di Pino Cabras - da Megachip.
Mario
Monti comanda in virtù di un’autorità attribuitagli per “stato di
eccezione”. È investito di poteri politici pieni per un tempo sinora
dichiarato limitato, ma ormai aperto a un appetito che, si sa, vien
mangiando. È un classico dittatore, insomma. Ed essendo
tale, ragiona e parla come un autocrate. Ma come, diranno gli illusi,
lo statista grigio topo, il sobrio uomo del loden, lui, un dittatore?
Per far suo lo stile di pensiero totalitario di un dittatore non gli
occorre mica farsi prestare una giacca sgargiante da Sacha Baron Cohen,
né gli serve ammazzare oppositori con risa perfide durante una visita
in sala torture. Può bastare la sua voce monocorde e l’immeritata fama
di “tecnico”, per zittire il capo di Confindustria in nome di un
precetto che non può tollerare dissensi: la regola dello spread.
Nessuna
critica al suo governo può essere considerata valida quando si insinua
nelle classi dirigenti, perché l’unica realtà che queste devono ormai
vedere è il livello dei tassi d’interesse, ossia un perenne stato di eccezione,
una minaccia che può travolgere tutto se qualcuno osa alzare la testa
mentre viene intaccato selvaggiamente quel che è stato accumulato in
generazioni.
Tutte
le libertà, tutti i poteri e contropoteri nonché le formazioni sociali
intermedie, sono sacrificati a un capestro in mano alle agenzie di
rating sull’asse Wall Street-Londra, arbitri del nostro destino. Abbiamo
così un dittatore e il suo king maker sul Colle che mettono le
nostre vite nelle disponibilità di soggetti che un giorno saranno
giudicati con un metro penale estremo, cioè con metri di corda saponata
ai quali appenderli, se si avvera la “tempesta perfetta” prevista da Nouriel Roubini.
Sia
chiaro. Noi non vogliamo che siano impiccati il dittatore Monti, il
peggiorista quirinalizio, i padroni d’oltremare, né gli stolidi e
mediocri interlocutori di Berlino. Né vogliamo che siano appesi per il
collo i corifei delle gazzette del conservatorismo italiota, La Repubblica e il Corriere della Sera,
che pure, per parte loro, poco ci manca che vogliano mandare alla forca
chi osa dire la verità: che il governo fa macelleria sociale. Ma
dovremo dirlo forte e chiaro, al dittatore, che l’abbiamo capito: lui,
fra le libertà costituzionali e le pagelle dei creditori criminali, ha scelto i criminali.
Chi si illude del contrario, sbatterà prima o poi contro una realtà
solidissima. Noi, che non ci illudiamo, ci dobbiamo attrezzare in tempo
per far pagare il prezzo del crimine ai criminali e ai complici dei
criminali. Che se ne vadano tutti, alcuni in galera, altri a leccarsi le
ferite dopo che ripudieremo il debito ingiusto e smantelleremo le nuove
impalcature istituzionali create in suo nome.
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