di Pino Cabras – da Megachip.
Solo
gli illusi, purtroppo ancora tanti e inguaribili, potevano sperare che
il recente inserimento delle punte di diamante di Goldman Sachs nel
cuore della sfera pubblica europea – Draghi, Monti e Papademos - non si
sarebbe tradotto in una cuccagna per le banche e in una rovina per le
classi medie.
Nessuno però arrivava a pensare che i protagonisti potessero essere così spudorati.
Ma finché avremo presidenti come Napolitano e copertine dell’Espresso che fanno di Napolitano “l’uomo dell’anno”, lo scandalo sarà sopito e troncato. Cos’è successo?
Mettiamola
così. Ci viene imposto uno “stato di eccezione” che – dicono – deve
“cambiare tutto”: niente di quanto abbiamo è acquisito, e ogni nostra
sicurezza sociale deve poter precipitare dalla sera al mattino, per
salvarci.
Viceversa, nessuna urgenza può scalfire le regole immutabili della Banca Centrale Europea. Ci descrivono il sacro.
E
il sacerdote Mario Draghi lo ripete: non può prestare soldi agli Stati,
non può comprare i buoni del Tesoro. Il debito non può essere ingoiato
in modo diretto dalla sua moneta creata dal nulla. Può esserlo però in
un modo indiretto, ad esempio prestando mezzo trilione di euro alle
banche, affinché queste corrano ad acquistare i buoni dei PIIGS,
maledetti maiali-cicala. Con l’idea che le banche paghino alla BCE un
tasso dell’1%. E che gli Stati paghino alle banche interessi ben più
corposi, fino al 7% e oltre: lucro per le banche, tagli per lo stato
sociale, insostenibilità economica. L’Italia di Monti e Napolitano,
insomma. L'Europa di Draghi.
Ma
è possibile che nessuno si ribelli a questo controsenso? Cioè
all’assurdità di essere impiccati al profitto preteso da chi dovrebbe
solo fallire (se il famoso mercato esistesse davvero)?
Nel
mondo alla rovescia ci dicono invece che non può esistere una cosa che
funzionerebbe in modo più semplice e ci toglierebbe il cappio dal collo:
da Francoforte potrebbero prestare quel mezzo trilione direttamente
agli Stati, a tassi di interesse bassissimi. Agli Stati sarebbe
risparmiato l’affanno di procacciarsi quella provvista sui mercati
offrendo tassi d’interesse elevatissimi (insostenibili anche per
un’economia in boom, figuriamoci per una in recessione). Lo spettro del
default imminente e lo spettro dei rating sarebbero così debellati, e
senza chiamare i ghostbusters. Specie se questi ghostbusters, i
banchieri, sono essi stessi dei morti viventi, in termini di credito.
Alle casseforti di Francoforte – per loro prodighe - le banche non hanno
infatti da offrire granché in garanzia, se non “collaterals” buoni per
pulirsi il culo. Ma Draghi non solleva nemmeno un sopracciglio.
E
nemmeno Monti, che si è premurato di controgarantire la loro papiraglia
- scoperta come una cabriolet - con un impegno del governo italiano.
È
come la guerra: mentre nell’ordinamento civile la regola è non
uccidere, in guerra è l’opposto. Allo stesso modo, la guerra dei signori
banchieri mette in pratica comportamenti che normalmente sarebbero
sanzionati con leggi penali. Per lorsignori, niente manette della
guardia di finanza, il rischio è semmai di diventare uomini dell’anno.
E
se tanto mi dà tanto, il quadro delle garanzie messo in moto dal
governo Monti, lungi dal far calare il debito, lo ha incrementato,
perché quel che dovevano garantire le banche lo garantiamo noi, in
aggiunta a quanto già ci strozzava. Congratulazioni.
È
il capolavoro di un’ideologia apparentemente anti-statalista, che
arriva all’assurda intransigenza di non prestare a basso interesse agli
Stati (le regole sacre della BCE), perché troppo comodo, troppo poco
liberista. Ma che prevede che lo Stato copra tutte le acrobazie
speculative terminali dei superfalliti.
Poi
è successo che dall’Eurotower un fiume di liquidità si è dovuto
ugualmente riversare a comprare titoli di stato lungo la sponda sud
dell’Euro: le banche non si stanno scapicollando per acquistarli. Se il
lupo non perde il vizio, punteranno ancora a qualche alchimia derivata
per imbellettare i propri attivi, mostrarsi apparentemente più
solvibili, e chiedere ancora più soldi, perché mezzo trilione di euro è
ancora poco per le loro voragini.
Come
a dire: i mercati non sono mercati. Siamo allo statalismo più
assistenziale e classista che si sia mai visto, riverniciato con
un’ideologia liberista. Centinaia di milioni di individui e famiglie,
milioni di storie, intere classi, interi insediamenti sociali costruiti
nel corso di generazioni, dovrebbero essere sacrificati al più costoso,
inutile e disordinato programma assistenzialistico della storia, volto a
salvare l’attuale assetto della finanza.
Le
banche, il cui mestiere sarebbe assistere con prestiti e affidamenti
chi investe sul futuro, non sganciano più nulla e anzi sono foraggiate.
Una mostruosità.
L’obiezione
che il denaro facile ha spinto gli Stati a indebitarsi troppo può
essere abbattuta da una contro-obiezione: e il denaro facile elargito
alle banche non le spinge forse a debiti che sono perfino multipli di
quelli degli Stati? E c’è di peggio. Gli Stati, ormai colonizzati dai
banchieri, coprono esattamente quel superdebito con garanzie che nessuno
giustificherebbe a cuor leggero, se non Letta Letta.
Nel 2012 le scommesse impossibili appariranno nude: come calcola Aldo Giannuli, «nell’anno
prossimo, fra titoli sovrani, obbligazioni di enti pubblici minori,
corporate bond (debiti d’impresa), obbligazioni bancarie, scadono titoli
per 11.000.000.000.000 (undicimila miliardi) di dollari. Faccio grazia
degli spiccioli. Ve l’ho scritto con tutti i 12 zeri per farvi
apprezzare la cifra in tutta la sua imponenza: si tratta di poco meno di
un sesto del Pil mondiale e di circa l’11% dell’intero debito
mondiale.»
Non
saranno i giochetti degli ometti di Goldman Sachs che potranno salvarci
dal debito. Prima ricollocheremo i loro comportamenti nell’ambito del
penale, prima avremo speranza di risorgere.
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