30 novembre 2012

Palestina oltre il riconoscimento: convivere con pari diritti

Questa videointervista di Dafni Ruscetta al palestinese Fawzi Ismail e a me risale a cinque giorni prima che l'Assemblea generale dell'Onu decidesse di accogliere la Palestina come "Stato osservatore".  Le idee esposte risultano particolarmente interessanti perché propongono una prospettiva molto diversa dalla soluzione "Due Popoli Due Stati" che invece domina il dibattito mondiale.
(P.C.) 


di Dafni Ruscetta - Movimento 5 Stelle CA.

Nei giorni scorsi, durante l’ennesimo assalto militare a Gaza, abbiamo intervistato a Cagliari Fawzi Ismail, Presidente dell’Associazione Amicizia Sardegna-Palestina.
Fawzi, dopo aver raccontato la sua storia di bambino ex-profugo, ha fornito una propria versione, un’analisi dell’ultimo attacco israeliano, parlando di esperimenti su più livelli da parte di quell’amministrazione. In primo luogo Israele avrebbe sferrato l’assedio per “testare” la reazione delle piazze arabe dopo la ‘Primavera araba’ del 2011, per meglio comprendere anche l’assetto geopolitico della zona.

Un altro aspetto dell’azione militare avrebbe avuto – secondo l’esponente palestinese – l’obiettivo di mettere in imbarazzo la nuova amministrazione Obama, appena rieletto come Presidente degli Stati Uniti. Un’altra ipotesi, inoltre, sarebbe quella di voler innescare un’eventuale reazione dell’Iran, in modo da costringere l’Europa e gli USA ad intervenire militarmente. In ultimo – sostiene ancora Fawzi Ismail – a gennaio ci saranno nuovo elezioni in Israele e, normalmente, le campagne elettorali si aprono con azioni militari.
Successivamente Fazwi definisce demagogica e ormai superata l’ipotesi della formula “Due popoli due Stati”, in quanto esiste già uno Stato (Israele) che impedisce sistematicamente la nascita dell’altro Stato, quello Palestinese appunto. Questo tema viene arricchito dall’analisi Pino Cabras, Direttore Editoriale di Megachip (rivista online fondata e diretta da Giulietto Chiesa) il quale, partendo da una disamina di due accademici, il geografo Arnon Sofer e il demografo Sergio Della Pergola (un israeliano nato e vissuto in Italia fino al 1966) dell’Università di Gerusalemme, a suo tempo consulenti di Ariel Sharon, arriva alla conclusione che Israele dovrà risolvere un problema che ha tre variabili: democraziaebraicitàdimensione territoriale. Soltanto due di queste variabili potrebbero coesistere nell’Israele degli anni a venire.
Potrà essere uno stato democratico ed ebraico, ma allora dovrà essere di ridotte dimensioni.
Potrà essere democratico e grande, ma allora non sarà più ebraico.
Infine potrà essere ebraico ed esteso, ma allora non sarà più democratico.
Benché la soluzione “due popoli, due stati” sia ormai quasi unanimemente considerata – sia a livello internazionale che italiano – come l’unica possibile conclusione del conflitto, una tale soluzione, ammesso poi che sia mai realizzata, difficilmente potrà condurre ad una pacificazione dell’area poiché non risponde a criteri di giustizia ed equità.

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La situazione di fatto creata in Palestina (ovvero nei Territori e in Israele) non consente la nascita dello stato palestinese a fianco di Israele se non come mera “espressione geografica” priva di elementari contenuti di sovranità.
Il nascente stato di Palestina, infatti, non avrebbe la possibilità di realizzare una politica di difesa indipendente né potrebbe stringere rapporti diplomatici con altri stati in tale funzione; dipenderebbe totalmente da Israele per l’utilizzo delle risorse primarie, ovvero acqua ed energia (parte di questa analisi è inserita in un articolo più ampio dello stesso Cabras in collaborazione con Simone Santini, di circa due anni fa su Megachip).
L’intervista si conclude nuovamente con Fawzi che ribadisce, come possibile soluzione, quella di far tornare i Palestinesi nelle loro case, ma “senza dover mandar via gli Israeliani che ci abitano ora, i due popoli potrebbero convivere insieme con pari diritti, diritti delle persone al di là del sesso, della religione o dell’etnia. Moralmente non è giusto chiudere un occhio sul massacro di bambini…per me la Palestina non è solo la Terra di pietre, alberi etc., per me la Palestina vuol dire la dignità umana”.

Fonte:  http://www.movimento5stellecagliari.it/?p=4006.

Ripubblicato anche su Megachip.

22 novembre 2012

Gaza, Repubblica e Odifreddi: la censura impossibile

di Pino Cabras - da Megachip.


Qualcuno si stupisce che La Repubblica abbia censurato brutalmente un post di Piergiorgio Odifreddi sul nuovo massacro di Gaza, portando  l'autore a chiudere il suo blog intitolato "Il non-senso della vita". Noi non ci sorprendiamo, da osservatori della parabola seguita per anni dai più importanti organi di informazione in tema di Israele e Palestina. Così, sul quotidiano israeliano Haaretz possiamo trovare articoli estremamente critici verso i crimini della classe dirigente di Israele. Su Repubblica invece non si può. Questo perché Repubblica non è la nostra Haaretz, ma la nostra Pravda. Non sia mai che accolga paragoni come quelli di Odifreddi. Infatti non ha mai pubblicato gli analoghi raffronti pronunciati nel 2009 nientemeno che da un deputato ebreo inglese, Gerald Kaufman.  Patetici davvero, questi censori, che ancora oggi pensano che quel che non pubblicano non esista, e invece si ritrovano a essere travolti da una reazione web virale. Lo hanno fatto tanti siti e lo facciamo anche noi: riproponiamo a futura memoria sia il testo oscurato, sia il post con il quale il matematico si congeda dal blog. 

Dieci volte peggio dei nazisti

di Piergiorgio Odifreddi, 19 novembre 2012.
«Uno dei crimini più efferati dell’occupazione nazista in Italia fu la strage delle Fosse Ardeatine. Il 24 maggio 1944 i tedeschi “giustiziarono”, secondo il loro rudimentale concetto di giustizia, 335 italiani in rappresaglia per l’attentato di via Rasella compiuto dalla resistenza partigiana il 23 maggio, nel quale avevano perso la vita 32 militari delle truppe di occupazione. A istituire la versione moderna della “legge del taglione”, che sostituiva la proporzione uno a uno del motto “occhio per occhio, dente per dente” con una proporzione di dieci a uno, fu Hitler in persona.
Il feldmaresciallo Albert Kesselring trasmise l’ordine a Herbert Kappler, l’ufficiale delle SS che si era già messo in luce l’anno prima, nell’ottobre del 1943, con il rastrellamento del ghetto di Roma. E quest’ultimo lo eseguì con un eccesso di zelo, aggiungendo di sua sponte 15 vittime al numero di 320 stabilito dal Fuehrer.
Dopo la guerra Kesselring fu condannato a morte per l’eccidio, ma la pena fu commutata in ergastolo e scontata fino al 1952, quando il detenuto fu scarcerato per “motivi di salute” (tra virgolette, perché sopravvisse altri otto anni). Anche Kappler e il suo aiutante Erich Priebke furono condannati all’ergastolo. Il primo riuscì a evadere nel 1977, e morì pochi mesi dopo in Germania. Il secondo, catturato ed estradato solo nel 1995 in Argentina, è tuttora detenuto in semilibertà a Roma, nonostante sia ormai quasi centenario.
In questi giorni si sta compiendo in Israele l’ennesima replica della logica nazista delle Fosse Ardeatine. Con la scusa di contrastare gli “atti terroristici” della resistenza palestinese contro gli occupanti israeliani, il governo Netanyahu sta bombardando la striscia di Gaza e si appresta a invaderla con decine di migliaia di truppe.
Il che d’altronde aveva già minacciato e deciso di fare a freddo, per punire l’Autorità Nazionale Palestinese di un crimine terribile: aver chiesto alle Nazioni Unite di esservi ammessa come membro osservatore! Cosa succederà durante l’invasione, è facilmente prevedibile. Durante l’operazione Piombo Fuso di fine 2008 e inizio 2009, infatti, compiuta con le stesse scuse e gli stessi fini, sono stati uccisi almeno 1400 palestinesi, secondo il rapporto delle Nazioni Unite, a fronte dei 15 morti israeliani provocati in otto anni (!) dai razzi di Hamas. Un rapporto di circa 241 cento a uno, dunque: dieci volte superiore a quello della strage delle Fosse Ardeatine. Naturalmente, l’eccidio di quattro anni fa non è che uno dei tanti perpetrati dal governo e dall’esercito di occupazione israeliani nei territori palestinesi. Ma a far condannare all’ergastolo Kesserling, Kappler e Priebke ne è bastato uno solo, e molto meno efferato: a quando dunque un tribunale internazionale per processare e condannare anche Netanyahu e i suoi generali?»

809 giorni di libertà

di Piergiorgio Odifreddi, 20 novembre 2012.

l non-senso della vita è iniziato il 31 agosto 2010, e ha cercato di gettare uno sguardo il più possibile razionale, e dunque non convenzionale, sugli avvenimenti che la cronaca proponeva quotidianamente alla nostra attenzione. Lo stesso titolo del blog, nonostante la palese provocazione filosofica e teologica, intendeva programmaticamente indicare che gli spunti di meditazione e di discussione sarebbero stati scelti, in maniera idiosincratica, tra quelli che potevano essere considerati come “portatori di non senso”.
Per 809 giorni Repubblica.it ha generosamente ospitato le mie riflessioni, che spesso non coincidevano con la linea editoriale del giornale, e ha offerto loro l’invidiabile visibilità non solo del suo sito, ma anche di un richiamo speciale nella sezione Pubblico. Da parte mia, ho approfittato di questa ospitalità per parlare in libertà anche di temi scabrosi e non politically correct, che vertevano spesso su questioni controverse di scienza, filosofia, religione e politica.
Naturalmente, sapevo bene che toccare temi sensibili poteva provocare la reazione pavloviana delle persone ipersensibili. Puntualmente, vari post hanno stimolato valanghe (centinaia, e a volte migliaia) di commenti, e aperto discussioni che hanno fatto di questo blog un gradito spazio di libertà. Altrettanto naturalmente, sapevo bene che la sponsorizzazione di Repubblica.it poteva riversare sul sito e sul giornale proteste direttamente proporzionali alla cattiva coscienza di chi si sentiva messo in discussione o criticato.
Immagino che il direttore del giornale e i curatori del sito abbiano spesso ricevuto lagnanze, molte delle quali probabilmente in latino. Ma devo riconoscere loro di non averne mai lasciato trasparire più che un vago sentore, e di aver sempre sposato la massima di Voltaire: “detesto ciò che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo”. Mai e sempre, fino a ieri, quando anche loro hanno dovuto soccombere di fronte ad altre lagnanze, questa volta sicuramente in ebraico.
Cancellare un post non è, di per sè, un grande problema: soprattutto nell’era dell’informatica, quando tutto ciò che si mette in rete viene clonato e continua comunque a esistere e circolare. Non è neppure un grande problema il fatto che una parte della comunità ebraica italiana non condivida le opinioni su Israele espresse non soltanto da José Saramago e Noam Chomsky, al cui insegnamento immodestamente mi ispiro, ma anche e soprattutto dai molti cittadini israeliani democratici che non approvano la politica del loro governo, ai quali vanno la mia ammirazione e la mia solidarietà.
Il problema, piccolo e puramente individuale, è che se continuassi a tenere il blog, d’ora in poi dovrei ogni volta domandarmi se ciò che penso, e dunque scrivo, può non essere gradito a coloro che lo leggono: qualunque lingua, viva o morta, essi usino per protestare. Dovrei, cioè, diventare “passivamente responsabile”, per evitare di procurare guai. Ma poiché per natura io mi sento “attivamente irresponsabile”, nel senso in cui Richard Feynman dichiarava di sentirsi in Il piacere di trovare le cose, preferisco fermarmi qui.
Tenere questo blog è stata una bella esperienza, di pensiero e di vita, e ringrazio non solo coloro che l’hanno ospitato e difeso, ma anche e soprattutto coloro che vi hanno partecipato. La vita, con o senza senso, continua. Ma ci sono momenti in cui, candidamente, bisogna ritirarsi a coltivare il proprio giardino.

Fonte: http://odifreddi.blogautore.repubblica.it/2012/11/20/809-giorni-di-liberta/.

19 novembre 2012

I guru della finanza prevedono una guerra mondiale a breve



 

dal Washington’s Blog.
Tradotto da Pino Cabras su Megachip.

Kyle Bass scrive:
«Trilioni di dollari di debiti saranno ristrutturati e milioni di risparmiatori finanziariamente prudenti perderanno una percentuale rilevante del loro potere d'acquisto reale esattamente al momento sbagliato nella loro vita. Ancora una volta, il mondo non finirà, ma il tessuto sociale delle nazioni dilapidatrici sarà sfilacciato e in alcuni casi strappato. Purtroppo, guardando indietro nella storia economica, troppo spesso la guerra è la manifestazione di una semplice entropia economica sostenuta fino alla sua logica conclusione. Noi crediamo che la guerra sia un’inevitabile conseguenza della attuale situazione economica mondiale».
Larry Edelson ha scritto una e-mail agli abbonati dal titolo «Quel che i ‘Cicli di guerra’ ci dicono per il 2013», in cui si afferma:
«Sin dagli anni ottanta, ho studiato i cosiddetti "cicli di guerra": i ritmi naturali che predispongono le società a discendere nel caos, nell’odio, in una guerra civile o perfino internazionale.
Non sono certo la prima persona ad esaminare questi modelli tanto peculiari nella storia. Ci sono stati molti prima di me, in particolare, Raymond Wheeler, che ha pubblicato la cronistoria di guerra più autorevole di sempre, che documenta a forza di dati un periodo lungo 2.600 anni.
Tuttavia, ci sono pochissime persone che siano disposte perfino a discutere la questione in questo momento. E sulla base di quel che vedo, le implicazioni potrebbero essere assolutamente enormi nel 2013.»
L’ex analista tecnico della Goldman Sachs Charles Nenner – che ha lanciato alcuni grandi avvertimenti molto accurati, e ha fra i suoi clienti i più importanti fra hedge funds, banche, agenzie di brokeraggio e grandi possidenti plurimilionari – afferma che ci sarà «una grande guerra che comincerà a cavallo fra 2012 e 2013» che porterà l’indice Dow a 5.000 punti.
Perché questi guru economici stanno prevedendo guerra?
Per prima cosa, molte personalità influenti credono erroneamente che la guerra faccia bene all'economia. Per di più, già Jim Rogers (co-fondatore del Quantum Fund con George Soros, NdT) sosteneva:
«Se si trasforma in una guerra commerciale, è la cosa più importante del 2011», e aggiungeva: «Le guerre commerciali portano sempre a guerre. Nessuno vince le guerre commerciali, tranne il generale che finisce per combattere le guerre fisiche quando accadono. Questo è molto pericoloso».
Rogers inoltre spiega:
«Il proseguimento dei salvataggi in Europa potrebbe in ultima analisi innescare un'altra guerra mondiale […] Aggiungi il debito, la situazione peggiora, e alla fine semplicemente crolla. A quel punto ciascuno va a cercare capri espiatori. I politici danno la colpa agli stranieri, e ci troviamo nella seconda guerra mondiale o in una qualunque guerra mondiale».

E Marc Faber afferma che il governo americano inizierà nuove guerre in risposta alla crisi economica:
Faber ritiene che anche gli Stati Uniti, la Cina e la Russia potrebbero andare in guerra per il petrolio mediorientale.


Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras.
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Il profilo degli analisti finanziari citati nell’articolo:

-        Kyle Bass.
-        Larry Edelson.
-        Charles Nenner.
-        Jim Rogers.
-        Marc Faber.


2 novembre 2012

Se Grillo sale, i golpisti dello spread torneranno in azione

di Pino Cabras - da Megachip.


Quasi un anno fa, proprio a novembre, erano giorni trionfali per la sovversione dall’alto in Italia decisa a livello di classi dominanti globali. Era quando il Presidente della Repubblica nominava senatore a vita Mario Monti, fra tutti i tecnocrati disponibili quello più organico all’élite planetaria (essendo Mario Draghi già a capo della BCE). Ed erano i giorni in cui Il Sole 24 Ore titolava a titoli cubitali "FATE PRESTO", per dare il massimo risalto alla paura dello spread e piegare la sovranità di una nazione. Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Ora che i risultati elettorali premiano Beppe Grillo, in vista delle elezioni del 2013 la minaccia descritta dal Sole 24 Ore è di nuovo chiara: lo spread sarà ancora la leva per sottomettere gli italiani, e piegare Grillo. “La sola cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa”, disse Franklin D. Roosevelt nel suo discorso inaugurale nel marzo 1933. Il consiglio del giornale di Confindustria al popolo italiano è, per contro, “Abbiate paura! Sempre!”.  La franchezza che emerge in questo articolo di Vito Lops è brutale. Il pezzo  merita di essere letto per intero, con le nostre sottolineature.
Prima di quella lettura va aggiunta una considerazione. In caso di pericolo di colpo di Stato, normalmente, il nucleo lealista delle istituzioni reprime anche penalmente i golpisti. L'articolo del Sole 24 Ore non nomina i golpisti, e usa perfino l'ironia di chiamarli «i “fantomatici” mercati». Ma non sono fantomatici. Hanno nomi e cognomi, indirizzi, interessi da colpire. Il problema è che il nucleo istituzionale della nostra Repubblica stende tappeti e cuscini davanti a quei nomi e indirizzi, e ne sposa gli interessi. Distratti dai furti dei rubagalline alla Lusi (ancorché galline dalle uova d'oro), ancora in troppi non si accorgono che i furti veri - in nome del debito - sono favoriti dai complici istituzionali dei golpisti. Lusi è andato in galera. Se ci fosse giustizia ci dovrebbe andare anche gente più in alto di lui. I nomi e i cognomi, in questo caso, li fa anche Il Sole 24 Ore.

Grillo non si ferma più e spaventa anche la finanza.
L'esperto: se vince le elezioni lo spread vola oltre 500

di Vito Lops - Il Sole 24 Ore.
Che sia giusto o sbagliato siamo entrati in una fase storica in cui non si può negare che i mercati abbiano un peso notevole nell'influenzare la politica dei governi. Lo ha confermato anche il premier Mario Monti, rispondendo alle domande sull'eventuale "minaccia" all'esecutivo rappresentata dalle recenti esternazioni di Berlusconi che ha ventilato l'ipotesi di staccare la spina al governo. Monti ha detto: «Lo chieda ai mercati».  Del resto, in un certo qual modo, è stato proprio l'impennarsi dello spread fino a 575 punti base l'autunno scorso a spingere il presidente Giorgio Napolitano a nominare d'urgenza Monti senatore a vita, atto necessario prima del passaggio a premier dell'attuale governo semi-tecnico. Quindi, a conti fatti, sono stati propri i mercati a spingere un tecnico come Monti alla guida dell'Italia. Gli stessi mercati che hanno avuto il loro peso nel vanificare il tentativo di referendum anti-euro in Grecia a fine 2011 e hanno spinto Atene a elezioni ripetute sine die fino ad ottenere una maggioranza più solida. E gli esempi in questo senso, quelli della pressione dei mercati sulle scelte politiche, potrebbero essere ampliati.
A questo punto, è forse opportuno porsi un'altra domanda.
Dopo lo straordinario successo che il Movimento 5 stelle ha ottenuto nelle elezioni in Sicilia - difatti il primo partito nell'Isola con il 15% dei voti e con un investimento in campagna elettorale di soli 25mila euro - come potrebbero reagire i "fantomatici" mercati a un eventuale analogo successo di Grillo alle elezioni parlamentari della prossima primavera?
Un successo che, stando ai sondaggi, potrebbe concretizzarsi visto che attualmente il Movimento 5 stelle è intorno al 20% e si proietta al momento come seconda forza politica del Paese, dopo il Pd.
«I mercati cercano politiche che siano coerenti con gli interessi dei detentori del debito: chiunque e in qualunque forma tuteli il rimborso delle obbligazioni detenute dagli investitori globali è sostenuto e non avversato dai flussi di investimento; nel caso contrario - si veda il referendum greco cancellato con un colpo di spread - si innescano quelle vendite che molti identificano con la cosiddetta speculazione», spiega Gabriele Roghi, responsabile gestioni patrimoniali di Invest Banca.
«Il discorso generale è che la politica e la democrazia sono state messe sotto scacco da una finanza che ha ormai da tempo esondato dal proprio alveo naturale, quello del Glass Steagal Act (legge varata nel 1933 negli Stati Uniti per contenere la speculazione finanziaria introducendo il principio della separazione tra attività bancaria tradizionale e attività bancaria di investimento, abrogata nel 1999 dal Gramm-Leach-Bliley Act, ndr) per intenderci, e ormai non è sottomessa al legislatore ma lo guida in un rapporto innaturale che sta causando forti tensioni sociali. Il caso di Obama è eclatante: partito come il messia che ci avrebbe salvato dalla finanza, ha dovuto chinare il capo di fronte a lobby più potenti dello stesso Commander in Chief, che ha potuto solo emanare una legge di oltre 3.000 pagine che non riesce a disporre quello che le 125 pagine del Glass Steagal tanto bene ha definito per 70 anni».
E Grillo piacerebbe ai mercati? «Se dovesse confermarsi come seconda forza politica e addirittura essere cruciale per la formazione di un governo - prosegue Roghi - o se a un certo punto i sondaggi dessero queste indicazioni, credo che i "mercati" farebbero tornare lo spread in area di pericolo, oltre i 500 punti per convincere gli italiani, prima delle elezioni, o i parlamentari dopo il voto, a dirigersi verso un Monti/altro tecnocrate a loro gradito».

twitter.com/vitolops

Fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2012-10-30/grillo-ferma-spaventa-anche-113259.shtml?uuid=AbhOGLyG.