Questa videointervista di Dafni Ruscetta al palestinese Fawzi Ismail e a me risale a cinque giorni prima che l'Assemblea generale dell'Onu decidesse di accogliere la Palestina
come "Stato osservatore". Le idee esposte risultano particolarmente
interessanti perché propongono una prospettiva molto diversa dalla
soluzione "Due Popoli Due Stati" che invece domina il dibattito
mondiale.
(P.C.)
di Dafni Ruscetta - Movimento 5 Stelle CA.
Nei giorni scorsi, durante l’ennesimo assalto militare a Gaza, abbiamo intervistato a Cagliari Fawzi Ismail, Presidente dell’Associazione Amicizia Sardegna-Palestina.
Fawzi, dopo aver raccontato la sua storia di bambino ex-profugo, ha
fornito una propria versione, un’analisi dell’ultimo attacco israeliano,
parlando di esperimenti su più livelli da parte di
quell’amministrazione. In primo luogo Israele avrebbe sferrato l’assedio
per “testare” la reazione delle piazze arabe dopo la ‘Primavera araba’
del 2011, per meglio comprendere anche l’assetto geopolitico della zona.
Un altro aspetto
dell’azione militare avrebbe avuto – secondo l’esponente palestinese –
l’obiettivo di mettere in imbarazzo la nuova amministrazione Obama,
appena rieletto come Presidente degli Stati Uniti. Un’altra ipotesi,
inoltre, sarebbe quella di voler innescare un’eventuale reazione
dell’Iran, in modo da costringere l’Europa e gli USA ad intervenire
militarmente. In ultimo – sostiene ancora Fawzi Ismail – a gennaio ci
saranno nuovo elezioni in Israele e, normalmente, le campagne elettorali
si aprono con azioni militari.
Successivamente Fazwi definisce demagogica e ormai superata l’ipotesi della formula “Due popoli due Stati”,
in quanto esiste già uno Stato (Israele) che impedisce sistematicamente
la nascita dell’altro Stato, quello Palestinese appunto. Questo tema
viene arricchito dall’analisi Pino Cabras, Direttore
Editoriale di Megachip (rivista online fondata e diretta da Giulietto
Chiesa) il quale, partendo da una disamina di due accademici, il
geografo Arnon Sofer e il demografo Sergio Della Pergola (un israeliano
nato e vissuto in Italia fino al 1966) dell’Università di Gerusalemme, a
suo tempo consulenti di Ariel Sharon, arriva alla conclusione che
Israele dovrà risolvere un problema che ha tre variabili: democrazia, ebraicità, dimensione territoriale. Soltanto due di queste variabili potrebbero coesistere nell’Israele degli anni a venire.
Potrà essere uno stato democratico ed ebraico, ma allora dovrà essere di ridotte dimensioni.
Potrà essere democratico e grande, ma allora non sarà più ebraico.
Infine potrà essere ebraico ed esteso, ma allora non sarà più democratico.
Benché la soluzione “due popoli, due stati” sia ormai quasi
unanimemente considerata – sia a livello internazionale che italiano –
come l’unica possibile conclusione del conflitto, una tale soluzione,
ammesso poi che sia mai realizzata, difficilmente potrà condurre ad una
pacificazione dell’area poiché non risponde a criteri di giustizia ed
equità.
La
situazione di fatto creata in Palestina (ovvero nei Territori e in
Israele) non consente la nascita dello stato palestinese a fianco di
Israele se non come mera “espressione geografica” priva di elementari
contenuti di sovranità.
Il nascente stato di Palestina, infatti, non avrebbe la possibilità di
realizzare una politica di difesa indipendente né potrebbe stringere
rapporti diplomatici con altri stati in tale funzione; dipenderebbe
totalmente da Israele per l’utilizzo delle risorse primarie, ovvero
acqua ed energia (parte di questa analisi è inserita in un articolo più ampio dello stesso Cabras in collaborazione con Simone Santini, di circa due anni fa su Megachip).
L’intervista
si conclude nuovamente con Fawzi che ribadisce, come possibile
soluzione, quella di far tornare i Palestinesi nelle loro case, ma
“senza dover mandar via gli Israeliani che ci abitano ora, i due popoli
potrebbero convivere insieme con pari diritti, diritti
delle persone al di là del sesso, della religione o dell’etnia.
Moralmente non è giusto chiudere un occhio sul massacro di bambini…per
me la Palestina non è solo la Terra di pietre, alberi etc., per me la
Palestina vuol dire la dignità umana”.
Fonte: http://www.movimento5stellecagliari.it/?p=4006.
Ripubblicato anche su Megachip.
30 novembre 2012
Palestina oltre il riconoscimento: convivere con pari diritti
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