di Pino Cabras - da Megachip. CON UN IMPORTANTE AGGIORNAMENTO DEL 28 AGOSTO 2011 IN CODA ALL'ARTICOLO.
Quando ho commentato a caldo la terribile strage di Oslo di venerdì 22 luglio ho commesso un errore di cui mi sono accorto in ritardo, e che cambia una parte molto importante di quella valutazione. Descrivo il mio errore. Nell’articolo, scritto la sera stessa degli attentati, ho fatto riferimento a un link che portava a un articolo del quotidiano norvegese Aftenposten: (http://mobil.aftenposten.no/article.htm?articleId=3569108). Come avevo fatto altre migliaia di volte per altri articoli, ho letto la data di pubblicazione, che in quel caso riportava il 22 luglio 2011. Si trattava di una breve cronaca accompagnata da un video in cui si descriveva un’esercitazione delle forze antiterrorismo in pieno centro di Oslo avvenuta «mercoledì», con tanto di esplosioni e mobilitazioni di uomini in armi.
La percepita vicinanza delle esercitazioni rispetto alla strage mi sembrava un fatto da segnalare con adeguata evidenza, perché in occasione dell’11 settembre 2001 americano e del 7 luglio 2005 londinese c’erano state esercitazioni degli apparati di sicurezza che avevano interferito con la linea degli eventi. Sugli attentati di Londra menzionavo il fatto che «un'agenzia di sicurezza che si curava della metropolitana stava conducendo un’esercitazione con eventi terroristici simulati che dovevano svolgersi nei medesimi orari ed esattamente negli stessi luoghi in cui accaddero per davvero. Una sfida impossibile alla statistica, su cui né Scotland Yard né il giornalismo britannico – istituzioni regolarmente sopravvalutate - hanno provato a fare obiezioni di sorta.» (http://www.youtube.com/watch?v=JKvkhe3rqtc) La data che appariva sul link di Aftenposten, tuttavia non era quella della prima pubblicazione reale di quell’articolo. Ogni volta che quella pagina viene ricaricata sul pc - come ho potuto apprendere solo in seguito – accanto alla dicitura “Publisert”, ossia “Pubblicato il”, appare la data della pagina ricaricata, e non quella della prima vera pubblicazione. Agli occhi dell’utente è strano, ma è così, e potete verificarlo voi stessi cliccando sul link in questione. Ho perciò scritto a Hans O. Torgersen, il cronista di Aftenposten che aveva raccontato e filmato la simulazione delle forze speciali, per chiedergli quale fosse la vera data. Ieri Torgensen mi ha gentilmente attestato che la data dell’articolo è in realtà il 18 marzo 2010. Cioè oltre un anno prima. Lo si evince da questo altro link che porta allo stesso articolo, ma stavolta senza la data “cangiante”: http://www.aftenposten.no/nyheter/oslo/article3569108.ece.
Mi scuso con i lettori per questo incidente di percorso. Se non altro la lettura dei fatti di Oslo - sebbene presenti molti elementi ancora da scoprire, in particolare le influenze e gli appoggi che hanno preparato il terreno allo stragista Anders Behring Breivik – può al momento escludere la logistica di un’esercitazione che facesse da schermo, a differenza degli scenari dell’11/9, del 7/7 e di Mumbai.
I fatti sono spesso interpretati con schemi, esperienze, pregiudizi. A volte i canovacci semplificano e accelerano la raccolta degli elementi, altre volte portano a sbagliare e a dover correggere il tiro. Per mia fortuna non ho fatto almeno gli errori dei sedicenti esperti di terrorismo (come Guido Olimpio del «Corriere» che pontificava sulla «pista uigura», o come Fiamma Nirenstein del «Giornale» che distillava in un solo editoriale secoli di odio anti islamico sotto il titolo “Sono sempre loro. Ci attaccano”). Sotto l’ombrello ideologico degli orfani di Oriana Fallaci lo spiazzamento è stato davvero devastante.
Va detto che il giornalismo è nato su una carta che il giorno dopo serviva ad avvolgere il pesce; gli errori un tempo erano in qualche modo più tollerati. Oggi il web è una grande entità incancellabile, che implica un trattamento più lungo degli inevitabili sbagli di chi si espone intellettualmente. Mentre scrivo, sto verificando che un sito di anonimi cialtroni attacca tra gli altri anche Megachip proprio per la questione dell’articolo di Aftenposten, fino ad aggiungere questa perla, alla fine di un crescendo paranoico: «È un complottismo sciacallo e vigliacco: sciacallo perché sfrutta la disperazione, la tragedia e la paura; vigliacco perché non ha il coraggio di ammettere che gli autori di certe nefandezze sono spesso espressione di quelle stesse ideologie che sono alla base del complottismo. Anders Behring Breivik è della stessa pasta di tanti complottisti, e in particolare quelli di ideologia neonazista, antisemita, antiamericana.»
Eh no, carini. Breivik è della stessa pasta vostra, pasta Fallaci. Guardate cosa scrive il vostro beneamato sparacchiatore nel suo mattone di 1500 pagine: «Quando qualcuno mi chiede se sono un nazionalsocialista, mi sento profondamente offeso. Se c’è una figura storica che odio è Adolf Hitler». E meno male, aggiungiamo.
E dichiara: «Coloro che deplorano il diritto di Israele ad esistere sono o antisemiti, o sono dementi. Chi ha un po’ di senno dovrebbe sostenere il sionismo (nazionalismo israeliano) che è il diritto di autodifesa di Israele contro lo Jihad». Non vi riconoscete, pseudoamericanisti da strapazzo, quando dice: «Dunque combattiamo insieme ad Israele, a fianco dei nostri fratelli sionisti contro tutti gli anti-sionisti, contro tutti i marxisti-multiculturalisti»? Il suo è un manifesto adatto a caricature vigliacche di un Occidente altrimenti più ricco e complesso, un delirio da atei devoti ultraoccidentali ossessionati da Eurabia. Proprio come voi. È da sistemare nel vostro album di famiglia, fra le perle.
AGGIORNAMENTO DEL 28 AGOSTO 2011
26 minuti prima della strage di Oslo
PER LEGGERE IL RESTO DELL'AGGIORNAMENTO: LEGGI QUI.
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