Tutti commossi dal messaggio alla madre pronunciato dall'ultima donna iraniana giustiziata,
Reyhaneh Jabbari? Le parole sono toccanti, richiamano quel
genere estremo di letteratura che ci ha emozionato quando leggevamo
le lettere di condannati a morte della Resistenza, brevi e strazianti
lasciti di umanità che sopravvivevano all'annichilimento delle loro
vite materiali.
Eppure mi sento di invitare tutti alla
prudenza, e a controllare attentamente le fonti, per cercare di
capire da dove provenga ogni singolo dato di questa vicenda. Lo ha già fatto in parte Francesco Santoianni. Qui aggiungo nuovi
particolari.
La storia della povera Reyhaneh è come un treno. In testa c'è la
locomotiva del nudo fatto: l'applicazione della pena capitale per un
caso di omicidio, in uno dei troppi paesi che ancora prevedono la
pena di morte. Ma alla locomotiva sono attaccati tanti altri vagoni,
con passeggeri che nessuno conosce. In alcuni vagoni c'è anche
esplosivo.
Raccomando sempre di rileggere in
proposito la storia molto istruttiva di Sakineh, e di come sia stata usata per
preparare un clima ostile all'Iran con formidabili manipolazioni.
I giornali anglosassoni sono meno
imparziali di quel che vorrebbero far credere, ma sicuramente sono
migliori dei nostri media nell'usare espressioni come “alleged”
(presunto), “claim” (asserire), “labelled as her
will” (etichettato come sua volontà). Lo hanno fatto anche per il caso della supposta trascrizione del
testamento morale della giovane Reyhaneh. Nei giornali italiani
queste forme basilari di prudenza giornalistica spariscono: tutto è
scritto all'indicativo, quello è il messaggio autentico, e più
non dimandare. L'edizione serale del Tg3 del 27 ottobre aggiunge
alla sua lettura una musica di pianoforte, voi aggiungete i
fazzoletti.
L'Huffington Post, richiamando la sua versione britannica, ci fa alla fine sapere che il messaggio è stato
fatto circolare «da
pacifisti iraniani».
E sulla parola «Iranian
peace activists»
c'è il link che porta al testo dell'estremo saluto di Reyhaneh
Jabbari. Seguite dunque il link e atterrate su
una pagina gestita dal NCRI– National
Council of Resistance of Iran.
Sarebbero dunque loro i pacifisti. Loro, l'unica fonte da cui parte
il tutto.
Il
bravo cittadino medio europeo, che dà un significato positivo alla
parola 'pacifista', si ferma lì, non è mica pagato per scavare
nelle notizie. Il giornalista medio, che- lui sì - dovrebbe essere
pagato per verificare le fonti e non abboccare a chi gli dà la pappa
pronta, si ferma lì, anche lui. Riposti i fazzoletti che hanno
asciugato le lacrime, migliaia di persone intanto condividono la
storia su Facebook. Il loro click non sa più che farsene
dell'aggettivo “presunto”. L'indignazione si nutre ormai di
certezze irriflessive. Condividete, Fate girare. Indignatevi. Odiate.
Segnalo
perciò sommessamente che il NCRI, l'unica
fonte della notizia,
non è affatto un circolo gandhiano. È un'organizzazione di
opposizione che ha largamente fatto uso di metodi terroristici per
combattere il potere dell'Iran post rivoluzionario, causando la morte
di migliaia di persone. È gestita con metodi da psico-setta, tanto
che ricorrono persino denunce
di abusi sessuali consumati al suo interno. Non so quanto queste ultime siano
accuse attendibili, o frutto di opposta propaganda, ma è un fatto
che i nostri media non colgono l'esistenza di controversie che non
corrispondono minimamente al ritratto pubblico di un'organizzazione pacifista.
Tra
i suoi maggiori sostenitori a livello internazionale troviamo i
campioni statunitensi dell'ingerenza (neocon repubblicani e
democratici tutti insieme, come sempre): John Bolton, Howard Dean,
Newt Gingrich e Rudy Giuliani. Erano loro a urlare di più, quando si
scatenavano le campagne mediatiche sulla “Bomba Iraniana”. E
citavano proprio il NCRI, che molto spesso gridava “al lupo al
lupo” quando descriveva il normale programma nucleare civile di
Teheran come una fabbrica di bombe atomiche pronte «entro
pochi mesi» e riportava notizie "di prima mano", dimostratesi poi ogni volta infondate.
Alcune
lunghe e faticose azioni lobbystiche hanno fatto sì che l'Unione
europea e il Dipartimento di Stato USA togliessero infine il NCRI
dalla lista delle organizzazioni terroristiche (uno degli ultimi atti
di Hillary Clinton in veste di Segretario di Stato).
Qui
si entra in un terreno minato, in tutti i sensi, come sempre succede
per organizzazioni che hanno un'intreccio indistinguibile fra “ala
politica” e “ala militare”, che hanno intrecci ulteriori con le "fabbriche" delle “rivoluzioni colorate” e un costante riferimento anche finanziario presso i falchi di Washington.
Mentre
ogni singolo episodio terroristico in Occidente scatena ondate di
allarme e di nuove leggi liberticide, si rimuove completamente il
fatto che l'Iran sia uno dei bersagli più colpiti al mondo
dal terrorismo, proprio per mano dei “mujaheddin del popolo” collegati al
NCRI. L'ambiguo ruolo dei miliziani di questo movimento di
opposizione pieno di porte girevoli che lo riconducono alla politica
USA è completamente sconosciuto presso il pubblico che si informa
solo con i media occidentali.
Raccomando
perciò di conservare i fazzoletti per le lacrime da versare in
guerra. Perché la gerarchia delle notizie ha già oggi la falsità
della manipolazione bellica.
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