di Pino Cabras.
La Repubblica e il resto del
coro del giornalismo in mano agli oligarchi italiani - ringalluzziti
dalla recente vittoria elettorale del loro cavallo di razza, Matteo
Renzi - continuano la loro campagna contro Beppe Grillo su un nuovo
fronte, nato dai recenti colloqui del leader dei cinquestelle con
Nigel Farage, capo del partito britannico UKIP. La campagna si
concentra ora su questo partito, del quale i giornali non raccontano
l'evoluzione né la storia, bensì riportano le frasi orribili
pronunciate da suoi ex membri che sono stati espulsi proprio per
quelle frasi.
Altre frasi inserite nella galleria
degli orrori da esecrare sono invece ascrivibili direttamente a
Farage. Il problema è che le sue dichiarazioni sono state tolte
brutalmente dal loro contesto (di cui i media non forniscono alcuna
chiave) e reinserite in un contesto nuovo che le contamina, una volta
che sono associate alle frasi di coloro che Farage aveva espulso.
L'effetto è distruttivo e non risparmia nemmeno i più smaliziati,
ai quali arriva solo la notizia che Farage sarebbe sessista, omofobo
e razzista, mentre l'UKIP sarebbe una specie di partito fascista
albionico. Gli stessi giornali, in questi stessi giorni, continuano a
ignorare che il governo ucraino e i suoi nuovi apparati di sicurezza
hanno forti componenti di partiti fascisti, gente che fa il passo
dell'oca. Questi media: dove c'è fascismo, non lo vedono, e dove non
c'è, lo vedono.
Sessismo nell'UKIP? Eppure, su 24
europarlamentari UKIP eletti nel 2014, si contano 7 donne, il 30 per
cento, in parte candidate come capolista nelle circoscrizioni
britanniche, e tutte con funzioni dirigenti di primo piano. È una
media superiore a quella di molti partiti italiani di sinistra nella
loro storia. La leader del movimento giovanile, Alexandra Swann, è
un'oratrice efficace portata in palmo di mano nel partito. Qualcuno
comincia a fare le pulci su come sono state tradotte le frasi di
Farage, e scopre
gravi manipolazioni, persino nella presunta frase più famosa:
«Le donne valgono meno, è
giusto guadagnino meno, vanno in maternità». Non era una sua
dichiarazione, bensì il titolo di un articolo che riferiva un
discorso molto più articolato di Farage in merito alle attitudini
che hanno avuto nel corso del tempo i datori di lavoro nel settore
della finanza, dove lui stesso ha a lungo lavorato prima della
carriera politica. I giornali italiani questo non lo hanno voluto
sapere, e così non lo sanno nemmeno i loro lettori.
Andando a fondo della questione, se ne
scoprono delle belle, ad esempio alla voce omofobia: mentre i
militanti omofobi elencati nelle litanie di Repubblica e del
Fatto sono stati espulsi, il primo europarlamentare UKIP
eletto in Scozia nella storia, David Coburn, è un gay dichiarato che
si accompagna in pubblico con l'uomo della sua vita, e che non si è
certo sognato di promettere castità come fece Rosario Crocetta
quando si candidò alla presidenza della Regione Sicilia. L'UKIP ha
un suo coordinamento LGBT che prende posizione regolarmente in
materia di omofobia. I giornali italiani questo non lo hanno voluto
sapere, e così non lo sanno nemmeno i loro lettori.
Quanto al razzismo e alla xenofobia,
uno degli eurodeputati eletti è il responsabile della politica
economica dell'UKIP, Steven Woolfe, un brillante avvocato che è
stato capolista alle elezioni dell'Autorità della Grande Londra, ed
è un autentico arcobaleno di etnie di origine afroamericana, ebraica
e irlandese. Un altro neoeletto è il responsabile delle politiche
sulla piccola e media impresa del partito, Amjad Bashir, un signore
musulmano nato in Pakistan. Eppure, un disinformatissimo Marco
Travaglio scrive nel suo editoriale sul Fatto
Quotidiano che l'UKIP «vuole
cacciare dal Regno Unito tutti i cittadini nati altrove (Italia
compresa)». Semplicemente falso.
Certo, uno dei punti su cui l'UKIP fa
più battaglia è una campagna anti-immigrazione. Chi scrive ha una
sensibilità radicalmente opposta, in materia. Nondimeno, per amore
della verità, bisogna smontare e respingere le bugie raccontate in
proposito. Se posso fare un paragone, la politica proposta dall'UKIP
è in tutto simile alle politiche sull'immigrazione praticate
dall'Australia, mai scardinate dalla sinistra australiana, che pure
ha a lungo governato, e che le ha a lungo persino rivendicate. Non è
una politica su base etnica o razziale: nasce da una visione
protezionistica del mercato del lavoro nazionale, del suo welfare, e
dei modi di gestione della sicurezza nei quartieri rispetto alla
pressione migratoria. Ho udito propositi più drastici in materia
pronunciati dal primo ministro francese, il socialista Manuel Valls.
Nessuno si è stracciato le vesti, fra gli improvvisati scopritori di
un “caso Farage”,
Invece degli articoli studiati per
atterrire anziché informare, molte redazioni avrebbero fatto meglio
a offrire un lavoro critico e giornalisticamente corretto che
spiegasse perché l'UKIP non sia un fungo che inspiegabilmente cresce
in una notte, bensì un partito che negli ultimi cinque anni nel
Parlamento europeo ha pronunciato i discorsi più efficaci contro
l'austerity europea e contro le guerre, gli stessi anni in cui quasi
tutti i partiti si mettevano l'elmetto in appoggio alla troika e ai
conflitti sanguinosi accesi dalla NATO.
Eppure Travaglio e altri insistono con
Grillo: non allearti con Farage, perché ha punti programmatici
incompatibili con il tuo programma, perciò unisciti ai Verdi.
Tuttavia il presidente dei Verdi europei, l'eurodeputato
franco-tedesco Daniel Cohn-Bendit, ha appoggiato tutte le guerre
NATO, mentre Farage è stato un fermissimo oppositore di questi
interventi militari.
Poi Travaglio e altri sottolineano:
occhio, questi sono nuclearisti, non potete accordarvi con loro.
Allora dovrebbe essere impossibile fare accordi con quei nuclearisti
impenitenti dei comunisti francesi.
Basterebbero questi semplici fatti a
obbligare tutti a fermare la macchina della “hitlerizzazione” di
Farage (in realtà di Grillo), per capire meglio che la politica
continentale europea è un groviglio di contraddizioni che non si
presta minimamente alle verticali semplificazioni di oggi.
Possiamo discutere e perfino combattere
la posizione politica assunta da Beppe Grillo. Possiamo mettere in
secondo piano il fatto che voglia evitare che il M5S rimanga
paralizzato dalla “non appartenenza” tecnica a un gruppo
parlamentare. Possiamo anche volergli far pagare il prezzo di
qualsiasi decisione politica, fa parte del gioco. Quel che non
dobbiamo assecondare è il disegno di chi manipola le informazioni
per buttare tutto nel calderone del “sono fascisti”.
Il problema del funzionamento dei
gruppi parlamentari europei è semplice e micidiale: se gli
eurodeputati non hanno i numeri per far parte di un gruppo, scatta
una tagliola che porta via gli strumenti per intervenire in aula,
riduce immensamente i tempi assegnati, priva i rappresentanti di
risorse. Funziona in maniera assai più drastica che per i parlamenti
nazionali. Per una volta, Grillo è stato molto pacato e lo
ha spiegato molto bene in un articolo sul suo sito. L'eventuale
accordo del M5S con UKIP sarebbe in parte politico (aumentare la
massa d'urto contro la Commissione europea), in parte meramente
tecnico (avere le indispensabili risorse giuridiche per intervenire).
Sul resto non vigerebbe una disciplina di gruppo: i signori e le
signore di UKIP, che hanno un'ideologia anarco-capitalista e
anti-ecologista agli antipodi da Grillo, continuerebbero le loro
battaglie pro-nucleare, mentre i cinquestelle proporrebbero piani
europei per le energie rinnovabili, e così via. Mentre quando ci
sarà da votare contro il TTIP o contro l'appoggio a qualche guerra,
i parlamentari potrebbero votare insieme con grande efficacia. Contro
quelle mostruosità non saranno certo le “larghe intese europee”
a far battaglia.
Avrei preferito che il M5S puntasse a
un accordo politico con Tsipras, ma nondimeno riconosco che sarebbe
stato più complicato inserirsi in un gruppo molto strutturato dove
funziona di più la disciplina di voto, mentre questo aspetto non
interessa Farage e i suoi. Certo, con più lungimiranza di tutti, sarebbe un'altra storia. Ma intanto è così.
Il problema è che è scattata la
vecchia regola del “bastona il cane finché non affoga”: dopo la
sconfitta elettorale del 25 maggio, la campagna contro Grillo è più
intensa, e penetra a fondo su ogni spiraglio. Di questo parliamo,
quando vediamo come vengono manipolate le notizie, e nulla è davvero
come lo raccontano i grandi organi di informazione.
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