuovi scenari geopolitici fuori dalla gabbia atlantista ed europea.
Ovviamente ci sono molte differenze fra Ungheria e Grecia, a partire dal fatto che l’Ungheria non ha l’euro, mentre la Grecia sì, con tutti i costi aggiuntivi e immediati che Atene dovrebbe sopportare per uscirne. Proprio questo fatto spinge una parte dei critici a dire: ecco perché Tsipras e Varoufakis dovevano subito uscire dall’euro. Ma anche questi critici devono ammettere che si tratta di una decisione complessa. Se persino Orbán doveva fare passi indietro anche senza avere questa zavorra, figuriamoci i passi indietro a cui viene trascinato il governo greco quando le scadenze dei debiti si misurano a giorni, e quasi tutte le chiavi del laboratorio greco, come abbiamo già spiegato recentemente, sono in mano straniera. Il potere che schiaccia i popoli è un mestiere che non dorme mai, e non può essere sottovalutato. Il senatore americano McCain, quello che semina zizzania in mezzo mondo e diffonde la guerra civile in nome della democrazia, sta già mettendo la prua contro Budapest per organizzarvi l’ennesima rivoluzione colorata. A seconda di come andranno le cose, punterà la prua anche contro Atene.
E il fascino delle economie russa e cinese, a quel punto, potrebbe risultare irresistibile per la Grecia.
Ma non precorriamo troppo i tempi.
In coda a queste considerazioni
potrete cliccare e leggere tre articoli
che offrono interpretazioni critiche molto diverse su come è finita la prima fase del negoziato fra la dittatura
europea a trazione tedesca e la Grecia di Tsipras. Consiglio di leggerli con
mente aperta per vedere le tante facce del prisma della crisi europea, perché
ognuno degli articoli non basta da solo a descrivere tutto il volume di questa
crisi, anche se ognuno di essi ci offre uno sguardo verso la profondità del
dramma greco.
Il primo
articolo è dell’economista francese Alain
Parguez, ed è molto tranchant. Come altri esponenti della Teoria
Monetaria Moderna e altri che si battono per superare l’euro, anche Parguez
ritiene che Syriza sia solo un vicolo cieco.
Il
secondo articolo è di Francesco Maria
Toscano, che legge lo scontro che coinvolge Germania e Grecia in base
all’influenza diretta che esercita su di esso un conflitto più nascosto fra circuiti massonici a livello sovranazionale.
Il
terzo articolo, di Claudio Conti, spiega come le
regole tedesche non piacciano ai greci ma nemmeno alle banche: uno scenario che
apre contraddizioni in seno al potere
europeo. Sono contraddizioni abbastanza grandi da suggerirci che il
campionato non è chiuso con la goleada di questi giorni.
***********
La battaglia per la
nuova indipendenza della Grecia è appena agli inizi. Nulla è scontato. La crisi
è sistemica, ed è lì, nel cuore di un mutamento epocale, che si giocano le scommesse impossibili del caleidoscopio
Tsipras. E anche le scommesse di chiunque - ovunque - voglia spegnere la
dittatura europea.
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