Per
giorni e giorni gli analisti mainstream ci hanno inondato,
dall’alto dei loro pulpiti televisivi e giornalistici, che la fine
del “regime” russo era vicina. Secondo loro, i cosiddetti mercati
finanziari avevano mostrato il pollice verso nei confronti di questa
nazione destinata a rivedere i giorni della penuria dell’epoca di
Boris Eltsin. I mercati – essi ci spiegavano – avevano emesso la
loro sentenza e anche la Russia, come qualunque nazione al mondo,
doveva chinare il capo di fronte alla loro divina volontà.
Tralasciando
i dubbi e le perplessità su una simile strategia, ciò che lascia sbalorditi è che da alcuni giorni questa litania massmediatica sia
completamente scomparsa: blackout. Perché? Dovremmo chiederlo ai
giornalisti che prima parlavano e ora tacciono: secondo loro, il
destino è già segnato oppure è successo qualcosa che forse è
meglio nascondere? Qualcosa che confligge sia con la narrazione
proposta nell'immediato (la Russia in crisi), sia con la
metanarrazione di sempre, quella che deve vedere l’Aquila imperiale
americana sempre trionfante nel mondo?
Andiamo
a verificare con il seguente grafico se è successo qualcosa degna di
nota da quando è calato il blackout informativo sulla “crisi del
Rublo”.
Come
si può vedere, il Rublo ha recuperato il 30% del suo valore
sull’Euro (e sostanzialmente il recupero è stato della stessa
misura sul Dollaro).
Cosa
è successo di così importante da portare a un recupero altrettanto
spettacolare rispetto all’attacco speculativo che aveva spinto la
moneta russa nell’abisso? A leggere i giornali occidentali non è
accaduto assolutamente nulla. Anzi ripetiamo, l’argomento è caduto
in un oblio che sa di censura.
Ma
andando a verificare sui siti in lingua russa qualcosa di molto
importante è invece accaduto
(http://info-patriot.com/novosti/politika/kitay-podal-rossii-ruku-pomoshchi.html).
Come
si sa le banche centrali della Russia e della Cina hanno firmato dei
contratti (swap)
per scambiarsi direttamente le loro valute senza l’intermediazione
del Dollaro. Il tasso di cambio previsto da questi contratti era
pari a 5,67 rubli per 1 yuan renminbi. Considerato che lo Yuan viene
scambiato con le altre valute (Dollaro compreso) all’interno di una
banda di oscillazione del 2% rispetto ad una parità centrale
stabilita dalla Banca Centrale Cinese, si viene a creare una
particolare situazione nella quale qualcuno (leggi la Russia) può
vendere yuan (ottenuti al cambio stabilito dal contratto swap) in
cambio di dollari e con questi ultimi acquistare rubli. Acquistando
rubli ne aumenterebbe immediatamente il valore rispetto al Dollaro e
ciò esporrebbe a enormi perdite coloro che hanno venduto rubli “allo
scoperto” (senza possederli) sperando di riacquistarli
successivamente e dunque confidando che si siano svalutati al fine di
lucrare la differenza.
Insomma,
per la Banca Centrale russa si aprirebbe grazie all’assist della
PBoC (banca centrale cinese) la possibilità di effettuare un enorme
operazione di “arbitraggio” (cfr.
http://www.treccani.it/enciclopedia/arbitraggio_(Dizionario-di-Economia-e-Finanza)
tale da esporre a enormi perdite coloro che speculavano contro il
Rublo. Confermando il cambio sullo swap i cinesi hanno offerto un
arbitraggio del 100% ai russi. Roba da far saltare tutti gli
speculatori in un paio di giorni.
Che
le cose siano andate sostanzialmente così è un ipotesi – credo -
estremamente plausibile e la tesi viene rafforzata enormemente
dall’assordante ed emblematico silenzio nella quale è caduta “la
crisi del rublo” sui media mainstream. Silenzio talmente
impenetrabile che i lettori più sprovveduti probabilmente non sanno
nulla del recupero del Rublo rispetto al Dollaro e all’Euro e sono
probabilmente convinti che i russi siano in preda ad una crisi
isterica per l’impossibilità di comprare IPod e dove –
addirittura - le classi meno abbienti stanno già patendo la fame per
il rincaro delle derrate alimentari.
Meglio
stendere un velo pietoso su questa cappa di omertà che avvolge i
media occidentali e che sempre più assomiglia ad una plumbea
forma di censura.
Concentriamoci
per un attimo sull’aspetto veramente importante di questa
situazione: i mercati finanziari occidentali, che spesso hanno
attaccato i paesi considerati non allineati con le posizioni
dell’Impero, per la prima volta nella storia non sono riusciti a
distruggere la moneta e di conseguenza l’economia del paese sotto
attacco ma sono andati incontro ad una vera e propria Caporetto di
portata storica. Ormai a comandare è quella che anche per l’FMI
è diventata la prima economia del mondo: la Cina.
Nel
frattempo l’Aquila imperiale americana è rientrata un po’
malconcia nel suo nido, probabilmente a meditare vendetta.
Da
constatare che però quest’aquila spennacchiata, per non veder
smentita la metanarrazione che deve vederla sempre trionfante, ha
dato l’ordine ai suoi corifei di propagandare l’ultima assurda
balla: la crescita del suo Pil del 5%. Un PIL di cartapesta come i
carri del Carnevale di Viareggio.
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