Davvero
curioso leggere l’altalenante autocritica pronunciata dall’ex ambasciatore USA in Siria, Robert
Ford. In Italia ne ha parlato SpondaSud.it, senza
che i grandi media italiani riprendessero queste notevoli dichiarazioni, che il
lettore potrà leggere almeno in coda a questo articolo. Robert Ford è uno degli
esempi più riusciti di quella nuova specie di ambasciatori che risponde a
Washington, e che ha perfettamente descritto il generale Fabio Mini, il quale afferma che il Dipartimento di Stato USA «ormai non dirige più la diplomazia delle
feluche e dei party e che nel rispetto della convenzione di Vienna dovrebbe
astenersi dall’interferenza negli affari interni degli altri paesi. In realtà
non dirige neppure diplomatici. Gli ambasciatori si atteggiano a spie e hanno
adottato le tecniche della CIA dei tempi di Pinochet e dei narcos intervenendo
direttamente nella politica e negli affari dei paesi di accreditamento»[1].
E
come intervengono, questi ambasciatori
mutanti? Il generale Mini non usa mezzi termini: «Mettono in campo tutti
gli strumenti di pressione e sovversione disponibili: vecchi e nuovi, soft e hard, pubblici e privati, manovrando e manipolando persone e
opinioni con i social media, con la corruzione dei funzionari, l’intervento di
mercenari, di organizzazioni non governative, di Stati terzi. La cosiddetta public diplomacy si è mescolata alle
operazioni militari speciali, alle connessioni con le reti criminali e
malavitose, con gli estremisti e con i terroristi. La chiave è la provocazione
di eventi che appaiono spontanei e che possono essere attribuiti ad altri. Sono
operazioni lunghe nella preparazione e istantanee nell’esecuzione.»
Per
finanziare queste attività l’ambasciatore di nuovo tipo non attinge a risorse
ministeriali, ma preferisce «cercare sponsor esterni e alimentare attività
criminali che procurano denaro come i
traffici di droga, di reperti archeologici e di armi, come le rapine o, in
maniera più raffinata, sostenendo l’alta finanza nell’appropriazione di imprese
e industrie da affidare a propri rappresentanti scelti per diventare leader
politici».
Mini
scriveva a ridosso dei primi mesi della crisi ucraina, e la sua rappresentazione
riusciva a effigiare bene anche quel che è successo in Ucraina, con la sequela
di soft power, propaganda, destabilizzazione
e guerra.
Ma
va benissimo anche per ritrarre la figura di Robert Ford. Ne avevamo parlato,
Simone Santini e io, in un articolo del 2012, intitolato «Siria, prima che spari la "tecnica"», nel quale prevedemmo fin troppo esattamente
una situazione in cui gli jihadisti in Toyota sarebbero diventati gli atroci
protagonisti degli eventi. Lì c’era anche un ritratto non convenzionale di Robert
Ford:
«
Chi
ha guidato la mano degli squadroni della morte?
Sarebbe
interessante chiederlo a Robert Ford, l'ambasciatore USA a Damasco. Prima
dell'incarico nella capitale siriana Ford era stato assistente di John
Negroponte quando questi era ambasciatore a Baghdad e anche lì imperversavano
gli squadroni della morte, esattamente come in Honduras ai tempi in cui faceva
l'ambasciatore, e da lì organizzava la guerra sporca dei Contras del Nicaragua,
oltre ad addestrare le forze speciali e i torturatori di tutto il "cortile
di casa" del Sud America.
Uno
sguardo ravvicinato alle violenze in Siria fa sorgere domande terribili sulle
narrazioni ufficiali di chi oggi dà la caccia ad Assad come ieri a Gheddafi.»
Oggi
Ford tiene ancora i piedi in più staffe, sogna sempre di poter cambiare le
sorti della Siria armando oppositori non jihadisti, e nello stesso tempo, in
modo politicamente contraddittorio e insostenibile, propone che l’opposizione prenda
parte «ai negoziati per una soluzione della crisi senza chiedere la partenza di
Assad come condizione preliminare a qualsiasi compromesso». Era un’impostazione
negoziale che - duecentomila vittime fa - le persone di buon senso proponevano inascoltate, mentre le grandi macchine della
propaganda coprivano Ford e ‘hitlerizzavano’ Assad.
L’Impero
del Caos ora forse si accorge che il Caos soffia più forte dei suoi schemi.
Siria, ex ambasciatore USA: ‘L’opposizione
si è comportata barbaramente’
da SpondaSud.it.
L’ex
ambasciatore Usa, in Siria, Robert Ford, ha riconosciuto per la prima volta
che l’opposizione siriana ha usato pratiche barbariche contro i civili fedeli
al presidente siriano Bashar al Assad.
In un’intervista con la rivista americana Foreign Policy, Ford ha lanciato un appello all’opposizione affinché rinunci
alla partenza del presidente Assad come precondizione per una soluzione della
crisi siriana.
Ford, da
sempre molto critico con il presidente Assad, a sorpresa, ha invitato i
gruppi di opposizione a collaborare con l’esercito siriano nella protezione
dei civili.
Secondo
Ford, «la strategia degli Stati Uniti non funziona, da qui la necessità di istituire
un piano alternativo».
I
principali punti del piano possono essere riassunti come segue:
– I gruppi
armati di opposizione addestrati recentemente devono obbedire solo al loro
comando.
–
L’opposizione armata deve rinunciare agli atti barbarici contro i civili
fedeli al presidente Assad.
–
L’opposizione deve tagliare tutti i rapporti con il Fronte al Nosra, affiliata
alla rete di al-Qaeda.
– Non si
devono attaccare i cristiani e le altre minoranze.
– È
necessario che l’opposizione cooperi con l’esercito siriano nel proteggere le
aree.
–
L’opposizione deve prendere parte ai negoziati per una soluzione della crisi
senza chiedere la partenza di Assad come condizione preliminare a qualsiasi
compromesso.
E, infine,
Ford non ha dimenticato di chiedere alla Turchia di chiudere le frontiere per
impedire l’afflusso delle milizie dell’Isis e di Al Nosra verso la Siria.
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[1] Da “La
strana coppia Russia-Cina figlia delle manipolazioni e degli errori di Obama”
di Fabio Mini, su Limes 8/2014
“Cina-Russia-Germania unite da Obama”.
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