Da
noi lo conoscono in pochi, ma Ihor Kolomoyskyi meriterebbe i riflettori anche dei
media italioti. Questo plurimiliardario con tripla cittadinanza ucraina,
cipriota e israeliana - co-proprietario della banca Privat e di varie società
che vogliono inzuppare il biscotto sulle grosse riserve di gas naturale proprio
nelle zone ucraine in guerra - avrebbe molte qualità per stare sulla nostra scena,
perché include nella sua persona un collage di persone diversissime ma in
qualche modo a noi familiari: ha una chioma identica a Beppe
Grillo, ma lo stesso cuore di Totò Riina, lo stomaco aspiratutto di De
Benedetti, i tentacoli mediatici di Berlusconi, le tasche di Mario Draghi, le viscose
ragnatele di Licio Gelli. E ha anche gli stessi amici di Netanyahu.
Chi
lo ha assemblato? Nessuno, si vanta di essere un self-made man. Un Self-Frankenstein, insomma. Di più, un
arrampicatore con una sua precisa idea di meritocrazia: un’inchiesta di Forbes ha descritto infatti che
«Kolomoyskyi ha usato delle forze "quasi-militari" della banca Privat per far valere l'acquisizione ostile di aziende, arruolando un gruppo di "teppisti, armati di mazze da baseball, spranghe di ferro, gas e pistole con proiettili di gomma e motoseghe" per prendersi con la forza un impianto siderurgico a Kremenchuk nel 2006 e ha usato "un mix di ordini del tribunale fasulli (spesso per mano di giudici e/o cancellieri corrotti) e di maniere forti" per sostituire amministratori nei consigli di amministrazione delle società delle quali acquistava le partecipazioni».
Un imprenditore così performante non si ferma mica qui. Il governo
golpista che a febbraio 2014 ha conquistato Kiev lo ha nominato governatore di
Dnipropetrovsk, la regione cruciale per i suoi affari. Nonostante abbia il passaporto
israeliano e sia il fondatore della European Jewish Union (Unione ebraica
europea), ha strettissime relazioni con i partiti e le formazioni paramilitari
neonaziste che hanno fatto il lavoro sporco sia contro l’opposizione in tutto
il paese, sia nelle zone in cui si combatte la guerra civile.
Forbes gli
attribuisce un patrimonio di 1,7 miliardi di dollari,
mentre Korrespondent dice che sono più del doppio. Rileggendo i dati biografici che esponevo poco fa, differirò a data
da destinarsi un’eventuale mia visita ispettiva presso le sue aziende per appurare
quale delle due riviste abbia ragione.
Quel che conta è questo: Kolomoyskyi è uno
dei due-tre boss che dettano legge a Kiev. Anche il figlio del vicepresidente degli Stati Uniti, Biden, da buon oligarca, sa riconoscere
un suo simile, e ci fa affari. Se solo non ci fossero questi milioni di ucraini
che si ostinano a parlare russo e ad avere casa dove c’è il gas! Un milione di
sfollati non sono bastati, ci sono ancora tanti milioni di russofoni, tutti ancora lì, e
adesso questi testardi del Donbass si sono persino organizzati a tal punto da far
rientrare dentro centinaia di sacchi di plastica gli scagnozzi che volevano
sloggiarli, oltre a i poveri soldati mandati allo sbaraglio dai cioccolatai di
Kiev.
Eppure
Kolomoyskyi non si arresta di fronte a una disfatta. Mentre Poroshenko parla di
cessate-il-fuoco, lui si ricorda di essere amico di Netanyahu. E che ti
propone? Ideona! Un grande muro che spezzi in due il continente, simile a quello costruito dagli
israeliani contro i territori palestinesi, solo tre volte più lungo: una
muraglia di 1900 km, circondata di mine antiuomo, con l’obiettivo di fermare la
Russia. L’idea è stata formulata da Kolomoyskyi a giugno, ma il primo ministro
Yatsenyuk la rispolvera a settembre.
Inutile dire che si tratta di un’idea politicamente
isterica, autolesionista in termini di geografia economica, ma soprattutto militarmente
idiota: l’Armata Russa avrebbe qualche mezzo in più dei bantustan palestinesi
per fare polpette del muro con la sua fanteria e scavalcarlo con ogni sorta di
soluzione aeronautica.
Tutti
gli ultimi viaggi in Europa del presidente USA Barack Obama sono consistiti in
un volgare tour promozionale in favore degli armamenti del suo complesso
militare-industriale. Anche il vertice NATO di oggi è orientato a una sola cosa: gridare
al pericolo russo, ricompattare gli ovini che ci ostiniamo a chiamare leader
europei, e aumentare le spese militari. Non c’è più il muro di Berlino? Non c’è
da venticinque anni la Cortina di ferro? Pazienza! C’è sempre un Kolomoyskyi
che tirerà su qualche muraglione. Tanto, i nostri giornaloni non proveranno a
raccontare in che mani stiamo mettendo il futuro dei nostri figli.
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