da Megachip.
Quell'aereo il Pentagono lo ha solo sorvolato? Pubblichiamo la traduzione di un'interessante ipotesi che emerge da un'analisi minuziosa delle testimonianze legate all'attentato dell'11/9. L'articolo - pubblicato anche su ReOpen911.info, è una lettera aperta che sfida uno dei mitografi delle prime versioni ufficiali, Guillaume Dasquié.
Sig. Guillaume Dasquié,
Nel libro “Il complotto. Verità e menzogne sugli attentati dell’11 settembre”, (ediz. ital. edita da Guerini e Associati, prefazione di Lucia Annunziata, NdT), pubblicato nel giugno 2002, lei pretendeva di rispondere «punto per punto» alla tesi di Thierry Meyssan, riassunta nella copertina de “L'incredibile menzogna” da questa frase perentoria: «nessun aereo si è schiantato sul Pentagono».
Meyssan non sviluppava tanto delle teorie alternative nell’opera in questione, limitandosi ad analizzare fotografie e conferenze stampa dei primi soccorsi.
Le ipotesi investigative iniziarono a seguito del giro promozionale.
Considerando dapprima l'esplosione di un camion-bomba parcheggiato di fronte alla parete ovest del Pentagono, Meyssan passò subito alla tesi del missile, indubbiamente in risposta alle testimonianze pubblicate dalla stampa e dopo l'analisi di cinque immagini pubblicate dal Dipartimento della Difesa nel marzo 2002.
La teoria del missile andava a soffocare ogni velleità di un'indagine presso i giornalisti professionisti.
L'autenticità e le numerose testimonianze sull’aereo di linea che volava a bassa quota in direzione del Pentagono ha convinto l’insieme delle redazioni della realtà dell’impatto contro la facciata. Un collegamento tra causa ed effetto in realtà poco evidente, come ha dimostrato il Citizen Investigation Team (CIT), alla fine di un’inchiesta durata tre anni.
La tesi del sorvolo, che pochi scettici consideravano prima di tale lavoro, è una possibilità credibile e ad oggi documentata che potrebbe spiegare molte anomalie della scena del crimine.
Essendo il libro “Il complotto” (titolo originale "L’effroyable mensonge") un punto di riferimento del giornalismo d’inchiesta di fronte ai deliri complottisti, era normale metterlo a confronto con l’inchiesta del CIT sugli avvenimenti di Arlington.
Dopo una rapida presentazione della «teoria del sorvolo e dell'allontanamento», ci concentreremo sulle quaranta pagine tecniche della sua opera, le sole utili a trattare la materia che qui ci interessa: il volo 77 si è schiantato sì o no sul Pentagono, l’11 settembre 2001 alle ore 09:36?
1. La tesi del sorvolo e allontanamento (“the flyover/flyaway theory”)
La traiettoria ufficiale si basa su due elementi: i lampioni "strappati" quando l'aereo ha sorvolato l'autostrada I27 - uno dei principali argomenti usati per invalidare la tesi del missile - e l'orientamento dei danni tra gli anelli E e C Pentagono.
Un tale tracciato richiede che il velivolo si trovasse a sud di Columbia Pike, a sud della pertinenza della US Navy, a sud della ex stazione Citgo, prima di scendere a 850 chilometri all'ora, all’altezza dei lampioni, per colpire finalmente il piano terra dell'edificio, orizzontalmente, a pochi centimetri dal suolo.
Nel 2006, il CIT ha iniziato un'indagine indipendente sul campo, il cui scopo era quello di porre fine alle speculazioni circa gli eventi di Arlington. L'indagine ha dimostrato che i testimoni oculari, compresi gli ufficiali di polizia del Pentagono e il controllore di volo dell’eliporto, confermavano il passaggio a bassa quota di un aereo commerciale. Ma lungo una linea di volo assolutamente incompatibile con il tracciato dei danni materiali.
Questo schema mostra la traiettoria ufficiale, come stabilita in base ai dati del governo.
Le linee gialle sono le traiettorie tracciate sul piano dai testimoni oculari.
Sean Boger, il controllore di volo dell'eliporto del Pentagono è un testimone cruciale. Dalla torre di controllo, a meno di 20 metri dal punto d'impatto, godeva di una vista panoramica della superstrada I27. Interrogato dal CIT il 2 settembre 2009, ha confermato la traiettoria Nord descritta dai testimoni che si trovavano a monte del suo punto di osservazione.
Se queste descrizioni sono esatte, implicano che l’aereo non ha colpito, bensì sorvolato l’edificio. Torneremo in seguito sulle contromisure multiple destinate a coprire la fuga dell’aereo attaccante: il C130, l’E4B e la DRA dell’aeroporto Reagan.
National Security Alert è un’eccellente introduzione al lavoro del CIT. Vi invitiamo a visionare questa presentazione prima di consultare le interviste complementari proposte sui due siti internet dell’associazione.
Certamente, i testimoni potrebbero sbagliarsi, ricostruire a posteriori i fatti su influenza degli intervistatori, o perfino mentire.
Ma due poco conosciute indagini ufficiali, condotte nel 2001, accreditano le risultanze delle indagini del CIT: Il "911 documentary Projet" (“Progetto di documentazione sull’11/9", NdT) della Biblioteca del Congresso e il "Project Noble Eagle" del Center For Military History - parzialmente declassificato dal Pentagono dopo una richiesta FOIA di John Farmer.
Non solo i testimoni descrivevano nel 2001, poche settimane dopo l'attacco, una traiettoria coerente con le dichiarazioni del 2006 e del 2009, ma gli archivi della Biblioteca del Congresso e del C.M.H contengono diverse testimonianze sul sorvolo dell’edificio e l'allontanarsi del velivolo attaccante.
Così, il 30 Novembre 2001, il sergente Roosevelt Robert assicurava agli investigatori del Congresso di aver visto, pochi secondi dopo l’esplosione, un aereo a 30 metri di altezza che sorvolava il parcheggio sud del Pentagono. Controinterrogato dal CIT, Robert R. ha confermato l'identità del velivolo: un aereo a reazione color argento, di tipo commerciale e inclinato a destra. Una descrizione del tutto identica a quella indicata da tutti i testimoni della traiettoria a nord.
Erik Dihli dichiarava dal suo canto agli inquirenti del progetto "Noble Eagle", il 31 dicembre 2001, che «nella confusione dei primi istanti, la gente urlava che una bomba era esplosa e l'aereo fuggiva via».
La stessa informazione fu diffusa dalla catena televisiva WUSA tra le ore 09:37 e le 10:00.
Questo scenario spiegherebbe la testimonianza dei dipendenti del Pentagono che hanno riferito di aver riconosciuto l'odore specifico di cordite, un esplosivo ben noto ai militari.
Ma quanto credito accordare alla testimonianza? Più precisamente, quale valore vi attribuiscono a partire dal 2002 i difensori della versione ufficiale?
2. Dell’importanza dei testimoni
Il suo primo attacco, e senza dubbio il più legittimo, contro “L’incredibile menzogna”, si è concentrato sui testimoni oculari dell’evento. Avendoli Thierry Meyssan spazzati via dalla sua indagine, perché «non sarebbero di grande aiuto», lei scrive alle pagine 25 e 26 della versione francese de "Il complotto":
«Una considerazione rivoluzionaria! I testimoni oculari di solito sono molto ascoltati soprattutto a proposito di un evento materiale, fisico, come quello di uno schianto sul Pentagono, e soprattutto quando sono così numerosi come in questo caso (perché la moltiplicazione dei testimoni per decine vanifica qualsiasi tentativo di costruire false testimonianze). A meno che i testimoni oculari non siano ignorati perché contraddicono un’impalcatura dallo spirito così palpitante.
Cosa dicono i testimoni oculari?
Per farci un'opinione, abbiamo fatto il lavoro accuratamente evitato dall'autore di “L'incredibile menzogna”: una presa di contatto diretta e personale con i testimoni, senza intermediari, vale a dire interviste con la gente più vicina all’origine delle informazioni - l'ABC di un’inchiesta giornalistica. (...) I nostri contatti personali a Washington, la consultazione di stampa e televisione locali dell’11 e 12 settembre hanno consentito nello spazio di tre giorni di identificare diciotto persone che vivono nella zona di Arlington e Washington, facilmente raggiungibili consultando gli elenchi telefonici locali...»
Una dichiarazione di principi seguita da 18 nomi, senza una mappa né una collocazione spaziale dei testimoni, con la notevole eccezione di Paul Coleridge. E una formulazione enigmatica, che non consente al lettore di determinare la portata del suo lavoro sul campo, specie dei suoi eventuali movimenti ad Arlington.
Interrogati su questo punto, né lei, né il signor Jean Guisnel avete voluto risponderci.
Iniziamo dal caso di Paul Coleridge, che secondo lei «... era sul ponte Wilson quando vide l'aereo».
Come le mostra questa mappa, l’aeroporto Reagan giusto vicino al Pentagono e 8 km separano queste due costruzioni dal ponte Wilson.
L'esempio di Paul Coleridge è interessante perché Steve Chaconas, un importante testimone del CIT, si trovava nel frattempo sul fiume Potomac, a circa 1 chilometro e mezzo a nord della presunta posizione di Coleridge.
Questa seconda mappa rappresenta la traiettoria ufficiale del "volo 77" e la traiettoria approssimativa descritta da Steve Chaconas. Prima osservazione: né lui, né Paul Coleridge potevano vedere il punto d'impatto dai loro rispettivi punti di osservazione. Questi due testimoni sono utili, nel migliore dei casi, per determinare il percorso di approccio dell’aeromobile. Ma Paul Coleridge era in grado di distinguere il “volo 77” nel traffico giornaliero del Reagan Airport?
Steve Chaconas è un habitué del fiume Potomac, lungo il quale porta i suoi clienti ogni giorno a pescare. Sottolinea in un’intervista del 4 marzo 2008 che il "Volo 77" aveva catturato la sua attenzione per via della sua traiettoria lontano dal DRA (DRA: Down Rever Approach, ossia la rotta imboccata sopra il Potomac dagli aerei in partenza o in arrivo presso il Reagan Airport), un dettaglio che solo le persone che hanno familiarità con quei luoghi avrebbero notato.
«Ironia di questa testimonianza», è molto probabile che Paul Coledrige, presentato a difesa della versione ufficiale, sia in realtà un testimone a carico. Solo un colloquio approfondito condotto e filmato sul Ponte Wilson, potrebbe chiarire il suo status.
Ma apprendiamo degli altri 17 testimoni de «Il complotto», tra cui John O 'Keefe, un ex "News Supervisor" di «USA Today», di cui lei pubblica la lunga testimonianza - «scritta e firmata» - alle pagine 29 -31. Nonostante una descrizione piuttosto dettagliata dei fatti, nulla consente di localizzare John O’Keefe nei dintorni del Pentagono né di determinare se sia un testimone oculare diretto dell’impatto contro la facciata.
Ecco la sua testimonianza:
«Là, improvvisamente, proveniente dal mio lato sinistro - non so se all’inizio l’ho visto o sentito - è passato un aereo di colore argento. (...) Io sono abituato a vedere degli aerei volare a bassa quota in questo settore, perché siamo veramente a uno o due miglia [1 miglio = 1,6 km] dal National Airport. Ma là sembrava volare troppo basso e girare nella direzione sbagliata. Fino a quando mi sono reso conto che entrava in collisione con il Pentagono. È arrivato in discesa, passando sopra l'autostrada, alla mia sinistra, ed è passato davanti alla mia auto. L'aereo non volava in picchiata. Sembrava sotto controllo e volava come un aereo che sta per atterrare. È successo molto rapidamente e molto vicino a me, ma ho visto chiaramente il nome e il logo dell’American Airlines sull’aereo. C’è stata una gigantesca esplosione, con fiamme arancioni che uscivano dal Pentagono. Pensavo che la strada davanti a me sarebbe stata distrutta. Poi tutto è diventato nero, c'era solo un denso fumo nero.»
Quanti testimoni, fra i 18 citati nel suo libro, avevano una chiara visione della facciata del Pentagono? E tra questi, quanti si misero al riparo al passaggio del velivolo, non essendo più da allora testimoni dell'impatto diretto, ma solo testimoni della traiettoria?
I difensori della versione ufficiale pretendono che 40 persone abbiano assistito allo schianto del Volo 77 sul muro esterno.
La testimonianza del pompiere Allan Wallace, pubblicata da «Libération» il 30 marzo 2002, è un caso da manuale: «Ero a circa 10 metri dalla facciata ovest del Pentagono nei pressi di un camion, con altri due vigili del fuoco. Ho guardato il cielo e improvvisamente ho visto un aereo appena passato sopra l'autostrada, ad altitudine molto bassa. Abbiamo allora cominciato a correre in direzione opposta all’aereo. Non l'ho visto colpire l'edificio, ma abbiamo sentito un rumore tremendo. Quando sono tornato, era per vedere un’enorme palla di fuoco.»
Non è forse legittimo supporre che le persone in posizione tale da vedere l’impatto ebbero il riflesso naturale di mettersi al riparo? Essendo la sincronizzazione degli eventi tale da portare un gran numero di testimoni a dedurre che l'aereo era all’origine dell'esplosione. La differenza tra "vedere" e "dedurre" non sfuggirà a chiunque, soprattutto non un giornalista investigativo del suo livello.
Purtroppo, i pochi testimoni “oculari” del suo libro non fanno eccezione alla regola. Lei afferma, ad esempio, che Omar Campos «ha visto l’aereo passare sopra la sua testa e urtare il Pentagono».
Eppure ecco la sua precisa dichiarazione a «The Guardian», il 12/09/2001: «It was a passenger plane. I think an American Airways plane. I was cutting the grass and it came in screaming over my head. I felt the impact. The whole ground shook and the whole area was full of fire. I could never imagine I would see anything like that here ».
(Trad.: «Era un aereo passeggeri. Credo un American Airways. Stavo tagliando l'erba ed è passato con gran fracasso sopra la mia testa. Ho avvertito l'impatto. L’intero terreno tremava, e tutta la zona era piena di fuoco. Non avrei mai potuto immaginare che avrei visto niente del genere qui»).
L’intervista del CIT a Steven MacGraw (la n.15 della sua lista), ex legale del dipartimento della giustizia ordinato sacerdote tre mesi prima dell’attentato, è esemplare. Giudicate l'abisso tra la sua testimonianza, così come pubblicata dall’«Arlington Catholic Herald»: «L’aereo ha spezzato un lampione», e le sue dichiarazioni di fronte alla telecamera nel 2008:«L’aereo era così basso che sembrava aver spezzato un lampione».
MacGraw e Sean Boger (presentato come un "testimone oculare" dell’impatto fino a quando non ha riconosciuto, il 9 febbraio 2009, d’essersi rifugiato sotto la sua scrivania, alla vista dell'aereo che arrivava dal lato nord della CITGO) non sono dei casi isolati. Vi invitiamo a guardare l’intervista a Joel Sucherman (n. 6 della sua lista) pubblicata dal CIT, così come la sua analisi dettagliata delle testimonianze dei dipendenti di «USA Today», una redazione massicciamente rappresentata nella lista dei testimoni di "L’effroyable mensonge".
Il che ci porta a Mike Walter, stranamente dipinto del pari di Sucherman e Gaskin en passant come "anonimo" nel suo libro. Il giornalista di «USA Today» stava guidando nei pressi del Pentagono. Interrogato dai giornalisti della CBS e CBS-9 pochi minuti dopo l'evento, ha detto inizialmente che gli alberi ostruivano il suo campo visivo e gli avevano impedito di vedere l'impatto contro la facciata. Tuttavia, sottolineò che l'aereo aveva strappato un lampione, il famoso lampione n. 1, mentre volava sopra il ponte dell’autostrada I27. Successivamente, la sua testimonianza non ha smesso di evolversi in funzione delle esigenze della versione ufficiale.
Nel marzo 2002, intervistato da LCI poco dopo l'uscita de "L'incredibile menzogna", affermerà all'improvviso di aver osservato «l’aereo piegarsi come una fisarmonica contro la facciata», la fisarmonica mutandosi in libellula quando i sostenitori della versione ufficiale avanzarono la teoria delle ali ripiegate. Mike Walter è il testimone star dell’11 settembre 2001: sistematicamente citato dai giornalisti francesi, a volte sull'impatto e i detriti («Libération» del 30marzo 2002, e più recentemente sul set di G.Durand nella trasmissione "L’objet du scandale"), altre volte sui lampioni e sull’affare Loyd England. La confessione di quest’ultimo sulla messa in scena del lampione n. 1 - che avrebbe falsamente trafitto il parabrezza della sua auto - suggeriscono che Mike Walter giocava un ruolo particolarissimo nella costruzione della narrazione mediatica dell’evento, la mattina dell’11 settembre 2001.
In ogni caso, la sua onniscienza (impatto, detriti, lampioni) e l'adattamento costante della sua testimonianza secondo il corso delle evoluzioni della versione ufficiale dovrebbe essere sufficiente ad escluderlo dal novero dei testimoni utili ad accertare i fatti.
È un peccato che né lei né il signor Guisnel vi siate degnati di specificare la natura dei tre mesi d’inchiesta che andavano a compiersi ne “Il complotto”. Perché se il capitolo consacrato ai testimoni non apporta alcuna certezza né argomenti definitivi in favore della versione ufficiale, quello intitolato "La risposta degli esperti", avrebbe dovuto scatenare i sani interrogativi dei suoi colleghi.
3. Gli esperti
A prima vista, però, questo capitolo de "Il complotto" è fra i più convincenti. Tre esperti vi esprimono un giudizio senza appello: il volo 77 si è schiantato sul Pentagono, essendo l'assenza di rottami di fronte al punto d'impatto e la portata del danno sul lato ovest ben spiegati dalle leggi classiche della balistica aeronautica.
Purtroppo, questi tre esperti danno tre versioni diverse e inconciliabili dello schianto.
Secondo Jacques Roland, militare ed esperto presso la Corte d’Appello di Parigi, il volo 77 si sarebbe immolato a una forma rarissima di schianto aereo, lo schianto a 90°.
Per François Grangier, perito del BEA (bureau enquête accident, ossia ufficio indagine incidenti NdT) alla Corte d’Appello di Pau, «il tracciato della traiettoria traiettoria così come lo possiamo conoscere oggi non permette di concludere per un impatto sulla facciata, bensì più verosimilmente sul tetto…».
Uscito dunque di scena lo schianto a 90°, Grangier sarebbe piuttosto da classificare nel campo degli scettici.
Infine il suo ultimo esperto, il generale Brisset, ha detto che «un tale shock trasforma l’aereo in munizioni a “carica cava”, producendo quanto si definisce una punta di fuoco. Nel momento dell'impatto, l'aereo si disintegra e brucia progressivamente, a misura della penetrazione nel foro che ha scavato.» Esce dunque di scena l’impatto a 90°, esce l’impatto sul tetto. Questa volta, un militare ci parla di carica cava ... Cioè un missile!
Prima di non riuscire più a raccapezzarci su questo capitolo chiave del suo libro, desidereremmo ascoltare le sue spiegazioni, specie sulle informazioni messe a disposizione di Jacques Rolland, Francois Grangier, Jean-Vincent Brisset.
Per esempio, che cosa intende quando scrive «Quindi tre costruzioni sono state distrutte, a partire da un cratere con un diametro di entrata di 19 metri. Ironia di questo dettaglio: diverse fotografie aeree brandite da Thierry Meyssan, alle quali tenta di dare un significato equivoco, designano semplicemente una linea di mezzo del tetto carbonizzate e danneggiate sopra la zona attraversata dal Boeing dell’American Airlines...».
Non solo non c'è alcun riferimento a diversi punti importanti dello schianto: i 5 pali sradicati dal Boeing lungo la traiettoria ufficiale, il generatore colpito dal motore destro del velivolo e l'entità precisa dei danni sulla facciata ovest del Pentagono. Ancora più importante, il termine "cratere di 19 metri" è ambiguo: esso non può determinare se i suoi esperti hanno lavorato a partire dalle fotografie della facciata dopo il crollo del tetto o dalle foto precedenti che mostrano danni lineari concentrati sul pianterreno dell'edificio.
a. prima del crollo
b. dopo il crollo
Riassumendo la «risposta degli esperti»:
Jacques Rolland parla di un impatto orizzontale, conforme alle leggi della balistica. Ma non menziona - a dispetto di una descrizione dell’avvenimento «centesimo di secondo per centesimo di secondo» - i numerosi ostacoli talvolta massicci incontrati dal Boeing, né l'asse diagonale di penetrazione del velivolo. Un “dettaglio” che lei sottolinea ancora nel parlare dei lavori preliminari dell’ASCE.
Francois Grangier dubita da parte sua sulla realtà dell’impatto contro la facciata e preferisce prendere in considerazione un impatto attraverso il tetto, che corroborerebbe indirettamente la tesi del CIT. Consideri che Francois Grangier sapeva perfettamente al tempo del vostro incontro che le foto della facciata mostravano la linea del tetto intatta. Lo scambio che segue tra Grangier e Daphne Roulier è estratto dalla trasmissione "C+Clair" del 24 marzo 2002 (Canal+).
«- F. Grangier: … quando si vede la foto di questa facciata che è intatta, è evidente che l’aereo non è passato da lì. Si può immaginare che un aereo di quella dimensione non possa passare da una finestra lasciando l’infisso in piedi. Ma è evidente che se aereo c’è stato, ha bussato da un altra parte.
- D.Roulier: «Dunque un Boeing 757, in questo lato, avrebbe dovuto fare molti più danni? È d’accordo su questo con Thierry Meyssan?
- F. Grangier : «Con riferimento preciso alla facciata, sì… »
Infine, come un appiglio proteso verso i complottisti (un termine caro a Guisnel), il generale Brisset evoca un aereo trasformato in carica cava.
La consultazione della voce "charge creuse" (carica cava, NdT) sulla versione in francese di Wikipedia ci lascia perplessi. Se la definizione data dalla enciclopedia cooperativa è accurata, la carica cava, definita anche HEAT dai militari, sarebbe «un tipo di munizione destinata a perforare le blindature (...) L'avvio di una carica cava infligge gravi danni a una blindatura, che viene generalmente perforata, nel caso di un impatto, lungo una traiettoria perpendicolare al suo piano. La potenza concentrata dell'esplosione, se questa riesce a perforare la blindatura, proietta uno spruzzo di metallo fuso e gas caldi all'interno del veicolo, che, in funzione dell’impatto arriva al K-kill ("Distruzione dell’equipaggio") e molto spesso accende le munizioni stoccate a bordo del veicolo con un risultato ancora più devastante.»
«... Un tale shock trasforma l’aereo in una munizione a "carica cava"....» Non riusciamo ancora a crederci, mentre scriviamo queste righe, che due giornalisti del vostro livello abbiano raccolto, trascritto e pubblicato tali dichiarazioni. Il naso di un aereo di linea è fatto di una lega leggera, difficilmente paragonabile alle testate perforanti delle munizioni antiblindatura.
Aggiungiamo che le affermazioni di Brisset sugli «incendi ad altissima temperatura provocati dal titanio e dal magnesio» non corrispondono agli incendi osservati l’11 settembre 2009 al Pentagono.
Per dar credito al suo intervento, Brisset si rifugia dietro una batteria di esperti anonimi «in virtù di un obbligo di riservatezza». ...Una frase dal sapore amaro, giacché sei pagine dopo, nella stessa opera, si legge questo: «una rete di esperti i cui membri richiedono l'anonimato, ma che si esprime attraverso la penna e la voce di Thierry, (...) è così che i membri della Rete Voltaire lasciavano intendere che alcuni assi del volo avevano apportato un magistrale contributo al libro di Meyssan». La solita vecchia storia della pagliuzza e della trave (Matteo 7,3)
Resta la traiettoria del velivolo e le complesse manovre necessarie al posizionamento di un 757-200 all'altezza della parete esterna del Pentagono.
Grangier ha ottime ragioni per escludere un impatto orizzontale contro la facciata a meno di 5 metri da terra: le leggi dell'aerodinamica impediscono a un aereo di scendere al di sotto di una certa altitudine, a seconda della densità locale dell'aria, della velocità e il peso dell'apparecchio, come del suo design.
Questo punto è ancora oggetto di accese discussioni tra piloti e specialisti. Gli scettici sostengono che un Boeing di 120 tonnellate non sarebbe in grado di eseguire le manovre attribuite al volo 77, soprattutto se si tiene conto della topografia della zona intorno al Pentagono. I paladini della versione ufficiale sostengono il contrario e spesso citano un esperimento condotto in Olanda dal Laboratorio Aerospaziale Nazionale. Un esperimento tuttavia attualmente sconfessato dai suoi stessi progettisti, poiché il Laboratorio ha riconosciuto in una lettera a "Pilots for 911 truth" che «il simulatore non è stato certificato per consentire il confronto con le manovre di volo in situazioni reali».
Un modo semplice per porre fine a questa controversia sarebbe di replicare il volo American Airlines 77 in un simulatore reale, nel quadro di un esperimento controllato da parte di rappresentanti di ciascun campo presenti.
Il parere di Brisset, Roland e Grangier sui secondi finali della traiettoria del velivolo (cioè tra la pertinenza della Navy e la parete esterna del Pentagono), sarebbe fra i più interessanti. Purtroppo, nessuno degli esperti de "Il complotto" è stato interrogato sul punto.
Sul fatto che si tratti di testimonianze o esperimenti sciatti, pieni di contraddizioni, le quaranta pagine tecniche del suo libro sollevano numerosi interrogativi.
4. Note, anticipazioni e speculazioni
Immaginiamo che la sua risposta, se risposta c'è, assumerà la forma di domande (un metodo ben noto ai teorici della cospirazione, no?)
«Se il volo 77 non si è schiantato contro il Pentagono, allora dov'è e dove sono i passeggeri?»
Le nostre certezze si limitano a quattro fatti:
- Il volo 77 è decollato dall'aeroporto Washington-Dulles alle ore 08:20.
- Il suo transponder sarà spento alle ore 08:56.
- La sua eco sparirà per 8 minuti e 56 secondi dagli schermi di controllo civili e militari.
- L’eco radar riapparsa alle ore 09:06 non sarà mai positivamente identificata per essere quella del volo American Airlines 77.
La commissione Kean/Hamilton scrive d’altronde, a questo proposito: «L'incapacità di captare un eco radar per l'American 77 ci ha spinto a condurre un’inchiesta più approfondita (...) I radar della FAA hanno seguito il volo dopo la neutralizzazione il suo transponder alle ore 08:56. Ma per 8 minuti e 56 secondi, il volo 77 scompare dagli schermi radar. Le ragioni di ordine tecnico vanno da un guasto del software nel trattare l’informazione del radar, alla debolezza della copertura radar nella zona di volo del volo 77 dell’American. Riapparso alle ore 09:06 sugli schermi di controllo, il volo 77 viaggerà verso Washington per 26 minuti senza essere individuato». Alle 09:32 «un’eco non identificata sarà individuata dai controllori del Dulles Airport pochi minuti prima dello schianto».
Per il resto, ci rifiutiamo di speculare sul destino del volo 77. Non contestiamo né la sua esistenza né la sparizione dei suoi passeggeri. Dubitiamo semplicemente, in riferimento alle informazioni pubblicate dal CIT e alle spiegazioni della commissione Kean Hamilton, che questo volo abbia colpito la facciata ovest del Pentagono alle ore 09:36.
Un’altra domanda ci sarà certamente rivolta: «perché concepire un piano così complicato anziché precipitare in modo puro e semplice il volo 77 e i suoi passeggeri sul Pentagono?»
Se i congiurati appartenevano alle forze armate e ai servizi d’intelligence degli Stati Uniti, è facile capire perché non abbiano scagliato un 757 alla velocità di 850 kmh sul loro quartier generale. Soprattutto se l'operazione aveva come obiettivo colpire l'area in cui lavoravano i revisori dei conti.
Solo 58 militari hanno trovato la morte durante l'attacco, alla fine poco letale se confrontato con le vittime potenziali qualora l'attacco avesse colpito una qualsiasi altra ala del Pentagono.
La sezione colpita, con una ristrutturazione in corso, ospitava essenzialmente degli analisti finanziari incaricati di completare l'esercizio e i revisori responsabili per l'indagine sui 2300 miliardi di dollari spariti dal bilancio della difesa. La conferenza stampa di Donald Rumsfeld, il 10 settembre 2001, è semplicemente surreale se consideriamo gli eventi che hanno colpito l'America meno di 24 ore dopo: «... Il nemico è più vicino di quanto pensassimo, si tratta della burocrazia del Pentagono ... Secondo alcune stime, abbiamo perso le tracce di 2.300 miliardi dollari ...»
La contea di Arlington afferma a pagina 68 dell’allegato A dell’Arlington after report che «significative informazioni di bilancio si trovavano nella zona devastata del Pentagono». Questi fatti, come anche il crollo dell’edificio 7 del World Trade Center alle ore 17:25, non sono nemmeno menzionati nella relazione finale della Commissione d'inchiesta sugli attentati dell’11/9.
A New York il crollo del WTC7 fece sparire le migliaia di dossier che la SEC archiviava al 12° piano del palazzo (informazione confermata dal presidente della SEC in un’intervista concessa al «New York Post» il 12 settembre 2001 e dalla FEMA nella sua relazione Buiding Performance Report del maggio 2002).
Coincidenza? I due eventi più sospetti di quel giorno hanno in comune, oltre al fatto di essere stati regalmente ignorati dalla Commissione Kean/Hamilton, l’aver colpito il cuore dei servizi di vigilanza finanziaria: quelli militari ad Arlington e quelli civili a New York.
Approfittiamo di questa parentesi per segnalarvi che l'elenco degli occupanti del WTC 7 è stato ufficialmente stabilito dopo la pubblicazione nel maggio 2002 del WTC Building Performance Report. La sua dichiarazione del 10 marzo 2009 sul set di Michael Field «secondo alcuni, il WTC 7 avrebbe ospitato gli uffici della CIA, vi lascio immaginare il seguito» mostra nel caso migliore la sua ignoranza del dossier, nella peggiore delle ipotesi un’indicibile malafede.
Riproduciamo qui la tabella 5.1 del WTC BPR "WTC7 tenants":
Infine, un precedente storico inconfutabile dimostra che lo stato maggiore americano è capace, per legittimare un intervento militare presso l’opinione pubblica, di pianificare degli attentati sotto falsa bandiera contro la propria popolazione nel proprio territorio.
Il progetto Northwoods, disponibile sul sito internet dell’ università George Washington, prevedeva un'operazione molto simile allo scenario di attacco contro il Pentagono: la sostituzione dei velivoli, falsi rottami, la testimonianza di un pilota in buona fede inviato tempestivamente sui luoghi dell'attacco (l’11 settembre 2001 questo pilota si chiamava Steve O’Brien), diffusione di voci... tutti i difensori della versione ufficiale dovrebbe conoscere questo documento. […].
Potremmo anche parlare delle reti Stay-behind dispiegate dalla NATO e la CIA in Europa dopo la seconda guerra mondiale: un segreto di Stato perfettamente conservato per 40 anni, nonostante le migliaia di uomini reclutati e le centinaia di civili uccisi in attentati sotto falsa bandiera attribuiti alla sinistra estrema. Il suo modo di spazzare via la possibilità di un complotto interno in occasione dell’11/9 in opposizione a «un’élite americana più che mai aperta verso il mondo e un Partito Repubblicano piegato su se stesso (...) la cui funzione è quella di gestire la dinamica propria dell'egemonia americana», spiega certamente perché l'episodio Gladio sia rimasto sconosciuto per la popolazione francese, a differenza dei nostri vicini di casa, dove lo scandalo di Stato è stato investigato sia dai giornalisti che da commissioni parlamentari d'inchiesta (Belgio, Svizzera, Italia ...)
L'ultima obiezione spesso sollevata nei confronti del lavoro svolto dal CIT riguarda il basso numero di testimonianze dirette sul sorvolo dell’edificio e l'allontanarsi del velivolo attaccante.
Le testimonianze oggi conosciute sono estratte dagli archivi di due agenzie federali le cui tecniche d'intervista non corrispondono a quelle dei giornalisti. La Biblioteca del Congresso e il Center For Military History hanno condotto interviste non strutturate, archiviate in brutta copia, senza riscrittura né montaggio. Questo punto è fondamentale. Era improbabile che un giornalista avesse riprodotto le parole di Erik Dihli o del sergente Robert una volta che la versione ufficiale si fosse fusa nello stampo della narrazione dei mezzi di comunicazione di quel giorno.
Inoltre, la vicinanza del Reagan Airport e il Pentagono (che distrugge il mito, ben radicato negli ambienti cospirazionisti, delle batterie di difesa antiaerea) ha certamente giocato un ruolo importante nel successo dell'operazione. Il D.R.A. era una linea di volo idonea per l'allontanarsi dell’apparecchio attaccante. Dopo aver sorvolato il Pentagono, era praticamente impossibile per i testimoni distinguere il velivolo attaccante dagli aerei regolari in partenza o in arrivo all'aeroporto Reagan. Infine, la “cover-story” del C130, giunto sulla scena 2-3 minuti dopo l'attacco, ha fatto il resto. Fonti di stampa accuratamente selezionate hanno provato a far credere che questo aereo avesse inseguito il volo 77 fino alle immediate vicinanze del Pentagono (nonostante le dichiarazioni unanimi dei testimoni e il pilota, il colonnello Steve O’Brien, per non parlare delle velocità relative di un C130 e un 757). Questa storia, come l’E4B videoripreso sopra Washington subito dopo l'attacco, potrebbe servire da alibi di fronte alle testimonianze residue sul sorvolo dell’edificio.
Signor Dasquié, nel portare a sua conoscenza l’inchiesta del CIT, noi speriamo di suscitare un nuovo dibattito sui fatti di Arlington et di Washington accaduti l’11 settembre 2001.
In aggiunta alla sua analisi del Citizen Investigation Team, le chiediamo di fornire ai ricercatori l'archivio delle interviste con i testimoni del suo libro, specie la testimonianza scritta e firmata da John O'Keefe. Ci attendiamo soprattutto dei chiarimenti sui suoi metodi d'indagine tra marzo e maggio 2002.
Noi siamo a sua completa disposizione per discutere queste questioni, a titolo privato o nel corso di un dibattito pubblico, ddiffuso ad esempio su Internet.
Le inviamo, signor Dasquié, cordiali saluti.
Alexis de B. (alias Kropotkine) e Virginie G. (alias Ikky)Pubblicato sul blog enquêtes et faits divers, réalité et fiction e su ReOpen911.info.
Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras e Pina Mele.
Per approfondire il tema dell’ipotesi del sorvolo del Pentagono si vedano i seguenti siti:
- Sito del Citizen Investigation Team (CIT), ricco di materiali e filmati in inglese.
- Blog PentagonReports, in italiano, con numerose traduzioni e analisi sulle testimonianze raccolte dal CIT. Nel blog è presente anche un articolo di taglio scientifico che contiene un'analisi rigorosissima della metodologia di valutazione delle testimonianze coinvolte nei fatti del Pentagono: Il passaggio a Nord: realtà, illusione o falsi ricordi?
1 commento:
Complimenti per l'articolo, seguo con interesse da anni la vicenda del Pentagono. Molto chiaro.
teba
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