L'11
settembre 2001, il mondo ha assistito al crollo totale di tre grandi
grattacieli in acciaio. Da allora, gli scienziati e gli ingegneri stanno
lavorando per capire perché e come questi disastri strutturali senza precedenti
si sono verificati.
di Steven Jones, Robert Korol, Anthony Szamboti e Ted Walter.
Nota della Redazione di Europhysics News*
«Questo pezzo è un
po' diverso dai nostri soliti articoli puramente scientifici, in quanto
contiene alcune congetture. Tuttavia, data la tempistica e l'importanza della
questione, riteniamo che questo articolo sia sufficientemente tecnico e
interessante da meritare la pubblicazione per i nostri lettori. Ovviamente,
la responsabilità del contenuto di questo articolo è in capo agli autori.»
* Europhysics
News è la rivista della comunità dei fisici europei. È posseduta dalla European Physical Society e prodotta in
cooperazione con EDP Sciences. È
distribuita a tutti i soci individuali e a numerosi abbonati istituzionali. È
distribuita in 25mila copie per numero.
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Nell’agosto del 2002, il National Institute
of Standards and Technology (NIST)
ha lanciato quella che sarebbe diventata un'indagine lunga sei anni sui tre disastri
costruttivi che si sono verificati l’11 settembre 2001 (11/9): i ben noti
crolli delle Torri Gemelle del World
Trade Center (WTC) avvenuti quella mattina e il meno conosciuto crollo avvenuto
nel tardo pomeriggio, quello dell’Edificio
7 del World Trade Center, di 47 piani, che non era stato colpito da un
aeroplano. Il NIST ha condotto la sua indagine basata sulla premessa dichiarata
che «le Torri e l’Edificio 7 del WTC [erano] gli unici casi noti di collasso
strutturale totale di grattacieli presso i quali gli incendi avessero avuto un
ruolo significativo». In effetti, né
prima né dopo l’11/9 degli incendi hanno mai causato il crollo totale di un
grattacielo in acciaio, né lo ha fatto un qualsiasi altro evento naturale, con
l'eccezione del terremoto del 1985 di Città del Messico, che rovesciò un
edificio per uffici di 21 piani. In alternativa, l'unico fenomeno in grado
di far crollare completamente tali
edifici è stato tramite una procedura nota come demolizione controllata, nella quale esplosivi o altri dispositivi
sono utilizzati per abbattere una struttura in modo intenzionale.
Sebbene il NIST abbia infine concluso dopo
diversi anni di indagine che tutti e tre i crolli dell’11/9 erano
principalmente dovuti a incendi, quindici anni dopo l'evento un numero
crescente di architetti, ingegneri e scienziati rimangono non convinti da
questa spiegazione.
Prevenire i disastri
dei grattacieli
I grattacieli in acciaio hanno subito incendi
di grandi dimensioni senza dover subire il crollo totale per quattro motivi
principali:
1) Gli incendi tipicamente non sono
abbastanza caldi né durano abbastanza a lungo in ciascuna singola area da
generare abbastanza energia in grado di riscaldare i grandi elementi
strutturali fino al punto in cui cedano (la temperatura alla quale l'acciaio
strutturale perde abbastanza forza da cedere dipende dal fattore di sicurezza
utilizzato in fase di progettazione. Nel caso del WTC 7, per esempio, il
fattore di sicurezza era generalmente pari a 3 o superiore. Qui, si sarebbe dovuto perdere il 67% della forza per farne derivare il cedimento,
il che avrebbe richiesto che l'acciaio venisse riscaldato sino a circa 660 °C);
2) La maggior parte dei grattacieli hanno sistemi antincendio di soppressione (spruzzatori d’acqua), che impediscono
ulteriormente a un incendio di rilasciare energia sufficiente a riscaldare
l'acciaio fino a uno stato critico di cedimento;
3) Gli elementi strutturali sono protetti da materiali ignifughi, che sono
progettati per impedire loro di raggiungere temperature di cedimento entro
periodi di tempo specificati;
4) i grattacieli
in acciaio sono progettati per essere sistemi
strutturali altamente ridondanti. Pertanto, se si verifica un cedimento
localizzato, esso non finisce per causare un crollo sproporzionato dell’intera struttura.
Nel corso della storia tre grattacieli in acciaio sono noti per aver subito
crolli parziali a causa di incendi; nessuno di questi ha portato a un crollo
totale. Innumerevoli altri grattacieli con struttura in acciaio hanno
sperimentato grandi incendi di lunga durata senza subire un crollo né parziale né
totale (vedi, per esempio, le figure 1A e 1B) [1].
FIG. 1: Il WTC 5 è un
esempio di come i grattacieli con struttura in acciaio si comportano
tipicamente durante incendi di grandi dimensioni. È bruciato per più di otto
ore, l’11 settembre 2001, e non ha subito un crollo totale (Fonte: FEMA).
FIG. 2: Il WTC 7 è caduto
in modo simmetrico e con accelerazione in caduta libera per un periodo di 2,25
secondi durante il suo crollo (Fonte: NIST).
Oltre a resistere ai sempre presenti carichi
gravitazionali e agli incendi occasionali, i grattacieli devono essere
progettati per resistere a carichi generati durante altri casi: in particolare,
forti venti e terremoti estremi. Progettare per i fenomeni di venti forti e per
gli eventi sismici richiede principalmente che la struttura abbia la capacità di resistere a carichi laterali,
che generano sollecitazioni sia di trazione che di compressione nelle colonne, dovute
alla flessione, Le seconde poi vanno combinate con sollecitazioni di compressione
indotte dalla gravità dovute ai carichi verticali. Solo quando l’acciaio è
diventato diffusamente prodotto in quantità industriale è stata raggiunta la
capacità di resistere a grandi carichi laterali e la costruzione di grattacieli
è diventata possibile. L'acciaio è sia molto forte che duttile, il che gli
permette di resistere alle sollecitazioni di trazione generate dai carichi
laterali, a differenza dei materiali fragili, come il calcestruzzo, che sono
deboli in tensione. Sebbene il calcestruzzo venga oggi usato in alcuni
grattacieli, il rinforzo in acciaio è necessario praticamente in tutti i casi.
Per consentire la resistenza dei carichi
laterali, i grattacieli sono spesso progettati in modo tale che la percentuale
di carico delle loro colonne usata per carichi verticali è relativamente bassa.
Le colonne esterne delle Torri Gemelle,
ad esempio, utilizzavano solo circa il 20% della loro capacità di sopportare
carichi verticali, lasciando un ampio margine per i carichi laterali
supplementari che si verificano in presenza di venti forti ed eventi sismici [2].
Poiché gli unici carichi presenti durante l’11/9 dopo l'impatto degli aerei
erano la gravità e il fuoco (non c'erano forti venti quel giorno), molti
ingegneri sono rimasti sorpresi per il fatto che le Torri Gemelle siano crollate
completamente. Le torri, infatti, erano state progettate specificamente per resistere
all'impatto di un aereo di linea, come spiegò l'ingegnere strutturale capo, John Skilling, in un'intervista al Seattle Times a seguito dell’attentato
con bomba del 1993 al World Trade Center: «La nostra analisi ha indicato che il
problema più grande sarebbe il fatto che tutto il carburante (dall'aereo)
verrebbe riversato all'interno dell'edificio. Ci sarebbe un incendio terribile.
Parecchia gente rimarrebbe uccisa», dichiarò, ma aggiunse: «La struttura
dell'edificio sarebbe ancora lì.» Skilling proseguì dicendo che non riteneva
che una singola auto bomba da 200 libbre [90 kg] riuscirebbe a buttare giù né a
fare gravi danni strutturali a ciascuna delle Torri Gemelle. «Tuttavia», aggiunse,
«Non sto dicendo che degli esplosivi appropriatamente applicati - cariche cave
- di una tale magnitudine non possano fare una quantità enorme di danni ....
Immagino che se si disponesse del massimo esperto in questo tipo di lavoro e
gli si desse l'incarico di demolire questi edifici con esplosivi, scommetterei
che ce la farebbe». In altre parole, Skilling riteneva che l'unico meccanismo
che avrebbe potuto far crollare le Torri Gemelle era una demolizione
controllata.
Tecniche di
demolizione controllata
La demolizione controllata non è una pratica
nuova. Per anni era prevalentemente attuata con gru che facevano dondolare
pesanti palle di ferro per rompere semplicemente degli edifici in piccoli
pezzi. Di tanto in tanto, c’erano strutture che non potevano essere demolite in
questo modo. Nel 1935, le due torri Sky
Ride, alte 191 metri, della Esposizione
universale del 1933 a Chicago sono
state demolite con 680 kg di termite
e 58 kg di dinamite.
La termite
è un incendiario contenente un combustibile fatto di polvere metallica (di
solito alluminio) e di un ossido di metallo (di solito ossido (III) di ferro o
"ruggine"). Alla fine, quando ci furono a sufficienza grandi edifici
in acciaio e muratura che dovevano essere abbattuti in modo più efficiente ed
economico, l'uso di cariche cave di
taglio è diventato la norma. Poiché le cariche cave hanno la capacità di
concentrare l'energia esplosiva, possono essere collocate in modo da tagliare
diagonalmente le colonne in acciaio in modo rapido e affidabile. In generale,
la tecnica usata per demolire grandi edifici implica il tagliare le colonne di
una superficie sufficiente dell'edificio per far sì che la porzione integra sopra
quella zona cada e schiacci sé stessa nonché qualsiasi cosa rimanga sotto di
essa.
Questa tecnica può essere realizzata in un modo
ancora più sofisticato, fissando una successione di tempi in cui le cariche esplodano
in sequenza in modo che le colonne
più vicine al centro vengano distrutte prima. Il cedimento delle colonne
interne crea all'esterno una spinta verso l'interno e causa il fatto che la
maggior parte dell'edificio sia trascinato verso l'interno e verso il basso
mentre i materiali vengono schiacciati, mantenendo così i materiali frantumati entro
un’area in qualche modo alquanto limitata, spesso addirittura all’interno della
«impronta» dell'edificio. Questo metodo viene spesso definito come «implosione».
FIGURA. 3: il frame finale del modello computerizzato
del WTC 7 a cura del NIST mostra grandi deformazioni verso l'esterno niente
affatto osservate nei video (Fonte: NIST)
Il caso del WTC 7
Il crollo totale del WTC 7 alle ore 17:20 dell’11/9,
mostrato in fig. 2, è degno di nota perché ha ben esemplificato tutte le caratteristiche che suggellano un’implosione:
l'edificio è precipitato in caduta libera assoluta per i primi 2,25 secondi
della sua discesa su una distanza di 32 metri ovvero otto piani [3].
Il
suo passaggio dalla stasi alla caduta libera è stato improvviso, accadendo in
circa mezzo secondo. È caduto simmetricamente verso il basso. La sua struttura in acciaio è stata
quasi completamente smembrata e depositata in gran parte all'interno dell’impronta
dell'edificio, mentre la maggior parte del suo cemento è stata polverizzata in minuscole
particelle. Infine, il crollo è stato rapido, essendosi verificato in meno di sette secondi. Data la natura
del crollo, qualsiasi indagine aderente al metodo scientifico avrebbe
seriamente preso in considerazione l'ipotesi della demolizione controllata, quando non avrebbe addirittura iniziato
con essa. Invece, il NIST (così come la Federal Emergency Management Agency
(FEMA), che aveva condotto uno studio preliminare prima dell'indagine NIST) ha
iniziato con la conclusione
predeterminata secondo cui il crollo fu causato dagli incendi. Cercare di dimostrare questa conclusione
predeterminata era apparentemente difficile. Lo studio di nove mesi della FEMA si
è concluso dicendo che «le specifiche degli incendi nel WTC 7 e il modo in cui essi
hanno causato il crollo dell'edificio rimangono ignoti in questo momento. Sebbene
il carburante diesel totale nei locali contenesse un’enorme energia potenziale,
l'ipotesi più accreditata ha solo una bassa probabilità che si verifichi». Il NIST,
nel frattempo, dovette rimandare il rilascio della sua relazione sul WTC 7 da
metà 2005 al novembre 2008. Ancora nel marzo 2006, dell’investigatore capo del
NIST, il Dr. Shyam Sunder, si
registrava questa dichiarazione: «In verità, io non lo so davvero. Abbiamo
avuto difficoltà a capirci qualcosa sull’Edificio numero 7».
Per tutto il tempo, il NIST era irremovibile
nell’ignorare la prova che confliggeva con la sua conclusione predeterminata.
L'esempio più notevole è stato il suo
tentativo di negare che il WTC 7 avesse subito una caduta libera. Quando venne
pressato su questa materia nel corso di una conferenza tecnica, il dottor
Sunder respinse l’obiezione dicendo: «[un] periodo a caduta libera consisterebbe
in un oggetto che non ha componenti strutturali sottostanti.» Ma nel caso del
WTC 7, affermò, «c'era una resistenza strutturale che veniva assicurata». Solo
dopo essere stato sfidato da un insegnante di fisica delle superiori, David Chandler, e dal professore di
fisica Steven Jones (uno degli
autori di questo articolo), che avevano misurato la caduta in un video, il NIST ammise un periodo di 2,25 secondi
di caduta libera nella sua relazione finale.
Eppure il modello computerizzato del NIST non
mostra tale intervallo di caduta libera, né il NIST tenta di spiegare in che
modo il WTC 7 non avrebbe potuto avere «nessuna componente strutturale sottostante»
per ben otto piani. Invece, il rapporto finale del NIST fornisce uno scenario contorto
che implica un meccanismo di rottura
senza precedenti: ossia la dilatazione termica delle travi del piano che
spingono via dalla sua sede una trave adiacente. Il presunto distacco di questa
trave ha quindi presumibilmente causato una cascata di otto piani di cedimenti
dei pavimenti, che, combinati con il cedimento di altre due connessioni delle
travi – anch’esso legato alla dilatazione termica – ha lasciato una colonna fondamentale
senza supporto lungo nove piani, facendo sì che la colonna si deformasse.
Questo cedimento di una sola colonna presumibilmente innescò il crollo
dell'intera struttura interna, lasciando l'esterno non supportato come un
guscio vuoto. Presumibilmente le colonne esterne a quel punto si piegarono lungo
un intervallo di due secondi e l'intera parte esterna cadde in simultanea come una
sola unità [3].
Il
NIST è stato in grado di arrivare a questo scenario solo omettendo o travisando
caratteristiche strutturali critiche nella sua modellazione al computer [4].
La correzione anche di uno solo di questi
errori rende l’avviamento del crollo
raffigurato dal NIST indiscutibilmente impossibile.
Eppure, anche in presenza degli errori di
partenza che risultavano favorevoli alla sua conclusione predeterminata, il modello
computerizzato del NIST (vedi Fig. 3) non riesce a replicare il crollo
osservato, mostrando invece grandi
deformazioni verso l'esterno che non sono affatto osservate nei video e che
non mostrano invece nessun intervallo di caduta libera. Inoltre, il modello
termina, senza alcuna spiegazione, in meno di due secondi, all’interno di un
collasso di sette secondi. Purtroppo, la modellazione computerizzata del NIST
non può essere verificata in modo indipendente poiché il NIST ha rifiutato di
rilasciare una gran parte dei suoi dati di modellazione sulla base del fatto
che così facendo «potrebbe mettere a repentaglio la sicurezza pubblica».
Il caso delle Torri
Gemelle
Mentre il NIST ha cercato di analizzare e
modellare il crollo del WTC 7, non lo ha fatto nel caso delle Torri Gemelle. Secondo
le stesse parole del NIST, «L'obiettivo dell’indagine era la sequenza degli
eventi dal momento dell'impatto dell'aereo fino all'inizio del collasso per ciascuna
torre ... Questa sequenza è indicata come la “probabile sequenza del crollo”, ancorché
ricomprenda ben poca analisi del comportamento strutturale della torre dopo che
le condizioni per l'inizio del crollo sono state raggiunte e il crollo diventava
inevitabile» [5].
Pertanto, il rapporto definitivo sul crollo
delle Torri Gemelle non contiene alcuna analisi del motivo per cui le loro parti
inferiori non siano riuscite ad arrestare o addirittura rallentare la discesa
delle sezioni superiori - che il NIST ammette siano «venute giù sostanzialmente
in caduta libera» [5-6]
- né spiega i vari altri fenomeni osservati durante i crolli. Quando un gruppo
di firmatari ha presentato una richiesta formale di correzione chiedendo al NIST
di effettuare tale analisi, il NIST ha replicato che non riusciva «a fornire una spiegazione esauriente del crollo totale»,
perché «le modellazioni computerizzate non [erano] in grado di convergere su
una soluzione». Tuttavia, il NIST fece una cosa, nel tentativo di giustificare
la sua affermazione sul fatto che i piani inferiori non sarebbero stati in
grado di arrestare né rallentare la discesa delle sezioni superiori in un crollo
guidato dalla forza di gravità. A pagina 323 del documento NCSTAR 1-6, il NIST
ha citato un articolo di un professore di ingegneria civile, Zdeněk Bažant, e del suo studente
laureato Yong Zhou, che era stato pubblicato nel gennaio 2002 [7], che, secondo il NIST, «ha
affrontato la questione del perché si sia verificato un crollo totale» (come se
quella domanda fosse naturalmente al di fuori della portata della propria
indagine). Nel loro documento, Bažant e Zhou sostennero che ci sarebbe stato un
colpo potente quando la parte
superiore in caduta impattò sulla sezione inferiore, causando un carico
amplificato sufficiente per avviare la deformazione nelle colonne. Sostennero
inoltre che l'energia gravitazionale sarebbe corrisposta a 8,4 volte la capacità di dissipazione di energia delle colonne
durante la deformazione. Negli anni successivi, i ricercatori hanno misurato la
discesa della sezione superiore della WTC 1 (la Torre Nord, ndt) e hanno scoperto che non ha mai
subito una decelerazione: cioè non vi fu
alcun potente colpo improvviso [8-9].
Dei ricercatori hanno anche criticato l'uso da
parte di Bažant dell'accelerazione di caduta libera lungo la prima fase del
crollo, quando le misurazioni mostrano in realtà che corrispondeva a circa la
metà dell’accelerazione di gravità [2].
Dopo la caduta per un piano, le misurazioni
mostrano una velocità di 6,1 m/s anziché la velocità di 8,5 m/s che avrebbe
causato la caduta libera. Questa differenza di velocità raddoppia in effetti l'energia
cinetica, perché è una funzione del quadrato della velocità.
Inoltre, i ricercatori hanno dimostrato che
la massa di 58x106kg che Bažant ha utilizzato
per la massa della sezione superiore era il carico massimo del progetto, non
l'effettivo carico di servizio pari a 33×106 kg [10].
Insieme, questi
due errori ingigantirono l'energia cinetica della massa in caduta di 3,4 volte.
Inoltre, è stato dimostrato che la capacità di dissipazione dell’energia delle
colonne utilizzata da Bažant era almeno 3 volte troppo bassa [2].
Nel gennaio 2011 [11]
Bažant e un altro suo studente laureato, Jia-Liang
Le, hanno tentato di respingere la critica sulla mancanza di decelerazione sostenendo che ci sarebbe stata una
perdita di velocità pari ad appena circa il 3%, che sarebbe stata troppo piccola
per poter essere osservata, data la risoluzione della fotocamera. Bažant e Le hanno
inoltre sostenuto che la perdita di velocità della conservazione della quantità
di moto sarebbe stata solo dell'1,1%. Tuttavia, sembra che Le e Bažant abbiano
erroneamente utilizzato una massa della sezione superiore pari a 54,18×106 kg
e una massa del piano impattato di soli 0,627×106 kg,
che contraddiceva la massa del piano di 3,87×106 kg che
Bažant aveva usato nei documenti precedenti. La prima massa del piano è rappresentativa
solamente della soletta in cemento, mentre la seconda massa del piano comprende
tutti gli altri materiali presenti su quel piano. Il solo correggere questo dato
aumenta la perdita della velocità della conservazione
della quantità di moto di oltre 6 volte, fino a un valore del 7,1%. Inoltre, la dissipazione
dell'energia della colonna si è dimostrata essere molto più significativa
rispetto a quanto accampato da Bažant. I ricercatori hanno conseguentemente fornito
dei calcoli che dimostrano che un crollo naturale sopra un piano non solo
rallenta, ma in realtà si arresterebbe dopo uno o due piani di caduta (vedi
Fig. 4) [2, 10].
FIGURA 4: Il grafico qui
sopra [10] mette a confronto la
misurazione di David Chandler [9]
della velocità della linea del tetto del WTC 1 con il calcolo errato di Bažant [11] e con i calcoli di Szamboti e Johns
con l’utilizzo di valori di input corretti per la massa, l'accelerazione
attraverso il primo piano, la conservazione della quantità di moto, e il
momento plastico (il momento flettente massimo che una sezione strutturale può
sopportare). I calcoli mostrano che - in assenza di esplosivi – la sezione
superiore del WTC 1 si sarebbe arrestata dopo essere caduta per due piani
(fonte: Rif. [10]).
Altre prove
inesplicate
La meccanica del crollo di cui sopra è solo una
frazione delle prove disponibili che indicano che gli impatti aerei e gli
incendi che ne derivarono non hanno causato il crollo delle Torri Gemelle. Dei
video dimostrano che la parte superiore
di ciascuna torre si disintegrò entro i primi quattro secondi del crollo.
Dopo quel punto, nemmeno un video mostra le sezioni superiori che si è supposto
siano discese fino a terra prima di essere schiacciate. Video e fotografie
mostrano anche numerose scariche ad alta velocità di detriti che vengono
espulsi da sorgenti puntiformi (vedi Fig. 5).
FIGURA 5: Scariche ad alta
velocità di detriti, dette anche “squibs”,
furono espulse da sorgenti puntiformi nel WTC 1 e WTC 2, così come da un tratto
da 20 a 30 piani più in basso del fronte del crollo (Fonte: Noah K. Murray).
Il NIST li definisce come "sbuffi di
fumo", ma non riesce ad analizzarli in modo appropriato [6]. Il NIST non fornisce una
spiegazione nemmeno per la polverizzazione
a mezz'aria della maggior parte del calcestruzzo
delle torri, lo smembramento quasi
totale dei telai in acciaio, né l'espulsione
di tali materiali fino a 150 metri
in tutte le direzioni. Il NIST aggira la questione della presenza ben
documentata di metallo fuso in tutto
il campo di detriti e afferma che il metallo arancione fuso che si è visto
colare fuori dal WTC 2 per sette minuti prima del crollo fosse alluminio proveniente
dall’aeroplano combinato con materiali organici (vedi Fig. 6) [6].
FIGURA 6: Il metallo fuso è
stato visto colare fuori dal WTC 2 ininterrottamente per i sette minuti che precedono il suo crollo (Fonti: WABC-TV,
NIST).
Eppure degli esperimenti hanno dimostrato che
l'alluminio fuso, anche in miscela con materiali organici, ha un aspetto
argenteo: il che suggerisce che il metallo fuso arancione fosse invece emanato
da una reazione con la termite utilizzata per indebolire la struttura [12].
Nel frattempo, del materiale nano-termitico che
non ha subito reazione è stato da allora scoperto in diversi campioni
indipendenti di polvere del WTC [13].
Per quanto riguarda ciò che hanno riferito i
testimoni oculari, di circa 156 testimoni, tra cui 135 primi soccorritori, sono
stati documentati degli interventi in cui hanno affermato di aver visto,
sentito, e/o percepito esplosioni
prima e/o nel corso dei crolli [14].
Che le Torri Gemelle siano state abbattute
con esplosivi sembra essere stata l'opinione prevalente iniziale tra la maggior
parte dei primi soccorritori. «Ho pensato che stesse esplodendo, in realtà», ha
dichiarato John Coyle, un comandante dei vigili del fuoco. «Ciascuno credo che
a quel punto ancora pensasse che queste cose siano state fatte saltare» [15].
Conclusione
Vale la pena ripetere che gli incendi non hanno mai causato il crollo
totale di un grattacielo in acciaio
prima o dopo l’11/9.
Abbiamo dunque assistito a un evento senza
precedenti per ben tre volte distinte l'11 settembre 2001? Le relazioni del
NIST, che hanno tentato di sostenere questa conclusione improbabile, non
riescono a convincere un numero crescente di architetti, ingegneri e
scienziati. Al contrario, le prove sono
schiaccianti in favore della conclusione secondo cui tutti e tre gli edifici
sono stati distrutti con demolizione controllata. Date le implicazioni di
vasta portata, è moralmente imperativo che questa ipotesi sia oggetto di
un'indagine veramente scientifica e imparziale da parte delle autorità
competenti.
Gli autori
Steven Jones è un ex professore
ordinario di fisica alla Brigham Young University. I suoi principali interessi
di ricerca sono stati nei settori della fusione, dell'energia solare, e dell’archeometria.
È autore o co-autore di svariati articoli che documentano le prove di
temperature estremamente elevate durante la distruzione del World Trade Center
e le prove della presenza nella polvere del WTC di materiale nano-termitico che
non ha subito reazione.
Robert Korol è professore emerito
di ingegneria civile alla McMaster University dell’Ontario, Canada, ed è
inoltre membro della Canadian Society for Civil Engineering e dell’Engineering
Institute of Canada. I suoi principali interessi di ricerca sono stati nei
settori della meccanica strutturale e delle strutture in acciaio. Più di
recente, ha intrapreso una ricerca sperimentale sulla resistenza post-cedimento
di colonne in acciaio a forma di H e nell’assorbimento di energia associata con
la polverizzazione di pavimenti in calcestruzzo.
Anthony Szamboti è un ingegnere di
progettazione meccanica con oltre 25 anni di esperienza di progettazione
strutturale nel settore aerospaziale e della comunicazione. Dal 2006, è stato
autore o co-autore di una serie di documenti tecnici sui crolli dei grattacieli
del WTC che sono stati pubblicati nel Journal
of 9/11 Studies e nell’
International Journal of Protective Structures.
Ted Walter è il direttore della
strategia e sviluppo per Architects & Engineers for 9/11 Truth
(AE911Truth), un'organizzazione no-profit che rappresenta oggi oltre 2.500
architetti e ingegneri. Nel 2015, è stato autore del saggio dell’AE-911Truth Beyond Misinformation: What Science Says
About the Destruction of World Trade Center Buildings 1, 2, and 7 (trad.:
“Oltre la Disinformazione: ciò che la scienza dice a proposito della
distruzione del World Trade Center Edifici 1, 2 e 7”). Ha conseguito un Master
in Public Policy presso la University of California, Berkeley.
Riferimenti e note
[1] NIST: Analysis of Needs and Existing Capabilities for Full-Scale Fire Resistance Testing (October 2008).
[2] G. Szuladziński and A.
Szamboti and R. Johns, International Journal of Protective Structures 4, 117
(2013).
[3] NIST: Final Report on the Collapse of World Trade Center Building 7, Federal Building and Fire SafetyInvestigation of the World Trade Center Disaster (November 20, 2008).
[4] R. Brookman, A Discussion of ‘Analysis of Structural Response of WTC 7 to Fire and Sequential FailuresLeading to Collapse, Journal of 9/11 Studies (October 2012).
[5] NIST: Final Report of the National Construction Safety Team on the Collapses of the World Trade CenterTowers (December 1, 2005).
[6] NIST: Questions and Answers about the NIST WTC Towers Investigation (Updated September 19, 2011).
[8] A. Szamboti and G.
MacQueen, The Missing Jolt: A
Simple Refutation of the NIST-Bažant Collapse Hypothesis, Journal of 9/11 Studies
(April 2009).
[9] D. Chandler, The Destruction of the World Trade Center North Tower and Fundamental Physics, Journal of 9/11
Studies (February 2010).
[10] A. Szamboti and R.
Johns, ASCE Journals Refuse
to Correct Fraudulent Paper Published on WTC Collapses, Journal of 9/11 Studies
(September 2014).
[12] S. Jones, Why Indeed Did the WTC
Buildings Collapse Completely? Journal of 9/11 Studies (September 2006).
[14] G. MacQueen, Eyewitness Evidence of Explosions in the Twin Towers,
Chapter Eight, The 9/11 Toronto Report, Editor: James Gourley (November 2012).
[15] Fire Department of New
York (FDNY): World Trade Center Task Force Interviews, The New York Times (October 2001 to January 2002).
Fonte originaria: http://www.europhysicsnews.org/articles/epn/abs/2016/04/epn2016474p21/epn2016474p21.html
Traduzione per Megachip a cura di
Pino Cabras.
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