4 ottobre 2009

Contro la dittatura del Caimandrillo non basterà Tocqueville

di Giulietto Chiesa - da Megachip

Ci sono andato e sono contento di esserci andato. C'era un sacco di gente, moltissimi giovani. Una speranza.

Non c'era una linea politica, ma questo lo sapevo. E non perché ci fosse un pluralismo di idee, ma perché questo spicchio d'Italia, pieno di indignazione, di preoccupazioni, di inquietudini, fatto di gente normale che paga le tasse, e cerca di difendersi, non ha ancora capito perché è finito dove è finito, cioè in un postribolo.

Né glielo hanno detto molti di quelli che hanno parlato, o che hanno mandato le loro adesioni.

Va detto che non c'era Mentana, e non pare abbia aderito, per fortuna. Ma ha aderito Lucia Annunziata (applausi) e anche Gad Lerner (applausi tiepidi). Ha aderito e ha perfino parlato il Del Boca, presidente dell'Ordine dei Giornalisti. Ed è stato il momento in cui ho sentito l'impulso irresistibile di andarmene e, infatti, me ne sono andato.

Brevi note che dicono molto della giornata. Che ha mostrato l'esistenza di un'altra Italia, impotente però, senza rappresentanza alcuna.

Il momento più alto del pomeriggio, in assoluto per me, è stato quando Neri Marcorè ha letto un brano di Alexis De Tocqueville, attorno al tema della dittatura della maggioranza e della facilità con cui un popolo sazio può essere costretto in una “servitù facile”.

È accaduto che Tocqueville ha ricevuto almeno cinque applausi a scena aperta. Per uno che ha scritto certe cose tra il 1830 4 il 1840 si tratta di una performance notevole. Gli italiani non sono un popolo sazio, anzi si potrebbe solo dire che gran parte di quelli che hanno votato fascista, leghista, razzista, subcultura, sono tutt'altro che sazi. Ma gli è stata fatta odorare (direbbe Michael Moore) la carota.

C'era, comunque, in Tocqueville, la prognosi precisa.

Ma non poteva esserci la diagnosi e la cura, perché Alexis non conosceva la televisione. Le cause del disastro stavano e stanno, però esattamente in quella scatola e in chi l'ha manovrata così bene. Solo che da quel palco, per quella piazza piena di speranze, non è venuta una sola parola per una nuova strategia. Peccato. Una manifestazione non fa primavera. Domani il Caimano ricomincerà come prima.


1 commento:

ario ha detto...

Forse quello italiano non è un popolo sazio, ma la maggior parte dei cosidetti giornalisti e "intellighenti" vari che sono intervenuti sono molto più che sazi, sono gonfi da fare schifo.
Partecipano a piene mani all'arraffa più che puoi e poi vanno in piazza a far credere a dei poveri gonzi che sono lì per difendere i diritti e le libertà del bobolo. Che schifo!