19 giugno 2008

Dalle torri gemelle alla torre rotante



di Pino Cabras

Esiste la possibilità di costruire un grattacielo che funzioni a un passo naturale, che non consumi più di quanto sia in grado di rigenerare, che non sia un mostro energivoro?
Pare di sì, secondo alcuni visionari progettisti che abitano nella città che pure aveva già ridisegnato l’urbanistica moderna, Firenze.
L’opera è stata progettata dagli architetti David Fisher, Fabio Bettazzi e Marco Sala, il tutto con l’ausilio dell’ingegnere statunitense Leslie Robertson (co-progettista del World Trade Center di New York demolito l’11 settembre 2001, ma questa è un’altra storia).
Il nuovo edificio non cambierà però la skyline fiorentina, giustamente conservatrice, ma quella della città meno vincolata e più sperimentatrice che ci sia, Dubai, negli Emirati Arabi. Il 24 giugno 2008 il lavoro comincia sul serio.



I 59 piani dell’edificio saranno staccati l’uno dall'altro e ruoteranno ciascuno per suo conto. La nuova costruzione è già stata battezzata Rotating Tower. L’energia eolica e quella solare garantiranno l’autosufficienza energetica, in una misura che riesce davvero a stupire: meno del 20% dell’energia prodotta sarà consumata dalla torre pluri-rotante. Il voluminoso eccesso di energia (pulita e a costo tendente a zero) sarà immesso nella rete elettrica di Dubai.

Ogni piano si affaccerà su un panorama cangiante. Il profilo dell’edificio muterà di continuo, a una velocità abbastanza bassa da non provocare mal di mare, ma tale da porgere il senso di una trasformazione naturale. Vedremo tradotto in tecnologia e con poche mediazioni lo spirito giocoso di un bimbo alle prese con le costruzioni.

L'energia elettrica scaturirà dalle ventole low cost poste negli spazi fra i piani, che cattureranno l’energia eolica anche a bassi regimi (basta un vento a 12 km/h). Anche il movimento dei singoli piani, per effetto del vento, genererà energia. I pannelli fotovoltaici, collocati in corrispondenza di ogni piano, sfrutteranno molte ore di luce. In media ogni anno l’opera di Fisher e soci fornirà circa 190 milioni di kilowatt, qualcosa che vale a prezzi di oggi più di 7 milioni di euro. Realizzare la Rotating Tower costerà 350 milioni di dollari.

La vendita di appartamenti e ville realizzati all’interno del palazzo avrà un costo base di 5 mila dollari a metro quadrato. In certe nostre città vediamo prezzi ben più assurdi per palazzi infinitamente più banali.

Non che il lusso venga bandito. È pur sempre Dubai. Ci saranno un albergo a sei stelle, uffici e appartamenti di ogni misura, e fin qui tutto normale. Ma negli ultimi piani svetteranno anche cinque ville, ciascuna da 1.500 mq. La villa “Penthouse” avrà sul tetto una piscina e giardini che neanche a Babilonia.

Per i meno ecologici la Rotating Tower avrà anche un eliporto a scomparsa: una piattaforma che, all’occorrenza, farà capolino dal ‘guscio’ dell’edificio per far posare l’elicottero, senza irrigidire lo stile dinamico che dà senso a questa torre.

Nel progetto ci sarà sì uno spirito infantile, ma si tratta di un bambino taylorista: la Rotating Tower risulterà il primo grattacielo costruito in gran parte con sistemi industriali. La struttura sarà al 90% composta da moduli prodotti in uno stabilimento industriale da assemblare sul nucleo centrale.

Ciascun piano sarà fatto di 48 moduli che si adageranno già finiti sul cantiere. Anche gli impianti elettrico, idraulico e di condizionamento saranno chiavi in mano. L’assemblaggio meccanizzato dei moduli creerà un piano alla settimana. Saranno pertanto applicabili tecniche di sicurezza sul lavoro e del controllo qualità proprie di un’industria. Occorreranno meno tempo, meno energia e meno costi aggiuntivi. Al cantiere basteranno appena 90 tra tecnici e operai. Un grattacielo tradizionale di altrettanta mole avrebbe richiesto oltre 2000 persone.

Non so se questa torre ci parli di un futuro sostenibile. Le vie per una “decrescita felice” della nostra economia sviluppista ossessionata dal PIL possono essere tantissime, fatte di tante scelte meno legate alle città verticali. La dimensione ciclopica della nuova torre, per giunta collocata in una città che il PIL lo adora parecchio, come Dubai, qualche dubbio ecologico ce lo lascia ancora.
Non sappiamo i confini della sostenibilità in tutto il percorso che porta a un manufatto: i materiali, le fabbriche che li forgiano, le miniere che li estraggono, le case dei minatori, l’ambiente sociale che li accoglie e via a ritroso. Così come dobbiamo conoscere il percorso successivo di quel manufatto. Ogni invenzione è anche l’invenzione del suo cattivo funzionamento e crea problemi nuovi e complessi.

Eppure – nella sua monumentalità così leggera e volatile - questa strana trasposizione arabo-fiorentina del gioco di Rubik sembra proporre un salto di paradigma alle nostre certezze.
Sembra dirci che l’industria, l’urbanistica, il lavoro, l’energia possono fare in un istante un cambio di decenni.
Viene interrogata la nostra capacità di lasciar perdere senza rimpianti le tecnologie inutili ancorché grandiose come quella della vecchia energia nucleare.



Proporrei visite guidate al cantiere a Scajola e ad Ahmadinejād (che vogliono dissanguare i propri paesi nell’inutile inseguimento della tecnologia nucleare). Ma potremmo proporre una gita premio anche ai candidati alla presidenza USA, per ricordare loro che non è necessario dissanguare gli USA nell’inutile presidio dei pozzi di petrolio. Ci sono soluzioni più intelligenti.

Nessun commento: