di Pino Cabras - da «Megachip»
Il voto europeo del 2009 è stato segnato dalle pesanti sconfitte subite dai partiti che hanno ereditato gli insediamenti della sinistra del Novecento. Lo smottamento elettorale è avvenuto nel pieno di una grande crisi economica e finanziaria che pure coincide con il tracollo del neoliberismo. Il punto forse è proprio questo. La sinistra “novecentesca” europea a un certo punto è stata cooptata come interprete terminale del neoliberismo.
Succede così. Quando Margareth Thatcher si ripresenta con il sorriso di Tony Blair. Quando la Spd dà colpi al “modello renano”. Quando l’Ulivo fa del riformismo debole. Quando l’allargamento europeo vede tanta sinistra che vuol fare l’americana. Quando Zapatero si affida a una bolla speculativa. Quando molta sinistra francese slitta verso Sarkozy.
Poi al Blair delle vacche grasse subentra il Brown delle vacche magre, a Schröder succede una sinistra subalterna, il riformismo debole ulivista viene rimpiazzato dall’afasia del PD, l’Europa dell’Est crolla economicamente, la bolla spagnola scoppia in pochi mesi.
Quel che rimane della sinistra del Novecento non ha più le parole per interpretare i fatti, né gli insediamenti sociali di un tempo, né i luoghi per riflettere, pensare, comunicare un progetto. Risultato: i conservatori sfruttano un “riflesso d’ordine” sufficiente a ricompattarli. I partiti novecenteschi della sinistra o le loro evoluzioni sono al minimo storico. Qui e lì esplodono forme di creatività politica in forte crescita ma fortemente minoritarie e disperse, ben lontane da un qualche consolidamento (come interpretare il 16% dei verdi francesi?). Qui e lì esplodono anche i movimenti che vogliono una società più cattiva, un’Europa chiusa e xenofoba, altrettante riserve di spietatezza che vuol farsi istituzione per quando la grande crisi morderà ancora di più. Cos’è la sparuta retorica operaia della nostra sinistra-sinistra senza quorum di fronte all’ondata di voti operai nel Nord italiano per la Lega partito di massa?
Berlusconi non sfonda, titola «la Repubblica». È vero, forse il suo risultato non è stato tale da accelerare le condizioni di una dittatura senza ostacoli. Tuttavia emerge la continuità ancora inscalfibile di un blocco politico e sociale che non ha avversari organizzati né progetti alternativi.
Serviranno alleanze nuove e capacità di interpretare la crisi, occorrerà la voglia di ritessere una fitta trama di rapporti sociali, servirà un’agenda politica che sia davvero alternativa e aperta, senza nostalgie per i simboli del XX secolo. E servirà una cura particolare per il sistema della comunicazione nel quale si rinsaldano i valori guida. Le prove da affrontare saranno presto tremende.
8 giugno 2009
Elezioni Europee, dopo il Novecento
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