29 febbraio 2008

Complotti e complottismi

di Pino Cabras

dal Capitolo I: "Terrorismo, un moderno instrumentum regni"

Se volete mettere in cattiva luce qualcuno che scrive o parla scostandosi dalla corrente principale delle spiegazioni di certi grandi fatti, bollatelo come ‘teorico della cospirazione’, o ‘complottista’. È uno stigma molto comodo, un potente silenziatore, una densa notte che cala su tutte le vacche e le fa tutte nere.
Il ‘complottista’ sarà così iscritto a forza in un club popolato da mitomani, falsari, mestatori e dilettanti paranoici, agenti pagati per creare confusione, ufologi monotematici e così via. Lo isolerete abbastanza da lasciargli il dubbio che le sue non siano le stesse sofferenze di Galileo, ma le solitudini di chi ha imboccato un vicolo cieco, quello che costeggia il manicomio.
Anziché fargli sommare le sue intuizioni esatte, per quanto parziali e incomplete, a quelle di altre persone che hanno il suo stesso cruccio, ebbene, con il vostro attivissimo arbitrio gli farete invece sommare gli errori.
L’errore specifico di un complottista sarà l’errore definitivo di tutti i complottisti. La paranoia di uno sarà la macchia che sporca le ragioni di tutti gli altri associati del grande club forzoso, che essi lo vogliano oppure no.
Questo tipo di forzatura la possiamo leggere in diversi siti e volumi, tra cui uno curato dal giornalista Massimo Polidoro, 11/9. La cospirazione impossibile, che chiama a testimoniare in quarta di copertina niente meno che Pier Paolo Pasolini: «Il complotto ci fa delirare perché ci libera da tutto il peso di confrontarci da soli con la verità».
La frase di Pasolini – con buona pace di chi la vorrebbe usare contro i miei dubbi - a me piace. Venne pronunciata, nel 1975, poco tempo prima che morisse, in un contesto in cui criticava anche la critica al potere. Erano gli anni in cui Pasolini affrontava di petto il tema dello stragismo italiano, così simile allo stragismo mondiale di oggi, dalle pagine del «Corriere della Sera»:


Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari.
Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero.
Tutto ciò fa parte del mio mestiere
e dell’istinto del mio mestiere.

Ecco il Pasolini che avrebbe parlato con più precisione ancora oggi. Ma l’ignoranza politica fa commettere gravi omissioni: dimenticare il Pasolini che dice «io so», oppure dimenticarsi tutte le esercitazioni militari in corso l’11 settembre, mai menzionate dal libro curato da Polidoro.
Nel suo libro a tutto campo sull’11 settembre, che vi consiglio caldamente di leggere, lo scrittore di fantascienza Roberto Quaglia ragiona sul destino della parola cospirazione:

Per caso o per dolo, il semantema che per secoli o millenni ha significato il concetto di cospirazione adesso virtualmente significa cospirazione immaginaria. Scrivi cospirazione, leggi cospirazione immaginaria. Come è mai potuto accadere qualcosa del genere? E, soprattutto, se mai una cospirazione davvero venisse tramata o messa in atto da qualcuno da qualche parte, come potrebbe mai essere possibile discuterne con lucidità, se il fatto stesso di nominarla si tira dietro il significato della infondatezza di ciò di cui si sta parlando? È perfettamente possibile – e per inciso assai probabile – che tale trasmutazione semantica sia interamente casuale. Tuttavia… non è più affascinante pensare per un attimo – anche solo per gioco o per divertimento intellettuale – che dietro a questo curioso fenomeno possa celarsi un astuto progetto, un diabolico artifizio allo scopo di disarmare i tam tam verbali di coloro che di una importante cospirazione venissero a conoscenza, ovvero – anche se indubbiamente ciò suona fantascientifico – una raffinatissima impalpabile arma di guerra psichica.
I guardiani delle verità accettabili sono molto spicci, quando non si limitano a ignorare del tutto la ricerca di altre verità. Perciò, spulciando su internet ho trovato queste belle considerazioni di Miguel Martinez su ‘complotti e complottismi’.
«I complotti esistono, nel senso che le persone si alleano tra di loro per ottenere più potere e sanno anche mentire a proposito delle loro finalità, due attività che condividono peraltro con gli scimpanzè».
«I complotti, come sa chiunque abbia assistito alle trattative per una gara di appalto, non sono l’eccezione, ma la regola».
«Proprio perché sono la regola, i loro effetti tendono ad annullarsi a vicenda tra grandi masse di persone che si contendono il potere o il denaro partendo da basi più o meno paritarie, e questo dà un’aria obbligatoria e prevedibile a certi fenomeni di concorrenza diffusa».
«Quando però un piccolo gruppo di persone detiene poteri soverchianti, le loro decisioni soggettive assumono un’importanza reale».
«Forse è vero che le circostanze oggettive obbligano i dominanti a lanciare guerre; ma oggi è perfettamente possibile per dieci persone riunirsi in una stanza e decidere, con una certa libertà, se fare quella guerra domani o tra un anno, e se farla contro l’Iran o contro la Corea del Nord, con effetti certamente molto diversi».
«Il complottismo invece consiste nel pensare che esista un unico complotto, che i cospiratori non litighino mai tra di loro, che nessuno di loro cambi mai idea, che agiscano per qualche purissimo fine ideale (secondo i clericali, abolire il cristianesimo; secondo altri, clonare Hitler per salvare la razza ariana, ecc.), e che riescano a tramandare questo stesso complotto, immutato, generazione dopo generazione».
«Non è il caso della tesi che viene esposta qui, quindi chiudiamo la parentesi»

28 febbraio 2008

Prime presentazioni

di Pino Cabras


Ecco le prime date per la presentazione del libro:

Venerdì 7 marzo 2008 alle ore 18.00
presso la Società Umanitaria - Viale Trieste 126, Cagliari
Celestino Tabasso intervista l'autore.
Letture di Elio Turno Arthemalle ed esperimenti comico-chimici.

Sabato 8 marzo 2008 alle ore 18.00
presso il White Miller Club,
via Aldo Moro angolo via Tunisi, Olbia.
Intervengono l’autore e - sul tema della paura - lo psicologo-psicoterapeuta Antonio Pala.
Animano la serata i Doc Sound.
Organizzato dalla SEA - Sardinia Events Agency di Ellen Alena Pokutova.


Sabato 15 marzo 2008 alle ore 18.00
presso il Centro di Documentazione del Comune di Baunei (OG)
Via Orientale Sarda,
lo scrittore Paolo Maccioni intervista l’autore.
Organizzazione a cura dell’associazione culturale Ajosa, Baunei.


23 febbraio 2008

Strategie per una guerra mondiale

11 settembre 2001. A day of terror, intitolava «The New York Times» il giorno dopo l’attacco al cuore di Manhattan e al Pentagono. Uno degli eventi più drammatici della storia contemporanea colpiva i luoghi simbolo del potere occidentale all’inizio del nuovo millennio. Una rinnovata ‘strategia della tensione’ dilagava a livello mondiale innescando la ‘guerra al terrorismo’ e polarizzando la vita politica e civile intorno alla politica estera degli Stati Uniti. Altri conflitti e attentati, fra cui quello a Benazir Bhutto, si sono legati negli anni a quell’evento, mentre continuano a rafforzarsi le indagini indipendenti secondo le quali «l’11 settembre “vero” è molto diverso da quello divulgato con la forza di un dogma indiscutibile» per giustificare le nuove guerre in Medio Oriente e i loro morti senza nome, occultando gli scopi economici e finanziari connessi. L’interpretazione dell’11 settembre, lontana da pregiudizi o soluzioni semplicistiche, deve essere invece il risultato di un’analisi trasparente e completa dei fatti.

La ricostruzione degli avvenimenti disegna una mappa bellica che sembra condurre strategicamente a un nuovo conflitto mondiale.