di Pino Cabras - da Megachip.
Come in un gioco di specchi, mi trovo a rileggere don Andrea Gallo (1928-2013) con le categorie del religioso che ho studiato a fondo, padre Ernesto Balducci (1922-1992), finché mi scopro ad ascoltare la recensione video che proprio Don Gallo ha fatto nel 2012 per introdurre una raccolta di testi di Balducci, nell'eloquio che offro anche al vostro ascolto.
«L'appartenenza alla famiglia umana è il senso laico di tutto», riassumeva Don Gallo, «e la laicità, che non vuol dire laicismo, è l'unico luogo dove tutti possono esprimere le proprie idee, la propria posizione, professare la religione propria. La laicità è proprio lo spazio ottimale perché si svolga la libertà di tutti i cittadini». E con queste categorie molto "occidentali" Don Gallo ripassava Balducci e accompagnava una critica serrata rivolta proprio all'Occidente, che si è fatto "fortezza" e vorrebbe respingere chi non si conforma a questa nuova realtà.
Ogni necrologio si sofferma ora su don Gallo "prete degli ultimi". Quando Gallo sottolineava che «l'appartenenza alla famiglia umana è il senso laico di tutto», parlava proprio degli ultimi. Aveva ben presente che Balducci aveva sottolineato che il povero è «l'uomo così com'è» al di sotto delle determinazioni di classe e culturali. «L'impotenza di queste determinazioni ad assumere in sé il povero, l'uomo non determinato che dal solo fatto di esistere, è la riprova empirica che la persona è sempre al di là delle identità derivanti dall'integrazione sociale».
È una chiave per comprendere anche le azioni di don Gallo: il religioso genovese era semplicemente organico a quella porzione di mondo che non appare integrata nella storia. Quella storia, fatta dai potenti, non prevede un piano B, porta al disastro e distrugge il futuro, spegne la profezia e la speranza. Presso gli ultimi c'è invece il futuro, la profezia laica che libera dalle rigidità del presente. Pensare agli ultimi è una sorta di pensiero laterale che reinventa la logica, oltre la logica esistente. Se siamo integrati siamo editi, mentre nel povero c'è l'uomo inedito. La riscoperta di Balducci, richiamata in modo partecipe dal fondatore della comunità genovese di San Benedetto al Porto, vorrei usarla riproponendo in onore di Don Gallo queste parole balducciane: «il linguaggio profetico non è quello che si avventura in predizioni trascritte in calendari immaginari, è quello che denuncia l'inaccettabilità della città presente e descrive la città futura nella quale si sarà definitivamente avverata la coincidenza tra il possibile e il reale.»
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Dal libro di Andrea Gallo, "Così in terra, come in cielo":
Durante un tributo a Fabrizio De Andrè, a cui parteciparono i big della canzone, Dori Ghezzi «riservò 250 posti per me, e io mi presentai a teatro coi miei derelitti. Qualcuno dell'organizzazione intendeva mandarli nel loggione, confinarli lassù, con la scusa che non c'era più spazio a disposizione. "Non vi preoccupate" dissi "ci penso io." Fermai il traffico della sala e come un vigile li feci sedere in platea, tre qui, due là, tossici, barboni, prostitute accanto a notai, dame e politici.
"No, lì no" mi intimarono. "Lì ci va il ministro della Cultura Giovanna Melandri."
"Allora le mettiamo accanto una puttana delle vecchie case, vedrai come esce arricchita dall'incontro!"
Erano tutti molto preoccupati, mi chiedevano garanzie su ciò che sarebbe successo e io li tenevo sulle spine rispondendo che non potevo saperlo, essendo io un prete, non un indovino. Invece sapevo benissimo ciò che poi accadde: i miei emarginati erano quelli che durante le canzoni piangevano veramente.»
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