30 dicembre 2009

Le false piste terroristiche e le nuove guerre

di Pino Cabras - da Megachip.


Sono tanti gli elementi che non quadrano, in occasione della vicenda del nigeriano che voleva far saltare l’aereo sopra l’Atlantico. Le autorità politiche e gli alti papaveri del giornalismo hanno risposte pronte. Ma noi dovremo porre le domande che loro non vogliono fare. L’attentato si è svolto nel modo che dicono? Esiste davvero una nuova minaccia di al-Qa'ida?

È sempre forte la presenza mediatica del fantasma al-Qa'ida. Alimenta così un perenne senso d’attesa per un qualche evento che richiami la grande rappresentazione dell’11/9. La spinta originaria di quel trauma si fa bastare eventi di per sé modestissimi, ma subito pompati fino all'isteria.

Un giovane nigeriano 23enne di buona famiglia, Umar Farouk Abdul Mutallab, cerca di far saltare l’aereo sulla rotta Amsterdam-Detroit grazie a un ordigno tenuto a ridosso del suo perineo. L'attentato non va e lui si ustiona. Una volta catturato, dichiara di appartenere ad al-Qa'ida e di essere stato addestrato in Yemen. Fin qui i media di tutto il mondo.

Impossibile ignorare però le dichiarazioni di due passeggeri – gli avvocati Kurt e Lori Haskell, marito e moglie – che si fanno testimoni di un racconto sbalorditivo per la testata di Detroit MLive.com. Anche la CNN e altri media a questo punto si svegliano e vanno a intervistarli.

I nostri giornali e telegiornali continuano invece a dormire il loro sonno comandato.



Kurt Haskell riferisce di aver notato Mutallab approssimarsi al cancello d’imbarco assieme un uomo non identificato. Mentre Mutallab era malvestito, l’altro, un indiano sui cinquanta, era elegante in un completo costoso. Haskell lo ha sentito distintamente mentre chiedeva agli agenti che raccoglievano le carte d’imbarco se Mutallab poteva imbarcarsi senza passaporto. «Il tizio ha detto loro: “È del Sudan e noi lo facciamo ogni volta”». Noi chi?

Gli Haskell suppongono che l’elegantone cercasse di guadagnare clemenza per il viaggiatore senza passaporto dipingendolo come un rifugiato sudanese.

A nessuno dei lettori sarà capitato di poter fare un viaggio intercontinentale senza avere il passaporto in ordine. Ricordate quando Alberto Tomba venne denunciato perché – di fronte al rifiuto di farlo partire, nonostante la fama di campione sportivo – aveva goffamente cercato di falsificare i dati del suo passaporto scaduto?

Qui, invece, un presunto sudanese sconosciuto, proveniente da un paese inserito fra i “rogue states”, gli stati-canaglia, un paese da sempre accusato di ospitare fantomatiche basi di al-Qa'ida, riesce a imbarcarsi senza documenti. La storia ha un tanfo ben più mefitico di una generica “falla nei sistemi di sicurezza”.

I coniugi Haskell riferiscono che gli addetti indirizzano Mutallab e il suo angelo custode incravattato verso il loro superiore, in fondo alla sala. Kurt Haskell perde di vista Mutallab e lo rivede solo «dopo che si presume che abbia cercato di detonare dell’esplosivo a bordo dell’aereo» pochi minuti prima di atterrare a Detroit.

Cosa è successo nel frattempo? Non aspettatevi la risposta da Vittorio Zucconi su «Repubblica». Avrà da occuparsi dei diari che raccontano la depressione del terrorista africano.

Non potendo contare sui media italiani, dobbiamo andarcene fino a Milwakee per sapere di altri testimoni oculari, Patricia “Scotty” Keepman e sua figlia, le quali raccontano al notiziario della radio 620 WTMJ un fatto davvero singolare. Riferiscono che davanti a loro «c'era un uomo che ha ripreso con una videocamera l'intero volo, compresa la tentata detonazione.» Perfino in quel momento concitato, l'imperturbabile cameraman «si è messo seduto e ha videoripreso tutto quanto, calmissimo», racconta Patricia.

Oltre a Mutallab, abbiamo dunque già due soggetti extra che si interessano alle sue azioni, il distinto persuasore indiano e l'impassibile stakanov del videotape. Chi sono costoro?

Sappiamo che Mutallab è passato anche per l’aeroporto di Lagos, prima di volare per Amsterdam. Sulle caratteristiche di quell’aeroporto – pure localizzato in un paese con focolai di guerra civile su base religiosa - ci arriva una sorprendente rivelazione del quotidiano britannico «Telegraph»: «L’aeroporto di Lagos ha ottenuto di recente la certificazione “all clear” da parte della US Transportation Security Administration, un’agenzia creata in seguito agli attentati dell’11 settembre per migliorare la sicurezza dei voli di linea americani». Quali altri aeroporti sono “all clear” e quali no? Su quali basi?

«Da un lato, pare che Mutallab fosse nella lista antiterrorismo ma non su quella delle persone che non potevano volare,» ricorda Magnus Ranstorp, del Centro studi svedese sulle Minacce Asimmetriche. «Tutto questo non quadra perché il Dipartimento USA per la Sicurezza Interna ha dei mezzi stringenti di data-mining. Non capisco come potesse avere un visto valido essendo ben noto alla lista antiterrorismo» dichiara Ranstorp al britannico «Independent». Tralasciamo pure il fatto che Mutallab fosse nelle liste antiterrorismo e che persino suo padre lo segnalasse alle autorità come un soggetto pericoloso. Ci sarà sempre qualcuno che dirà che le falle nella sicurezza non derivano da scelte di apparati deviati, ma da casi di incompetenza, e che il terrorista, ancorché psicolabile, sa infilarsi negli interstizi dell’incompetenza.

Sarà, ma di certo si sono scomodati in tanti, a partire dal Nobel per la pace Barack Obama, per minacciare fuoco e fiamme e ingigantire l’episodio come espressione di una minaccia letale per gli USA, meritevole di risposte drastiche.

Il senatore trasversale-neocon Joe Lieberman – nel 2000 candidato alla vicepresidenza in tandem con Al Gore – ha dichiarato a Fox News che gli USA hanno necessità di bombardare lo Yemen senza indugio. «L’Iraq era la Guerra di ieri, l’Afghanistan è la guerra di oggi. Se non agiamo preventivamente, lo Yemen sarà la Guerra di domani». La sua tesi secondo cui “lo Yemen è la nuova casa di al-Qa'ida” è istantaneamente diventata il mantra dei grandi media. E al mantra del mainstream anglosassone è andato a rimorchio senza eccezioni anche il mainstream italiano. Perché lo Yemen? Interessante la tesi che l’analista politico Webster Tarpley illustra a Russia Today.






Cosa dice Tarpley? Obama ha aggiornato l’Asse del Male, in direzione dell'entità Afghanistan-Pakistan (AfPak), nonché della Somalia e dello Yemen. In Yemen c’è una guerra civile che contrappone il governo centrale filosaudita e la guerriglia sciita filoiraniana degli Houthi, da poco bombardata a più riprese dagli USA. L’obiettivo di fondo è alimentare la già forte tensione fra Iran e Arabia Saudita, per indebolire entrambi.

Tarpley segnala che gli Stati Uniti stanno riorganizzando la “legione araba” di al-Qa'ida (l'entità che ha da sempre addosso il fiato e le leve della CIA) proprio nello Yemen. È uno dei modi di svuotare il gulag caraibico di Guantanamo. La nuova agenzia di terrorismo sintetico è “al-Qa'ida nella Penisola Araba”, alias AQAP, un'entità composta da capri espiatori, pazzoidi e fanatici che prontamente rivendicano l'operazione di Umar Farouk Abdul Mutallab. L'obiettivo ravvicinato è molteplice: dominare gli sbocchi del Mar Rosso e del Canale di Suez, dare fiato al dollaro tuttora sull'orlo del crollo tramite il solito stimolo del rialzo del prezzo del petrolio. Da ciò il primo passo: va incrementata la tensione nella penisola Araba.

In questo quadro, secondo Tarpley, Mutallab è solo un pupazzo in mano alla comunità dell'intelligence che ha ordito una provocazione che doveva avere il massimo impatto con il minimo sforzo. Il tutto è facilitato dal “senso comune” sull'entità al-Qa'ida, che nessun redattore né alcun politico in vista osa sfidare in Occidente. Pena riaprire la questione del vero 11/9.

Se al-Qa‘ida non è un’organizzazione, allora cos’è davvero? Viene detto che è un’etichetta, una sorta di logo, una specie di franchising del terrorismo internazionale. Fa comodo a chi la utilizza, ma fa più spesso comodo a chi – in teoria – la combatte. Al-Qa'ida per i governi che sostengono di essere in guerra con il terrorismo è un nemico conveniente da additare all’opinione pubblica, un puntuale alibi da strumentalizzare per scopi interni (leggi di emergenza sempre più restrittive, libertà individuali sempre più circoscritte). Al-Qa'ida appare così funzionale a molti governi occidentali. Se non ci fosse, con un po’ di pelo sullo stomaco avrebbero l’interesse a inventarla ed evocarla.


Versione in lingua spagnola del presente articolo: QUI.

1 commento:

Anonimo ha detto...

felice anno nuovo, Pino.

Zuseppe