28 novembre 2011
Appuntamento a Macomer
La libreria Emmepi , il Centro Servizi Culturali di
Macomer, l’Associazione Culturale VerbaVoglio
mercoledì
30 Novembre
vi invitano all’incontro pubblico con Giulietto
Chiesa e Pino Cabras
per la presentazione del loro libro
BARACK OBUSH
Moderatore: Raffaele Manca
VI
ASPETTIAMO
Alle
19.00 c/o la nuova sede del Centro Servizi Culturali
Padiglione
Filigosa ( ex Caserme Mura), viale Gramsci, Macomer
25 novembre 2011
Appuntamenti a Sassari e dintorni
Sassari, 29 novembre 2011, ore 16:00.
Incontro-dibattito:
Giulietto Chiesa e Pino Cabras, introdotti dal prof. Massimo Ragnedda parleranno de
Incontro-dibattito:
Giulietto Chiesa e Pino Cabras, introdotti dal prof. Massimo Ragnedda parleranno de
"La grande truffa del debito pubblico".
Tutto ciò che avresti voluto sapere sul debito pubblico e non hai mai osato chiedere ora potrai conoscerlo da chi fa un'attenta analisi della realtà politica dell'Italia in una Europa severa e molto fragile.
Aula I - Facoltà di Lettere e Filosofia 2° piano.
Tutto ciò che avresti voluto sapere sul debito pubblico e non hai mai osato chiedere ora potrai conoscerlo da chi fa un'attenta analisi della realtà politica dell'Italia in una Europa severa e molto fragile.
Aula I - Facoltà di Lettere e Filosofia 2° piano.
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Usini (SS), 29 novembre 2011
Usini (SS), 29 novembre 2011
Presso l'Auditorium Comunale in via Padre Manzella (Scuole Elementari) di Usini, con ingresso libero, martedì 29 novembre alle ore 19, il giornalista e scrittore Giulietto Chiesa presenterà il suo ultimo libro, frutto di un lavoro a quattro mani portato a termine con il direttore editoriale di Megachip.info, Pino Cabras.
"Barack Obush", (Ponte alle Grazie, 2011).
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Sassari
22 novembre 2011
Noiosi Romantici Crudeli
di Paul Krugman - «New York Times.»
C'è
una parola che ultimamente sento di continuo: “tecnocrate”. A volte
viene usata come un termine di disprezzo: i creatori dell’euro, ci si
dice, erano tecnocrati che non sono riusciti a tenere in conto i fattori
umani e culturali. A volte è invece un termine elogiativo: i novelli
primi ministri di Grecia e Italia sono descritti come tecnocrati che si
eleveranno al di sopra della politica per fare quel che deve essere
fatto. Un attimo. Io lo so bene chi sono i tecnocrati; a volte ho
ricoperto anch’io quel ruolo. E queste persone - le persone che hanno
costretto l’Europa ad adottare una moneta comune, le persone che stanno
costringendo sia l’Europa sia gli Stati Uniti all’austerità - non sono
affatto tecnocrati. Sono, invece, dei romantici profondamente privi di
senso pratico.
Essi
sono, per essere precisi, una razza particolarmente noiosa di
romantici, che si esprimono con una prosa altisonante anziché in poesia.
E le cose che chiedono in base alle loro visioni romantiche sono spesso
crudeli, al punto da implicare sacrifici esorbitanti a carico di
lavoratori e famiglie comuni. Ma resta il fatto che quelle visioni sono
guidate da sogni sul modo in cui le cose dovrebbero essere, anziché da
una valutazione fredda delle cose così come sono realmente.
E per salvare l'economia mondiale, dobbiamo rovesciare questi pericolosi romantici dai loro piedistalli.
Cominciamo
con la creazione dell'euro. Se pensate che questo fosse un progetto
guidato da un calcolo accurato dei costi e dei benefici, siete stati
male informati.
La
verità è che il cammino dell’Europa verso una moneta unica è stato, fin
dall'inizio, un progetto dubbio privo di una qualche analisi economica
oggettiva. Le economie del continente erano troppo diverse per
funzionare senza problemi con una politica monetaria unica e buona per
tutti, troppo esposte alla probabilità che si verificassero "shock
asimmetrici", in cui alcuni paesi crollavano, mentre altri andavano in
boom. E a differenza degli Stati Uniti, i paesi europei non facevano
parte di una singola nazione con un bilancio unificato e un mercato del
lavoro tenuto insieme da una lingua comune.
Perché
allora questi "tecnocrati" hanno spinto così fortemente per l'euro,
ignorando i molti avvertimenti degli economisti? In parte era il sogno
dell'unificazione europea, che l’élite del continente trovava talmente
allettante che i suoi esponenti scartavano via le obiezioni pratiche. E
in parte è stato un atto di fede economica, la speranza - guidata dalla
volontà di credere, nonostante le ampie prove del contrario - che tutto
avrebbe funzionato fin quando le nazioni avessero praticato le virtù
vittoriane della stabilità dei prezzi e della prudenza fiscale.
Triste
a dirsi, le cose non hanno funzionato come promesso. Ma invece che
adattarsi alla realtà, quei presunti tecnocrati andavano a raddoppiare
la posta: insistendo, ad esempio, sul fatto che la Grecia potesse
evitare il default attraverso un’austerità spietata, mentre chiunque sapesse davvero fare i conti era consapevole di soluzioni migliori.
Lasciatemi
mettere in evidenza, in particolare, la Banca centrale europea (BCE),
che pure dovrebbe essere l'istituzione tecnocratica definitiva, e che è
si è fatta notare parecchio per rifugiarsi nella fantasia non appena le
cose andavano male. L'anno scorso, per esempio, la banca ha affermato di
credere nella fata fiducia: vale a dire l'affermazione che i tagli di
bilancio in una economia depressa in realtà promuovevano l'espansione,
aumentando gli affari e la fiducia dei consumatori. Eppure, che strano,
questo non è successo da nessuna parte.
E
ora, con l'Europa in crisi - una crisi che non può essere contenuta a
meno che la BCE faccia il passo di fermare il circolo vizioso del
collasso finanziario - i suoi leader si aggrappano ancora all'idea che
la stabilità dei prezzi sia la panacea di tutti i mali. La scorsa settimana Mario Draghi,
il nuovo presidente della BCE, ha dichiarato che «ancorare le
aspettative di inflazione» è «il grande contributo che possiamo fare a
sostegno della crescita sostenibile, la creazione di occupazione e la
stabilità finanziaria».
Questa
è un'affermazione assolutamente fantastica da fare in un momento in cui
si prevede che l'inflazione europea sia, semmai, troppo bassa, mentre
ciò che mette turbolenza nei mercati è la paura di un collasso
finanziario più o meno immediato. E suona più come un proclama religioso
che come una valutazione tecnocratica.
Giusto
per essere chiari, la mia non è una tirata anti-europea, visto che
abbiamo anche noi i nostri pseudo-tecnocrati a distorcere il dibattito
politico. In particolare, i gruppi di "esperti" suppostamente non di
parte - il Comitato per un Bilancio Federale Responsabile, la Coalizione
Concord, e così via – hanno avuto fin troppo successo nel dirottare il
dibattito di politica economica, spostando la sua attenzione dalle
tematiche occupazionali al deficit.
Dei
veri tecnocrati avrebbero chiesto se questo avesse un senso nel momento
in cui il tasso di disoccupazione è del 9 per cento e il tasso di
interesse sul debito degli Stati Uniti è solo il 2 per cento. Ma come
nel caso della BCE, anche i nostri bisbetici con la fissa del fisco
hanno la loro propria versione su ciò che conta davvero, e vi si
attengono a ogni costo, a prescindere da quel che dicono davvero i dati.
Quindi,
sono forse contro i tecnocrati? Niente affatto. Mi piacciono i
tecnocrati: i tecnocrati sono miei amici. E abbiamo bisogno di
competenze tecniche per affrontare i nostri problemi economici.
Ma
il nostro discorso è stato malamente snaturato da ideologi e illusi
proni ai pii desideri - noiosi, crudeli e romantici - che fingono di
essere tecnocrati. Ed è il momento di sgonfiare le loro pretese.
Traduzione a cura di Pino Cabras.
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10 novembre 2011
Monti, siamo pronti
di Pino Cabras – da Megachip.
Il vero potere ha gettato la maschera e le ultime vestigia della semi-sovranità italiana sono state demolite, nell’annus horribilis della nostra Repubblica, dopo che anche la guerra di Libia aveva svelato la disfatta di ogni autonomia nazionale.
Nessuna urgenza economica al mondo può giustificare un peggioramento
così repentino degli interessi del debito - oltre la soglia del non
ritorno, oltre le convenzioni del default tecnico - come quello del 9
novembre 2011.
Solo
un concorso di volontà decise a imprimere una svolta rivoluzionaria
poteva scatenare un attacco di questa portata, micidiale quanto un colpo
di stato.
A
suggello di un giorno trionfale per la sovversione dall’alto decisa a
livello di classi dominanti globali, il Presidente della Repubblica ha
nominato senatore a vita Mario Monti, il tecnocrate
italiano più organico all’élite planetaria, un vero cardinale del
pensiero unico economico, uno dei padri nobili del feroce disastro
sociale di questi anni, il babbo insensibile di tutti i precari, il
fratello coltello di tutti i pensionati. L’uomo di Rockefeller e della
Goldman Sachs, della Commissione Trilaterale e del Gruppo Bilderberg.
Queste sue affiliazioni sono fuori dai radar dei grandi media, persino ora che viene visto come Presidente del Consiglio in pectore,
eppure sono il tratto vero del personaggio, in tutta la sua caratura
internazionale. Il centrosinistra italiano ovviamente non ne parlerà,
perché sulle questioni internazionali non decide, si fa decidere.
Politica estera e politica monetaria, per loro, sono una sorta di entità
data, che si riceve e non si discute. Fra i 100 punti del "Wiki-PD" di
Matteo Renzi, per esempio, solo due o tre parlano di questioni
internazionali, e solo vaghissimamente, mentre nessuno parla di moneta.
Renzi è in buona compagnia. Tutte le classi dirigenti italiane sono
inserite in un gioco di potere sub-dominante nel quale accettano un
ruolo declinante dell’Italia: decidano altri. Il nucleo cesaristico
della sovranità ha il baricentro in altre capitali, e lo avrà sempre di
più: aiuterà a spolpare meglio e in pochi anni ricchezze costruite in generazioni.
Il
Caimandrillo fu una volta definito dal suo medico “tecnicamente
immortale”. Possiamo dire, politicamente, che è “tecnicamente morto”.
Morendo politicamente lui, muore la cosiddetta Seconda Repubblica. La
Terza Repubblica è già qui, e vuole scongelare tutto quello che è stato
assurdamente paralizzato dalla lunghissima gelata berlusconiana. Monti
sarà sostenuto da una squadra di curatori fallimentari del Sistema
Italia che passeranno la ruspa sul tenore di vita di milioni di persone.
Italia avrà il volto di Equitalia.
Così
come nessuno, pur sapendosi mortale, crede fino in fondo e “davvero”
alla propria inevitabile dipartita, allo stesso modo milioni di
italiani, pur presi da certi inequivocabili presagi, non pensano che
accadrà “davvero” anche da noi un’altra Grecia, così come fra chi
sorseggiava un caffè turco nei locali di Sarajevo, nell’aprile 1992,
nessuno accettava che i suoni di cannone che si udivano nelle vicinanze
potessero “davvero” portare alla guerra, che invece puntualmente arrivò.
Non sono solo metafore. Sto parlando, per ognuno dei casi citati, della sottovalutazione esiziale degli effetti indotti da un crollo di sovranità,
che si accentua in presenza di classi dirigenti inette e asservite a
interessi lontani. Nessuna illusione su Giorgio Napolitano (anche se
tanti agnelli sacrificali ne coltivano ancora). Niente illusioni su
Mario Monti (anche se vorranno vendercele). Esattamente due anni fa in un articolo
che – a rileggerlo – suona ancora tremendamente attuale, cercai di
avvertire che la fine del Caimandrillo avrebbe palesato dolorosamente
l’inservibilità di un’intera classe dirigente, tanto più davanti a una
crisi economica sistemica come quella che si annunciava.
Dobbiamo
costruire una classe dirigente alternativa. Dapprima in forma di un
fronte sociale che difenda accanitamente ogni bene dalla rapina della
tecnofinanza e rimetta in discussione l’attuale debito. Poi in forma di
progetto politico consapevole di vivere in tempi rivoluzionari e inteso a
conquistare sovranità in capo al popolo italiano. Siamo pronti o siamo
Monti? Siamo pronti o siamo tonti? Stiamo pronti, o siamo morti. Stiamo
pronti, che siamo molti.
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2 novembre 2011
Imposimato a Pandora TV: “11 settembre: sinora nessun processo, nessuna verità. Noi ci proviamo”.
In una videointervista rilasciata a Giulietto Chiesa su PandoraTV.it, il Presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione, Ferdinando Imposimato, conferma l’intenzione di presentare una denuncia presso la Corte penale internazionale dell’Aja per far aprire un processo a carico delle istituzioni che hanno concorso nelle stragi dell’11 settembre 2001.
Imposimato aveva già annunciato questo intento clamoroso,
ma pochissimi media ne hanno dato notizia fino ad ora. Ne parlerà di
nuovo in occasione di una conferenza stampa che ha convocato il 3
novembre assieme all’ex senatore USA Mike Gravel, il politico che svelò al Congresso i Pentagon Papers, una sorta di Wikileaks degli anni settanta che demolì i segreti della guerra del Vietnam.
Il
magistrato italiano, in veste di giudice istruttore ha avviato a suo
tempo i processi sui più importanti casi di terrorismo in Italia, dal
processo Aldo Moro a quello sull'attentato a Papa Wojtyła, scoperchiando
le ramificate interferenze nel terrorismo italiano dei servizi segreti
di vari paesi, compresi quelli israeliani e perfino il KGB.
Nell’intervista
a Giulietto Chiesa, Imposimato sottolinea l’assoluta insufficienza
delle indagini ufficiali fin qui condotte sulle stragi dell’11
settembre, senza gli standard minimi normalmente assicurati negli
ordinamenti anglosassoni dal “due process”. Il magistrato cita il caso
del crollo che ha totalmente disintegrato tre torri del World Trade
Center, avvenuto in pochi secondi e fin qui analizzato in via ufficiale
solo da agenzie di esperti legate al governo USA, come il NIST.
«In
casi di questo genere – spiega Imposimato – in tutti i paesi del mondo
innanzitutto c’è un processo pubblico contro i responsabili», ossia la
vasta rete dei complici dei presunti attentatori. «In questo processo
pubblico bisognerebbe dare la possibilità ai familiari delle vittime di
portare un contributo di conoscenza attraverso i propri esperti, perché
secondo le regole del “Due Process of Law” - che sono state definite
proprio negli Stati Uniti e nei paesi di “Common law” - bisogna che
questi accertamenti non siano fatti da una sola autorità, che è
l’autorità che difende lo Stato, e che è possibile responsabile dei
fatti, ma che siano fatti nel “contraddittorio delle parti”: cioè, da
una parte c’è l’esperto del pubblico ministero, del prosecutor, e dall’altra l’esperto nominato dai familiari delle parti offese».
Chiesa
chiede a Imposimato se non gli sembri strano che – a parte il processo a
Moussaoui, che però non ha partecipato agli attentati perché l’11
settembre era in carcere – nessun processo sia stato celebrato sulle
stragi. «È un indizio di una volontà di coprire gli attentati che non si
è vista in nessuna parte del mondo», scandisce Imposimato, che
aggiunge: «Noi non possiamo accettare una verità che ci viene dal NIST».
Nel prosieguo dell’intervista, Imposimato fa a pezzi “in punta di
diritto” i pezzi di inchiesta fin qui portati avanti, come le
“confessioni” estorte sotto tortura alla presunta mente degli attentati,
Khaled Sheikh Mohammed, del tutto inutilizzabili in un qualsiasi
processo.
Il magistrato, che è anche autore del libro “Terrorismo internazionale, la verità nascosta”
(Koiné, 2002), spiega che le regole della Corte penale internazionale
vincolano anche i paesi che non hanno firmato la convenzione e
formalmente non ne riconoscono la giurisdizione: è stato così per la
Libia di Gheddafi, e giuridicamente vale lo stesso anche per
l’amministrazione USA. La denuncia non potrà dunque essere presa
sottogamba.
La conferenza stampa di Ferdinando Imposimato e Mike Gravel, su invito di Gianni Vattimo, Giulietto Chiesa e Fernando Rossi, 3 novembre, presso la rappresentanza dell’Unione Europea a Roma, via IV novembre.
Bush under trial?
The Italian judge (Ferdinando Imposimato), journalist (Giulietto Chiesa), and politician (Gianni Vattimo), together with former U.S. Senator from Alaska Mike Gravel (who will be coming to Rome this Thursday for the occasion), will be launching a court case against the Bush administration for criminal cover-up of - and possible complicity in - the 9/11 attacks.
The case, to be brought before the International Criminal Court at The Hague, will be explained in detail.
Gravel will also explain how it may be possible to re-open the investigation into 9/11, this time with a Congressional Commission having power of subpoena and of obliging witnesses to testify under oath (not the case in the original investigation).
The initiative will be presented and discussed this Thursday, November 3, at 11 am in the "Sala delle Bandiere" at the headquarters of the European Union in Rome, via IV Novembre 149 (near Piazza Venezia).
Beginning from 20:00 to-day on www.pandoraTv.it and www.megachip.info, it will be possibile to watch the exclusive interview Mr. Imposimato gave to Mr.Chiesa on the subject.
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Il Capo dello Stato che difende la gente di Gaza
di Pino Cabras - da Megachip.
È
un uomo prudente e misurato, proviene da una lunga militanza nel
partito più importante della sinistra ed è presidente della Repubblica.
Poco tempo fa ha preso la parola con parole fermissime, argomentazioni
lucide e allo stesso tempo accalorate per condannare l’embargo
israeliano che strozza Gaza. Tranquilli però, il mondo non si sta
rovesciando, non è Giorgio Napolitano. Figuriamoci se lui solleva la
questione. Non lo farà mai. È invece il nuovo presidente dell’Irlanda,
il politico-poeta laburista Michael D. Higgins, eletto
con il 61 per cento dei voti. A metà del 2010 Higgins pronunciò nel
parlamento di Dublino un vibrante atto d’accusa nei confronti del
governo israeliano. Vi proponiamo il video che attesta il discorso.
Attorno
al minuto 6’50’’ del video Higgins s’infervora contro la decisione di
alcuni paesi europei (tra cui l'Italia) che si sono rifiutati di
pronunciare la condanna del bombardamento di una scuola delle Nazioni
Unite effettuato dall’aviazione israeliana durante l’operazione Piombo
Fuso del 2008-2009, mentre altri paesi europei si erano pronunciati
senza problemi.
Nel
corso della sua carriera politica, Higgins ha pronunciato discorsi e
petizioni contro le violazioni dei diritti umani avvenute in tanti
paesi.
Non
per questo appoggia la truffa delle “guerre umanitarie”. Da buon poeta
ama il senso delle parole e non asseconda le loro derive orwelliane.
Higgins
non sembra avere le intermittenze di quei politici che giustificano la
guerra alla Libia «per evitare una catastrofe umanitaria a Bengasi» e
poi coprono l’assedio che ha martoriato Sirte girandosi dall’altra
parte.
Possiamo
anche augurargli buon lavoro e scrivergli due righe di incoraggiamento
per il suo nuovo ruolo istituzionale, grazie al quale la sua voce sarà
udita con più forza: http://www.president.ie/index.php?section=4&lang=eng.
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