Più realiste del re (e della regina), in Italia le grandi redazioni rilanciano in grande stile le accuse di Hillary Clinton a Mosca. Scopriamo il gioco.
Le edizioni on
line del Corriere e di Repubblica del 31 luglio, oltre al Tg3, per
gran parte della giornata hanno aperto le notizie dando grande risalto alle
dichiarazioni di Hillary Clinton sulle
sue e-mail rubate dagli hacker.
Il titolo del Corriere è perentorio: «Clinton attacca:
“La Russia mi spia”. Ecco le centrali degli hacker di Putin». Mentre uno degli
articoli di sostegno, scritto da uno dei minimi esperti di politica
internazionale della nostra epoca, Massimo Gaggi, è intitolato, con assoluta
certezza: «Così Putin ha ordinato agli 007 di intervenire sul voto in USA». Vladimir in persona. Perché Gaggi ne è
persuaso: c’è «Putin che prova a fare il burattinaio del voto Usa con l’intento
di favorire Trump».
Anche Repubblica apre con la notizia e la
titola così: «Hacker, Hillary accusa Mosca: "007 russi dietro gli
attacchi"». E sotto vediamo un altro articolo, che promette grandi cose: «DOSSIER,
Le prove che portano agli ex Kgb». Notare la forza della parola Dossier,
mentre la parola “prove” è addirittura sottolineata. Le prove più clamorose consistono
nel fatto che gli hacker hanno usato tastiere
in cirillico: cosa molto difficile da procurarsi per un qualsiasi servizio
segreto che non disponga di più di 20 dollari di budget.
Avevo già
notato altre volte che le principali testate italiane amplificano certe notizie
provenienti da ambienti del potere USA molto meno degli stessi giornali
americani e meno di tutti i quotidiani europei. Al solito: siamo più realisti del re.
Perciò ho voluto
dare una rapida occhiata alle versioni on line del New York Times, del Washington
Post, del Los Angeles Times, di USA Today, della CNN, di Le Monde, del Guardian, dell’Independent,
di El Pais, nonché dei tedeschi Frankfurter Allgemeine Zeitung e Die Welt.
Ebbene,
nessuna testata di un tale significativo campione dell’Occidente mediatico
apriva con questa notizia. I giornali davano semmai risalto alle aspre dichiarazioni
di Donald Trump contro i genitori Democrat
di un soldato musulmano morto in Iraq, un’altra polemica della campagna
presidenziale statunitense più attuale e più rilevante.
Quando,
spulciando le prime pagine, si trovava finalmente la storia delle accuse di
Hillary ai russi, questa non figurava certo come notizia di apertura. In alcuni
casi non era nemmeno in home page, e in tutti i casi si usavano formule molto più prudenti e dubitative rispetto agli organi di informazione
nostrani.
Sul New York Times, nel corpo dell’articolo che riprende la notizia,
si può leggere che «finora l’amministrazione ha tagliato corto rispetto alle
accuse al governo russo del presidente Vladimir V. Putin di aver architettato
il furto delle ricerche e delle email provenienti dal Comitato Nazionale
Democratico e di aver introdotto degli hacker in altri sistemi informatici
della campagna elettorale» e si precisa che i sospetti sono alimentati da
gruppi investigativi «privati».
L’unico modo
per scoprire se gli hacker sono stati assistiti dai sistemi russi consisterebbe
nel fare una massiccia operazione di
intrusione dell’agenzia NSA nelle reti legate a Mosca, ossia un cyber-attacco che ora come ora
risulterebbe sorretto solo da un misero sospetto e non da prove. Il cronista
ricorda anche che a suo tempo Edward
Snowden ha rivelato che la NSA fa sforzi quotidiani per cercare di penetrare
nei sistemi informatici russi, comprese le installazioni nucleari.
Come a dire:
non è mica una novità che Mosca e Washington si spiino le rispettive reti
informatiche, ed è estremamente difficile avere prove sulla provenienza reale
delle intrusioni, prove ottenibili (forse) solo con intrusioni di altrettanta
gravità, atti di grave valenza militare.
Alla fine, la
notizia - di portata molto più modesta - è semplicemente che Hillary sta lanciando accuse non suffragate
da prove. Davvero tutto qui. È dunque solo un urlo da campagna elettorale,
da ponderare come uno dei tanti trucchi che saranno usati da qui a novembre,
non certo una notizia mondiale con cui aprire il tuo giornale.
Solo che se la
russofobia fa ormai parte del
pacchetto obbligato dei tuoi servizi, il
tuo giornale confeziona il mondo di conseguenza, con quella gerarchia falsa
delle notizie.
Sarebbe invece
interessante non farsi distrarre su storie di spionaggio e osservare i contenuti di queste famose e-mail di
Hillary Clinton. Emergerebbe il cinismo criminale con cui da Segretaria di
Stato – agendo perfino contro altri settori dell’amministrazione USA - ha
scatenato le guerre che ci hanno
precipitato nell’instabilità accresciuta del Mediterraneo. Emergerebbe la
spregiudicatezza con cui da candidata – usando contro le regole le strutture
del partito - ha truccato e violato il
gioco delle primarie.
Così come emergerebbe che la candidata che accusa Trump di ottenere favori dai russi gode dei finanziamenti provenienti dalle petromonarchie oscurantiste del Golfo.
Ma alla fine del tunnel del giornalismo italiota, il colpevole abita comunque al Cremlino.
Così come emergerebbe che la candidata che accusa Trump di ottenere favori dai russi gode dei finanziamenti provenienti dalle petromonarchie oscurantiste del Golfo.
Ma alla fine del tunnel del giornalismo italiota, il colpevole abita comunque al Cremlino.
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