Dieci anni di indagini. Dieci anni di menzogne.
Dieci anni di troppo
Direttore editoriale di Megachip.info e scrittore
Da Osama a Obama: percorsi di un Impero in crisi
da Megachip.
di Pino Cabras – da Megachip.
di Massimo Mazzucco - luogocomune.net. Con nota di Pino Cabras in fondo all'articolo.
Questa mattina ho aperto l’e-mail e ho trovato tre persone diverse che mi segnalavano con grande eccitazione questa pagina del sito Stopwarcrimes. L’articolo si intitola “La falsa Piazza Verde di Al-Jazeera”, e sostiene che le immagini dei libici festanti nella Piazza Verde di Tripoli, trasmesse anche da SkyNews, in realtà siano state girate su un set costruito appositamente nel Qatar. Immediatamente la pressione mi è salita a mille, e ho pensato “I soliti bastardi! Ormai la guerra mediatica è totale”.
A supporto della sua tesi, l’articolo mostra le immagini della (presunta) Piazza Verde trasmesse l’altra sera da Al-Jazeera (foto 1), e le confronta con diverse immagini della vera Piazza Verde (2, 3 e 4), scattate in epoche diverse. (Vedi immagini di seguito).
Giudicando dai modelli di automobile, la foto 3 sembra risalire agli anni ’40, la foto 4 agli anni ’50/’60, mentre la foto 2 è attuale. Le segnature in verde suggeriscono una differenza nell’arcata della porta di sinistra, e sottolineano la mancanza del rilievo geometrico sopra l'arcata centrale, quella più piccola.
Sotto le immagini dell’articolo si legge: “Quella che vedete non è la “Porta della Libertà” originale (Bab al-Hurriya) con accanto le sue mura di 600 anni. Vedete con i vostri occhi che dalle mura del video di Al-Jazeera mancano diversi dettagli importanti”.
I miei occhi però, almeno a prima vista, non mi indicavano niente di anormale. Mi sono allora procurato un’altra foto recente della piazza, con una prospettiva più simile a quella del video di Al-Jazeera.
Dopodichè ho scaricato il video incriminato, ho aumentato luminosità e contrasto, e ne ho confrontato un fotogramma con quello della piazza attuale:
Come vedete, tutto torna. Ci sono i lampioni a forma di “fiore cadente” (A), c’è la cabina telefonica (B), c’è la parabola sul tetto (C), e persino gli edifici “in fuga” sotto l’arcata (D) sembrano avere la stessa struttura. Di solito è proprio sugli sfondi che casca l'asino (come accade in molte delle foto lunari).
Ma soprattutto, si vede anche il rilievo geometrico (E) sull'arcata centrale. Ovviamente, con la luce del sole è molto più marcato, ma di certo quel disegno non “manca” dalle inquadrature di Al-Jazeera, come sostenuto da Stopwarcrimes.
Attenzione però, a questo punto, a non commettere la fallacia di Attivissimo della “eccezione che annulla la regola”: il fatto che non sia vero che quel video è falso non significa che non siamo in un’epoca di guerre mediatiche, non significa che molto probabilmente guardiamo spesso immagini manipolate, e soprattutto non significa che i media mainstream non filtrino a priori quello che dobbiamo e quello che non dobbiamo vedere.
Fortunatamente ci restano sempre la logica e il buon senso per capire in che modo stiano andando veramente le cose.
Fonte: http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=3821
Nota di Pino Cabras:
Qualche giorno fa segnalavo - nell'articolo Nebbia di guerra - la circolazione, accanto alle evidentissime menzogne del mainstream, di materiali dubbi che prendevano la via contorta del Web, in particolare la foto ora analizzata da Mazzucco. Scrivevo: "Mi appello con urgenza a fotografi esperti che valutino prospettive e parallassi, trovino immagini recenti della piazza. E che analizzino eventuali ristrutturazioni, modifiche, ecc. Sul web circola infatti un accostamento fra le immagini della manifestazione anti-Gheddafi (le migliaia di persone temerariamente festanti nel pieno di un bombardamento) e le immagini degli edifici visibili [...]. Possiamo sfruttare la rete, le competenze collettive per capire se queste immagini sono vere, visto l’accumulo rapido di falsità che via via hanno reso non credibile la narrazione del mainstream mediatico."
Mi sento di ringraziare a nome di tutti Massimo Mazzucco, per aver accertato in modo definitivo i dettagli giusti di quelle immagini, che sono state riprese, almeno per quella porzione, sulla Piazza Verde.
Altra cosa sono i campi lunghi utilizzati da Al Jazeera su una piazza festante, con inquadrature che mostravano migliaia di persone che sventolavano le bandiere dei "ribelli". Lì il dubbio ormai attraversa anche i giornalisti dei grandi organi di informazione. Sono sempre più numerose le testimonianze sulle immagini riprese in altri luoghi e spacciate per fotogrammi catturati nel centro di Tripoli. Finiranno nei manuali sulla guerra psicologica, ma non sui media, che preferiscono continuare ad assecondare la propaganda bellica secondo i copioni redatti da poche agenzie legate all'intelligence dei paesi coinvolti nei bombardamenti.
La sera del 24 agosto al TG3 il giornalista Flavio Fusi, nel descrivere le scene degli uomini armati che a Tripoli abbattevano i simboli gheddafiani, faceva paragoni con la scena della statua di Saddam Hussein abbattuta "dalla folla" a Baghdad nel 2003. Il paragone calzava in un senso opposto a quello inteso da Fusi. Nelle redazioni lo sanno anche i portapenne che la scena della statua di Saddam è un abile falso: i presenti furono ripresi strategicamente in modo da non far notare che intorno a quella manciata di persone la folla non c'era proprio. Fusi, come la maggioranza dei suoi colleghi, si è adeguato al ruolo di portapenne. A forma di pappagallo. Triste fine per il TG che ospitava le bellissime corrispondenze di Lucio Manisco.
di Pino Cabras - da Megachip.
Siamo in piena nebbia di guerra. Circolano immagini di Gheddafi morto, che sono evidenti falsi, ma molti siti dei giornali le presentano lo stesso con il dubbio, e intanto colpiscono l'immaginario collettivo e lo predispongono al parossismo della battaglia finale. Era accaduto così anche per quell'incredibile farsa dell'uccisione di Bin Laden. Poi che succede? Annunciano la cattura del figlio di Gheddafi, i media la amplificano in mondovisione, ma Seif el Islam in persona si incarica di smentirla pomposamente. La Repubblica scrive nei titoli che il rais ha ordinato di sparare ai bambini, cosa falsa, ma nasconde che ospedali e obitori sono al collasso per i morti causati dai bombardamenti NATO. Molti i bambini.
Si nasconde da parte di tutta la fabbrica della menzogna mondiale che sono presenti in forze a Tripoli le truppe speciali dei paesi NATO, in spregio perfino della vergognosa risoluzione 1973 che ha ucciso l'ONU prima della Libia. Il mainstream è totalmente inattendibile.
Le poche voci indipendenti fanno un lavoro impossibile, svuotano uno tsunami con i cucchiaini.
La portata delle falsità e delle complicità delle redazioni dei giornali non ha forse precedenti altrettanto clamorosi. Di fronte a una simile mole di operazioni psicologiche, menzogne, annunci inattendibili, foto false, in queste ore concitate - per chi non ha mezzi redazionali sufficienti - è un ottimo modo di cominciare il lavoro fare una piccola operazione preliminare: non credere per principio ai grandi media e ai governi. Chi si fida ancora di Al Jazeera e CNN? Sono enormi strutture embedded.
Il corollario è che occorre cercare fonti alternative, che possono però fuorviare o essere soggette anch'esse all'influenza di false notizie, imbeccate in modo funzionale all'operazione propagandistica nel suo insieme.
Ma deve essere chiaro che il livello di manipolazione è tale che occorre apertamente ipotizzare che esistano interi set allestiti per creare una narrazione totalmente inventata. In Qatar esistono: ufficialmente per addestrare soldati alla guerriglia urbana, ma adatti a creare – perché no? – lo sfondo per qualche abile video, o qualche foto glamour sui ribelli eroici. I precedenti abbondano.
Circola anche un raffronto fra le immagini mostrate dalle TV della Piazza Verde - dove la sera della "spallata" a Tripoli si sarebbero radunate decine di migliaia di persone che festeggiavano "la fine del regime" - con immagini precedenti di quella piazza senza i "ribelli".
Mi appello con urgenza a fotografi esperti che valutino prospettive e parallassi, trovino immagini recenti della piazza. E che analizzino eventuali ristrutturazioni, modifiche, ecc. Sul web circola infatti un accostamento fra le immagini della manifestazione anti-Gheddafi (le migliaia di persone temerariamente festanti nel pieno di un bombardamento) e le immagini degli edifici visibili, in particolare la porta di Bab al-Azizya.
Come nel “trova le differenze” dei settimanali enigmistici, si notano alberi e lampioni che mancano, difformità negli intonaci e nei fregi, ecc.
Non sto annunciando uno scoop. Non cerco scoop. Non c’è tempo. Ma possiamo sfruttare la rete, le competenze collettive per capire se queste immagini sono vere, visto l’accumulo rapido di falsità che via via hanno reso non credibile la narrazione del mainstream mediatico.
Il sospetto non è complottismo: è sfiducia nel lavoro del grande giornalismo, grande solo nei mezzi soverchianti. Faccio appello ai lettori per capire se non siamo dentro il set di una guerra mondiale, posto che siamo dentro la nebbia di guerra.
di Pino Cabras - da Megachip. Con aggiornamenti.
di Pino Cabras - da Megachip.
di Giulietto Chiesa – da Megachip.
Tante questioni che i nostri media lasciano irrisolte, trovano qui, grazie alla penna acuminata di Giulietto Chiesa e Pino Cabras, una luce nuova. Se non rasserenante, almeno molto chiara: sullo sfondo di una guerra globale per il momento a (relativamente) bassa intensità, il ruolo degli Stati Uniti di Obama – oramai non diverso dai predecessori, e in fondo espressione più correct degli stessi interessi reali – è quello di un impero al declino, gravato dall’immenso debito, dallo svuotamento della democrazia e dalla feroce concorrenza internazionale, che tuttavia dovrà vender cara la pelle. Il più cara possibile: e a pagare potremmo essere tutti noi