27 dicembre 2010

Un'alternativa al nucleare

di Pino Cabras - da Megachip.


Va smontata, la propaganda nuclearista che vuole violentare la mente di milioni di persone per rifilare la spazzatura atomica: che è poi spazzatura economica, monnezza veterotecnologica di Sarkozy, affarismo per caste di saccheggiatori di pubblico denaro. Va smontata pezzo per pezzo e rovesciata sui poteri che vorrebbero perfino che ci piacesse, che vorrebbero imporci la più smaccata delle manipolazioni di massa. Iniziamo a reagire per vincere. Qui vi proponiamo un controspot, prodotto da MegaChannelZero.


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Potete diffondere il controspot parodistico come il virus della verità, perché la Rete raggiunge milioni di persone. Potete anche produrre voi i controspot, fare i vostri video, studiare anche voi gli spot dei nuclearisti e rovesciare sulle loro teste quel che i nuclearisti hanno prodotto: un vaso da notte pieno di merda ricoperto con foulard di seta. Togliamo il velo e seppelliamo i nuclearisti di risate e di ragionevolezza, prima di non riuscire mai a sepellire le loro scorie radioattive. Pubblicheremo gli spot più belli ed efficaci.
Caricateli su YouTube o altri canali e segnalateceli a redazione@megachip.info.
Oltre a vedere più sopra il nostro videoclip con la parodia audio, qui di seguito potrete leggere un articolo che analizza in dettaglio tutti i trucchi della réclame radioattiva. È un ottimo spunto per costruire le vostre brevi sceneggiature. E poi radioattivare tutto il web.
Ma prima vogliamo ricordare anche che l'alternativa c'è.
Il 21 dicembre 2010 state consegnate alla Camera dei deputati le firme a sostegno della proposta di legge d’iniziativa popolare“Sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili per la salvaguardia del clima”. Perfino la stessa Confindustria ritiene che nei prossimi 10 anni le energie pulite genererebbero 1,6 milioni di posti di lavoro contro i 10mila che genererebbe il vaso da notte pieno di merda ricoperto dai foulard di seta di Chicco Testa e Umberto Veronesi.
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Nucleare, spot in TV: le pedine sono i telespettatori ingenui


di Maurizio Maria Corona - da mainfatti.it.
Per accendere di entusiasmo nucleare le tavole degli italiani nei giorni di festa, Chicco Testa e il suo Forum Nucleare Italiano ha pensato bene di irradiare le TV di uno spot che, per gli addetti ai lavori, anche senza audio, sa di propaganda. La propaganda è un'arte sottile e scientifica. L'inventore moderno della propaganda e il suo affinatore e canonizzatore è stato sicuramente Edward Louis Bernays che scrisse il libro omonimo (Propaganda) nel 1928 (un classico da studiare per chiunque voglia occuparsi o decifrare la comunicazione moderna). E' quindi un compito doveroso, da tecnici della comunicazione, riflettere su come in Italia la lobby del nucleare si stia muovendo per convincere la popolazione della necessità di costruire centrali nucleari. Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in diverse occasioni affrontando il tema del nucleare ha detto "che 'oggi le centrali nucleari sono assolutamente sicure', annunciando di volerlo spiegare ai cittadini italiani anche attraverso campagne televisive" (La Stampa). Così, non si sa se collegati alla volontà del Presidente del Consiglio e del Governo, arrivano in TV degli spot che parlano di nucleare. Sembrano "spot di prospezione" per un pubblico che ancora si ricorda di Chernobyl, che accoglie ancora i suoi bambini vittime delle radiazioni (i bambini di Chernobyl, appunto), e che fortunatamente ha ancora paura di questa energia sottoprodotto militare. Il primo spot "nucleare" che va in televisione è quello trasmesso su Rai e Mediaset e che va a "colpire" il telespettatore italiano medio, alle prese con i cenoni di Natale e Capodanno. Lo spot si presenta come "neutrale" ed è molto semplice e allo stesso tempo estremamente studiato fin nei minimi particolari. Nel complesso, nella mente distrattamente conscia del telespettatore, rimarrà una partita a scacchi con due uomini che fanno delle affermazioni sul nucleare e che fermano un orologio (tipico dei tornei di scacchi). L'uomo al termine dello spot si rivela essere "se stesso", ovvero la partita è stata tra le due parti di sé, le parti del "dubbio nucleare", del si o del no. Lo spot si chiude con il quesito (rivolto allo spettatore) "E tu sei a favore o contro l'energia nucleare? O non hai ancora una posizione?" E si vedono poi, mentre la camera "allarga", decine di "partite a scacchi" sul nucleare dove uomini e donne sfidano se stessi (http://www.youtube.com/watch?v=R29l7GkBl64). Lo spot porta la firma di forumnucleare.it, sito di un'associazione il cui presidente è Chicco Testa, alfiere convinto del ritorno al nucleare in italia e forte della sua conversione (prima era un "verde" che ha contribuito a smantellarlo). Ovviamente chi conosce la questione e le parti in campo non può che condividere l'opinione dei senatori Roberto Della Seta e Francesco Ferrante: "Partirà sui canali televisivi, Rai e Mediaset compresi, una campagna pubblicitaria istituzionale del Forum Nucleare italiano che, ammantandosi di neutralità, tenterà di presentare il nucleare come un'alternativa energetica pulita e conveniente. Tenendo presente che del Forum Nucleare fanno parte in qualità di soci fondatori aziende direttamente coinvolte nel business dell'energia atomica quali Westinghouse, Enel, Ansaldo Nucleare, Areva e Edf, è davvero difficle credere che non si tratti di una vera e propria operazione propagandistica". Ma in questo articolo parliamo dello stile di comunicazione dello spot, molto interessante anche per tutti gli studenti di Scienze delle Comunicazioni, che possono divertirsi ad analizzarlo, a prescindere dalle parole e dai dialoghi. Per ora solo alcune osservazioni: Il "contro" usa le pedine nere mentre il "pro" usa le pedine bianche; La voce del sé "contro" l'energia nucleare è cupa mentre quella "pro" è suadente; Il "contro" trascina le pedine e fa mosse "banali" (sembra anche incerto nei movimenti) mentre il "pro" è deciso, fa mosse da "chi sa giocare a scacchi" e poggia con fermezza i pezzi sulla scacchiera; Il "contro" usa sempre e solo l'alfiere nero, mentre il "pro" usa il cavallo (tranne una volta l'alfiere bianco) il pezzo più riconoscibile (che ispira libertà, nobiltà, forza, natura, ecc); Nel fermo immagine il se stesso a sinistra (quello "pro" bianco) e quello a destra (quello "contro" nero) anche se sono "la stessa persona" sono leggermente diversi, difatti quello a sinistra ("pro") è più "bello" che quello a "destra" (con naso a gobba e leggermente più basso del "buono", è un classico). Potremmo continuare per decine e decine di punti ricordando i simbolismi nucleari quali la scacchiera, l'uso strumentale del gioco degli scacchi, l'orologio "atomico" fermato e fatto ripartire, le mosse specifiche, il maglione a collo alto, la sala utilizzata, le finestre, la predominanza del bianco, la postura, la proporzione di uomini e donne, di vecchi e giovani, ecc. Ma preferiamo lasciare il nostro paziente lettore con un video musicale dei Kraftwerk che risponde con liriche ispirate quali "Chernobyl Harrisburg Sellafield Hiroshima. Radioactivity, is in the air for you and me".



(http://www.youtube.com/watch?v=kXD6Gtinvbc)
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NUCLEARE: anche gli industriali sono divisi

da blogeko.it.

Sorpresa: gli industriali sono divisi sull’atomo. Un vicepresidente di Confindustria è il primo firmatario dell’appello al Governo “Invece del nucleare” sottoscritto da (finora) 740 fra imprenditori, manager e professionisti. Dicono in sostanza che la scelta nucleare avvantaggerebbe solo poche imprese, mentre molte ne risulterebbero penalizzate.
Dunque il fervente zelo atomico di Confindustria non è poi così unanime, anche se sta svolgendosi una massiccia campagna pubblicitaria finanziata da grandi gruppi industriali a favore dell’energia nucleare.
L’appello “Invece del nucleare” è stato lanciato dal Kyoto Club. Primo firmatario Pasquale Pistorio, presidente onorario di Kyoto Club ma soprattutto vicepresidente di Confindustria per innovazione e ricerca.
La seconda firma è quella di Catia Bastioli, CEO di Novamont e presidente del Kyoto Club. La terza è di Gianluigi Angelantoni, presidente dell’Associazione Imprenditori della Media Valle del Tevere (Confindustria Perugia) nonchè anch’egli vicepresidente di Kyoto Club.
La costruzione delle centrali nucleari, dice l’appello, interesserebbe “una piccola minoranza di società italiane, mentre larga parte degli investimenti finirebbe all’estero”.
La produzione di energia elettrica avvantaggerebbe “pochi comparti industriali energivori” e “sarebbe lo Stato, attraverso la fiscalità generale, o gli utenti attraverso l’aumento delle bollette, a cofinanziare il nucleare”, che è una fonte di energia molto costosa.
Gli industriali stimano che l’intero programma nucleare del Governo costerebbe almeno 80 miliardi, con conseguente inevitabile sottrazione di risorse “ai più promettenti settori dell’efficienza e delle rinnovabili” che invece possono generare “ricadute economiche e occupazionali immediate”.
Lo dicono gli industriali, non gli ambientalisti: ci siamo limitati ad aggiungere i link. Ecco il testo di “Invece del nucleare” con, in calce, le firme.

I «Fatti» e i «fatti» di un'Italia ibernata

di Pino Cabras – da Megachip.


Chissà cosa direbbe di Wikileaks il personaggio misterioso nascosto dietro la sigla G.P., l’uomo oscuro che attraversa le vicende di E’ già sera, tutto è finito, un romanzo pubblicato nel 2010. Lui, G.P., è sempre loscamente puntuale all’appuntamento con gli avvenimenti più importanti del momento. Il personaggio pronuncerebbe anche ora una frase che ripete spesso: «Ci sono Fatti con la maiuscola e fatti con la minuscola. Io mi occupo di quelli con la minuscola». Esiste qualcuno in grado di pronunciare una frase come questa, apparentemente innocua e dimessa, in realtà segnata da una volontà di potenza spietata e nascosta. Qualcuno che a questa frase intende dare senso fino in fondo, mentre passano i decenni, le stragi restano impunite, e i segreti più pesanti non trovano nemmeno una personalità ambigua, che so, un Julian Assange, un Massimo Ciancimino, che li possa sbloccare.
Oltre ai personaggi che emergono oggi dalle inchieste o dalle rivelazioni giornalistiche concesse dal mainstream, scopriamo nel corso del racconto personaggi più in ombra, da raccontare con il passo epico di un intreccio fra mondi lontani. egiaseraQuesto è il passo ambizioso dell’opera prima di Tersite Rossi, lo pseudonimo che riveste le quattro mani dei giovani autori Marco Niro e Mattia Maistri.
“E’ già sera, tutto è finito” (Pendragon, 2010), già alla terza edizione, avrebbe molti elementi per essere un libro “alla moda”, oggi che si sta di nuovo riflettendo sugli anni 1992-1994, quando crollò la cosiddetta Prima Repubblica, un passaggio drammatico della storia civile e politica italiana, che ha triturato vite, carriere, movimenti politici, speranze, il tutto in mezzo a stragi, tensioni, ricatti e misteri. Il libro nel 2010 è stato il primo, ne sono seguiti almeno una decina, tutti concentrati a capire quel passaggio cruciale, le trattative Stato-mafia, le trame, i segreti sigillati, ecc.
Eppure è anche un romanzo necessariamente “fuori moda”, perché testardamente non vuole piegarsi a un solo punto di vista generazionale né presentarsi come gli instant book.
C’è sì lo sguardo inevitabile all’Italia di oggi, un Paese che proprio a partire da quel triennio maledetto è inceppato dall'ibernazione tossica della Seconda Repubblica e del suo dominus miliardario. Ma percepiamo anche l’immedesimazione con chi si affacciava alla vita pubblica nei primi anni novanta, come il gruppo di attivisti di un piccolo paese del Nordest.
Vediamo la storia di Antonio Castellani, giornalista d’inchiesta che vuole portare in modo dolente tutte le consapevolezze di un figlio del Sud che si era affacciato al Sessantotto, uno che sa tutto della terra e di un’antica cultura contadina, e perciò conserva un distacco rispetto al cortocircuito borghese in cui si sviluppano le storie e i riflussi post-sessantottini, in un ciclo storico lungo, quasi interminabile.
Si intersecano tante Storie e storie, con la maiuscola e la minuscola, dalla corruzione della politica locale al crollo della sinistra, dalle velenose propaggini dell’implosione jugoslava alla menzogna sistematica dei media, dalle grandi trame intessute dagli spaventosi burocrati della paura, fino alle piccole pavidità che le fanno attecchire. Il tutto è raccontato lungo diversi piani temporali, con diverse visuali e mentalità che convergono verso la crisi che poi paralizza il Paese con le bombe e la paura.
La speranza che si spegne nei giovani attivisti si consuma in provincia, a Gazzolino, in quel Nordest italiano che rappresenta uno dei luoghi fondamentali in cui si esaurisce una parabola storica che sembrava impennarsi sulle ali della crescita economica, ma poi si ripiega su se stessa fino a rispecchiare un declino inesorabile, dapprima morale e poi anche pienamente economico.
E lì viene rappresentato l’inizio della distruzione della partecipazione democratica, nel momento in cui la Casta si chiude, si rende catafratta, espellendo un’intera generazione che voleva portare ideali, e idee. Il precariato disperato di questi anni – una generazione perduta - è originato anche dalla distruzione delle formazioni sociali in cui si svolgeva la personalità dei cittadini. Le tante Gazzolino d’Italia hanno composto una catastrofe politica che finora nessuno aveva provato a raccontare.
Le macchinazioni violente di G.P. somigliano invece alla presenza del misterioso “signor Franco” delle trame stragiste di cui oggi cominciamo a sapere appena qualcosa dopo tanti anni, nelle cronache.
Antonio, cronista di razza, giornalista investigativo vecchio stile, ci fa arrivare la parte migliore del suo mestiere, perché fa nomi e cognomi. Attraverso di lui, anche il romanzo fa nomi e cognomi, coraggiosamente. L’appendice finale del libro è un ottima guida anche per i futuri storici. Può esserlo già oggi per i cronisti.
Non è un caso che questa narrazione sia stata apprezzata da Massimo Carlotto, essendogli molto congeniale il registro “noir” con cui il testo di Tersite Rossi racconta quel che il giornalismo non riesce più a raccontare.
“È già sera, tutto è finito” inizia a colmare un deficit di comprensione sul potere che ha modellato l’Italia degli ultimi decenni, più di quanto potrebbero colmarlo le singole “rivelazioni”, e perfino più delle inchieste della magistratura. Non c’è da illudersi in questa materia. Come ha ricordato Aldo Giannuli, «quando si deve ricostruire una vicenda terribilmente complicata ed articolata come le stragi, dove entrano in gioco gruppi eversivi ed apparati dello Stato, agenti stranieri e uomini politici d’alto livello, il processo esige centinaia di testimoni, valanghe di documenti, decine e decine di perizie, una pioggia di sequestri, intercettazioni ecc.», con un impatto che la struttura del processo penale prevista dal codice non regge, essendo «pensato per casi molto circoscritti, con pochi testi, due o tre perizie, pochi imputati».
La comprensione di questo periodo non potrà essere quindi solo giudiziaria, né solo giornalistica, né soltanto strettamente storiografica. Aiutano di più gli approcci che si rifanno al «Cos'è questo golpe? Io so» di Pier Paolo Pasolini.
Quel tipo di denuncia in forma d’arte, di racconto di vita e di caratteri, di adesione più piena a una verità storica, con Tersite Rossi prova ad aggiornarsi, e a tenere così al corrente la nostra possibilità di dire «Io so», ancora una volta.

17 dicembre 2010

Quando i giornalisti non vogliono vedere le pistole fumanti

di Pino Cabras – da Megachip
Con Video di MegaChannelZero in coda all'articolo.


Abbiamo provato a ricordare ai giornalisti d’inchiesta che l’analisi dei segreti del potere non è nata con Wikileaks. Segreti penetrabili ce n’erano anche prima. Ad esempio tante vicende collegate all’11 settembre 2001, spesso delle vere «pistole fumanti». Proprio questo è il titolo che abbiamo dato all’incontro con i giornalisti e i cittadini venerdì 10 dicembre a Roma. Giornalisti che hanno risposto all’invito: pochissimi. Hanno preferito continuare nel loro silenzio, confortante per le verità ufficiali. Così non hanno assistito alla proiezione dei filmati inediti o poco conosciuti che raccontavano un 11 settembre molto diverso da quello della narrazione corrente. Giulietto Chiesa ha presentato un documento relativamente nuovo, mai tradotto finora in italiano.
Si tratta dell’inchiesta di un gruppo di tenaci investigatori statunitensi, il Citizen Investigation Team.

NATIONAL SECURITY ALERT - SENSITIVE INFORMATION from Citizen Investigation Team on Vimeo.

Sono andati a intervistare nuovamente tutti i testimoni chiave che avevano assistito al volo di un aereo che si avvicinava al Pentagono. Li hanno collocati lungo una mappa. Hanno scoperto che la traiettoria che risulta è incompatibile con quella ufficiale.
Uno dei testimoni, Lloyde England, credendo di non essere ripreso, ammette di fatto che la sua testimonianza iniziale non era vera, e che si è piegato a volontà di un gioco troppo grande per lui.

Pentagon Attack Cab Driver Lloyde England's Virtual Confession of Involvement In the 9/11 Black OperationCitizen Investigation Team on Vimeo. from

Un altro filmato mostra bene come inizia il crollo del WTC7, l'edificio 7 del World Trade Center (che molti ignorano). 47 piani non colpiti da alcun aereo coinvolti in un collasso repentino e totale entro il perimetro della base in pochi secondi. Per quasi due secondi e mezzo sappiamo che il crollo è stato a caduta libera: la struttura non oppone resistenza. Il filmato mostra in modo evidente che la scena è in tutto identica a una demolizione intenzionale. Il che obbliga a postulare uno scenario di complicità molto più vaste della banda di Mohammed Atta.




Assieme ad altri filmati di questo tenore è stata letta anche una rivelazione di Wikileaks che un anno fa fu ignorata dai media, sebbene ricca di implicazioni. Uno dei numeri di telefono più segreti al mondo, quello della sicurezza del presidente USA, non certo un numero da pagine gialle, ricevette un messaggio inquietante: «ora tocca ad Angelo». Angelo era la parola d’ordine di quel giorno per denominare l’Air Force One, l’aereo di Bush. Chi era a minacciare le istituzioni? Uno scenario da golpe.
Al centro dello scenario una serie impressionante di esercitazioni degli apparati militari e di quelli della sicurezza. Erano tanti, troppi, i War Games che interferivano su ogni aspetto rilevante di quella tragica giornata, dai radar del Norad fino al quartier generale del superservizio del NRO, ai preparativi di una simulazione d’attacco terroristico a Manhattan, fino al piccolo ma importante test che bloccava l'antincendio del WTC7. Nell'incontro sono state elencate altre esercitazioni ancora, tutte a ridosso degli eventi.
La mole di materiali è tale che non ci saranno più scuse per i silenzi. L’11 settembre continuerà a essere un ingombrante banco di prova per il giornalismo d’inchiesta e per chi voglia collegare grandi e piccole prove della strategia della tensione del XXI secolo.

Video della conferenza a cura di MegaChannelZero:


14 dicembre 2010

Stop al panico!

di Pino Cabras - da Megachip.



Feriti, incendi, assalti, pistole puntate ad altezza d'uomo. Gli scontri di piazza a Roma, dopo il voto che ha acquistato la fiducia parlamentare in favore dello statista di Villa Bungabunga, sembrano apparentemente smentire un recente articolo che si chiedeva di cosa avesse paura la Casta, mentre si rifugiava dietro le auto blu e le zone rosse, in questi giorni frenetici della politica. Ebbene, qualcosa bolliva per davvero nella pentola a pressione italiana.
Bisogna semmai serbare un sospetto che invece confermerebbe per altre vie il senso dell'articolo: che non ci fosse nessuna spinta popolare spontanea alla violenza e che i disordini di piazza siano stati alimentati con i soliti trucchi a suo tempo rivendicati dal quondam Cossiga e sperimentati quasi dieci anni fa al G8 di Genova (anche allora una Zona Rossa).
Il caos alimentato ad arte potrebbe servire a screditare le lotte genuine - ancorché esasperate - di un paese in crisi e in declino accelerato: quelle degli studenti, dei lavoratori, dei difensori del bene comune. Il caos, con l'additivo degli agenti della violenza, gli "utilissimi" agenti Black Bloc, potrebbe essere alimentato per provocare il consueto "riflesso d'ordine" in grado di corroborare persino un governo debolissimo e retto sulla prostituzione politica. Non è un bel segnale, quello di Roma. Occorrerà mantenere nervi saldi e rifiutare il terreno della violenza. Hanno paura. Vero. Ma la loro viltà è superata dall'intento di dire a tutti «abbiate paura». Serve ragionare, e rispondere come una canzone rap italiana di vent'anni fa: «Stop al panico!».


6 dicembre 2010

PISTOLE FUMANTI


Roma, 10 dicembre 2010.

Immagine tratta da un'elaborazione di Svitol.