L'ex capo delle forze speciali britanniche Sas (Special Air Service) in Afghanistan, il comandante Sebastian Morley, 40 anni, denuncia quanto la campagna militare contro i Taliban sia «inutile». Gli ricorda l’esordio di un’altra guerra che fu da subito in un vicolo cieco: «È l'equivalente dell'inizio della guerra del Vietnam», lamenta Morley in un'intervista al «Daily Telegraph», la prima dopo le sue dimissioni nell’estate 2008, seguite alla morte di quattro suoi uomini che viaggiavano in una Land Rover Snatch, un mezzo obsoleto pensato per la guerriglia urbana nell’Ulster ma totalmente inefficace per proteggere i soldati contro le IED usate nell’insidioso terreno afghano.
«Il numero delle vittime e il logoramento delle truppe non possono che aumentare», prevede Morley.
Trattandosi di una guerra «inutile», il governo britannico ha «le mani sporche di sangue» per via della sua indifferenza alla protezione dei propri uomini in campo. «Teniamo piccole porzioni di terreno nella provincia di Helmand», la zona dell’Afghanistan meridionale di competenza britannica. «Le operazioni che stiamo conducendo sono davvero senza senso. È proprio folle pensare che teniamo quel terreno o che abbiamo alcuna influenza su quel che accade poco oltre le basi».
Insomma, già a mezzo chilometro dai fortini in cui si rintanano i soldati di Sua Maestà, non c’è più alcuna influenza sullo stato delle cose.
«Usciamo in operazioni, ci azzuffiamo con i Taliban e rientriamo al campo per il tè. Non controlliamo il territorio. I Taliban sanno dove siamo. E sanno molto bene quando siamo rientrati al campo», commenta amaramente Morley.
Del resto, non è che per le truppe statunitensi le cose vadano molto diversamente. «Al mondo non sfugge il fatto sufficientemente chiaro che la maggior parte delle nostre forze sono bloccate in Iraq e in Afghanistan», aveva detto già nell’aprile 2007 Daniel Serwer, del think tank US Institute for Peace: «quando Gulliver è legato a terra, tutti lo capiscono».
È in questo contesto che – mentre sfuma la disastrosa utopia bellicista dell’era Bush – si possono comprendere le aperture di Barack Obama e la sua disponibilità a trattare con i Taliban. Il tutto avviene troppo tardi. Se solo si fosse ascoltato il generale Fabio Mini, quando nel 2007 commentava: «La legittimazione fra avversari avviene nel momento in cui si combattono e non nel momento in cui si parlano. Il ruolo di avversario non comporta nessuna accettazione diretta o indiretta dei rispettivi scopi e metodi . Anzi proprio nel riconoscimento delle reciproche posizioni sta sia la possibilità di trovare un punto di accordo sia la definitiva chiarificazione del disaccordo.»
A Gulliver ormai conviene scendere a più miti consigli.
Ma chi lo dice a La Russa e a Fassino, che certo non hanno avuto il coraggio né il realismo degli ufficiali che hanno guardato alla realtà effettuale?
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