Sta tutto qui: 12 volumi, 2,6 milioni di
parole (quasi quattro volte e mezzo Guerra
e Pace), sette anni di lavoro, comprese le analisi di 150.000 documenti del
governo britannico.
Presieduta da Sir John Chilcot, un ex assiduo frequentatore della Whitehall, e
ufficialmente conosciuta come “the Iraq Inquiry” (“l’Inchiesta sull’Iraq”, ndt) questa indagine
proustiana presumibilmente esplora ogni anfratto della fase di
preparazione da parte del Regno Unito in vista dell’invasione e dell'occupazione
dell'Iraq, così come le sue conseguenze.
Andiamo al sodo. Questo non è affatto un
insabbiamento da parte dell’establishment britannico; è in realtà un documento molto
più forte di quanto molti analisti si aspettassero.
Le anticipazioni trapelate avevano lasciato
intendere che la colpa sarebbe stata ripartita fra pochissime figure
dell’apparato politico-militare e dell’intelligence del Regno Unito, e davvero si
dà il caso.
Le domande chiave sono note a tutti.
- Tony Blair ha mentito circa la necessità di andare in
guerra?
- La guerra era legale?
- La guerra ha reso -
come Blair a gran voce prometteva - la Gran Bretagna "più
sicura"?
- Che cosa ha promesso
Blair a George W. Bush?
- Ha mentito su quelle inesistenti armi di distruzione di massa?
- L’intelligence dell’MI6 è stata compromessa?
- I militari britannici non sono stati
capaci di resistere alle pressioni
di Blair?
Ci vorranno giorni per districarsi attraverso
l'intero rapporto. Ma basandoci sulla stessa dichiarazione iniziale di Chilcot, alcune conclusioni sono assolutamente drastiche.
Non
c'era "alcun bisogno" di
andare in guerra nel marzo 2003. Tutte le decisioni sono
state prese "sulla base di
informazioni e valutazioni viziate".
Il governo britannico non discusse le molte
possibili opzioni militari né le loro implicazioni.
Il governo britannico – in quale miraggio
da Alice nel paese delle meraviglie viveva? – credeva che l’amministrazione
post-invasione sarebbe stata guidata dall’ONU, mica controllata dai neocon del regime Cheney.
E poi c’è questa affermazione sbalorditiva:
Tony Blair "sopravvalutò la propria
capacità" di influenzare le decisioni USA in Iraq.
E ancora, l'ormai famoso memorandum Blair all’indirizzo
di Bush nel luglio del 2002, trascritto dalla relazione, ha reso tutto chiaro: "Io sarò con te, in qualsiasi caso".
Blair era un semplice gregario, non un pilota.
Il rapporto affresca ciò che può essere qualificato
solo come la scuola di intelligence dei
Tre Marmittoni. Particolarmente responsabili della débâcle sono Sir John
Scarlett, presidente del Joint Intelligence Committee,
che si basava essenzialmente sull’MI6; e poi il capo dell’MI6 sir Richard Dearlove. Non solo il loro
materiale di intelligence era difettoso; noi, da giornalisti indipendenti, sapevamo già dall’estate del 2002 (ho
passato un mese girando tutto l'Iraq nella primavera del 2002) che ovunque le armi
di distruzione di massa da trovare proprio non c'erano. Gli ispettori dell'ONU non telecomandati
dagli USA lo sapevano anche loro.
Così Blair non solo acquisì relazioni
d’intelligence dell’MI6 del tutto false, ma le espose al Parlamento britannico
con assoluta "certezza". Il
rapporto biasima l'intero apparato d’intelligence britannico per non aver cercato
di contenere Blair.
E c'è di peggio. Secondo il rapporto, il
governo britannico "rimproverava la
Francia per l’'impasse' all’ONU e dichiarava
che il governo del Regno Unito stava agendo per conto della comunità
internazionale al fine di 'sostenere l'autorità del Consiglio di Sicurezza'. In
assenza di una maggioranza a sostegno di un'azione militare, riteniamo che il
Regno Unito stesse in realtà minando l'autorità del Consiglio di Sicurezza
".
Non aspettatevi che una trama come questa sia
presentata nella prossima puntata della serie di James Bond.
Impegno per uccidere
un milione di persone
Niente di tutto questo è nuovo. Tutti noi -
che per tutto il 2002 e all'inizio del 2003 stavamo seguendo la rincorsa verso
l’inevitabile guerra in Iraq - sapevamo che Blair era il barboncino
della relazione speciale strategica,
necessario per conferire una patina di legittimità ai neocon del regime Cheney. Per quanto riguarda Blair, il rapporto
Chilcot rende ora chiaro che non gliene poteva fregare di meno del suo governo,
del Parlamento britannico né tantomeno del diritto internazionale. Il suo unico impegno di fedeltà ("Io sarò con te, in qualsiasi caso")
era quello nei confronti di George W.
Bush.
Il risultato, come pure sappiamo, va al di
là dello spaventoso. The Lancet, nel
2006, pubblicò la propria ricerca campione estesa - basata sui medici che
effettuavano indagini casa per casa in Iraq – che calcolava la strabiliante
cifra di 655.000 iracheni morti a causa della guerra.
Ancora più lancinante fu l’opera di un’organizzazione
basata in USA, Physicians
for Social Responsibility, (“medici per la responsabilità
sociale”, ndt), che nel 2105 giunse a
una cifra di 1 milione (5 per cento
della popolazione totale), che non includeva le morti tra i 3 milioni di
profughi.
Chilcot è stato attento a essere ponderato,
nell’affermare che "non siamo un
tribunale", a riprova del fatto che non disponeva di avvocati per
elaborare e redigere la relazione. Ma per quanto il rapporto non dichiari illegale
quella guerra, va poi a spingere a tavoletta, e apre alcune autostrade percorribili
da enormi problemi legali sulla via di
Tony Blair.
Ormai è più che evidente che il golpe interno laburista contro Jeremy
Corbyn è direttamente legato alla relazione Chilcot.
Corbyn - un attivista anti-guerra con un curriculum ineccepibile - disse l'anno
scorso che Blair avrebbe potuto affrontare un processo a L'Aia, qualora il
rapporto Chilcot lo avesse scoperto colpevole di aver lanciato una guerra
illegale. In veste di leader laburista, con piena immunità parlamentare, Corbyn sarebbe in grado di superare le
difese di Tony Blair, senza prestare il fianco all'intervento dell'esercito di
avvocati di cui dispone Blair.
Il golpe interno del Labour- orchestrato dai blairiani - avrebbe
dovuto raggiungere il culmine subito dopo il Brexit. Ecco come Blair avrebbe
scaraventato Corbyn sotto il bus. Rimosso dalla leadership, Corbyn sarebbe riuscito
a perseguire Blair soltanto nella veste di un qualsiasi peone del parlamento britannico. Così non avrebbe avuto abbastanza
forza.
Comunque ormai il momento propizio per fermare Corbyn è già trascorso. E
soprattutto, nei suoi dignitosi commenti in Parlamento sul rapporto, Corbyn ha
suggerito che la Camera dei Comuni dovrebbe agire contro Blair per averla traviata
nella rincorsa verso la guerra. Questo significa che Blair potrebbe essere
messo in stato d’accusa.
Tutte le
cose che Blair dirà a seguito del rapporto – ossia che la scissione fra
sunniti e sciiti in Iraq, uno dei fattori chiave dell’interminabile
carneficina, c’era già lì prima dell'invasione (falso, come ho visto con i miei
occhi nel 2002); che Iran e Al-Qa’ida hanno creato insicurezza in Iraq dopo
l'invasione (falso sull'Iran, mentre al-Qa’ida è stato effettivamente portato
in Iraq dal regime Cheney) – ebbene, queste cose saranno tutte, tutte quante, delle
bugie.
Allo stato attuale, Tony Blair
probabilmente eviterà un biglietto di
sola andata per l'Aia, ove dover subire un processo per i suoi crimini di guerra. Ma innumerevoli
persone in tutto il mondo possono sempre sognare una giustizia ironico-poetica: Blair il guerrafondaio britannico processato in un tribunale UE solo dopo il Brexit, poiché il ruolo
del Regno Unito di occupante da baraccone in Iraq si collega direttamente alla
fuga di una marea di persone che scappano dai jihadisti e configurano una crisi
dei rifugiati in Europa.
Versione italiana: http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=126183&typeb=0&tony-blair-a-george-w-bush--io-saro-con-te-in-qualsiasi-caso-.
Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras.
Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras.
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