3 febbraio 2016

Nanni Salio (1943-2016), maestro della peace research


di Pino Cabras.
da Megachip.

Conobbi Nanni Salio, uno dei padri italiani di quella che viene definita nel mondo come peace research, vent'anni fa. Ebbi la fortuna di trascorrere assieme a lui molte giornate, mentre partecipavo all'organizzazione delle sue conferenze in Sardegna a cura della Comunità di Sestu, e da subito mi colpì il suo ragionare mite ma robusto, capace di collegare i grandi temi internazionali, le guerre, le questioni dei limiti ecologici della crescita economica. Il collegamento glielo forniva un approccio scientifico rigoroso e appassionato, interamente dedito a costruire una nuova cultura della pace. Fu uno dei migliori esempi di un'intera generazione di fisici che hanno saputo congiungere la loro consapevolezza sui pericoli estremi di quest'epoca, segnata da Hiroshima e Fukushima (due manifestazioni drammatiche della fisica applicata moderna), con un impegno militante molto paziente, costruttivo, fiducioso nella forza della ragione. Una ragione che può unire e dare forza a individui e movimenti.
In un momento come questo, in cui gran parte degli intellettuali sono silenziosi rispetto alle grandi crisi sistemiche del pianeta perché ormai non studiano da decenni e si sono persi in categorie culturali diventate rami secchi, il lascito culturale di Nanni Salio è invece attualissimo, prezioso e vitale.
Nel rileggere dopo anni le pubblicazioni del Centro Studi Sereno Regis da lui fondato, mi rendo conto della potenza delle categorie adoperate, della forza di quelle analisi. Chi oggi si sente spiazzato di fronte alla crisi mediorientale o non sa nulla del potenziale di pace che si trova nel mondo islamico, o vorrebbe davvero collegare riflessione teorica e azione concreta con esempi potenti e ragionati, è da lì che deve ricominciare.
Chi vuole iniziare il suo primo filo della moderna ricerca sui temi della pace, su Wikipedia potrà trovare la voce Giovanni Salio, con una corposa biografia che illumina da tante angolazioni il tema della nonviolenza. In coda a questo articolo potrà trovare i link a decine di suoi pezzi da noi pubblicati nel corso degli anni, sia brevi riflessioni sia veri e propri saggi.
Per chi studierà Nanni Salio sarà possibile riscoprire la duratura attualità politica di Gandhi e Capitini e potrà incontrare un altro grande maestro contemporaneo della peace research, il vecchio e lucidissimo Johan Galtung, grande amico di Nanni Salio. Oggi il mondo arranca a Ginevra per trovare formule di pace raffazzonate per la Siria, ma forse bastava ascoltare già da anni quel che proponeva Galtung con grande lungimiranza e completezza. Quel che voglio dire al lettore è che abbiamo avuto in casa un metodo per comprendere meglio la pace e la guerra, e che dovremo tenercelo caro e farlo fiorire ora che Nanni Salio ci ha lasciati.
E allora voglio ricopiare qui una sua bellissima riflessione sulla vita e sulla morte che scrisse nel 2010 in occasione della scomparsa di alcune personalità a lui care. Nel leggere le parole di Salio dedicate alla morte altrui si scoprirà un emozionante anelito di speranza che ora si può tranquillamente orientare alla sua assenza, che però, come ben ci spiega, sarà una compresenza. Nanni si chiede, nientemeno: «Ma cosa significa morire?». Le risposte sorprenderanno.
Buona lettura.

Pino Cabras



di Nanni Salio, 1 luglio 2010

Di fronte alla morte di persone più o meno note, più o meno care e a me vicine, mi tornano alla mente i versi di una bella poesia di Vivian Lamarque:

A vacanza conclusa dal treno vedere
chi ancora sulla spiaggia gioca si bagna
la loro vacanza non è ancora finita: 
sarà così sarà così lasciare la vita?

Come ricordare Elise Boulding (6 luglio 1920 - 24 giugno 2010), Enzo Tiezzi (4 febbraio 1938 - 25 giugno 2010), Rina Gagliardi (15 novembre 1947 - Roma, 27 giugno 2010),

persone diverse ma accomunate dal profondo impegno sociale per i problemi della pace, dell'ambiente e della giustizia sociale, che ci hanno lasciato nei giorni scorsi? La loro non è stata una semplice vacanza, come recita la poesia i cui versi evocano il senso di smarrimento che ci coglie di fronte alla morte e al venir meno, più o meno improvvisamente, dei nostri progetti di vita ancora incompiuti.

Pochi di noi, forse, conoscono Elise Boulding, particolarmente nota in sede internazionale per il suo pluridecennale impegno nel campo della "ricerca, educazione e azione per la pace".
Ho avuto modo di conoscerla anni fa, seppure di sfuggita, in uno dei convegni dell'IPRA (International Peace Research Association) che si svolgono con cadenza biennale nei più diversi paesi del mondo.

Elise è stata definita la "matriarca degli studi per la pace", anche lei norvegese come Johan Galtung, che invece, di dieci anni più giovane, può essere considerato il "patriarca".
Oltre a quanto si trova sul web (in particolare segnaliamo il breve ricordo in http://www.transnational.org/ e il suo commovente "viaggio con l'Alzheimer", http://www.transnational.org/ ), di lei in italiano non c'è molto, se non il piccolo, ma prezioso libretto "Inventare futuri di pace", pubblicato dall'EGA nel 1998, in una collana diretta da Giuliano Pontara, nel quale Elise sintetizza gli aspetti principali del suo lavoro.

Il giorno successivo alla sua morte, avvenuta nella ricorrenza di san Giovanni, mi è capitato casualmente di vedere una brevissima nota su Enzo Tiezzi.
In seguito, ho cercato invano notizie sui quotidiani, che invece sono presenti solo nel web, come il breve ricordo scritto da Ugo Bardi nel blog di aspoitalia (http://aspoitalia.blogspot.com/2010/06/enzo-tiezzi-1938-2010.html).

Non riesco a rendermi conto come ci si possa scordare del suo intenso lavoro di ricercatore, scienziato, educatore e animatore nel campo delle questioni ecologiche e in particolare della sostenibilità.
E la bella stagione della rivista Arancia blu, che riprendeva l'immagine della Terra vista dallo spazio. Nonché il suo lavoro sulla scia di Howard Odum per introdurre le tecniche di modellizzazione e valutazione dei sistemi ambientali mediante il concetto di emergia (contrazione del termine inglese "embodied", "incorporata, inclusa", ed "energia", ovvero energia incorporata).


E infine, Rina Gagliardi (alla quale, giustamente, i media, a cominciare da Liberazione, il giornale per il quale ha a lungo lavorato, hanno dedicato molta attenzione) che invitammo anni fa per un confronto tra la cultura di cui era portatrice e quella della nonviolenza, conoscendo la sua sensibilità e attenzione anche a questa tematica.
Sono passati anni da allora, non ho più avuto modo di incontrarla, ma quel ricordo è rimasto come speranza perché la cultura della nonviolenza faccia breccia anche tra coloro che spesso l'hanno fraintesa, riducendola a qualcosa che riguarda solo degli ingenui utopisti che non conoscono la durezza della lotta politica reale.

Ma cosa significa morire? Eterno e irrisolto problema, al quale amo rispondere proponendo, tra le tante possibili, due riflessioni.

La prima è quella che suggerì il grande drammaturgo Friedrich Dürrenmatt nel corso di un'intervista con Michael Haller:

Cosa significa per lei la morte? E' uguale al nulla?
Forse. Ma posso anche immaginarmi che si esista sempre. Schopenhauer ha parafrasato questa idea più o meno così: la coscienza dell'umanità è come un mare di cui la coscienza individuale è un'onda. La totalità della coscienza esisterà fino a quando ci sarà l'umanità. E posso pensare che dopo la morte si diventi un'onda nuova, diversa, di questo mare della coscienza.(Friedrich Durrenmatt, Gorbaciov e Havel. Le ragioni della speranza. Due discorsi politici, Il Melangolo, Genova 1991, pp. 54-55)

La seconda si richiama alle belle riflessioni che Aldo Capitini sviluppò intorno al concetto di compresenza, che ripropongo a partire da alcuni brani tratti dalla sua opera più specifica (La compresenza dei morti e dei viventi, Il Saggiatore, Milano 1966):
"Ho sofferto acutamente nel vedere, proprio al centro della mia attenzione, che c'è chi è colpito dalla realtà com'è ora: l'ammalato, l'esaurito, lo stolto, il morto, e mi sono messo in rapporto - attraverso il tu a quell'infelice - con una realtà che non lo escluda e lo tenga unito con altri esseri che sono nati (realtà di tutti), e lo renda uguale e lo compensi sviluppandosi anche lui infinitamente nella cooperazione ai valori, come chi è sano, vigoroso, vivente (Compresenza).
Questa apertura alla compresenza si può chiamare religiosa, se "religione" è vivere un rapporto (che sia fondamentale nel proprio svolgersi) con "altri". E l'apertura religiosa è pratica, perchè la realtà della compresenza non la posso conoscere scientificamente come le parti della realtà attuale, ma la posso vivere mediante impegni in atto nel tu-tutti che le rivolgo"(p. 11).
"Tutti gli esseri che mai furono e che sono, morti e viventi, costituiscono una compresenza che s'accresce dei nati, che è tenuta insieme ed unificata dalla produzione dei valori" (p. 12).
" Tutti' vuoi dire tutti gli esseri singoli che sono nati. Ci sono gli insufficienti relativi, che sono colpiti dal mondo della natura con qualche grave limitazione. ma vivono; ci sono gli insufficienti assoluti che sono i morti, e ci sono anche i viventi attuali, anche i minimi. La compresenza nella sua capacità unitaria (Uno-Tutti) li trascende come singoli, perché come singoli esseri non sarebbero capaci di dare il compenso di uguaglianza agli insufficienti per i colpi del mondo della natura; tuttavia ogni essere vivente fa parte della compresenza, opera in essa. Questo significa che ogni essere vivente non è soltanto forza vitale e potenza, ma in quanto è unito alla compresenza è in quel "di più" capace di compensare le insufficienze del mondo della natura" (p. 18).

La «grande livellatrice», l'«eterna vincitrice», ci ricorda la nostra fragilità e l'impermanenza di tutte le cose, suggerendoci di essere più umili, saggi, distaccati, profondi.
Pur nella continua incertezza esistenziale delle nostre vite, ci è di conforto pensare e percepire, care/i Elise, Enzo, Rina, la vostra presenza nel grande oceano della compresenza capitiniana, dell'inter-essere, delle onde di coscienza individuali nel quale un giorno anche noi confluiremo.



ARTICOLI DI NANNI SALIO PUBBLICATI DA MEGACHIP
A qualcuno piace caldo e ad altri piace fresco!, 28/11/2008 
Complessità, globalità e ignoranza: fondamenti epistemologici della conoscenza ecologica, 05/12/2008 
Leggere Gandhi a Teheran.. e non solo!, 13/01/2009 
Travolti dall'Alta Voracità, 30/04/2010 
Impermanenza, compresenza e fragilità, 01/07/2010 
Il nucleare non è la risposta. Ma qual è il problema?, 22/07/2010 
Prima che sia troppo tardi, 27/08/2010 
Le balene ringraziano Sea Shepherd, 17/02/2011 
Gandhi No-TAV, 01/07/2011 
Caro Gandhi NO TAV, e adesso cosa dobbiamo fare?, 08/07/2011 
Pragmatismo e nonviolenza 2011, 10/07/2011 
Movimento per la pace: un movimento che non c'è. ancora!, 02/09/2011 
Religioni, spiritualità e crisi ecologica, 30/09/2011 
Facciamo da soli, 06/07/2012 
La Siria tra guerra, pace e nonviolenza, 29/08/2013 
I forconi e Gandhi, 13/12/2013




Nessun commento: