Il paragone tra il personaggio nel film di Roman Polanski e l'ex premier britannico Tony Blair.
di Gilad Atzmon - middle-east-online.com.
Londra - È un po' sconcertante che il regista Roman Polanski, che è riuscito a sottrarsi alla giustizia per più di tre decenni, abbia deciso di fare un film che racconta di un premier britannico caduto in disgrazia nel suo tentativo di sfuggire al Tribunale per i crimini di guerra dell'Aja.
L’ultimo film di Polanski è basato su un bestseller di Robert Harris (The Ghost). Racconta la storia dell'«immaginario» ex primo ministro britannico Adam Lang (Pierce Brosnan) il quale, un tempo molto popolare, è ora totalmente disprezzato. Lang è in esilio negli Stati Uniti con sua moglie Ruth (Olivia Williams). Teme l'estradizione al Tribunale dell'Aja.
Il protagonista principale, che trascina il film dall'inizio alla fine, è un ghostwriter (Ewan McGregor). Viene assunto da un editore per scrivere la biografia di Lang in seguito alla misteriosa morte del precedente ghostwriter di Lang. Il neoassunto scopre presto che con i Lang c’è del marcio. I Lang, si scopre, stavano lavorando per la CIA.
La somiglianza tra Adam Lang e Tony Blair è più che evidente. Adam Lang è un bell’uomo dai capelli scuri, è atletico, è affascinante, è alla mano, è un criminale di guerra ma è anche vulnerabile, si travolge facilmente. Il film affronta il capitolo più devastante nella storia recente, la trasformazione della democrazia liberale anglo-americana in una macchina per uccidere, alimentato da pathos e rettitudine, un capitolo che la società britannica non è ancora abbastanza matura da affrontare. Ancora una volta, sono le menti artistiche e creative, come quelle di Harris e Polanski, a impegnarsi con le domande sui cui l'indagine Chilcot non si soffermerebbe mai.
Finora, ogni tentativo convenzionale di delineare una versione razionale o logica che spiegasse i tratti salienti che stavano dietro il comportamento di Tony Blair dal 2002 in poi è fallito miseramente. Blair ha lanciato una guerra illegale basata su un dossier menzognero. Ha portato il Paese in un conflitto nonostante una certa seria opposizione fra le forze armate, l'intelligence, il governo, il partito laburista, i media e l'opinione pubblica. Durante questo processo Blair si produsse in alcune forti pressioni nei confronti di funzionari dell’intelligence ed esperti legali per far approvare la sua agenda letale. Blair era strettamente allacciato a certi finanziatori e sostenitori all'interno dei media. Non è affatto chiaro perché l'abbia fatto.
I blairiani forniscono due spiegazioni che dovrebbero suggerire una motivazione razionale dietro le guerre di Blair. Si presenta Blair come un cristiano devoto. Tuttavia, assassinare un milione e mezzo di iracheni in nome di Dio non funzionerebbe nel XXI secolo. Inoltre, una nazione che aveva votato il partito laburista non era lì per lì necessariamente lieta di scoprire che questo andava a finire con un crociato messianico. L'altra spiegazione blairiana parla di «interventismo morale». Questa “torsione dialettica” particolare è ampiamente promossa da esponenti della destra nei ranghi dei media britannici e del mondo accademico. Eppure, dare avvio a una guerra di destra e commettere un genocidio in nome della “morale” è una scusa ancora più imbarazzante che usare Dio. Evidentemente, non c'è narrazione patriottica che giustifichi le politiche e i crimini di Blair. Chiaramente la mancanza di qualsiasi motivazione politica sincera ha portato all'invenzione di Adam Lang, una pedina della CIA americana collocata nel cuore della politica britannica.
Per quanto Lang somigli a Blair, si può ancora notare che Adam Lang manca di alcune figure chiave che sono stati associate alla leadership di Blair. Adam Lang opera senza un sostenitore "Lord Bancomat" o un "amico di Israele" che risolva le cose. Soffre anche dalla mancanza di un ossequioso esperto legale, qualcuno che possa ricordarci "Lord Luce Verde". Né vi è una menzione dei Paul Wolfowitz o dei Richard Perle. Abbastanza interessante, non una sola parola sugli appassionati di destra all'interno del media britannici si riscontra nel film. Credo che ci sia un limite a ciò che possiamo aspettarci da Polanski, un genio del cinema che ha dato alla luce «Il pianista».
Ne «L’uomo nell’ombra» di Polanski non sono i pro-sionisti a dirigere lo spettacolo e trascinarci in una guerra dopo l'altra, sono in realtà la CIA e la moglie di Adam, Ruth, a condurre il tutto. Nell’universo cinematografico di Polanski, Adam Lang è solo un burattino, un attore affascinante ancora ingenuo che viene dall’università di Cambridge, reclutato da un'agenzia di intelligence straniera. Lang stesso potrebbe non riuscire a capire in cosa consistesse il suo ruolo. È innocente e può essere perfino una vittima. Nel film di Polanski Adam Lang è quasi una figura tragica, un narcisista patetico sfruttato da forze del male.
Questa interpretazione può aiutarci a capire perché Polanski, che è attualmente in lotta contro un ordine di estradizione verso gli Stati Uniti per una violenza sessuale commessa molti anni fa, ha scelto di fare un film su un criminale di guerra ex leader di caratura mondiale in fuga. La vera storia, Polanski potrebbe volerci far credere, è leggermente più complicata di quanto appare.
Questa presentazione di Adam Lang come una vittima sta ovviamente lì per troncare la somiglianza con Tony Blair. Lascia Adam Lang, la figura tragica, in un territorio immaginario inviolato, ma ci lascia anche con un compito incompleto. Sia che Blair fosse un agente della CIA, sotto ricatto, un cristiano devoto o un interventista morale dobbiamo ancora fare in modo che sia consegnato tutto intero a L'Aia per affrontare la giustizia. Lo dobbiamo ai milioni che hanno perso la vita in nome della sua ideologia fasulla.
Fonte: http://www.middle-east-online.com/english/?id=38581.
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