di Pino Cabras.
da occhidellaguerra.it.
Il bilancio dell’ultimo pesante raid aereo dell’Arabia Saudita in Yemen si fa sempre più grave. I missili caduti proprio nell’ora di punta nel mercato di Mostaba, il più importante nella regione di Hajja, hanno ucciso almeno 107 civili e causato decine di feriti, in un’area lontana da obiettivi militari. Le immagini dello strazio sono state riprese da Al-Masirah, la TV vicina al movimento sciita degli Houthi. Si tratta di immagini cruente che possono urtare profondamente molte sensibilità.
Per chi non le vedrà, basti sapere che fra i cadaveri carbonizzati ci sono anche tanti bambini, una fiumana di garzoni che si guadagnavano il pane con piccole commissioni nel grande mercato, ora in macerie.
Quando si superano i cento morti, la notizia riesce ad affacciarsi in qualche taglio basso dei giornali nostrani, ormai diluita e anestetizzata. Nessuno dice “Je suis Yemen”, stavolta. Ma per gli yemeniti, invasi e bombardati dalle forze armate della coalizione dei sauditi e dei loro stati clienti vicini, è stata un’ordinaria giornata di guerra.
Gli aerei di Riad hanno lanciato nella sola giornata di martedì altri 11 attacchi contro il campo militare di Arkub, presso la capitale Sanaa, oltre ad altri bombardamenti su obiettivi non militari in altrettante aeree del paese. Va avanti così da un anno. Gli obiettivi colpiti sono soprattutto civili: infrastrutture e case. Al Masirah conta che dall’inizio della guerra sono stati distrutti 353 mercati e complessi commerciali. Si aggiungono alla sistematica distruzione della rete idrica, delle fabbriche, delle scuole.
Quelle saudite sembrano reazioni rabbiose e scomposte a una guerra che non riescono a vincere: nella stessa giornata, l’esercito yemenita e le forze dei comitati popolari hanno respinto l’ennesimo attacco lanciato da truppe mercenarie sotto il comando saudita nella zona di Taiz, nel Sud, infliggendo loro perdite pesanti. Altre perdite saudite nella città di al-Ghayl.
Per Riad, questa guerra è un buco nero che sta ingoiando il bilancio statale con un deficit da incubo senza che la dinastia ottenga alcun risultato. Per la popolazione yemenita è una carneficina e un disastro umanitario, tuttora dimenticato dal mondo. Dal marzo del 2015 ad oggi, l’aggressione saudita ha fallito il suo obiettivo principale: riportare al potere l’ex presidente e alleato, Abd Rabbuh Mansur Hadi. Ha intanto causato almeno 10mila morti e oltre un milione e mezzo di sfollati, senza che la resistenza si sia piegata.
In Siria i sei mesi di intervento russo (guidato da obiettivi definiti) hanno costruito le premesse per una soluzione politica al conflitto. In Yemen, invece, i dodici mesi di intervento saudita hanno aperto una voragine geopolitica in più, che si somma ai disastri combinati in Siria, in Iraq, in Libia, mentre persino il Libano rischia ora di sprofondare in una nuova guerra civile, sempre sotto l’urto delle manovre politiche e militari di Riad, la capitale dell'”Isis che ce l’ha fatta”.
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