In mezzo alle polemiche sulle organizzazioni non governative internazionali
che traghettano verso l’Italia i disperati raccolti sulle coste libiche, la mia
attenzione è stata attratta dal profilo dei componenti del Consiglio Direttivo italiano
di una di esse, Save The Children:
Nella lista ho notato in particolare un nome,
quello di Marco De Benedetti, che - oltre
ad essere il figlio dell’oligarca italiano naturalizzato svizzero Carlo De
Benedetti - ricopre la carica di Managing Director e Co-Presidente Europa di The Carlyle Group.
Ora, The Carlyle Group non è un’azienda
qualsiasi, ma un gigante mondiale nella
gestione degli attivi di aziende di tanti settori, incluse le industrie del
complesso militare-industriale. Carlyle
ha sede al centro dell’Impero, a
Washington, e vive di una perenne commistione politica-affari, tanto che ha reclutato fra i suoi super-faccendieri anche ex direttori
CIA ed ex presidenti USA come George
Bush padre e l’ex primo ministro britannico John Major. Nel 2008-2016 il suo direttore dei servizi finanziari
globali è stato un pezzo grosso di Wall Street, Olivier Sarkozy, fratellastro dell’ex presidente francese Nicolas,
mentre fra gli amministratori di Carlyle c’è anche il numero uno della General Motors, Dan Akerson.
Insomma, parliamo di un architrave del capitalismo globalizzato, che gestisce "asset" per centinaia di miliardi dollari, di quel capitalismo al
centro delle rapine finanziarie, delle guerre mediorientali, e di un’altra
serie di fenomeni che potremmo ribattezzare “Kill The Children”.
Vediamo così adesso i bambini fuggiti da una
casa perduta per via di una bomba aeronautica o di una bomba finanziaria ricollegata
a imprese partecipate da Carlyle, mentre sono raccolti in mare da un’azienda
dell’assistenza che incrocia la sua orbita con la Carlyle, e magari fornirà
loro farmaci e cibo di aziende partecipate da Carlyle. Il capitalismo è tentacolare, apre e chiude cicli, è completo, e si fa
anche bello, con tanto di riviste patinate e siti cinguettanti che vantano i
buoni rapporti dei pezzi grossi del non profit con le multinazionali quotate nelle grandi borse del generoso
Occidente.
Nel 2014, l’ex primo ministro britannico Tony Blair fu insignito di un premio
istituito dall’influente ramo statunitense di Save the Children, il Global
Legacy Award, durante una cena di gala a New York. Proprio lui, Blair, non
esattamente il salvatore dei bambini
iracheni e afghani.
L’industria della filantropia compie gesti
buoni. Ma la muovono salotti esclusivi che incrociano le loro strategie con quelle
dei padroni della geopolitica, cioè i signori delle guerre e delle ondate di
profughi.
Nella statistica delle singole vite salvate,
che fanno un bel rumore, scompaiono le masse sommerse e silenziate dai grandi media,
a loro volta pilotati dagli stessi salotti.
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