Se
consideriamo la Grecia come un laboratorio, così come
in molti fanno da anni, in occasione della vittoria di Tsipras abbiamo
assistito all'incendio di molti alambicchi. Chi conduce
l'esperimento, specie se si tratta di un test pericoloso, corre anche
il rischio di collaudare qualcosa che non risponde ai suoi modelli di
partenza: mette nel conto di sacrificare risorse, forzare i limiti,
spingere al massimo le resistenze, scoprire cosa brucia subito e cosa
provoca ritorni di fiamma imprevisti.
Se
gli va bene, scopre una nuova formula che potrà ogni volta
padroneggiare. Se gli va male, può provare e riprovare ancora sulle
cavie, e solo dopo potrà estendere le esperienze sicure su un
sistema più vasto. Oppure può circondare di misure di sicurezza
quel piccolo e scoppiettante laboratorio isolato.
La
Grecia è stata già altre volte un’officina per gli sperimentatori
delle élite occidentali. Se ci pensiamo, negli stessi anni in cui in
Italia gli ambienti atlantisti influenzavano la vita politica con la
strategia della tensione e vari tentativi di colpo di Stato, ad Atene
i militari andavano davvero al potere con un golpe, instaurando la
Dittatura dei Colonnelli (1967-1974). Nella culla della
civiltà europea si poté così sperimentare per qualche anno la
soppressione delle normali libertà civili, lo scioglimento dei
partiti politici, l’istituzione di tribunali militari speciali, il
ricorso alla tortura e al confino per migliaia di oppositori.
L’esperimento non funzionò. Il golpe classico suscitava troppa
opposizione interna e internazionale, i più intraprendenti fuggivano
e l’economia diventava insostenibile. Negli anni successivi, in
Italia, appresa la lezione greca, si dimostrò che funzionava
meglio un condizionamento di tipo piduista, che faceva
sentire la minaccia della violenza, ma usava un approccio più
graduale e tentacolare. Il prezzo del test lo avevano già pagato
i greci.
Nel
nuovo secolo, dall’instancabile cantiere oligarchico è partito un
ulteriore “esperimento greco”, proprio negli anni in cui si è
via via instaurato un nuovo tipo di regime
europeo:
cioè un regime che ha portato alle estreme conseguenze i
difetti sempre più odiosi e antidemocratici della costruzione
comunitaria e ha imposto le disfunzioni
permanenti
dell’euro,
una moneta «che non dovrebbe esistere», (come ha scritto finanche
il servizio studi del colosso bancario svizzero UBS),
e che impone anche notevoli costi per un'eventuale uscita.
[Naturalmente
debbo postulare che a carico dei greci sia stato realizzato un
esperimento pienamente intenzionale, altrimenti dovrei
concludere che l’Europa è governata da idioti e sprovveduti. Cosa
sempre possibile, ma meno probabile, nonostante le facce stolide di
molti governanti ed eurocrati.]
La
Grecia sarebbe stata sufficientemente piccola da poter disinnescare
il suo debito sovrano senza spargimenti di sangue, senza imporre
fiscalità assassine, senza deprimere l’economia, ecc. Eppure le
sono state imposte regole rigidissime, totalmente insensate e
destinate a fare un buco nell'acqua. Solo un mondo intellettualmente
fallito di pseudo-economisti traditori e ben pasciuti poteva
insistere per anni sull’«austerità espansiva»
(ossia praticare il salasso agli anemici aspettandosi di aumentare la
massa sanguigna: puro nonsense).
Si è abusato impunemente di un intero popolo, quello greco, che
aveva la colpa di non essere numeroso e di avere un PIL che incideva
sull’Europa quanto quello della provincia di Treviso sul PIL
italiano.
La
spirale del debito non veniva interrotta ma sovralimentata. Persino
negli algidi trattati tecnocratici europei, da Maastricht in poi, è
scritto il sacro principio della “Solidarietà fra gli Stati
membri”. I padroni del laboratorio hanno invece deciso che
quell’ingrediente doveva restare una lettera morta
sul ricettario.
Sulla
pelle dei greci, i padroni del laboratorio hanno così potuto misurare in una scala
relativamente ridotta una serie di fenomeni: quanto può crescere la
disoccupazione in un Paese e fino a che punto si deprezzano i beni,
quand’è che un sistema sanitario crolla, qual è il punto di
ebollizione da cui partono le rivolte violente e gli assalti ai
fornai, come si dosa il monopolio della violenza affidato alla
polizia, in che proporzione crescono i voti ai nazisti e quanto
questi siano utilizzabili per dividere il popolo, quale livello di
passività politica può raggiungere chi non ha più tempo per un
proprio ruolo sociale e deve pensare solo a sopravvivere mentre
evaporano stipendi e pensioni. Fino a che punto i partiti che reggono
il sacco alle banche straniere resistono ancora all’erosione dei
voti perché offrono ancora in cambio briciole residue per tenersi in
vita? Qual è la chimica di una nazione disperata? Esplode, si
evolve o implode?
La
troika
FMI-UE-BCE
è andata avanti registrando tutti i movimenti con i suoi schemi
immutabili, continuando l’esperimento con impassibilità e
recitando le sue orazioni neoliberiste. Naturalmente il messaggio
mafioso arrivava agli altri PIIGS,
maledetti maiali-cicala:
avete vissuto troppo al disopra dei vostri mezzi, siete nati per
soffrire e per «fare le riforme
strutturali»,
con una svalutazione del lavoro in favore del capitale finanziario.
Nel Laboratorio Grecia si esagerava, fino a volerla trasformare in
una Zona Economica Speciale alla cinese, con salari da poche centinaia di
euro, non senza aver distrutto quasi un milione di posti di lavoro.
Questo
calvario è richiesto ai greci ancora una volta dalla comare secca
che guida il FMI, Christine
Lagarde,
che ha rilasciato una tempestiva intervista su «Le Monde» e «la
Repubblica», il 27 gennaio 2015. Sarebbe stato interessante chiedere
alla Lagarde se è vero quel che dice su di lei il Gran Maestro
Gioele Magaldi nel suo libro “Massoni”,
cioè se appartenga a ben due logge massoniche ultraoligarchiche
transnazionali, la “Pan
Europa” e
la “Three
Eyes”,
alla quale ultima – sostiene Magaldi – sarà possibile rivelare
l’affiliazione anche di Giorgio
Napolitano
e
Mario
Draghi.
Anche senza aspettare le risposte di Christine e i suoi fratelli,
sappiamo comunque che la
pensano tutti allo stesso modo sulla Grecia.
A caldo, ieri, Draghi ha perfino fatto notare che
la pressione fiscale in Grecia resta «ben inferiore sia alla media
dell’area euro, sia a quella di tutta l’Unione europea a 28.»
Ossia: c’è ancora un po’ di carne da staccare dall’osso, che
cosa mai vorranno negoziare questi ellenici. Fabio Scacciavillani twitta:
«Un popolo di parassiti elegge una banda di ferrivecchi falliti».
Scacciavillani, per chi non lo sapesse, è Chief Economist del Fondo
d'investimenti dell'Oman. Per la sua ideologia, un insegnante greco è
dunque un parassita, laddove il Sultano dell’Oman è un adorabile
filantropo e i grandi fondi speculativi sono immacolati agenti del
Bene, purché ogni tanto li si foraggi con pubblico denaro: insomma,
il solito neoliberista con il mercato degli altri, con proiezioni freudiane sul parassitismo.
L’ascesa
di Syriza e del suo leader Alexis Tsipras è
nata dunque in reazione a questo esperimento crudele e interminabile,
perpetuato da tanti reggicoda e ideologi in seno all’establishment.
Dentro
le vampe del laboratorio, Tsipras ha dovuto fare una cosa molto
chiara: individuare il
nemico sin
da subito. Non ha mai pronunciato una frase come quella che invece
pronunciò Nichi Vendola
in un'intervista all'«Espresso»
del 16 giugno 2011,
quando vedeva tra i semi della svolta «l’impegno di due grandi
cattedre: quella di Papa Ratzinger e quella del papa laico, Mario
Draghi. Ambedue hanno colto nella precarietà un dato di crisi
globale della nostra società. Il mondo mette in movimento tanti
mondi. Tanti mondi mettono in movimento il mondo». Vendola associava
uno dei più venerabili maestri della prassi oligarchica, Draghi il
“papa laico”, nientemeno che a un nuovo «formidabile processo di
critica verso le oligarchie» fra i giovani e i movimenti. Si
spiegano molte cose sui diversi destini della sinistra radicale in
Grecia e in Italia.
Così
come non si sa cosa voglia dire oggi il vicepresidente
dell’europarlamento, Gianni Pittella (PD), quando invita
Tsipras ad «avviare da subito i negoziati con le forze progressiste
ed europeiste greche, per formare un governo stabile e autorevole»,
cioè con i complici più ipocriti dell’austerity. Tsipras, che è
un politico vero, si è guardato bene dal dargli retta, e un minuto
dopo ha invece concluso un accordo di governo con un altro partito.
Un partito di destra, ma con la faccia al posto della faccia, a
differenza di Pittella. Il quale continua il comunicato invitando il
buon Alexis ad affrontare insieme le «sfide enormi come la lotta
alla corruzione, all’evasione fiscale e alla disoccupazione», cioè
gli effetti secondari delle cause che Pittella e sodali hanno
favorito, ad esempio promuovendo i Mario Monti e i Papademos, i Jobs
Act e le iniquità strutturali dell’attuale moneta.
L’economista
anti-euro Alberto
Bagnai
si
è affrettato a dire
che Tsipras è solo uno specchietto per le allodole e che serve ad
anestetizzare il dissenso. Anche lui, come altri, ha notato che
Tsipras non sta guidando la Rivoluzione. Bagnai trascura però un
fatto che ha messo bene in luce Giuseppe Masala:
le armi in mano al nuovo primo ministro greco sono poche e spuntate,
mentre tante armi potenti sono in mano straniera. Tsipras potrà fare
politica e trovarsi alleati in Europa, ma l’esperimento (e anche
l’incendio del laboratorio) è ancora in corso.
Nelle
condizioni attuali, Tsipras non vuole fare la forzatura di una
spallata rivoluzionaria: il suo è puro realismo politico.
In
troppi dimenticano che il primo partito greco, Syriza, ha ottenuto
solo il 36,3% dei voti validi, i quali a loro volta sono da
calcolare su appena il 64% del corpo elettorale. Tsipras conosce bene
una famosa frase del segretario del Partito Comunista Italiano Enrico
Berlinguer, a suo tempo molto meditata: «Sarebbe del tutto
illusorio pensare che, anche se i partiti e le forze di sinistra
riuscissero a raggiungere il 51 per cento dei voti e della
rappresentanza parlamentare... questo fatto garantirebbe la
sopravvivenza e l'opera di un governo che fosse espressione di tale
51 per cento.»
La
frase è del 1973: in Cile è appena andato al potere il generale
golpista Pinochet che ha rovesciato Allende, mentre i colonnelli
governano ancora Atene. Il dollaro da due anni non è più
convertibile in oro, e la domanda di dollari esplode con il boom del
prezzo del petrolio. In Italia settori rilevanti delle classi
dirigenti atlantiste fanno sentire “tintinnio di sciabole”, in
piena strategia della tensione. Berlinguer propone una forza di
governo a un paese a sovranità limitata, condizionato da leve che
non sono nelle sue mani, per lui ancora irraggiungibili. Con la
proposta del “compromesso storico” punta a far tollerare
al campo internazionale in cui si trova, all’interno del Patto
Atlantico, l’arrivo al governo di una forza in crescita,
eterodossa, formatasi con schemi diversi rispetto agli schieramenti
organici alla politica occidentale, e per giunta in storici rapporti
con l’URSS, nell’altro campo internazionale. Anni dopo, in
un’intervista, Berlinguer arriva anche a dichiarare che si sente
più sicuro sotto l’ombrello protettivo della NATO che sotto il
Patto di Varsavia. Il segretario del PCI porta ai limiti estremi
l’ipotesi difficilissima di cambiare la vita di uno Stato sulle ali
di un risultato elettorale che non si prefigge un “cambio di campo”
della nazione.
Finché
in Italia ci furono partiti forti e di massa, questi esercitarono una
semi-sovranità in grado di correggere e contenere l’esercizio
di poteri sovrani esterni che limitavano la sovranità italiana. Ma
c’era evidentemente un limite invalicabile, oltre il quale la
semi-sovranità soccombeva ai rapporti di forza opachi del sistema
atlantico.
Similmente,
Tsipras ha massimizzato la forza politica ottenibile con il voto
degli elettori in presenza di una proposta di governo riformatrice,
consapevole di muoversi all’interno di vincoli letteralmente
incontrollabili.
È
soltanto con il senno del poi che possiamo dire che la strategia di
Berlinguer non avrebbe mai potuto ottenere i suoi obiettivi. Ma con
il senno di chi agiva allora era una scommessa difficilissima,
purtuttavia degna di essere perseguita.
Allo
stesso modo, anche la scommessa di Alexis Tsipras è estremamente
difficile, perché è condizionata da un campo internazionale molto
maldisposto verso spinte contrarie al vento neoliberista, nel momento
in cui sul piano militare si moltiplicano i focolai di guerra lungo i
confini sempre più larghi della NATO, e sul piano economico si va a
grandi passi verso una “NATO economica” da regolare con i
nuovi trattati atlantici sul commercio e la finanza, con l’obiettivo
di abbattere il ruolo della Russia e consolidare un’Europa più
debole, In quel contesto, avremmo una Germania gendarme, circondata
da un immenso Mezzogiorno europeo impoverito: la versione upgraded
del Laboratorio greco. Un incubo reale.
Per
parte nostra, è però interessante notare che le strade non siano
state tutte percorse, e il futuro riservi quote di imprevedibilità
in grado di scottare gli scienziati pazzi. Il nuovo ministro greco
delle Finanze, Yanis
Varoufakis,
un comunista determinato e molto preparato, parla l’inglese meglio
dei maggiordomi europei che biascicano un misero anglofinanziese. Il
suo è l’inglese con cui conversa ogni giorno con il suo carissimo
amico James
Galbraith,
figlio del grande economista John Kenneth, a sua volta primo
consigliere economico di John F. Kennedy e indimenticato autore di
“L’economia della truffa”,
un libro che faceva già anni fa il ritratto dei nemici della Grecia.
I nemici di tutti noi.
Rispetto
agli anni settanta prima descritti ora interviene una dose maggiore
di caos sistemico. Ai piani alti scommettono sulla
controllabilità di questo caos per ottenere nuovi vantaggi, ma non è
affatto detto che possano controllare tutto. Attori politici
sufficientemente coraggiosi potrebbero cambiare lo scenario. Anche in
Italia. Purché sia gente che studi a fondo la figura di Gennaro
Migliore, per poi comportarsi in maniera esattamente contraria.
Purché sia gente che studi il M5S, ne colga la carica innovativa e
ne rigetti le sue tristi derive che portano a un vicolo cieco.
Non ci stancheremo infine di far
notare che in Europa hanno voluto aprire un altro importante
laboratorio di sperimentazione, stavolta in chiave militare, la
crisi ucraina, un golpe a trazione americana, con Kiev
occupata da plenipotenziari neocoloniali dell’élite oligarchica e finanziaria, e il Donbass percorso da milizie nazistoidi e da
mercenari. Le stesse classi dirigenti che hanno consentito per anni
lo scempio della Grecia, chiudono gli occhi di fronte allo scempio
dell’Ucraina, dove si stanno incubando
i germi di un nuovo modello violento e nazistoide, magari da ibridare con il laboratorio
finanziario greco. È perciò significativo che uno dei primissimi
pronunciamenti del governo Tsipras sia stato quello di sconfessare il comunicato dei leader europei che prefigurava nuove sanzioni
contro la Russia, con tanto di telefonata di Tsipras all'Alto
rappresentante UE Federica Mogherini per esprimerle solennemente «il
suo malcontento».
La
Grecia diventerà un soggetto combattivo. L'Europa
che ha affossato il gasdotto South Stream ma non vuole rinunciare al
gas dovrà passare proprio dalla Grecia,
visto che le pipelines convergeranno in Turchia. L'esperimento greco
riserverà sorprese inattese.
Intanto,
un fenomeno elettorale nuovo, Podemos,
in Spagna, anch'esso con il vento in poppa, individua già un tema
chiave: uscire dalla NATO. Il concetto può diventare a sua volta un
laboratorio, questa volta in mani popolari, per costruire le premesse
della vera libertà e della pace europea.
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