12 maggio 2016

La democrazia del Brasile subisce un colpo atroce mentre viene insediato un neoliberista corrotto e ineleggibile

di Glenn Greenwald.
da The Intercept.


Nel 2002, una formazione di centrosinistra del Brasile, il Partito dei Lavoratori (PT) salì alla presidenza quando Lula da Silva vinse a valanga travolgendo il candidato del partito di centro-destra del PSDB (per tutto il 2002, i "mercati" erano indignati per la mera prospettiva di una vittoria del PT). Il PT è rimasto al potere, quando Lula, nel 2006, fu rieletto in un'altra valanga contro un diverso candidato del PSDB. I nemici del PT pensavano di avere l’occasione buona per sbarazzarsi del PT nel 2010, quando la strada di Lula era sbarrata dai limiti dei mandati che gli impedivano di correre ancora, ma le loro speranze furono schiacciate quando il successore attentamente selezionato da Lula, la fin lì sconosciuta Dilma Rousseff, diede 12 punti di distacco allo stesso candidato PSDB che aveva perso con Lula nel 2002.

Nel 2014, i nemici del PT versarono enormi quantità di denaro e di risorse per sconfiggerla, ritenendola vulnerabile e pensando di aver finalmente trovato un candidato PSDB stellare, ma persero di nuovo, questa volta con un margine più stretto, quando Dilma fu rieletta con 54 milioni di voti.
In sintesi, il PT ha vinto quattro elezioni nazionali di fila: l'ultima appena 18 mesi fa. I suoi avversari hanno vigorosamente tentato di sconfiggerlo alle urne, senza riuscirci, in gran parte per via del sostegno di cui il PT godeva tra le classi povere e lavoratrici del Brasile.




Quindi, se sei un plutocrate e hai in mano la proprietà dei media più grandi e influenti della nazione, cosa fai? Elimini del tutto la necessità della democrazia - dopo tutto, essa continua a mandare al potere candidati e politiche che non ti piacciono – e sfrutti le tue catene mediatiche per incitare disordini e quindi insediare un candidato che non avrebbe mai potuto farsi eleggere da solo, ma che servirà fedelmente la tua agenda politica e la tua ideologia.
Questo è esattamente ciò che il Brasile sta facendo oggi. Il Senato brasiliano vota l’accettazione di un processo sulla base delle imputazioni di impeachment approvate dalla Camera bassa, il che si tradurrà automaticamente nella sospensione di Dilma dalla presidenza in attesa della fine del processo.
Il suo successore sarà il vice presidente Michel Temer del partito PMDB (nella foto sopra). Quindi, a differenza dell’impeachment presso la maggior parte degli altri paesi con un sistema presidenziale, qui la messa in stato d’accusa metterà al potere una persona proveniente da un partito diverso da quello del Presidente eletto. In questo caso particolare, la persona che deve essere insediata è impregnata di corruzione: accusato da informatori di un suo coinvolgimento in un sistema illegale di acquisto di etanolo, è stato appena dichiarato colpevole e conseguentemente multato per violazioni nelle spese elettorali e affronta un’interdizione per otto anni da i pubblici uffici. È profondamente impopolare: soltanto il 2% lo sosterrebbe come presidente e quasi il 60% vuole che sia messo sotto accusa (lo stesso numero favorevole all’impeachment di Dilma). Ma servirà fedelmente gli interessi dei brasiliani più ricchi: ha intenzione di nominare funzionari di Goldman Sachs e del FMI per governare l'economia e in caso contrario insediare una squadra totalmente non rappresentativa e neoliberista (composta in parte dallo stesso partito – il PSDB - che ha perso 4 elezioni di fila sotto il PT).

Niente di tutto ciò è una difesa del PT. Questo partito - come lo stesso Lula ha ammesso in un’intervista che gli ho fatto - è pieno di gravi episodi di corruzione. Quella di Dilma, per molti aspetti critici, è stata una presidenza fallimentare, ed è profondamente impopolare. I dirigenti del si sono spesso allineati e assoggettati alle élites del paese a scapito della loro base di sostenitori poveri. Il paese sta soffrendo sia dal punto di vista economico sia in quasi ogni altro aspetto.
Ma la soluzione per tutto ciò è di sconfiggerli alle urne, non semplicemente di eliminarli e sostituirli con qualcuno più conveniente per i più ricchi del paese. Qualunque sia il danno che il PT sta arrecando al Brasile, i plutocrati e i loro giornalisti-propagandisti nonché la banda di ladri di Brasilia che sta allestendo questa parodia sono assai più pericolosi. Stanno letteralmente smontando - frantumando – la democrazia del quinto paese più grande del mondo. Perfino The Economist - che pure è ostile anche ai più moderati partiti di sinistra, odia il PT e vuole che Dilma si dimetta - ha denunciato l’impeachment come «un pretesto per cacciare un presidente impopolare» e appena due settimane fa ha avvertito che «ciò che è allarmante è che coloro che stanno lavorando per la sua rimozione sono, in molti aspetti, peggiori». Prima di diventare un congiurato molto attivo nella sua acquisizione del potere, lo stesso Temer aveva detto l'anno scorso che «l’impeachment è impensabile, creerebbe una crisi istituzionale. Non vi è alcun fondamento giuridico o politico per questo».
La più grande truffa di tutte è che le élite dei media brasiliani stanno giustificando tutto questo in nome della "corruzione" e della "democrazia". Come può credere, chiunque sia minimamente razionale, che tutto questo avvenga per la "corruzione", quando stanno insediando come presidente qualcuno molto più compromesso con la corruzione rispetto alla persona che stanno rimuovendo, e quando le fazioni alle quali si trasferisce il potere sono corrotte oltre ogni possibile descrizione? E se fossero veramente interessati alla "democrazia", perché non muovono l’impeacment anche a carico di Temer e non tengono nuove elezioni, lasciando che siano gli elettori a decidere chi dovrebbe sostituire Dilma?
La risposta è ovvia: le nuove elezioni si tradurrebbero quasi certamente in una vittoria di Lula o di altri candidati che non amano, pertanto quel che temono di più è lasciare che la popolazione brasiliana decida chi la governerà. Questa è la definizione stessa della distruzione della democrazia.

Al di là del suo evidente significato globale, la ragione per cui ho speso così tanto tempo ed energie per scrivere di questi eventi è perché è stato sbalorditivo - e sconfortante – vedere tutto alla luce del sole, specialmente dato il modo in cui i media dominanti del paese, di proprietà di un piccolo manipolo di famiglie ricche, non consente quasi alcuna pluralità di opinioni. Invece, come Reporter Senza Frontiere ha evidenziato all'inizio di questo mese: «In maniera poco velata, i principali media nazionali hanno invitato il pubblico a contribuire a rovesciare il presidente Dilma Rousseff. I giornalisti che lavorano per questi gruppi di media sono chiaramente soggetti all'influenza di interessi privati e di parte, e questi conflitti di interesse permanenti sono chiaramente molto dannosi per la qualità delle notizie che riportano».

Vivendo in Brasile da 11 anni, è stato stimolante e fortificante osservare un paese di 200 milioni di persone spezzare le catene di una dittatura militare di destra durata 21 anni (sostenuta da Stati Uniti e Regno Unito) per portare a maturazione una democrazia giovane e dinamica vibrante e poi prosperare sotto di essa. Il vedere quanto rapidamente e facilmente essa possa venire ribaltata - abolita in tutto, tranne che nel nome - è allo stesso tempo triste e spaventoso da guardare. È anche una lezione importante per chiunque, ovunque nel mondo, presuma allegramente che le cose continuino così come sono o che ci sia stabilità garantita e un continuo progresso.


La scorsa settimana, ho parlato con Democracy Now per circa 10 minuti sul perché io ritenga che questi sviluppi in Brasile siano così significativi:






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