17 settembre 2009

Via da Kabul, dove è sempre strage

di Pino Cabras – da Megachip.

L'inutile guerra afghana in un solo colpo ha ucciso sei italiani. Non siamo abituati a fare i conti con questi prezzi, e perciò la notizia per giorni occuperà le prime pagine. Potrebbe occupare assai meno spazio togliendo le tante cose inutili: la retorica, il cordoglio stereotipato, fino alle analisi sbagliate di questo o quell'esponente del Governo e del Partito Democratico.

Ci sarà invece poco spazio per l'unica riflessione che ora conta: come andarsene?

La notizia della strage di Kabul ha raggiunto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel corso della sua visita ufficiale in Giappone. Probabile che interromperà il viaggio per rendere onore ai caduti con un solenne funerale di Stato. Tutti si aspettano questo da lui, che di suo non è tipo da sottrarsi ai rituali di un mondo politico che piange molto ma pensa poco. Sarebbe un atto coraggioso se invece continuasse la visita a Tokyo. Lì si è appena insediato il nuovo governo, formato per la prima volta da un partito, il Partito Democratico (quello giapponese, che è un'altra cosa), il quale da tempo pone l'urgenza di cambiare totalmente approccio alla guerra afghana, persino a partire dalla sua giustificazione originaria, gli attentati dell'11 settembre 2001, le cui versioni ufficiali sono messe in dubbio dai suoi massimi esponenti. Un coraggio che dalle nostre parti non si è meritato neanche un trafiletto.

E così continua l'immane spreco, di vite, di risorse, di prospettive. Recentemente, su «Asia Times», il giornalista d'inchiesta Pepe Escobar ha fatto un'analisi spietata sulle prospettive della guerra in Afghanistan: «dal novembre del 2001 al dicembre del 2008 l'amministrazione Bush ha bruciato 179 miliardi in Afghanistan, la NATO 102 miliardi. L'ex capo della NATO Jaap de Hoop Scheffer disse che l'Occidente avrebbe mantenuto le proprie truppe in Asia Centrale per 25 anni. Il capo di Stato maggiore britannico, Generale David Richards, lo corresse: gli anni sarebbero stati 40. Potete contare sul fatto che nel 2050 i taliban – “cattivi”, in forma e immuni al surriscaldamento globale – combatteranno ancora contro Enduring Freedom.»

Non sappiamo se la guerra durerà sino ad allora, anche perché ignoriamo se sarà considerato ancora sostenibile continuarla.

Il generale Stanley McChrystal chiede altri 45mila soldati statunitensi da aggiungere ad altri 52mila americani, e ai 68mila mercenari presenti da marzo 2009. Non stiamo includendo nel conto decine di migliaia di soldati NATO. Una simile strategia implica che in breve tempo saranno impantanati in Afghanistan più americani di quanti fossero i sovietici nel pieno dell'occupazione di quel paese oltre vent'anni fa. Tra le promesse facili di Berlusconi ora abbiamo il suo sonoro «yes» a Barack Obama, quando questi gli ha chiesto di raddoppiare il contingente italiano, dopo otto anni di una “Guerra al Terrore” che finanche la maggioranza dei cittadini americani considera praticamente senza sbocchi, cioè persa.

Una strage, Kabul come Nassiriya, sveglierà invece la retorica, le piazze da intitolare ai “nostri martiri”, in un'ottica tutta provinciale che non coglie che, da quelle parti, di Nassirya ne succedono quattro al giorno. Servirà una grande operazione di verità sulla missione in Afghanistan. Una missione di guerra, che nessuno sforzo orwelliano né la trita ampollosità di Napolitano può più mascherare – ancora oggi - come una «missione internazionale per la pace e la stabilità».


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