15 luglio 2008

Scavando su Ground Zero: rispetto, memoria e verità

di Pino Cabras



Diversi mitografi che fanno l’apologia delle versioni ufficiali sull’11 settembre adottano spesso una tattica: spostare l’attenzione dal tema. Secondo questo schema, mettere in discussione la versione ufficiale è qualcosa che «manca di rispetto per le vittime e le loro famiglie».
La realtà, tuttavia, è un’altra. Circa metà dei familiari delle vittime ritiene che l’11 settembre abbia avuto complicità ad alto livello negli apparati statali.
Molti parenti e amici delle vittime non si limitano a sostenere la ricerca della verità sull’11/9, ma chiedono a gran voce una nuova inchiesta, come fa – fra gli altri – Bob McIlvaine, una delle voci più toccanti che abbiamo conosciuto anche in Italia grazie al film Zero. Non è affatto una voce nel deserto.

Le stesse “vedove dell’11 settembre” che si batterono per la creazione della Commissione d’inchiesta, dopo i suoi scarsi risultati e dopo i depistaggi che hanno appurato, stanno ora chiedendo una nuova indagine.



Altre voci esprimono dubbi e domande radicali. Lo fanno con un’autorevolezza naturale, che viene dalla loro storia personale valorosa e dai segni che portano nel corpo. Sono i pompieri e i soccorritori che avevano lavorato instancabilmente per salvare vite umane in mezzo alle nubi tossiche. Parliamo di veri e propri eroi, oggi colpiti dalla malattia per ciò che respirarono in quel giorno infausto. Proprio loro, queste vite predestinate a una sorte segnata da inesorabili patologie, sostengono che fu una demolizione controllata a buttare giù le Torri Gemelle e reclamano un’indagine che non sia una farsa.



Possiamo portare documenti, testimonianze, contatti, video. Ma ci sarà comunque ancora qualcuno che continuerà a ripeterlo: indagare sull’11 settembre è irriguardoso nei confronti delle vittime.
Ponendoci all’ascolto dei familiari dei caduti, dovremo pazientemente spiegare che è vero il contrario.
Accontentarsi delle versioni ufficiali: questo sì, sarebbe veramente irrispettoso di chi morì quel giorno e di chi lo piange da allora.

La posizione di chi reclama questa verità è molto scomoda, specie per chi ha avuto una visione dei fatti personale e diretta. I “muri di gomma” esistono.

Il maggiore Mike McCormack, ad esempio, è uno degli eroi di Ground Zero, nonché uno degli individui interessati a far divulgare i documenti che hanno provato il depistaggio governativo che ha deliberatamente messo a rischio poliziotti, vigili del fuoco e soccorritori (quando l’aria venne dichiarata «sicura e respirabile»). Il 12 settembre 2006, per fermarlo e perquisirlo sono state mobilitate anche le teste di cuoio della polizia. Come è ovvio, McCormack ha percepito il tutto come una potente opera di intimidazione. Le sue prese di posizione non sono uno scherzo. Sull’11 settembre ha rivelato cose di una certa pesantezza: «molti pompieri mi andavano dicendo che sentirono numerose esplosioni secondarie per tutto l'edificio – questi ragazzi sono professionisti con grande esperienza – molti hanno una formazione militare e non sono sciocchi.»
McCormack ha sostenuto che circa tre quarti dei poliziotti, dei pompieri e dei soccorritori con cui ha parlato personalmente credono ora che sull’11/9 ci sia un insabbiamento e ha rivelato che molti sono stati minacciati che «se aprono bocca possono dire addio alla loro pensione.»

Nonostante questo clima, a dispetto del “rumore di sciabole”, delle intimidazioni, delle inevitabili paure, gli interessati vanno avanti.
Plaza de Mayo, in un altro emisfero, dovrebbe averci insegnato che c’è chi non si arrende mai.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Il più grande muro di gomma è l'ottusità.

Anonimo ha detto...

Il più grande muro di gomma è l'ottusità, come dice Anonimo, e l'ottusità è ancora più grande ed è criminale quando è figlia del calcolo

Anonimo ha detto...

esistono fondalmentalmente due grandi correnti artistiche che si alternano e susseguono da millenni.
Quella romantica e quella illuminista.
Quella romantica finisce sempre nello spleen, nel pessimismo cosmico, nell'ottusità, nei pregiudizi, nei preconcetti, nelle morti inutili per ideali rivoluzionari, nel sangue, nel terrorismo psicologico (sfruttare un argomento per spaventare la popolazione che sia alqaeda, o il global warming, o le morti bianche degli operai, o le stragi dei rom, o l'america superpotenza cattiva che si fa l'autoattentato, o l'anno 1000 in cui vi sarà il giudizio universale, ...)

Quella illuminista non fa altro che ragionare e distanziarsi da cotal stupidità ed ottusità.

Per cui fatevi questa bella endovena di paura allo stato puro al fine di condizionare il vosto pensiero e le vostre azioni. Siete solo dei romanticoni che amano la passione che smuove cuore e menti piuttosto che i fatti reali che condizionano gli eventi.

pino cabras ha detto...

Non ho capito bene, lo dico sinceramente, il commento di Anonimo. Si rivolge a una molteplicità di soggetti davvero eterogenei, e lo fa usando categorie "artistiche" discutibili (cos'è la corrente illuminista che esiste "da millenni"? Mah...).
Qua l'arte c'entra ben poco. Non c'è pessimismo cosmico, c'è uno sguardo preoccupato a fenomeni storicamente determinati. Né ci si adagia alla paura, e nemmeno la si usa. Anzi, faccio mia una considerazione di un'intellettuale statunitense, Webster Griffin Tarpley: (“La sola cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa”, disse Franklin D. Roosevelt nel suo discorso inaugurale nel marzo 1933. Il consiglio del regime Bush al popolo americano è, per contro, “Abbiate paura! Sempre!”).
Non parliamo di America "superpotenza cattiva", caro Anonimo. Guardo agli USA come a uno Stato che – al pari degli altri Stati – non deve essere considerato in odore di santità né pervaso da fumi demoniaci, ma semplicemente valutato con tutto l’arsenale della critica razionale, per quello che fa e che progetta, per il potere che ha e per lo scontro che il suo potere - enorme - genera.

Anonimo ha detto...

Titolo: 6.5 bilions of dollars

C'è poco da esser realisti quando si ignora la quantità di azioni terroriste compiute in un anno e si reinterpreta tutto in chiave americana, indicando in questa nazione o superpotenza il bandolo della matassa.
Il bello è che si ignora tutto ciò in parte per non fomentare altro odio verso una cultura diversa dall'occidentale/indocinese, in parte perchè si vuole assolutamente nascondere l'idea che gruppi armati conducono guerre diverse ma estese su tutto il mondo e in tutti i continenti.
Ma d'altra parte chi è senza colpe...emm terrorismo scagli la prima pietra.
Creare un unico soggetto verso cui dirottare tutte le paure è politica interna mediorientale, persino secondo l'opinione di interpreti mediorientali della geopolitica. L'iran per esempio con Israele.
La Palestina con Israele e l'America.
E' deprimente vedere che anche in Italia esiste questa concezione politica ad un capo, ad un estremo del panorama opinionistico.
D'altra parte additare l'America od il governo Bush come causa di tutti i mali, come governo corrotto che sfrutta l'autoattentato per ottenere consensi, altri non è che comportarsi come ciò che si critica.
Una similitudine: nelle sue pecche Berlusconi dimostra e paventa uno stato di paura latente contro i magistrati, descritti come detentori del potere, e atti ad usarlo per influenzare la politica ed il suo governo.
Quindi questo è il livello a cui paragono certi modus operandi informativi. Certo con diversi termini, magari all'estremo opposto, ma di fatto con eguale modus operandi.

Saluti.

pino cabras ha detto...

Anonimo, se leggi il mio blog o il mio libro, non troverai tesi semplicistiche che leghino il fenomeno terroristico a una catena di comando che faccia da “bandolo della matassa”. Al contrario. Contesto invece alla radice l’esistenza di una minaccia terroristica internazionale unificata di portata equivalente alla ‘minaccia sovietica’. L’agenda politica imposta dai neoconservatori è falsa.
Il terrorismo è naturalmente una minaccia da prendere sul serio, ma è un fenomeno molto più disaggregato e complesso di quella infinita e battente narrazione che continua ininterrottamente a essere proposta sui media, con un’immagine di al-Qā‘ida-piovra e bin Lāden a capeggiarla.
Nessuno nega il fatto che la minaccia del terrorismo sia cresciuta, ma va rigettata proprio l’idea che tale minaccia sia in qualche modo centralizzata. Il mondo è pieno di individui e gruppuscoli di fanatici estremisti, profondamente segnati da idee distorte dell’Islam e addestrati all’uso di tecniche di terrorismo stragista. Ma la rappresentazione angosciante di un’organizzazione segreta di formidabile potenza, in grado di colpire la nostra società, è un colossale inganno. Per quanto si cerchi l’organizzazione al-Qā‘ida, nelle montagne afgane come nelle fantomatiche ‘cellule dormienti’ in America e in altri paesi occidentali, il risultato poverissimo è quello di un nemico fantasma.
Né la commissione sull’11 settembre, né nessuna altra corte di giustizia ha prodotto prove dirette e utilizzabili che fossero ottenute dai più importanti terroristi detenuti negli Stati Uniti dopo l’11 settembre (salvo considerare roba seria le confessioni ottenute sotto tortura, ma su questo hanno dubbi forti anche negli USA).
Il problema delle dichiarazioni roboanti sulla natura dell’Islam – come dice il direttore dell'americanissimo settimanale Newsweek, Fareed Zakaria - è che «questo, come qualsiasi altra religione, non è ciò che ne fanno i libri, ma ciò che ne fanno le persone. Si dimentichino le declamazioni dei fondamentalisti, che sono una minoranza. La vita quotidiana della maggior parte dei musulmani non conferma l’idea di una fede intrinsecamente antioccidentale o antimoderna».
Insomma, sono contro l'idea dello scontro di civiltà. È una forzatura che fa comodo a chi fa affari con le guerre.

Anonimo ha detto...

ah...quindi l'intervista di Paolo Barnard ad un ex-insider di AlQaeda è falsa.



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Contesto invece alla radice l’esistenza di una minaccia terroristica internazionale unificata di portata equivalente alla ‘minaccia sovietica’
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Già...Zarkawi è un'invenzione americana per l'Iraq, come dice Loretta Napoleoni riuscendo incredibilmente ad essere invitata in decine di trasmissioni televisive di disinformazione.
Non è vero che la Giordania prima del 2003 aveva emesso 2 delle 3 condanne a morte nei confronti di Zarkawi.
O forse basta ignorare pochi piccoli particolari qui e lì come fa la Napoleoni. Per esempio: per sostenere la tesi che Zarkawi prima del 2003 non fosse nessuno basta ignorare due piccole ed insignificanti condanne a morte, sconosciute al mondo disinformatorio di internet che si documenta in modo pregiudizievole.
Bisognerebbe chiedere agli esuli antifascisti mandati nei gulag siberiani da Stalin se la minaccia sovietica esisteva o meno.
http://criminicomunisti.forumup.it/about88-criminicomunisti.html
O magari a Dario Fo che in quel periodo faceva il balilla. Dovrebbe saperne qualcosa.
Certo, la minaccia sovietica così come intesa qui nei commenti è postuma ai fatti appena citati, ma di quanto? 10 anni-20 anni...

pino cabras ha detto...

Eviterò di citare giornalisti lontani dal mainstream informativo, così "Anonimo" sarà contento, e magari guarderà con altri occhi al caso al-Zarqāwī.

Addirittura sul «Washington Post» non hanno potuto fare a meno di segnalare con un dettagliato articolo – non certo ripreso come avrebbe meritato da altri giornali – il livello sempre più patologico e incredibile della propaganda manipolatoria e delle operazioni psicologiche in materia di terrorismo. [Thomas E. Ricks, Military Plays Up Role of Zarqawi, Jordanian Painted As Foreign Threat To Iraq’s Stability, «Washington Post», 10 aprile 2007]. L’attenzione dell’articolo è rivolta al defunto Abū Mus’ab al-Zarqāwī, il presunto e ferocissimo capo di al-Qā‘ida in Iraq, al quale per due anni furono attribuite innumerevoli stragi e orripilanti decapitazioni. Emerge che il generale George W. Casey Jr. ammette di aver fabbricato alcuni documenti mentre il comandante delle operazioni psicologiche in Irak, Mark Kimmit, dice papale papale che «il programma di operazioni psicologiche (psyop) al-Zarqāwī è la campagna d’informazione di maggior successo».
C’è ancora qualcuno che creda ancora che il mostro al-Zarqāwī - nel modo in cui ci è stato descritto - sia esistito? Io non ci credo minimamente. Era solo l’icona del bad boy, il villain che serviva a giustificare la presenza delle truppe occidentali e screditare la vera resistenza locale. Già nel 2004 il quotidiano britannico «The Telegraph» era giunto alle stesse conclusioni. In un articolo pubblicato il 2 ottobre 2004 si riportavano le sconcertanti rivelazioni anonime di vari agenti americani a Baghdad, i quali raccontavano che la pratica di pagare per ottenere informazioni aveva avuto il risultato di sovrastimare il ruolo di al-Zarqāwī nella resistenza contro l’occupazione del paese.
«Pagavamo fino a 10mila dollari alla volta a opportunisti, criminali e individui che ci passavano fantasie e supposizioni su al-Zarqāwī come se fossero verità di ferro – svela uno di questi agenti – facendo di lui la chiave di volta di quasi ogni attentato in Iraq. In patria questa roba veniva ricevuta con gratitudine e le decisioni sulla tattica da adottare si basano su di essa. Avevamo bisogno di un furfante, qualcuno identificabile e afferrabile per il pubblico e ora ce l’abbiamo.» (Adrian Blomfield, How US fuelled myth of Zarqawi the mastermind, 3 ottobre 2004) .
C’è chi invece ritiene che al-Zarqāwī sia stato un pericolo reale e serio, con una sua autonomia, come fanno Antonio e Gianni Cipriani, nel loro libro La nuova guerra mondiale. Terrorismo e intelligence nei conflitti globali, Milano, Sperling & Kupfer, 2005, pp. 116-123. Il libro dei fratelli Cipriani è un’utile e dettagliatissima descrizione tassonomica dell’«arcipelago del terrore». Sebbene diano credito all’esistenza e alla temibilità della banda di al-Zarqāwī, anche i Cipriani ritengono tuttavia che «sia evidente che gli Stati Uniti [ne] abbiano volutamente alimentato a dismisura il ‘mito’» (p. 123).

È così assurdo che il contro-terrorismo slitti così facilmente in pseudo-terrorismo o para-terrorismo? "Anonimo" consideri per un istante un’incredibile rivelazione del Luglio 2007 – fatta da un generale di brigata americano, Kevin Bergner, alla giornalista Tina Susman – su un terrorista iracheno impersonato da un attore: «Il presunto capo di un gruppo iracheno affiliato ad al-Qā‘ida, è stato dichiarato non-esistente da ufficiali USA. I quali hanno chiarito che si trattava di una persona immaginaria creata per dare una faccia irachena ad una organizzazione terroristica straniera.» (US says Iraqi rebel head is an invention, «Los Angeles Times», 20 luglio 2007). Testuale. La dichiarazione sorprende, se si pensa che a marzo 2007 Abu Omar al-Baghdadi era stato dichiarato catturato, mentre a maggio fu dichiarato ucciso, e il suo presunto cadavere venne perfino mostrato alla TV di Stato irachena.
«È stato utilizzato un attore iracheno per leggere le dichiarazioni attribuite a Baghdadi, da ottobre indicato come il leader dello ‘Stato Islamico in Iraq’, ha detto il generale di brigata dell’esercito USA Kevin Bergner. Bergner ha detto che la nuova informazione è venuta da un uomo catturato il 4 luglio, descritto come l’iracheno più alto in grado nello Stato Islamico in Iraq.»
Il livello di attendibilità delle rivendicazioni è dunque molto basso, mentre è elevatissimo il tasso di manipolazione. Fiction, più che politica. Teatro dell’assurdo, anziché informazione.

Mondo Mistero ha detto...

gran articolo. complimenti, ho linkato il tuo blog al mio.
Tanti saluti continua cosi.