29 dicembre 2008

Il tragico sogno della rigenerazione


Un volume dello storico Emilio Gentile ricostruisce il contesto sociale, culturale e antropologico della Prima guerra mondiale


di Gianluca Scroccu
da «L'Unione Sarda» Lunedì 29 dicembre 2008

“È uscito dalla trincea, aveva fatto appena quattro metri, ed è stato steso. Era impossibile andare a cercarlo. Abbiamo assistito a tutta la sua agonia, chiamava i compagni per nome. Chiamava sua moglie, chiamava la sua bambina. Tutti piangevano. Mai, nella mia vita, sono stato tanto sconvolto. Questa guerra di trincea è fatta di piccoli assassini”.

Sono le drammatiche parole con cui il pittore Fernand Léger descriveva, nell'ottobre del 1914, tutta la follia disumana di quella guerra che, nelle sua immaginazione e in quella di tanti altri suoi coetanei, avrebbe dovuto rigenerare e rafforzare l'onnipotenza dell'uomo del XX secolo, e che invece avrebbe fatto cadere il mondo nell'abisso di un orrore sino ad allora sconosciuto. Il contesto sociale, culturale e antropologico nel quale si sviluppò il massacro della Grande Guerra è stato ora ricostruito dallo storico Emilio Gentile nel suo saggio L'apocalisse della modernità. La Grande Guerra per l'uomo nuovo (Mondadori, pp. 308, € 27).

Tra i massimi studiosi a livello mondiale del fascismo e del processo di sacralizzazione della politica in età moderna, l'autore rievoca, con una straordinaria acutezza facilitata da una scrittura coinvolgente e da un ricco apparato iconografico, quel clima che all'inizio del Novecento attraversò l'Europa portando tanti intellettuali ad invocare una guerra generatrice di una nuova visione del mondo. Se infatti l'Esposizione Universale di Parigi del 1900 aveva rappresentato la celebrazione della scienza e di una nuova umanità, si erano sviluppate parallelamente tendenze fortemente critiche che avevano sottoposto ad una dissacrazione corrosiva l'ottimismo della Belle Époque, facendo nascere un pessimismo che avrebbe lacerato l'anima di molti europei e che, soprattutto attraverso il pensiero di Nietzsche, avrebbe diffuso e alimentato l'idea che una catastrofe di immani proporzioni avrebbe potuto rappresentare il passaggio fondamentale per arrivare ad un superuomo finalmente capace di realizzare una rigenerazione totale dell'umanità.

L'elemento irrazionale, a cui si accompagnava la profezia di questa nuova fine del mondo, avrebbe ispirato in quei quindici anni del secolo i sogni e le opere di tanti grandi della letteratura e delle arti figurative. Anche loro si convinsero che quella che appariva come una sostanziale fragilità della modernità, di cui il naufragio del Titanic del 1912 aveva rappresentato l'elemento più forte sul piano simbolico, sarebbe stata superata soltanto da un grande conflitto.

Furono le giovani generazioni, come opportunamente mette in luce l'autore, ad essere imbevute maggiormente di quell'attesa quasi messianica; molti ragazzi scelsero di partire come volontari, convinti che quella guerra segnasse l'inizio di un nuovo corso della storia.
L'odio e l'orrore, invece, divennero da subito l'elemento caratterizzante della vita di trincea, alimentando quei processi sempre più forti di sacralizzazione della politica, generati anche dalla violenza e dalla feroce contrapposizione guidata dalla dialettica amico/nemico, che avrebbero poi caratterizzato gli scenari europei nell'immediato dopoguerra.

La sola modernità che sopravvisse all'immane carneficina fu quella della centralità di armi sempre più potenti, affiancata dal rafforzamento del controllo dello Stato sulla vita dell'individuo.

Alla fine, da quella “apocalisse della modernità” si sarebbe generata l'era dei totalitarismi, e con essa l'ulteriore, immenso sacrificio della libertà e della vita di milioni di uomini e donne innocenti.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Davvero capace questo Scroccu. Se solo la nostra classe politica reclutasse gente così!... Ma finché la politica è questa, le persone come Scroccu se ne stanno - giustamente - alla larga!