21 luglio 2013

Una serie di telefilm aveva previsto 11 settembre e antrace


Era il 2001: la serie di telefilm “The Agency”, della CBS - con l'aiuto della CIA - aveva già scritto prima sia lo scenario dell’11/9 sia gli attacchi all'antrace

di Shoestring 9/11.
con nota di Pino Cabras in coda all'articolo.

The Agency, un’importante serie di telefilm della CBS sulla CIA che si iniziò a trasmettere alla fine di settembre del 2001, era caratterizzata da trame ricche di notevoli analogie con gli attentati dell'11/9 e con gli attacchi all’antrace che si sono verificati negli USA subito dopo. Uno dei produttori esecutivi della serie ha affermato che i paralleli erano così evidenti che «le persone mi chiedono: 'Stiamo mostrando i cattivi della nostra sceneggiatura?'», Perché «sembrano essere una sorta di seguito, in qualche maniera, delle cose che stiamo facendo.» [1]
Risulta significativo che queste storie siano state scritte prima dell'11 settembre, e che i telefilm furono realizzati godendo di una vasta assistenza da parte della CIA. Alcune delle trame della serie, tra cui quelle che assomigliavano all’11/9 e agli attacchi all'antrace, furono in effetti suggerite a uno degli sceneggiatori da parte della CIA. [2]
Gli articoli pubblicati intorno al periodo in cui The Agency andò in onda notarono la somiglianza tra le trame della serie e gli orribili eventi che avevano avuto luogo negli USA. Nessuno ha suggerito, tuttavia, che questa somiglianza possa essere stata un risultato determinato da persone che avevano una conoscenza anticipata degli attentati terroristici che colpirono l'America negli ultimi mesi del 2001. Ma sicuramente abbiamo bisogno di guardare più da vicino e considerare se per caso alcuni individui, forse dipendenti della CIA, abbiano effettivamente saputo di questi attacchi in anticipo e se -per ragioni ancora sconosciute – volessero che degli episodi di The Agency rappresentassero eventi simili a quello che stava per accadere .

La Serie è stata realizzata con una vasta ASSISTENZA della CIA
The Agency era una serie tv in prima serata che raccontava storie di vita all'interno della CIA e rappresentava degli agenti che affrontavano i problemi di sicurezza nazionale. [3]
Fra i cattivi cui gli agenti facevano fronte c’erano terroristi arabi, spacciatori colombiani, iracheni.
La serie era animata da attori famosi come Gil Bellows, Will Patton, Ronny Cox, e Gloria Reuben. [4]
Il suo principale produttore esecutivo era Wolfgang Petersen, che ha diretto film di grande successo commerciale tra cui Air Force One e Nel centro del mirino. [5]
La CIA fornì un notevole sostegno a The Agency. Esercitava un controllo preventivo sulle sceneggiature e consentiva ai propri dipendenti di essere usati come comparse. The Agency è stato anche il primo programma televisivo a cui è stato consentito di filmare dentro il quartier generale della CIA a Langley, in Virginia. [6]
Stava perfino per esserci una "grande première da red carpet" per il lancio dell'episodio pilota della serie presso il quartier generale della CIA la settimana prima che andasse in onda in TV, il 18 settembre, ma l'evento fu annullato perché la CIA era occupata a rispondere agli attacchi dell'11 settembre. [7]

SCENEGGIATURE INEDITE CONTEMPLAVANO DIROTTAMENTI AEREI
Tre sceneggiature scritte per The Agency risultano particolarmente degne di nota. Due di queste furono trasformate in episodi, ma una non fu mai utilizzata.
La trama che non venne usata era segnata da una sorprendente somiglianza con gli eventi dell'11 settembre, quando, secondo la versione ufficiale, Osama bin Laden dirottò quattro aerei statunitensi. Michael Frost Beckner, il creatore di The Agency, ha rivelato alla rivista Variety che, quattro mesi prima dell'11/9, scrisse un episodio «nel quale Bin Laden aveva dirottato tre aerei USA». La sceneggiatura, tuttavia, «non fu mai completata.» [8]
Un episodio di The Agency basato su questa trama sarebbe stato prodotto plausibilmente tra il maggio 2001, quando la sceneggiatura fu scritta, e l'11 settembre, quando sarebbe diventato inutilizzabile. Ma Beckner non ha detto perché un tale episodio non fu mai prodotto.
Beckner ha rivelato, tuttavia, che alcune sceneggiature per The Agency gli furono suggerite da Chase Brandon, l'ufficiale di collegamento della CIA per l'industria dell'intrattenimento (che guarda caso è un cugino dell'attore da premio Oscar Tommy Lee Jones). [9]
Ma Beckner non ha precisato se Brandon gli abbia suggerito la trama su Bin Laden che dirottava tre aerei americani.


L'EPISODIO PILOTA SCENEGGIAVA UN EVENTO ANALOGO ALL'11/9 IN INGHILTERRA
Anche l'episodio pilota di The Agency presentava delle similarità con quanto è successo l'11 settembre. David Clennon, una delle star della serie, ha commentato che l'episodio era "agghiacciante" per come prevedeva «un evento del tipo dell'11/9, solo che era ambientato a Londra.» [10]
La trama, secondo Beckner, che ha scritto l'episodio, «si basava sul presupposto che Bin Laden attaccasse l'Occidente e una guerra al terrorismo rinvigorisse la CIA.» [11]
Il nome di Osama bin Laden è citato due volte nella puntata. [12]
L’autrice Tricia Jenkins ha commentato che la tempistica dell’episodio pilota è stata anche «da brividi», poiché l'episodio era originariamente previsto in onda «appena due settimane dopo l’11/9,» il 27 settembre 2001. [13]
Nella puntata, viene rivelato che la CIA ha identificato al-Qa’ida come una minaccia, e ha scoperto che il gruppo terroristico ha in programma di realizzare un grandissimo attentato in Europa. Un agente della CIA che si è infiltrato nel gruppo riesce a fornire all'Agenzia la data per la quale è pianificato l’attentato, ma questo obiettivo è a soli tre giorni di distanza. Gli agenti poi apprendono che i terroristi che intendono colpire con bombe i grandi magazzini Harrods di Londra: un obiettivo che uno dei personaggi descrive come «un simbolo internazionale del consumismo». La CIA condivide le notizie apprese con ufficiali dei servizi segreti britannici e aiuta a prevenire l'attentato all'ultimo minuto. [14]
Nel notare «l’inquietante coincidenza di un attacco a un “simbolo del capitalismo”», Newsday ha sottolineato che l'episodio «ha inavvertitamente anticipato i dibattiti seguiti agli attentati [dell’11/9] su quanto debba essere dura e indiscriminata la nostra risposta ai terroristi, e su che cosa possano fare di più, se lo possono fare, i nostri operatori dell’intelligence in termini di autorizzazione ad agire per difesa preventiva. Il telefilm anticipava anche, almeno allusivamente, la risposta dei sostenitori della CIA… i quali hanno affermato che le nostre spie non sono riuscite a individuare gli attentati [dell’11/9] perché avevano le mani legate dai difensori dei diritti civili che si preoccupano più di essere 'bravi ragazzi' che di vincere.» [15]
La messa in onda della puntata pilota il 27 settembre fu annullata in reazione agli attentati dell'11/9, con un altro episodio di The Agency che la sostituiva.[16]
Gail Katz, uno dei produttori esecutivi della serie, commentava intorno a quel periodo: «La nostra serie sembra essere troppo vicina a quel che c’è in prima pagina. Troppo così vicina, infatti, da ... non essere adatta alla visione dei telespettatori» L'episodio pilota alla fine andò in onda il 1° novembre, con i riferimenti a Osama bin Laden tutti rimossi. [17]


LA TRAMA DELL’EPISODIO PILOTA PROVENIVA DALLA CIA.
In merito alle somiglianze tra le sceneggiature di The Agency e gli eventi del mondo reale, Bill Harlow, capo portavoce della CIA, ha sostenuto che non vi era implicata "nessuna magia" nell’apparente capacità del telefilm di «prevedere i titoli dei giornali.» Ha asserito che «The Agency semplicemente ha avuto la fortuna che i titoli dei giornali combaciassero così ordinatamente con le sue sceneggiature.» Tuttavia, Beckner ha rivelato che la trama dell'episodio pilota è stata una delle svariate storie suggeritegli da Chase Brandon, l’ufficiale di collegamento della CIA per le produzioni di intrattenimento. Quel che tutto ciò significa, ha sottolineato Tricia Jenkins, è che è stata «originata dalla CIA.»[18]
Beckner ha dichiarato di aver scritto l'episodio «oltre un anno prima dell’11/9», volendo dire presumibilmente intorno all’estate dell’anno 2000. [19]
Ha lavorato con Brandon per sviluppare la sceneggiatura, e ha inviato le prime bozze a Brandon. [20]
«Io ho fatto alcuni commenti e lui ha fatto alcune modifiche,» ha affermato Brandon. [21]
Beckner ha anche precisato che la somiglianza tra la trama dell'episodio pilota di The Agency e quel che è successo l'11 settembre si è avuta perché, durante la sua carriera di scrittore, aveva fatto «tutto un lungo va e vieni con la CIA», e, ha concluso , «la CIA avrebbe permesso a chiunque, compreso un piccolo scrittore come me, di sentire che al-Qa’ida e bin Laden erano in procinto di attaccarci.» [22]


LA ‘CBS’ NON AVEVA IDEA DI BIN LADEN PRIMA DELL’11/9
Quando prendiamo in considerazione le due sceneggiature per The Agency prima descritte quella dell’episodio pilota e la trama non utilizzata sui tre aerei americani che vengono dirottati - vale la pena notare che, prima dell'11 settembre, la scelta di Osama bin Laden e di Al Qa'ida per i ruoli dei cattivi era piuttosto inconsueta per un’importante serie televisiva, dal momento che sono diventati molto noti tra il pubblico soltanto dopo l’11/9.
Beckner ha infatti ricordato che quando presentò per la prima volta la sua sceneggiatura per l'episodio pilota alla CBS, l’emittente non aveva la minima idea di bin Laden né di Al Qa'idaIn un'altra occasione, prima dell'11 settembre, la CBS si rivolse così a Beckner: «Questa roba di al-Qa'ida, mi sa che la devi mollare. Nessuno è interessato. Fidati di noi...» [23]
Alla luce della generale mancanza di consapevolezza su al-Qa'ida che si riscontrava a quel tempo, pertanto, sarebbe sorprendente che si trattasse semplicemente di una coincidenza il fatto che, prima dell'11/9, Beckner stesse già scrivendo sceneggiature su attentati commessi da Bin Laden e dal suo gruppo terroristico.


UN EPISODIO MISE IN SCENA UN ATTACCO PIANIFICATO CON L'ANTRACE IN USA
Mentre due delle sceneggiature di The Agency avevano somiglianze con quel che è successo l'11 settembre, un'altra trama è degna di nota perché verteva su un attacco terroristico pianificato negli USA con l'uso di antrace, e perché, al momento in cui l'episodio con questa sceneggiatura stava per essere trasmesso, gli USA erano effettivamente al centro di una serie di attacchi all'antrace.
L'episodio, intitolato “A Slight Case of Anthrax”, (trad.: "Un lieve caso di Antrace"), si basava sulla storia di un terrorista tedesco che aveva ottenuto il tipo di antrace che gli Stati Uniti avevano sviluppato e venduto all'Iraq quando era un alleato.
Il terrorista ha già commesso un attentato in Belgio con l'antrace. La CIA scopre la sua identità e trova le prove sul fatto che intende realizzare il suo prossimo attentato a Washington, utilizzando un aeroplano - normalmente usato per l'irrorazione dei raccolti - per spruzzare la malattia mortale. Agenti della CIA poi si precipitano per fermare l'uomo prima che si muova. [24]
In origine, si stava per mettere al Qa'ida dietro gli attacchi all'antrace della finzione. Ma dopo le obiezioni della CBS, la trama fu modificata in modo da inserire «degli iracheni che facevano un attentato all'antrace per procura tramite terroristi tedeschi.» [25]
L'episodio, girato nel mese di agosto 2001, era programmato per andare in onda l'11 ottobre del 2001, ma dovette essere riprogrammato, perché il Presidente Bush aveva deciso di tenere una conferenza stampa proprio quella sera. Andò poi in onda il 18 ottobre, ma fu cancellato perché fu ritenuto sconveniente alla luce degli attacchi all'antrace del mondo reale che stavano avendo luogo proprio allora. A quel tempo, l'antrace era stato scoperto in tre stati e nel District of Columbia; almeno 13 persone avevano avuto la malattia o erano state esposte a sue spore, e una persona era morta. [26]
L'episodio andò finalmente in onda l'8 novembre. [27]
Significativamente, Michael Frost Beckner, che aveva scritto "A Slight Case of Anthrax", ha rivelato che la sceneggiatura dell'episodio fu un'altra delle trame suggeritegli da Chase Brandon. Questo significa che la sceneggiatura ebbe origine alla CIA. [28]
Considerando che le sceneggiature scritte per The Agency sembrano aver previsto gli attentati terroristici che hanno effettivamente avuto luogo negli USA, vale la pena notare che la cooperazione con la serie da parte della CIA implicava la revisione dei testi. La CIA quindi avrebbe presumibilmente visto i testi di "A Slight Case of Anthrax" e dell'episodio pilota prima che le puntate fossero filmate. Varrebbe certamente la pena scoprire in che modo l'agenzia avesse reagito a questi testi. Se la CIA abbia anche visto la sceneggiatura su Osama bin Laden che si curava del dirottamento di tre aerei americani, e se del caso come abbia reagito, è cosa ignota.

LA SERIE FU “PUNTUALE” PERCHÉ IL PUBBLICO AVEVA BISOGNO DI “UN SENSO DI RASSICURAZIONE”
Il fatto che un'importante serie TV con sceneggiature sui terroristi e sugli sforzi della CIA per combatterli fosse pronta ad andare in onda a poche settimane dsll'11/9, quando il terrorismo era diventato improvvisamente un'enorme motivo di allarme, sembra una strana coincidenza.
Quando ai rappresentanti della stampa fu mostrato l'episodio pilota di The Agency prima dell'11 settembre, la loro "grande domanda", secondo Michael Frost Beckner, fu: «Chi mai vorrebbe fare una serie televisiva sulla CIA?»[29]
A quel tempo, secondo Tricia Jenkins, «la CIA stava subendo un logoramento, soffriva gli attacchi del Congresso, nonché la mancanza di un forte sostegno pubblico.» Ma, come ha osservato Jenkins, The Agency successivamente si è rivelata particolarmente «tempestiva ... sia perché le trame della serie ricalcavano le aperture dei notiziari, sia perché rispondeva alla necessità della CIA di deviare le critiche taglienti rivolte all'organizzazione nel periodo immediatamente successivo all'11/9.» [30]
Poco dopo l'11 settembre, Chase Brandon ha similmente commentato che «una serie come The Agency non avrebbe potuto essere più tempestiva.» Questo, affermò, era perché, «proprio ora, il pubblico americano ha bisogno di un senso di rassicurazione». [31]
In effetti, la CBS trasmise dei messaggi promozionali per lanciare la serie, nei quali la voce fuori campo dichiarava: «Ora, più che mai, l'America ha bisogno degli oscuri eroi di The Agency.» [32]
Brandon ha aggiunto che, come cosenguenza degli attentati dell'11/9, «Tutta la nostra coscienza nazionale sta per cambiare, e credo che un film o un episodio TV sull'agenzia che siano responsabili , persino uno che intrecci elementi di terrorismo nella trama, possa mostrare la dimensione di ciò che è in gioco.» [33]
Una questione da considerare è se sia stata solo una coincidenza che The Agency fosse pronto per essere trasmesso appena dopo l'11 settembre, quando il pubblico americano aveva bisogno di imparare «la dimensione di ciò che è in gioco» e di avere «un senso di rassicurazione». O se la scansione temporale della serie possa essere capitata in quel modo perché alcune persone che si trovavano in posizioni che consentivano loro di influenzare quali programmi far produrre a una rete televisiva sapevano già dell'11/9 e della "guerra al terrore" che quell'evento avrebbe innescato? Essi pertanto volevano programmi già fatti che sarebbero stati immediatamente pronti per adattarsi alla nuova realtà che sarebbe emersa dopo l'11 settembre.

LE SCENEGGIATURE INDICAVANO UNA CONOSCENZA PRECEDENTE DEGLI ATTENTATI TERRORISTICI
Allo stesso modo, potrebbe darsi che la somiglianza di alcune delle trame di The Agency con l'11/9 e con gli attacchi all'antrace negli USA sia stata determinata da persone che sapevano già prima di questi eventi?
La CNN ha suggerito che la somiglianza era dovuta al fatto che produttori e sceneggiatori di The Agency «leggono i manuali dell'intelligence, estrapolano da casi reali della CIA, e conferiscono a lungo con il consulente della serie, l'agente operativo in pensione [della CIA] Bazzel Baz». [34]
Tuttavia, Michael Frost Beckner ha rivelato che queste sceneggiature gli sono state suggerite dalla CIA, attraverso il suo ufficiale di collegamento per l'industria dell'intrattenimento. Ciò indica sicuramente che alcune persone in seno alla CIA avevano una consoscenza anticipata dell'11/9 e degli attacchi all'antrace.
Questo problema dovrebbe chiaramente essere esaminato nell'ambito di una nuova inchiesta sull'11/9. Una tale indagine avrebbe bisogno di scoprire che cosa si sapesse già, e chi lo sapesse.


[2] Tricia Jenkins, The CIA in Hollywood: How the Agency Shapes Film and Television. Austin, TX: University of Texas Press, 2012, pp. 55, 65-66.
[3] Elaine Sciolino, "Cameras Are Being Turned on a Once-Shy Spy Agency."
New York Times, May 6, 2001; John Patterson, "The Caring, Sharing CIA." The Guardian, October 5, 2001.
[4] Duncan Campbell, "Hollywood Helps CIA Come in From the Cold." The Guardian, September 6, 2001; Julie Salamon, "Two New Spy Series at Unexpected Risk." New York Times, September 29, 2001.
[5] Ed Bark, "CBS' 'The Agency' Skips Terror-Themed Episode." Dallas Morning News, September 27, 2001.
[6] Philip Taubman, "Making Over the Central Intelligence Agency." New York Times, August 26, 2001; Tricia Jenkins, The CIA in Hollywood, p. 56.
[7] Brooks Boliek, "CIA Calls off 'Agency' Plan." Hollywood Reporter, September 17, 2001; Ed Rampell, "Hollywood's Year of Living Clandestinely." CounterPunch, May 2013.
[8] Army Archerd, "Art Imitates Life, Sort Of." Variety, November 20, 2001.
[9] Tricia Jenkins, The CIA in Hollywood, pp. 65-66.
[10] Ed Rampell, "Hollywood's Year of Living Clandestinely."
[11] Tricia Jenkins, The CIA in Hollywood, p. 66.
[12] Ed Bark, "CBS' 'The Agency' Skips Terror-Themed Episode."
[13] Tricia Jenkins, The CIA in Hollywood, p. 63.
[14] Julie Salamon, "Two New Spy Series at Unexpected Risk"; Tricia Jenkins, The CIA in Hollywood, pp. 62-63; Ed Rampell, "Hollywood's Year of Living Clandestinely."
[15] Noel Holston, "Three New Spy-Themed Series Also May End up Victims of the Terrorist Attacks on the World Trade Center and Pentagon." Newsday, September 22, 2001.
[16] Julie Salamon, "Two New Spy Series at Unexpected Risk."
[17] "Reworked Agency Pilot to Air Nov. 1 on CBS." South Florida Sun Sentinel, October 25, 2001; Lauren Hunter, "'The Agency' Finds Art a Little Too Close to Reality."
[18] Tricia Jenkins, The CIA in Hollywood, pp. 66-67.
[19] "Critical Issues in Writing About Bioterrorism." Hollywood, Health & Society, April 2, 2002.
[20] Tricia Jenkins, The CIA in Hollywood, p. 56.
[21] Duncan Campbell, "Hollywood Helps CIA Come in From the Cold."
[22] "Critical Issues in Writing About Bioterrorism."
[23] Ibid.
[24] Eric Deggans, "Leave Attacks' Aftermath to Real Life." St. Petersburg Times, October 29, 2001; Bridget Byrne, "'Anthrax' Shows up for Sweeps." E! Online, November 2, 2001; Stephen M. Silverman, "Fictional Anthrax Hits 'The Agency.'" People, November 6, 2001; Tricia Jenkins, The CIA in Hollywood, p. 68.
[25] "Critical Issues in Writing About Bioterrorism."
[26] "CBS Pulls Anthrax Episode of CIA Drama 'The Agency.'" Associated Press, October 17, 2001; Bridget Byrne, "'Anthrax' Shows up for Sweeps."
[27] Stephen M. Silverman, "Fictional Anthrax Hits 'The Agency.'"
[28] Tricia Jenkins, The CIA in Hollywood, p. 66.
[29] Bernard Weinraub, "The Moods They Are a'Changing in Films; Terrorism is Making Government Look Good." New York Times, October 10, 2001.
[30] Tricia Jenkins, The CIA in Hollywood, pp. 55, 61.
[31] Patrick Goldstein, "The CIA Spins Itself." Los Angeles Times, September 29, 2001.
[32] Brian Lowry, "TV Viewers Flock to What is Familiar." Los Angeles Times, October 2, 2001
.
[33] Patrick Goldstein, "The CIA Spins Itself."
[34] Lauren Hunter, "'The Agency' Finds Art a Little Too Close to Reality."




NOTA DI PINO CABRAS

Le opere di fiction statunitense che hanno anticipato gli attentati dell'11 settembre e dintorni non si fermano in effetti a quelle citate in questo articolo. Di queste inquietanti "coincidenze" si era parlato già nel libro di Roberto Quaglia "Il mito dell'11 settembre" (Ponsinmor, 2007, www.mito11settembre.it) ove si leggeva di un altro episodio pilota, quello della serie The Lone Gunman (un telefilm spin-off di X-Files) - realizzato sempre nel fatidico 2001, a gennaio - nel quale alcuni alti papaveri del Pentagono complottavano di schiantare aerei civili contro le Torri Gemelle per ottenere un aumento di fondi.
Nel libro di Quaglia si riportava anche il caso del film "Anthrax" (www.imdb.com/title/tt0250214) realizzato subito prima dei notori attacchi all'antrace del 2001, che investigazioni successive hanno dimostrato essere stato interamente "made in USA" (ad opera dell'immancabile scienziato pazzo, provvidenzialmente suicidatosi al momento opportuno).
Usciva nelle sale nell'estate del 2001 anche il film Pearl Harbor, un kolossal da 135 milioni di dollari, per rinfrescare e ristrutturare su larga scala la memoria delle nuove generazioni rispetto al primo grande shock statunitense, quello del 1941, quando la nazione fu chiamata alla guerra contro un nemico che attaccava all'improvviso. Il film fu ampiamente sponsorizzato dal Pentagono, che offrì un enorme sostegno logistico.
Le rivelazioni dell'articolo qui riportato non fanno che rendere più surreale ancora il quadro che ci viene presentato. La straordinaria capacità di Hollywood di "predire" catastrofi ed attentati che di lì a poco si consumano proprio come narrato è davvero difficile da inquadrarsi in una logica di fortuite coincidenze.

Nel grande show che unisce informazione e intrattenimento c'è la sistematicità, la ripetitività. Ne parlo assieme a Giulietto Chiesa nel nostro BarackObush: «Senza queste non c'è la necessaria "sedimentazione" di pensieri e, soprattutto, di immagini. Una volta che si è riusciti a far "sedimentare" nelle menti la propria narrazione del mondo (di quel problema in particolare) risulta allora più facile risvegliarla. Allora essa riappare obbediente, sollecitata da associazioni mentali che sono state accuratamente predisposte in anticipo. Ben sopra gli opinion makers, ci sono i creatori degli “états d’esprit”, le mentalità generali».
Roberto Quaglia, nel suo libro sull'11/9 ricorda anche un altro elemento: «la fantascienza ci viene ancora una volta in aiuto, proponendoci un'interpretazione alternativa di un certo fascino e suggestione, ed è quella della Plausible Deniability (smentibilità plausibile): non so se avete presente la serie televisiva Stargate, quella dove c'è il "gate" che permette di viaggiare nella Galassia, ed è un progetto militare tenuto segretissimo. In un episodio accade che per una fuga di informazioni viene iniziata la produzione di un telefilm di fantascienza basato sul programma Stargate. Uno si aspetterebbe che i militari facessero in modo di boicottarlo e mettere tutto a tacere, invece lo lasciano stare, per il principio della Plausible Deniability: da quel momento in poi, qualunque fuga di notizie ci fosse stata dal progetto Stargate avrebbe potuto essere facilmente ridicolizzata affermando che era presa dal telefilm di fantascienza.»


Articolo pubblicato anche su Megachip: QUI.



18 luglio 2013

11/9: chi inventò le false telefonate dagli aerei?

di Giulietto Chiesa - da Il Fatto Quotidiano.


Come promesso ai lettori di questo blog, continuo a informarli sulla prosecuzione dei lavori del '9/11 Consensus Panel' del quale faccio parte (colgo l’occasione per informare anche che due nuovi membri si sono aggiunti al panel e si tratta di Jonathan Cole, ingegnere civile, e di Daniele Ganser, storico, direttore del SIPER (Swiss Institute for Peace and Energy Research), docente dell’Univesrità di San Gallo e dell’Università di Basilea) .

Questa volta il panel ha preso in esame la davvero straordinaria e singolare faccenda delle telefonate da tre dei quattro aerei che furono dirottati quella tragica mattina. 

L’accuratissima analisi dell’intera storia delle telefonate ha permesso al Panel di individuare ben 32 contraddizioni, alcune delle quali insormontabili, tra le versioni fornite dalle autorità (che infatti si sono ripetutamente contraddette) e le evidenze documentali raccolte.
Va ricordato qui che, per ben tre anni, dal 2001 al luglio del 2004, la storia delle telefonate cellulari in partenza dagli aerei dominò i racconti dei media americani e mondiali. Vennero pubblicati racconti e libri, migliaia di articoli. 
Quelle telefonate furono ritenute un fatto della realtà e date per scontate. Ci fu perfino un film, quello sul volo UA 93, interamente basato su alcune di quelle telefonate. Va detto subito che sia l’FBI che il famoso o famigerato ‘9/11 Commission Report del 2004 accettarono ufficialmente che da tre dei quattro aerei partirono telefonate dai cellulari
Poiché la credibilità del ‘9/11 Commission Report‘ dipende pesantemente da questa narrazione, è evidente che una zero credibilità delle telefonate è uguale alla zero credibilità del rapporto. 
Ed è esattamente questo che il Panel ha potuto acclarare.

Non c’è spazio qui per passare in rassegna tutte le meticolose ricostruzioni delle telefonate (Todd Beamer dal UA93; Barbara Olson dal AA77; Peter Hanson dal UA 175; Jeremy Glick dal UA93; Mark Bingham dal UA93, Renee May, hostess, dal AA77; Brian Sweeney dal UA175; Thomas E.Burnett, 4 telefonate, UA93; Sandra Bradshaw, hostess, dal UA93; Elizabeth Wainio dal UA93; Mario Britton dal UA93, in tutto 35 telefonate). Qui voglio solo soffermarmi su due personaggi-protagonisti di queste “telefonate”. 
Chi vorrà andare a verificare la fondatezza delle nostre conclusioni può consultare su http://www.consensus911.org.

Il primo fu Todd Beamer che, nella vulgata dei media, fu colui che pronunciò la famosa frase : “let’s roll”, il grido di battaglia che avrebbe innescato la rivolta dei passeggeri del volo UA93. Secondo la telefonista che raccolse la telefonata, Lisa Jefferson, Beamer le sembrò stranamente tranquillo, date le circostanze. Al punto che la Jefferson riferisce all’FBI di avere avuto il sospetto che si trattasse di una finta telefonata (crank call), dato il carattere “metodico e razionale” dell’interlocutore che “stava per morire”. La telefonata durò ben 13 minuti
Fatto singolare, perché in quelle condizioni, con un numero enorme di chiamate, i centralini sovraccarichi, molte linee saltavano. Ma, ancora più singolare – sempre dal racconto della Jefferson, intervistata dall’FBI – la linea telefonica rimase in funzione per 15 minuti dopo che l’aereo era precipitato. Ma sarebbe da aggiungere il non trascurabile dettaglio che Beamer parlò per 13 minuti con ben due diverse operatrici del centralino e, quando la Jefferson gli propose di collegarlo con la moglie Lisa, in attesa di partorire il terzo figlio in gennaio, rispose: “No, no, non voglio turbarla senza motivo”. 
Beamer aggiunse: “Voglio solo parlare con qualcuno per fare in modo che si sappia cosa sta accadendo”. Come non avesse parenti o amici con cui parlare.L’altra telefonista, Phyllis Johnson, non risulta che sia stata intervistata dall’FBI e, alla fine dei conti, non esiste nessun modo di confermare senza equivoci che la persona che parlò con entrambe fosse effettivamente Todd Beamer. La chiamata non fu registrata né dalle due operatrici, né dall’AOSC (Airfone Operations Surveillance Center). 
Che dire? Ce n’è quanto basta per un centinaio d’interrogativi
Ma ne aggiungiamo ancora uno, che a me pare perfino più decisivo dei precedenti. Il 29 settembre 2001 l’FBI ricevette una dettagliata registrazione dell’ufficio della Verizon (l’operatore telefonico del cellulare di Todd Beamer) , dalla quale risultò che quel cellulare fece 18 telefonate dopo (sottolineo: dopo) che l’aereo UA93 era caduto, cioè dopo le 10:03 di quella mattina. Come concludere? Resta solo l’ipotesi che il cellulare non fosse a bordo dell’UA93 insieme a Todd Beamer, oppure che l’aereo che precipitò in un campo della Pennsylvania non fosse il volo UA93.

Di fronte a questa serie di problemi irrisolvibili, l’FBI tira fuori (sotto giuramento questa volta) un’altra versione. Lo fa durante il processo a Zakharias Moussaoui, nel 2006, affermando che tutte le telefonate, tranne due, non erano state fatte da cellulari. Le due chiamate sarebbero state fatte simultaneamente dal volo UA93 alle ore 9:58, da due assistenti di volo, E.Felt e Cee Cee Lyle. Entrambe risulterebbero fatte da una delle toilettes di bordo, quando l’aereo si trovava a 5000 piedi di quota (circa 1500 metri), cioè a un’altezza compatibile con le possibilità tecniche di trasmissione esistenti nel 2001. 

Ma c’è un altro problema: nemmeno queste due telefonate furono fatte da cellulari
Nonostante un accurato studio di tutti i cellulari dei passeggeri e dell’equipaggio di quel volo, non si è trovata nei tabulati corrispondenti alcuna chiamata alle ore 9:58, né alcuna certificazione della durata delle chiamate, né traccia, di conseguenza dei numeri telefonici cui sarebbero state indirizzate. 
Conclusione: tutte le storie riferite a telefonate da cellulari a bordo degli aerei sono false, poiché quelle telefonate non sono mai esistite

E veniamo ora alle telefonate più clamorose (nel senso che fecero clamore in tutto il mondo, producendo enorme emozione): quelle di Barbara Olson, notissima commentatrice televisiva, da bordo del volo AA77. Secondo la testimonianza del marito, Theodore Olson (non si trascuri che egli era il Procuratore Generale degli Stati Uniti), Barbara lo chiamò due volte, circa mezz’ora prima che l’aereo si schiantasse sul Pentagono. Fu la CNN a dare per prima questa notizia. Ted Olson fu chiaro: la moglie lo chiamava da un cellulare.. 

Da notare che le telefonate della Olson sono le uniche fonti che parlano dell’armamento di cui disponevano i terroristi (tagliacarte) e dunque le rivelazioni di Ted Olson sono cruciali per la ricostruzione della vicenda. Tant’è vero che esse sono state un pilastro per l’intero resoconto ufficiale. Ted Olson cambiò versione, in seguito, ripetutamente. Ma resta agli atti che egli disse all’FBI che la prima chiamata durò “circa un minuto”. Al Larry King Show disse poi che la seconda chiamata durò “due, o tre, o quattro minuti”. 

Ci sono però almeno quattro gravi problemi che minacciano alla radice la storia raccontata da Ted Olson. Il primo viene dall’FBI che, nel 2004, inequivocabilmente dichiara: “Tutte le telefonate dal volo AA77 furono effettuate tramite il sistema telefonico di bordo”. Bugiardo Olson? 

Purtroppo anche l’FBI risulta bugiarda. Nel 2006 un funzionario della American Airlines dichiara (processo a Mousaoui) che “Nessun Boeing 757 aveva telefoni dietro i sedili prima del settembre 2001. I passeggeri del volo AA77 usarono i loro cellulari”. C’è un’altra conferma di questa affermazione, ed è nel manuale di servizio del Boeing 757, datato 28 gennaio 2001: “Il sistema telefonico per passeggeri è stato disattivato in base all’ordinanza Eco F0878”. Ci furono altre conferme dell’inesistenza di telefoni di bordo per passeggeri (vedi il sito http://Consensus911.org).

C’è il fatto, davvero impressionante, che non esistono dati che certifichino alcuna telefonata di Barbara Olson quella mattina: non alla compagnia telefonica; non al Dipartimento di Giustizia (dove si trovava il marito); non sui dati che registrarono i movimenti del suo cellulare. Infine un ultimo pasticcio inestricabile. Un rapporto dell’FBI (reso noto sempre durante il processo a Moussaoui, nel 2006) demolisce la storia di Ted Olson. Esso certifica che ci fu una sola chiamata proveniente da Barbara (non due) e che essa durò “zero secondi”. Cioè che non ci fu alcuna connessione. Cioè che non ci fu nessun racconto.

Tutto questo senza considerare l’implausibilità di tutta la scenografia, in cui 60 passeggeri, uno dei quali, Charles Burlingame, era un sollevatore di pesi, ex boxeur, che vengono spinti in fondo all’aereo da due dirottatori mingherlini (così risulta dal racconto di Ted Olson, che riferisce le parole della moglie), mentre gli altri due erano chiusi in cabina.
Conclusione: Ted Olson ha mentito? Non si può escludere che gli siano arrivate delle telefonate che potevano sembrare provenienti da Barbara Olson. Ma agli atti risulta con tutta evidenza che non potevano provenire da bordo del volo AA77
Dunque tutta la ricostruzione è fasulla. 
Qualcuno l’ha inventata. 
Se le telefonate ci furono non furono dagli aerei. Se non furono dagli aerei, allora chi le fece? E a che scopo le fecero? Quando chiediamo che ci sia un’inchiesta vera, in cui tutti i protagonisti ancora vivi siano chiamati a testimoniare sotto giuramento, a cominciare da Ted Olson, chiediamo l’ovvietà. Ma l’ovvio non fa parte della intera vicenda dell’11 settembre. Per questo andremo avanti nell’indagine.


Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07/18/1109-chi-ha-inventato-le-false-telefonate-dagli-aerei/659337/.

Pubblicato anche su Megachip.

 

17 luglio 2013

Altro che Datagate: è il potere dei Big Data

Una verticalizzazione del comando sull'economia e sulle decisioni politiche, tecnologiche e commerciali in poche mani. Il 2013 produce il 90% dei dati della Storia.

di Nique La Police.


Tempi duri per l'ideologia Emergency, quel corpo di suggestioni e convinzioni che considera come invariabilmente positivi, degni di un incondizionato medium fiducia, gli elementi di pensiero e pratiche progressiste sparsi a giro per il pianeta. In pochi giorni due duri colpi, per chi li vuol vedere, a questo genere di ideologia arrivano da due paesi, gli USA e il Brasile, che nella prima e nella seconda metà della scorsa decade avevano nutrito la punta di diamante di quell'immaginario e di quel corpo di convinzioni.
Il primo viene da Obama, il Nobel per la pace più bombardiere della storia, che è partito dall'alleanza con il social network alle elezioni per arrivare a spiarli come pratica prevalente e intensiva.
Il secondo viene dal Partito dei lavoratori (sic) al potere in Brasile, dove il governo - che si voleva entro un processo di mediazione tra movimenti, bilancio partecipato, grande business industriale e delle infrastrutture e crescita della borsa di Rio - si è trovato di fronte a manifestazioni imponenti composte da praticamente ogni strato della società brasiliana escluso quello dei ricchissimi. E' finita, per adesso, con la polizia a tentare di reprimere i manifestanti in un centinaio di città indossando, solita ironia della storia e potenza rappresentativa di youtube, anche un bel casco bianco con stampati sopra i colori dell'arcobaleno.
Ma mentre la questione brasiliana ha una propria evidenza e fornisce immediatamente chiavi di lettura, la portata storica del Datagate che ha coinvolto l'amministrazione Obama è molto più profonda di quanto possa immaginare l'ideologia italiana. Per entrare nella portata, e nella pericolosità, dello scandalo Obama bisogna quindi mettere insieme alcuni elementi.
Di sicuro poi la vicenda Snowden è molto più seria di quella Assange, facendo sembrare quest'ultimo come un personaggio che appartiene ad un'epoca della rete, quella della rivelazione di documenti riservati delle cancellerie, più dotata di un sapore romantico che di un effettivo potere dell'informazione liberata. Vediamo allora questi elementi.

ALCUNI FATTI ESSENZIALI: LO SCANDALO OBAMA DAL PARADIGMA ECHELON A QUELLO DEI BIG DATA
Al giorno d'oggi non c'è bisogno di citare una mole corposa di testi per capirsi su un fatto ormai autoevidente: il ritardo culturale con il quale i media italiani costruiscono le notizie è frutto di due fattori. 
Il primo è legato al potere di disinformazione presente nel ritardo culturale. Notizie vecchie quindi imprecise, costruite con categorie approssimative, favoriscono oggettivamente chi ha necessità di disinformare. E il primato dell'informazione professionale, di nicchia, discrezionale verso quella pubblica e generale. 
Il secondo è invece legato allo schema antropologico con il quale i media italiani costuiscono la notizia. Schema che si basa sempre su richiami rigidi al passato, secondo il retaggio ciceroniano dell'historia magistra vitae e quello di uno sclerotico storicismo su cui ancora oggi si innestano, assieme al più cortigiano gossip, alcuni schemi cognitivi fondamentali del mainstream mediale italiano. 
Per cui la vicenda Snowden, e le sue rivelazioni prima sulla raccolta dati in patria effettuata dalla NSA sulla popolazione e poi su una simile raccolta effettuata in Europa è stata rispettivamente classificata, dai media italiani, come vicenda da guerra fredda interna (una sorta di maccartismo digitale) poi come riedizione della guerra fredda esterna (in versione spionaggio, via "cimici", degli alleati ma anche di nuove frizioni con Mosca sulla sorte di Snowden) e infine secondo il modello Echelon (il grande impianto di spionaggio, emerso tra gli anni novanta e il decennio scorso, a paradigma di raccolta dati prevalentemente securitario-industriale).
Non che in questi schemi non ci sia un granello di verità ma insistere a rappresentare le notizie con forme cognitive di ritardo non permette di cogliere l'evoluzione paradigmatica, del controllo e dell'estrazione dati, che è intrecciata alla vicenda Obama-Datagate. Ma dove si coglie la novità, il salto paradigmatico in questa vicenda?
Sicuramente non nello spionaggio della propria popolazione, sempre praticato secondo le evoluzioni tecnologie e dei dispositivi giuridici, nè quello degli alleati che è sempre servito a ribadire la superiorità tecnologica americana e le gerarchie di potere all'interno delle alleanze. 
La vera novità, la rottura paradigmatica con gli schemi di controllo del passato la si comincia a cogliere quando si analizzano notizie come questa.
Dallo Spiegel in lingua inglese emerge la dimensione delle rivelazioni di Snowden riguardo all'estrazione di dati dalla Germania verso gli Usa. Dimensione che non riguarda tanto dati provenienti da "cimici" di nuova generazione, comunque limitate a uffici o a diplomatici e top manager, ma proprio l'estrazione di big data provenienti da ampie e significative porzioni di popolazione. 
Lo Spiegel parla infatti apertamente di mezzo miliardo di connessioni comunicative (telefonate, email, sms, chat, dati skype etc.) spiate in Germania ogni mese
Non si tratta quindi di una questione da barbe finte di una volta, di spiare solo diplomatici, membri di governo top manager e militari. Per quanto producano dati corposi la necessità di aspirare informazioni da queste categorie non spiega il carotaggio di una così immensa parte di dati rappresentativa non di una élite ma di una popolazione. 
Qualche altro dato? La NSA americana, che ha così riadattato le basi in Germania provenienti dalla guerra  fredda, secondo la fonte Spiegel ha aspirato, negli ultimi mesi,  dati da 20 milioni di telefonate tedesche e dieci milioni di scambi via Internet tedesca al giorno
A Natale 2012  la NSA americana ha collezionato dati su circa 13 milioni di telefonate tedesche e circa 6-7 milioni di scambi via Internet . In un giorno ad alto traffico lavorativo come il 7 gennaio 2013, la NSA ha messo sotto sorveglianza 60 milioni di connessioni comunicative. La zona più analizzata della Germania è stata Francoforte, maggiore snodo internet del paese e punto di incrocio, sul piano strategico, tra finanza, politica e tecnologia. 
La Germania risulta sorvegliata quanto l'Iraq e la Cina, che ha protestato in modo vibrante (quanto rimosso in occidente) e dieci volte più della Francia. 
Siamo di fronte quindi ad un'estrazione dati che va ben oltre la necessità di sorvegliare qualche migliaio di persone strategiche in un paese. 
O comunque, anche se la logica fosse quella della pesca a strascico (pescare molto per prendere i pesci giusti) siamo di fronte ad un processo di generazione di dati che va ben oltre la sola dimensione della sorveglianza delle élite. Perché quindi spiare la Germania, anche il giorno di Natale, e la sua popolazione come se fosse una potenza nemica da invadere?
La risposta è molto semplice e spiega anche come l'estrazione di dati, da parte della NSA, sulla popolazione americana non abbia fini esclusivamente militari e di controllo. Si annida in una parola semplice, quanto di grande uso nel marketing attuale: economia dei Big Data
Vediamo di cosa si tratta non prima di rilevare come il genere di carotaggio, al quale è stata sottoposta la popolazione tedesca, è avvenuto anche in Italia nell'ordine di quattro-cinque milioni di connessioni comunicative analizzate al giorno (fonte il Giornale, forse imbeccato dai servizi). 
Ma siamo nel paese in cui fa più scandalo Fiorito che MPS, l'uso smodato di porchetta piuttosto che di derivati finanziari, e quindi silenzio e disattenzione sono sovrani. 
Infatti nel mainstream nazionale questa reale dimensione del comportamento americano è stata di gran lunga offuscata. Compreso il fatto che gli stessi Usa non hanno negato le accuse e hanno promesso, in futuro, di condividere i dati prodotti. Ma queste sono parole alle quali possono giusto far finta di credere casi umano-politici come Epifani, Renzi e Napolitano. Sempre se non sono troppo indaffarati a riparare le falle nel sistema politico, ancora causate dal pacchetto di parlamentari detenuti dal gruppo Mediaset (espressione di un media governato archeologicamente come la tv), oppure a sopravvivere personalmente alla contrazione economico-finanziaria dell'eurozona.

COSA SONO I BIG DATA
"Cosa sono esattamente i Big Data? I Big Data si caratterizzano attraverso le tre "V": volume (larga quantità di dati), varietà (larga differenza nella tipologia di dati raccolti), velocità (accumulazione costante di nuovi dati)."
(James Berman, Principles of Big Data. Preparing, Sharing, and Analyzing Complex Information, Elsevier, 2013).

Questo mantra delle 3 "V", ripreso da Berman ma comune ad ogni sessione divulgativa sui Big Data, fin dall'inizio degli anni 2000, ci introduce ad una dimensione che non è solo di produzione di dati ma anche generatrice di economie e regolatrice, in un prossimo futuro, dell'incrocio tra economia e finanza
Più precisamente i Big Data sono aggregazioni di dati la cui quantità accumulata richiede strumenti innovativi di classificazione ed analisi dal punto di vista quantitativo e qualitativo ma anche innovazioni tecnologiche nella conservazione (un pò come è accaduto per gli hard-disk e le chiavi Usb sempre fare più capaci con la crescita dei pc e della rete). 
Queste aggregazioni di dati, appunto i Big Data, crescono secondo le leggi delle 3 "v", alle quali sono state aggiunte altre "v" negli ultimi anni, quindi in volume (tanto che ci sono rilevazioni che parlano del 2013 come l'anno in cui si produrrà, da solo, il 90 per cento dei dati della storia. Per non parlare dei prossimi); varietà (con dati provenienti da Pc, smartphone, tablet, telecamere circuito chiuso, macchinari di ogni genere, semafori, apparecchi medici, aerei e tutto quando sia in grado di produrre dati); e velocità (fino a costruire, praticamente da zero, un business stimato anche all'8 per cento del Pil europeo nel 2020, cioè domani). 
L'istituzione storica che dal 2001 si occupa di Big Data, la Gartner, è ovviamente privata. 
Ha clienti nell'amministrazione federale, nel militare, nel business finanziario. E fa capire che, essendo il top storico della ricerca un privato, anche lo spionaggio dei big data ha sempre una doppia ricaduta: militare e di impresa
Ma soprattutto, ed è qui il salto di paradigma nei processi di sorveglianza, i big data non sono solo semplicemente "dati" ma processi digitali che, una volta strutturati, generano una economia, fino, come abbiamo accennato, ad essere stimata (fonte Wall Street Italia) al possibile otto per cento del Pil europeo. 
I Big data si accumulano su tutto: sanità, sicurezza, borsa, meteo, traffico, finanza, economia, relazioni sociali, stili di consumo, inclinazioni sessuali, politiche e cicli economici
Generano un'economia del loro trattamento e, allo stesso tempo, strutturano l'economia secondo i criteri del loro trattamento. Compongono tecnologie del sapere per favorire processi decisionali. Un cerchio, materiale e digitale, dalle conseguenze, nell'economia come nella politica, tutte ancora da esplorare. 
E' evidente che, sia nella sorveglianza della popolazione Usa come di quella tedesca (o cinese), la NSA, che ha rapporti con contractor come la Gartner (che più che un contractor sembra un soggetto pilota), investe solo l'aspetto militare e securitario. 
Il Datagate non è Echelon-2, come è stato generosamente (o ingenuamente) detto. O meglio, non lo è fino a quando si comprende che, con questo know-how e questa potenza tecnologica di controllo della popolazione propria e straniera nella produzione dati, si possono generare economie di big data. Garantendo l'esistenza un primato tecnologico, del business economico-finanziario che oltrepassa la sola dimensione militare-securitaria (alla quale i big data si intersecano per natura). 
Così, Echelon è società di controllo, Datagate economia di produzione dati
Un'altra concezione del business che si impone oltre che del militare. Prism non è quindi Echelon ma un piano dove si intrecciano economia e militare in modo nuovo. 
A differenza del Warfare, l'economia trascinata dalle spese militari, qui abbiamo il militare che è direttamente generatore di dati quindi di economie, e di strategie di governo della produzione di ricchezza, e gli stati maggiori dell'esercito e dell'amministrazione intrecciati indissolubilmente con imprese che leggono questi dati, li strutturano e li lanciano sul mercato. 
Se si vuole, su un altro piano, è quello che è accaduto con l'esercito cinese che, con le sue imprese, ha contributo al take-off del capitalismo prima nelle allora zone speciali poi in tutta la Cina. 
Prism, oltre ad essere spionaggio e controllo, va visto quindi soprattutto come un monumentale dispositivo di lancio dell'economia dei big data volto a garantire il primato americano in questo settore. Pronto per integrare militare, tecnologia e finanza come già avvenuto all'epoca del rigonfiamento della bolla dei tecnologici (a cavallo tra anni '90 e anni zero). 
Estrarre dati da intere popolazioni serve a questo, la sorveglianza è un business importante ma accessorio, la potenza militare si rafforza proprio rafforzando la capacità di creare economia. In questo senso c'è anche il tentativo di sorpassare la concezione del militare come terreno di sostanziale estrazione delle risorse di un paese verso quella del militare come generatore di economie.

COME GLI USA PROCESSANO I BIG DATA ASPIRATI IN EUROPA: LA CATENA DEL VALORE
Il mantra "reducing costs increasing productivity" (sempre Berman) è la consueta legge del valore stavolta applicata all'economia Big Data. Il testo di Berman si vuole come quello in grado di ricostruire la catena di produzione  di valore che trasforma i big data da non strutturati a strutturati per passare, dopo una serie di tecniche di ripulitura e di integrazione dei dati, alla fase di analisi. Che è la fase vera e propria della messa a valore, quella per la quale Berman ha costruito il testo, dei Big Data. Che diventano così tecnologie dell'analisi per la decisione e la progettazione di processi e di prodotti. Tecnologie che producono profitto perchè i loro artefatti, che altro non sono che giudizi mediati dall'analisi di megadati, sono in grado di essere accolti dal mercato, riducendo i costi ed elevando la produttività in ogni settore. L'aspetto da rimarcare è che questa catena del valore, sottoposta comunque a tutti i processi di usura tipici delle economie capitalistiche, è già presente nel processo di analisi dei big data americani.
Risulta così interessante dare un'occhiata a golem.de, un sito tedesco sull'Information Technology che, nei giorni caldissimi del datagate, ha cercato di delineare le modalità di analisi dei dati prodotti dalla sorveglianza di massa alla popolazione.
E' interessante notare come le tre fasi della catena di produzione del valore nei Big Data evidenzate da Bernan (preparing, sharing, analyzing) trovino come attore principale, nella collaborazione (più o meno ammessa) delle major della rete, sia FBI che NSA
La Analysenkette overo la catena dell'analisi, come la chiama golem.de, non è però tanto un processo di spionaggio. Le agenzie di intelligence infatti, processando Big Data, non si comportano solo come soggetti spionistici ma anche, e soprattutto dal punto di vista della produzione del valore, come start-up della costruzione del primato tecnologico, economico nella estrazione di valore dai Big Data stessi. 
In un modo che evolve, in termini coestensivi, con la legge delle 3 "V" che rappresenta il mondo fenomenico da intercettare se si vuol estrarre valore dai Big Data. Non a caso quindi Zero Hedge, commentando lo stesso articolo del Washington Post analizzato da golem.de, parla di simbiosi tra militare, tecnologico ed economico e di reciproca, mutualistica cooperazione. Ed anche in Zero Hedge, che ricordiamo è un influente sito di informazione finanziaria dove si scrive collettivamente con lo pseudonimo Tyler Durden (da Fight Club), si afferma che il processo strategico di analisi dei big data passa tra FBI e NSA. Agenzie di intelligence che, a questo punto (entro questa mutualità tra militare, tecnologico ed economico) sono anche vere start-up costruite per dare un vantaggio strategico agli USA nel nascente mondo dell'economia dei Big Data. Collochiamo quindi correttamente i servizi vetrina di Wired sul futuro economico dei Big Data, con interviste del genere "stella dell'open source riscrive il futuro dei big data" nella loro dimensione. Si prevede che la crescita esponenziale dei grandi dati generi un'economia in grado di produrre davvero punti di PIL . Lo dice McKinsey, una delle agenzie più importanti al mondo di consulenza economico-finanziaria. Ma sopratutto McKinsey afferma che sono tutte da scrivere le modalità di estrazione dei big data e quelle di costruzione delle professionalità. 

Cosa accade quindi? Mettiamola così: Wired intervista i geni dell'open source sui big data mentre FBI e NSA fanno da start-up per rendere stabile il primato americano in questo genere di economia. La sorveglianza delle popolazioni avviene quindi nell'ottica di una significativa crescita di punti di PIL. Terreno di esperimento per di queste start-up: il mondo conosciuto. Davvero Google, Microsoft, Facebook, Twitter non possono chiedere di meglio al governo americano.

Nei giorni scorsi la Germania, ai suoi massimi livelli, ha chiesto ufficialmente agli USA di non essere trattata come un nemico. Bisogna quindi intendersi su cosa sia il nemico in questo scenario. La Kölnische Rundschau, riprendendo questa discussione, ha parlato di Germania trattata come uno "stato canaglia"
Ma va compresa una cosa: amico e nemico qui non si dispongono secondo criteri puramente antropologico-militari. Ma entro questa nuova mutualità di militare, tecnologico, economico e finanziario. Per la Germania e le imprese tedesche di punta si tratta di capire come essere sinergiche a questi processi. Perchè la superiorità USA (militare, tecnologica, sul campo dell'analisi economica dei big data intesi come volano dell'economia del futuro) è marcata. Anche geograficamente, con basi americane, allargatesi durante il periodo della guerra fredda, ed evidentenmente riconvertite a monitoraggio e produzione di big data sulla popolazione tedesca. 
Significativamente la base NSA di Teufelberg (vicino Berlino) accreditata come facente parte del progetto Echelon è stata smantellata mentre c'è incertezza sulla location esatta degli attuali impianti NSA in Germania.
La nuova catena del valore, frutto di una evoluzione della concezione del militare, si lascia dietro Echelon come archeologia industriale. E gli altri paesi, per non rimanere indietro, sono costretti prima a protestare pubblicamente poi ad inserirsi, in qualche modo, sulla scia del comportamento americano.

BIG DATA: DALLA SOCIETA' DI CONTROLLO ALL'ECONOMIA DELL'ANALISI DEI DATI
Queste considerazioni attribuibili allo staff di Angela Merkel, provenienti dal Rheinische Post, meritano un commento.
L'attuale cancelliera teme che gli Stati Uniti, una volta in grado di analizzare i big data sulla popolazione tedesca, possano prevedere i comportamenti dell'elettorato tedesco e l'esito elettorale in maniera più sofisticata degli stessi partiti tedeschi. Per Berman l'analisi - e quindi l'economia - dei Big Data è in grado di sostituire sia il business che il ruolo dei sondaggi
E' evidente che avendo enormi dati strutturati sulla popolazione (inclinazioni politiche, scelte comportamentali in materia politica, dibattiti, letture, frequentazioni) la complessità dell'analisi si eleva. E la questione non è solamente elettorale ma riguarda anche il settore finanziario. Porzioni significative del mercato dei future e dei bond sono legati ai risultati elettorali specie per un paese chiave come la Germania. Una maggiore capacità di previsione, non più basata su qualche migliaio di interviste ma sui dati incrociati di milioni di persone, è intuibile quanto potente valore economico-finanziario. A questo punto qualche ragionamento di paradigma (sociale, antropologico, politico) si impone. 
Gilles Deleuze, all'inizio degli anni '90 nella sua celeberrima analisi del passaggio dalle società disciplinari alle società di controllo definiva uno spostamento nelle modalità di governo della popolazione e quindi dell'esercizio della politica tout court. Questo spostamento era determinato, nella funzione del governo della popolazione, dal passaggio dalla centralità delle strutture fisiche disciplinari (l'ospedale, la fabbrica, la prigione etc.) a quella delle tecnologie del controllo a distanza. Si era all'inizio degli anni '90, diversi passaggi delle rivoluzioni tecnologiche dovevano ancora accadere (si pensi non solo al mobile, ma anche ad internet che non c'era ancora) ma l'indirizzo di sostituzione, controllo tecnologico a distanza in luogo di disciplinamento diretto, erano chiari proprio in materia di governo della popolazione. 
La vicenda Prism, lo scandalo Obama-Snowden, ci aiutano invece ad inquadrare un altro salto di paradigma. Salto che non è solo antropologico-politico ma riguarda anche un nuovo modo di interpretare le leggi del valore
La tecnologia va infatti considerata, se si guarda a tutta la vicenda Datagate, non tanto con il paradigma del controllo a distanza della popolazione ma con quello della produzione di valore. 
I Big data sono, come abbiamo visto, elementi costituenti delle tecnologie di controllo della popolazione ma soprattutto sono dispositivi di produzione di valore. Del resto lo stesso Michel Foucault, sul quale montava Deleuze per descrivere le società disciplinari e il loro salto di paradigma, ricorda come le grandi istituzioni dell'imprigionamento (la prigione, l'ospedale) possedessero l'esigenza di rendere produttiva la popolazione. 
Bentham, per Foucault, non è tanto un classico del prigionismo ma della messa a funzionalità produttiva dei comportamenti tramite il disciplinamento dell'istituzione prigione. La fabbrica, in Foucault, deve quindi al benthamismo il prestito di tecnologie e strategie della messa a produzione dei comportamenti. 
La vicenda Obama-Snowden va quindi letta in questo modo: come il segno di un compiuto passaggio delle tecnologie digitali che fanno direttamente presa sulla popolazione dalla dimensione del controllo a quella, più  diretta, di produzione di valore economico. Produzione di valore che avviene attraverso l'analisi dei dati estratti nel monitoraggio della popolazione. Si apre quindi la stagione dell'economia dell'analisi dei dati come elemento regolatore dello sviluppo e della evoluzione delle tecnologie di monitoraggio della popolazione. 
Controllare il crimimale, il tossico, il reo, il pervertito, l'elettore, la famiglia, il manager, il consumo del teen-ager, l'amorale non è più questione di monitoraggio, di controllo digitale come sorveglianza ma di diretta produzione di dati che generano un'economia i cui processi di estrazione di valore inseguono dei big data che crescono al ritmo impetuoso delle 3 "V". 
In questo Prism marca concettualmente il passaggio dell'uso e della pensabilità delle tecnologie di monitoraggio da quella che era definita come società di controllo a quella che è definibile come economia dell'analisi dei dati.
Con poco rispetto di ciò è società e con molta attenzione a ciò che produce dati e quindi valore. In questo senso la società, definita dell'eccedenza nei paradigmi di analisi securitaria di inzio secolo, con questo genere di economia è presa in considerazione in quando fonte di produzione di dati.

L'inedita pericolosità dello scandalo Obama-Snowden non sta quindi tanto nel fatto che siamo di fronte ad una nuova generazione di tecnologie di monitoraggio della popolazione. Nuova sia rispetto all'uso tecnologico delle società di controllo, sviluppatesi con gli anni '90 dal braccialetto elettronico a Echelon. Ma in quella dell'evidenza di una sperimentazione di una economia dei big data le cui tecniche di estrazione di valore e le relative tecnologie di governo della popolazione sono in mano ad un gruppo di imprese, ad una amministrazione governativa e a due-tre agenzie di intelligence. Una verticalizzazione del potere del comando sull'economia e sui processi decisionali di tipo politico, tecnologico e commerciale dalle dimensioni imprevedibili e, fino ad adesso, in poche e discrete mani. 

In questo il militare, che tende a verticalizzare le catene di comando, si fa davvero paradigma dell'economico.

Si tratta infine di guardare al cortile che è casa nostra. Il Corriere della Sera è persino riuscito a dire, dopo aver riconosciuto l'esistenza del fenomeno, che il controllo di massa della popolazione serve per la creazione di  nuovi dossier. Come se monitorare chi lavora ad uno Starbucks di Pittsburg, o chi sta sugli spalti dello stadio di Dortmund, avesse un senso dal punto di vista del ricatto politico. 
Un parlamentare dell'opposizione ha parlato della  necessità dell'intervento del Copasir come se, da quegli uffici, potesse effettivamente uscire qualcosa. Il mito dello stato italiano che, basta che lo voglia, è in grado di informarti è duro a morire. 
Sulla vicenda si trova poi, a parte l'immancabile cospirazionismo, qualche trafiletto sulla privacy, e c'è anche un qualche abbozzo di pensiero sui beni comuni (a proposito, i dati estratti dagli italiani sono o no beni comuni degli italiani? E chi li rivendica?). 
C'è chi ha parlato di uscita dell'Italia dalla Nato, rivendicazione giustissima ma che non sposta di un riga questo problema. In una economia dei big data, la superpotenza egemone estrae dati come vuole, li elabora, alimenta il mercato, i finanziamenti e le decisioni necessarie a produrre valore. Non solo nei beni fisici o digitali ma anche in quelli legati all'immaginario. Visto che si parla di fare trame di film, quelli con pubblico di massa, analizzando prima le reazioni dei big data sui precedenti in materia per poi decidere la trama. Che tu esca dalla Nato o meno il processo rimane intatto: dalla fase di sorveglianza (basi estere, satelliti, sottomarini) a quella di alimentazione delle economie a quella del controllo dell'economia tramite le tecnologie prodotte.
E' chiaro che in Italia mancano strutture pubbliche e sapere collettivo necessari per affrontare il problema. Concettualmente, tecnologicamente e politicamente
Problema che è, come abbiamo visto, sia questione di diritto alla privacy che legato alle modalità di sviluppo del nuovo capitalismo. Anzi, dopo aver avuto Berlusconi e Renzi, due facce del simulacro del nuovo in politica, non ci sarebbe da stupirsi se, in un prossimo futuro, un imprenditore italiano dei big data, a sapere rigorosamente secretato, magari sottoscrittore di Emergency, diventasse il nuovo cavallo di battaglia della politica istituzionale. La necessità del "nuovo" nello spettacolo della politica può arrivare ad imporre processi di questo genere. Comunque vada, e qualsiasi siano le traiettorie che prenderà l'economia dei big data, questo paese è completamente indifeso dal punto di vista del sapere e delle tecnologie pubbliche, della qualità dell'informazione, della consapevolezza collettiva e della tutela dei beni comuni digitali. Il pensiero cosiddetto progressista è poi completamente in disarmo su questi temi. Pronto a divagare su scadenze autoproclamatesi politiche e del tutto prive di senso. I movimenti poi sono troppo grassroot per arrivare ad osservare su questo piano di complessità.
Resta Obama. Inside Job, forse il film più letale per l'ideologia obamiana, ce lo rende come pericoloso brand capace di tenere alta la legittimazione per l'economia della bolla finanziaria globale. 
Prism, che non è un film ma un processo in atto, ce lo rende come quel tipo di potere in grado di scatenare un'economia dei big data che deve passare sopra ogni libertà, ogni diritto alla privacy per mantenere il primato economico-finanziario del nesso militare-tecnologia- moneta degli Stati Uniti. 
Obama, a differenza di Bush, è il vero presidente del XXI secolo. Molto più pericoloso per i dati che genera rispetto alle batterie missilistiche che mette in campo. Un qualcosa in confronto al quale i caschi arcobaleno della polizia di Dilma Roussef sembrano quasi una novella che ha del consolatorio.


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