Giulietto Chiesa è stato dunque rilasciato,
ma non ha ancora ricevuto dalle autorità dell'Estonia un'esauriente
spiegazione dei motivi per i quali è stato arrestato. C'è un
decreto di espulsione, dicono. L'ha emanato ad personam il
governo di un paese membro dell'Unione europea: senza nessuna accusa
formulata in nome di una qualche fattispecie di reato. Si è voluto
colpire un cittadino di quella stessa Unione europea, una personalità
pubblica nel pieno dei suoi diritti politici e di parola, da sempre
proclamati come il miglior primato dell'Europa.
In teoria, tutti hanno quei diritti, ma
vengono usati poco e sempre meno. Per i diritti funziona al contrario
dei vestiti: meno li usi più si sgualciscono. Giulietto indossa
invece tutte le sfumature del diritto di parola e perciò mostra la
veste integra della libertà, che spicca in mezzo a un sistema
dell'informazione ormai agli stracci. Questa veste – a qualcuno –
è sembrata troppo intatta. Non è un caso che si cominci da uno dei
paesi baltici, quelli in cui, assieme alla Polonia e all'Ucraina, con
la benedizione della NATO, si sta formando un cuore nero
dell'Occidente: lì, in piena Europa, si sta "normalizzando"
un modo di concepire l'Occidente alla maniera dell'America Latina
degli anni settanta. È un sistema in cui le strategie militari e
finanziarie le decide Washington, gli apparati repressivi sono in
mano a manovalanza di ispirazione nazista, i simboli storici sono
manipolati con ogni mezzo, si rimuove con la forza ogni memoria
antifascista e si recuperano simboli, monumenti, cimeli legati al
peggiore nazionalismo. Per le idee diverse c'è la repressione.
Una parte dei lettori conoscerà uno
dei libri più “strani” di Giulietto Chiesa, “Il candidato lettone”, che racconta una storia – la sua
candidatura in Lettonia alle elezioni europee del 2009 – per
narrare una storia più grande ancora, che quasi nessuno a Ovest ha
saputo vedere: quella delle repubbliche baltiche post-sovietiche (e
fresche di NATO e di UE), dove intere comunità di lingua russa sono
state private dei diritti elettorali e della cittadinanza, per
ritrovarsi con il passaporto segnato dalla scritta “alien”. Un
capitolo di quel libro parla dell'Estonia e sembra spiegare perché
oggi c'è stato questo arresto:
«Mi rendevo conto, nonostante fossi lontano, che si stava preparando un focolaio, che avrebbe presto potuto trasformarsi in un incendio. E avvertivo anche che l'informazione che arrivava da Tallinn era – per usare un eufemismo – incompleta, inadeguata, e che, per capirci qualche cosa, si doveva integrarla con le notizie che venivano da Mosca. L'esperienza mi diceva che le crisi non nascono per caso. Anche se appaiono all'improvviso, hanno sempre una gestazione lunga ed è quella che bisogna scandagliare. Sono come corsi d'acqua, che escono dagli argini all'ultimo momento. Ma è evidente che la questione non è soltanto se gli argini siano sufficientemente alti; bisogna capire perché tanta acqua sia scesa dai monti».
L'acqua baltica dell'ultimo decennio è
quella del recupero della memoria delle SS, della persecuzione dei
russi, delle ondate repressive in stile G8 di Genova, tutte
raccontate nel libro, che ancora non poteva descrivere gli sviluppi
che invece nel 2014 ha poi raccontato Pandora TV: la guerra ucraina, la
veloce e drammatica militarizzazione NATO dell'Est europeo;
l'oltranzismo dei leader di quell'area, sempre più organici ai loro
burattinai d'Oltreoceano, al punto che cedono platealmente i
ministeri chiave e la finanza a ministri stranieri, come in Ucraina;
le stragi naziste e i villaggi bombardati dall'artiglieria, le
centinaia di migliaia di profughi, l'Europa delle sanzioni
autolesioniste.
Su questo fiume di eventi c'è l'alba cupa
dell'Europa che va incontro alla guerra da Est, non trattenuta
dall'altra Europa più a Ovest, a sua volta devastata dall'austerity
del regime europeo. Solo in un contesto simile potevano eleggere il
polacco Donald Tusk come presidente del Consiglio Europeo. Ai piani
alti vogliono quanta più russofobia possibile.
Non è che dovete andare d'accordo con
Giulietto Chiesa. Non è che dovete leggere “Il candidato lettone”.
Vi basti rileggere Bertolt Brecht, quando riprende la poesia “prima vennero” di Martin Niemöller. Si tratta di capire in tempo
dove si va.
Questo arresto ci dice che il regime
europeo non solo emargina le voci dissidenti ma non vuole più
tollerarne l'esistenza. Il silenzio mediatico su notizie importanti
non basta più alle correnti atlantiste che dominano il continente.
Vedono che c'è chi non si rassegna al silenzio, mentre avverte –
qui e lì per l'Europa – che bisogna fare molto chiasso, e urlare
che la guerra non sarà in nostro nome.
Le dichiarazioni a caldo di Giulietto
Chiesa – di nuovo libero dopo le ore di cella e dopo l'estenuante
lavorio dell'ambasciatore italiano - suonano, come di sua abitudine,
in termini di un programma di impegni: «L'episodio
è sicuramente grave. Ma è anche una lezione da imparare. Ci aiuta a
capire che razza di Europa è quella che ci troviamo davanti ora. E
che battaglia dovremo fare per cambiarla, per rovesciarla come un
calzino. Se non vogliamo che questa gente rovesci noi.»
Lettura consigliata:
DIRETTIVA
2004/38/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 29 aprile 2004, relativa al
diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare
liberamente nel territorio degli
Stati membri.
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